Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

12 febbraio 2015

Strage di Lampedusa, «almeno 330 morti»
Mattarella immane tragedia - Renzi: il problema è la Libia, oggi chiederò all`Europa di fare di più
il sole, 12-02-2015
 M.Lud.
La stima delle vittime dell`ultimo naufragio accertato nel canale di Sicilia diventa agghiacciante: 330 morti, molti i  bambini. Non più solo i 29 cadaveri di migranti deceduti per assideramento. Gli immigrati sulle spiagge della Libia sarebbero stati costretti con le armi puntate dai trafficanti di esseri umani a imbarcarsi su quattro barconi per una traversata impossibile.
Venivano tutti dal Mali, dal Senegal e dai paesi dell`Africa sud-sahariana. In 460 si sono ritrovati in un campo di raccolta,
molto più simile a un campo di concentramento, sulla costa libica. Sabato pomeriggio 430 tra cui donne e bambini sono stati  prelevati e portati su un molo.
Le condizioni del mare erano pessime tanto che molti hanno cercato di convincere i trafficanti a rinviare la partenza. Solo in 85 si sarebbero salvati. Molti mancano ancora all`appello, ci sono barconi vuoti e sospetti atroci. Una tragedia che chiama in causa tutti, visto che il sistema dei soccorsi è arrivato solo alla fine, con l`impegno - tra rischi altissimi, considerato il mare forza 8 - della Guardia costiera.
Parla il premier Matteo Renzi: «Il problema non è Mare Nostrum o Triton» le due, formazioni in mare: laprima, missione  umanitaria italiana, ha ceduto il passo a fine anno scorso a quella, di pattugliamento e comunque più ridotta, decisa da Bruxelles. Dice su Twitter l`ex premier Enrico Letta: «Ripristinare Mare Nostrum. Che gli altri paesi europei lo vogliano oppure no. Che faccia perdere voti oppure no». Aggiunge invece Renzi: «Si può chiedere all`Europa di fare di più e domani (oggi per chi legge, n.d.r.) lo farò, ma il punto politico è risolvere il problema in Libia, dove la situazione è fuori controllo».
Da destra si attacca il Governo e si spara contro l`ipotesi di tornare all`operazione italiana. Massimiliano Fedriga (Lega  Nord) chiede le dimissioni di Renzi e Alfano, che «giocano con le vite delle persone». Renzi prende le distanze. «Quando  ci sono morti - osserva - anche soltanto per rispetto l`idea di usarli come strumentalizzazione fa male al cuore».
Il capo dello Stato, Sergio Mattarella, si è detto «colpito dalla nuova immane tragedia umanitaria avvenuta in acque internazionali» e ha espresso «apprezzamento per l`opera dei soccorritori che ha permesso di salvare molte vite». E papa Francesco, che tra i suoi primi  gesti simbolici aveva scelto proprio una visita a Lampedusa, ha invitato alla preghiera per «incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso».
Il dibattito scatenatosi in queste ore invoca dunque il ripristino di Mare Nostrum. Ma osserva in una nota il ministero  dell`Interno, guidato da Angelino Alfano: «Non esiste e non può esistere un`operazione che sconfigga la morte in mare. È  ipocrita e strumentale sostenerlo». Durante Mare Nostrum, dal 18 novembre 2013 all`1 novembre 2014, si sono registrati 3.363 tra cadaveri e dispersi, sottolinea l`Interno. Giusto: ma se non ci fosse stato Mare Nostrum i numeri sarebbero stati gli stessi? Aggiunge il Viminale: «Adesso occorre spostare l`attenzione dall`Italia all`Europa. Gli sponsor di Mare nostrum vogliono il contrario. Ma è una strada impercorribile perchè determinerebbe un boomerang ingestibile sia per il principio in sè (il Mediterraneo riguarda tutta l`Europa), sia per i costi, sia p er l`accoglienza». La presidente della Camera Laura  Boldrini, per anni portavoce dell`Alto commissariato Onu per i rifugiati, rilancia: «Non si può non prendere atto che  l`operazione Triton è inadeguata. L`Europa deve dotarsi di un sistema di monitoraggio e salvataggio ben più efficace di  quello ora in vigore. Altrimenti ogni espressione di dolore per le tragedie avrà il segno dell`ipocrisia». E Pietro Grasso, presidente del Senato, aggiunge: «Siamo chiamati, come cittadini europei, a rispondere non a un tribunale ma alla nostra  coscienza per ciascuna delle vittime del Mediterraneo». Da Strasburgo si leva lavoce del Consiglio d`Europa: «L`operazione  Triton non è all`altezza» dei compiti che deve svolgere e «l`Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio  efficace» come sottolinea in una nota il commissario dei diritti umani, Nils Muiznieks.
 


L`inciviltà europea
il manifesto, 12-02-2015
Alessandro Dal Lago

Dopo la strage dei gommoni, parlare di fatalità sarebbe osceno. Basta ricordare che dall`ottobre scorso si sono moltiplicati gli ammonimenti europei a salvare meno migranti possibile, soprattutto in aree lontane dai limiti dell`"Operazione Triton" (trenta miglia marine). Ha cominciato il governo Cameron, sostenendo che i salvataggi avrebbero incentivato l`immigrazione clandestina. Ha continuato a dicembre un capo operativo di Frontex, di nome Klaus Rosler, già dirigente della polizia bavarese.
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Delitti d`Europa contro l`umanità
Secondo Rosler, l`Italia è di manica troppo larga con gli stranieri che si avventurano in mare.
L`Europa non vuole spendere per salvare vite umane e quindi migliaia e forse altre llecine di migliaia di migranti potrebbero annegare con l`arrivo della buona stagione: questa è la banale verità, che contrasta con le affermazioni roboanti del ministro degli interni Alfano, quando l`Operazione Triton" (ma chi avrà escogitato un nome così idiota?) ha sostituito "Mare  Nostrum" (altra bella sigla!), che era dotata di mezzi molto più consistenti.
Solo Cameron o un poliziotto bavarese può credere o far credere che la prospettiva di annegare convinca gente del Mali, del Pakistan, dell`Eritrea, o di altri cento luoghi in cui si muore di fame o di guerra, a restare ad agonizzare a casa loro.
Solo una tremenda, colossale ottusità, o qualcosa di infinitamente peggiore, può motivare quest`atteggiamento di chiusura  verso le ragioni di una minima umanità e delle leggi del mare. Noi immaginiamo la disperazione dei nostri marinai che si  sono visti morire assiderati, accanto a sé, ragazzi che si sarebbero potuti salvare se solo l`Operazione Triton" avesse  previsto l`invio di navi più grandi a soccorrere i gommoni.
Noi sappiamo, perché l`hanno detto a destra e manca, che i nostri pescatori e la nostra gente di mare non dorme la notte al
pensiero di quelli che sono annegati, annegano e annegheranno al di là dei limiti previsti dall`agenzia Frontex e dall`"Operazione Triton".
Qui si misura come l`ottusità e la miopia dell`Europa bottegaia si siano tramutate in delitti contro l`umanità. I sopravvissuti della strage dei gommoni hanno dichiarato che sono stati imbarcati sotto la minaccia delle armi dai miliziani in Libia. E questo non sorprende affatto, vista la situazione che il genio politico di Cameron, Sarkozy, Obama, per non tacere di Berlusconi, hanno creato dalle parti di Tripoli, Derna e Bengasi.
Ignorare le conseguenze umane delle proprie insensate politiche è il principale tratto che accomuna l`accozzaglia di Stati  egoisti che va sotto il nome di Unione europea. Pensiamo solo alla povertà in Grecia, ai bambini senza latte, alla svendita  delle infrastrutture di un intero paese che doveva essere punito per essersi indebitato. Un paese, la Grecia, il cui Pil rappresenta il 2 per cento di quello europeo e il cui debito potrebbe essere condonato senza danni per la Ue.
Ma dietro l`indifferenza per le sorti dei greci e dei migranti che si avvieranno verso la morte c`è ormai un disprezzo  assoluto, conclamato, trionfale per il dírítto che un tempo si sarebbe chiamato delle genti. I soldi europei devono restare nelle banche, e non essere spesi per salvare vite, questo è il messaggio di Frontex, di Cameron, della troika, di Merkel, di Herr Rosler e dí tutti quelli che si inchinano davanti alle ragioni dei più forti e dei più ricchi. Sarebbe questa la «civiltà europea» (parole di Renzi) per cui sono morte decine di milioni di esseri umani nella seconda guerra mondiale?
 


Lampedusa, boots on the sea
Il problema è in Libia, risolviamolo oppure stiamocene zitti tutti
Il Foglio, 12-02-2015
Quanti editoriali fotocopia occorreranno per lavare l`ipocrisia della vergogna (che pena, signor Gino Strada) e lenire il dolore per i morti, gli altri morti, i forse più di trecento migranti morti a Lampedusa?
Di fronte a tutto questo, davanti al ripetersi ormai ritmico di questa folle concimazione del Mediterraneo a forza di ommoni inabissati, non c`è assuefazione a sufficienza per proclamarsi immuni dall`ira. A questo punto, vano e sciocco è almanaccarsi addosso, colpevolizzarsi e colpevolizzare un`astratta causa efficiente (Mare nostrum, Frontex, Triton, l`Unione europea, i trafficanti di carne umana africani, l`Isis, la Bossi-Fini, l`abolizione della Bossi-Fini, la natura matrigna e via così).  Eppure, paradosso infame, queste sembrano essere le sole pratiche consentite a noi spettatori passivi concentrati nella riproduzione seriale e scrittoria del nostro sgomento. Che altro, adesso? Non abbiamo, qui in Italia, gli strumenti culturali, forse, oltreché tecnici, per fronteggiare un`emergenza così lancinante. Ci avvoltoliamo nel senso di colpa, che in fondo è anche  il rifugio della viltà. Ci manca il coraggio di dire sì oppure no all`accoglienza indiscriminata. Ma sopra tutto ci manca la certezza che una negazione assoluta o un`affermazione sovrana siano davvero bastevoli a sradicare il pugnale dal cuore della cosa. L`ultima istanza è la militarizzazione europea dei confini invisibili tracciati sul mare. Boots on the sea, prima di sbarcare in Libia (Renzi l`ha capito, finalmente, il problema è la Libia). Oppure un freddo infernale silenzio.



INTERVISTA • Monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento
«Triton non serve a nulla»
il manifesto, 12-02-2015
Luca Kocci
Questa nuova, ennesima, strage di migranti nel Mediterraneo purtroppo non sara l'ultima. Ci saranno altri morti se il governo italiano e l`Unione europea non cambieranno direzione in fretta e proseguiranno nelle attuali politiche di difesa dei confini». Ne è convinto monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento (nella cui diocesi si trova Lampedusa) e presidente della Fondazione Migrantes, in prima linea nell`accoglienza di chi sbarca sulle coste siciliane, ma anche stanco di parlare al vento. «Resta solo il silenzio - aggiunge Montenegro, che nel concistoro che si aprirà sabato prossimo verrà nominato cardinale da  Papa Francesco -. Abbiamo detto tante parole, ma questa triste storia continua. Gridare non è servito a nulla. Allora forse dobbi-amo fare silenzio per sentire le urla di queste persone che muoiono, per renderci conto che queste storie ci appartengono, che non possiamo fare finta che non stia succedendo nulla». Francesco è intervenuto di nuovo,
ieri, durante l`udienza generale in piazza san Pietro, quando le notizie da Lampedusa erano ancora frammentarie: «Si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera  per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso». E sono intervenuti anche gli organismi cattolici impegnati nella accoglienza degli immigrati (Caritas, Migrantes, Centro Astalli, insieme ad Amnesty Intemational, Emergency e Terre de Hommes) denunciando la «inadeguatezza dell`operazione Triton», rilanciando Mare Nostrum e chiedendo al governo italiano e all`Ue «un reale cambio di rotta nelle politiche sull`immigrazione».
Monsignor Montenegro, solo gli scafisti sono i responsabili di questa nuova strage nel Mediterrano?
Gli scafisti hanno la loro responsabilità, grande e pesante. Ma non sono gli unici. Se queste tragedie si ripetono è perché nel mondo c`è qualcosa che non funziona. Tutti parlano di globalizzazione, tutti la vogliono, però le merci il denaro possono spostarsi liberamente, gli uomini e le donne no. Ma chi scelglie di emigrare vuole vivere dignitosamente, fuggire dalla povertà, da guerre e persecuzioni. E tanti Paesi da cui queste persone fuggono sono sostenuti da noi europei. E spesso si tratta di governi  violenti e corrotti. Ma noi li sosteniamo. La storia è complessa, e siamo un po` tutti coinvolti.
Ieri mons. Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ha detto questa tragedia è «figlia dell`abbandono di Mare Nostrum`>. È d`accordo?
Sì. Ma sono convinto che il problema non lo può affrontare solo l`Italia che è un Paese di transizione per molti migranti. Quindi tutti devono impegnarsi a trovare soluzioni.
Che ne pensa dell`Operazione Triton?
Impostata come salvaguardia dei confini non serve a nulla. Sento che anche in Europa qualcuno comincia a dire che bisogna cambiare direzione, speriamo che lo facciano presto.
Lei ha detto più volte che la legge Bossi-Fini va cancellata e cambiata...
Lo abbiamo detto e continuiamo a dirlo oggi. Se il risultato della Bossi-Fini è continuare a contare i morti significa che non ha funzionato e non funziona. Non spetta a me dire come deve essere modificata, non sono un tecnico. Ma va cambiata.
Cosa dovrebbe fare la politica?
Mettere da parte le politiche di difesa e attuare politiche di accoglienza, che non significa solo salvare i migranti dalle acque, ma aiutarli a concludere il viaggio nella maniera migliore, ín modo che ognuno veda riconosciuta la propria dignità. Ma devono cambiare anche i mezzi di informazione, che spesso non sono corretti. E dobbiamo cambiare tutti noi, perché fino a quando diciamo che gli immigrati ci danno fastidio e li scartiamo, aumentiamo le distanze e provochiamo morte. A spostarsi non sono poche persone, ma popolazioni. 230 milioni di persone che si muovono nel mondo Sono un continente, il sesto  continente. E non si può fermare o cancellare un continente.



I migranti morti sono più di trecento «Spinti sui gommoni con le armi»
Il racconto di Buba: il mare era cattivo e non volevo partire, mi hanno preso a bastonate
Corriere della sera, 12-02-2015
Felice Cavallaro
LAMPEDUSA (Agrigento) Si sono quasi sfiorati i carri funebri con i 29 migranti morti di freddo lunedì sulle motovedette e gli ultimi nove superstiti arrivati ieri mattina sul molo di Lampedusa. Da una parte, un tetro corteo inghiottito dalla pancia della motonave per le sepolture in Sicilia. Dall’altro, quei nove sopravvissuti emaciati, raccolti da un rimorchiatore, rinsecchiti come manichini, gli occhi sgranati sui soccorritori, a loro volta sconvolti dal racconto di Mussah, vent’anni, la famiglia nel Mali: «Eravamo più di 400 sabato, stipati in un capannone a due passi da Tripoli, trasferiti in spiaggia, a Garbouli, costretti a salire su quattro vecchi gommoni da uomini armati di pistole e bastoni, il mare un inferno, senza potere ribellarci, minacciati, a forza…».
Racconto drammatico come la contabilità del disastro perché con questa e altre testimonianze si capisce adesso che era solo provvisorio il pur pesante bilancio di lunedì, quando le due motovedette della Guardia costiera avevano raccolto sette cadaveri, salvando quasi cento migranti, 22 dei quali poi morti a bordo, uccisi dal gelo perché non c’era posto in cabina, rimasti all’aperto, frustati per quindici ore dalla tempesta.
Niente rispetto ai numeri e alla catastrofe di cui parla chi ha visto salpare i quattro gommoni, un motore da 40 cavalli a testa, dieci taniche di benzina e via senza certezza, se non quella dei trafficanti che avevano già intascato una media di mille dinari per ogni passeggero mandato al massacro di onde alte dieci metri e di un vento gelido da 75 chilometri orari. Adesso, con un eufemismo, si parla di 300 dispersi, quasi tutti provenienti da Mali, Senagal, Costa d’Avorio e Gambia. Ma potrebbero essere anche più di 330 i morti. Perché dei quattro gommoni, due sono quelli del gruppo trovato lunedì pomeriggio, uno è quello di Mussah e degli altri otto migranti recuperati ieri mentre del quarto non si ha traccia.
La cautela della Procura della Repubblica di Agrigento che, «in assenza di relitti e corpi», non conferma il disastro è obbligatoria, ma tutto lascia pensare a una tragedia simile a quella del 2013 quando da tutta Europa si giurò che non sarebbe mai più accaduto. Basterebbe lo sgomento di papa Francesco per dare la misura della pena e della rabbia di chi ha creduto di potere scuotere le coscienze di cancellerie pronte a ridurre gli sforzi di Mare Nostrum via via con Frontex e Triton. E davanti alla nuova tragedia tuona pure il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks: «Triton non è all’altezza».
Promesse adesso sferzate da tempeste come quella abbattutasi sulle due motovedette partite per il primo salvataggio lunedì scorso. Su una delle due il caso vuole che ci fosse un infermiere dell’Ordine dei cavalieri di Malta, Salvatore Caputo, 66 anni, 40 passati in ospedale vicino a Matera, ieri mattina da volontario salpato di nuovo con gli uomini della Capitaneria per recuperare i 9 superstiti: «Ho visto la morte e la vita intrecciarsi. Ho visto morire quei ragazzi lunedì senza potere fare niente e adesso capisco dai vivi, da Mussah e dai suoi compagni, come sono stati trascinati su gommoni flaccidi».
Eccolo al Centro accoglienza un altro scampato di 25 anni, Buba, la famiglia in Gambia, le mani strette a quelle di Giovanni Abbate, un volontario dell’Oim, l’Organizzazione internazionale dei migranti, sorpreso dalla violenza evocata. Perché Buba, smilzo ma vigoroso, racconta i due mesi nel deserto, le umiliazioni subite per tre mesi a Tripoli, approdo per mettere da parte i soldi della traversata: «Io sabato non volevo partire. Lavoravo come manovale. Ma quattro libici mi hanno catturato e portato su una spiaggia dove c’erano centinaia di persone su quattro gommoni. Mi hanno rubato tutto, 600 dinari e un telefonino, costretto a bastonate a partire. Noi gridavamo che non si poteva per il mare cattivo, ma quelle bestie dovevano liberarsi di noi… E ora siamo vivi grazie a Dio e a voi italiani».
Si scrutano allampanati i sopravvissuti cercando facce che non trovano fra le baracche di un centro dove i più deboli non sono mai arrivati. Mancano tante donne e tanti bambini, inghiottiti dal mare. Ce ne sono solo sei di ragazzini sotto i 15 anni. Tutti della Costa d’Avorio. Dodici il più piccolo, Amhed, la paura disegnata su occhi grandi che la dolcezza di una operatrice di Save the Children, Giovanna Di Benedetto, sembra infine rasserenare. È arrivato da solo e ascolta imbambolato Buba quando spiega con fatalismo il rischio e il destino: «Sappiamo a cosa andiamo incontro, ma inseguiamo un sogno e il sacrificio impone di giocarci la vita per costruire il futuro, mettendola nelle mani di Dio».



Lampedusa almeno 330 morti Europa, ora che fai?
Avvenire, 11-02-2015
Nuova ecatombe nel Mediterraneo ed è bufera su Triton. Sono oltre 330, secondo il racconto dei superstiti, le vittime della ultima immane tragedia. Numeri drammatici che rimandano alla strage del 3 ottobre 2013, quando le vittime del naufragio a mezzo miglio da Lampedusa furono 366. Quattro sarebbero i gommoni naufragati. Secondo i primi resoconti, 29 rifugiati sono morti assiderati domenica su uno dei gommoni. Oltre 110 sopravvissuti sono arrivati a Lampedusa, soccorsi da Guardia Costiera e un mercantile. I superstiti hanno raccontato di aver lasciato sabato la Libia, sotto la minaccia dei trafficanti armati, a bordo di gommoni e di essere rimasti in mare per giorni senza acqua nè cibo. Solo 2 persone sulle 107 a bordo di un gommone sono sopravvissute; sono 7 su 109 i sopravvissuti nell'altro. Hanno riferito anche di un quarto gommone, non ancora localizzato, con un centinaio di persone. Il più giovane dei dispersi è un dodicenne.
La preoccupazione del Papa
"Seguo con preoccupazione le notizie giunte da Lampedusa, dove si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo". Lo ha detto Papa Francesco al termine dell'Udienza generale. "Desidero assicurare - ha aggiunto - la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinchè a nessuno manchi il necessario soccorso".
Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è rimasto "colpito dalla nuova immane tragedia" di Lampedusa e ha espresso "apprezzamento per l'opera dei soccorritori che ha permesso di salvare molte vite".
L'Operazione Triton nel Mediterraneo "è un inizio ma non è sufficiente", ammette il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. E la Commissione europea ha annunciato che terrà il suo primo dibattito di orientamento sull'immigrazione a inizio marzo e che sta svolgendo "uno studio di fattibilità" sul pattugliamento delle frontiere marittime europee, una funzione che andrebbe al di là del mandato attuale di Frontex" (l'agenzia europea che gestisce Triton), ma "servono piu fondi". Per il Consiglio d'Europa "un'altra tragedia evitabile. Triton non è sufficiente".
"Ripristinare Mare Nostrum. Che gli altri Paesi europei lo vogliano oppure no. Che faccia perdere voti oppure no", twitta Enrico Letta. Ma il premier Matteo Renzi sembra rifiutare la logica della contrapposizione tra Triton e Mare Nostrum: "Il problema è la Libia fuori controllo", dice, annunciando la richiesta, oggi in Consiglio europeo, alla Ue di fare di più.
"Lampedusa non diventi ancora una volta il cimitero del Mediterraneo", è l'appello del sindaco Giusi Nicolini. Per Laurens Jolles, delegato Unhcr per il Sud Europa, l'Italia "con Mare Nostrum ha dimostrato l'impegno a voler trovare una soluzione. Triton non ha come suo mandato principale il salvataggio di vite e quindi non può essere la risposta".
"Di fronte a questa strage non si può non prendere atto che l'operazione Triton è inadeguata"; lo ha scritto in una nota la presidente della Camera Laura Boldrini. "Si confermano infatti tutte le preoccupazioni che in molti avevamo espresso sulla fine di Mare Nostrum - aggiunge - come hanno sottolineato sia il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, quanto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Nils Muiznieks, l'Europa deve dotarsi di un sistema di monitoraggio e salvataggio ben più efficace di quello ora in vigore. Altrimenti ogni espressione di dolore per le tragedie avrà il segno dell'ipocrisia".
Travolta dalle critiche, la portovoce di Frontex, Izabelle Cooper, replica dicendo che "Triton non è mai stata concepita per sostituire Mare Nostrum. Ciononostante stiamo lavorando ben oltre le nostre potenzialità, con il dispiegamento di forze che ci garantisce il budget di 3 milioni di euro al mese. Noi - continua la portavoce - agiamo all'interno del mandato datoci dall'Europa: finché il nostro mandato resta quello di offrire assistenza tecnica agli stati membri sul pattugliamento delle frontiere non ci si può aspettare di più", spiega Cooper, specificando che "le navi di Triton, al momento, operano ben oltre le loro potenzialità: non abbiamo mai rifiutato di intervenire, anche in caso di operazioni molto al di fuori delle nostre aree di competenza. Non ci siamo mai tirati indietro".



Dal caos della Libia ai mancati soccorsi tutte le falle di Triton
Ecco perché la missione europea che ha sostituito Mare Nostrum, due mesi dopo il suo inizio è già un fallimento
la Repubblica, 12-02-2015
FABIO TONACCI e FRANCESCO VIVIANO
Mezzi ridotti, aree di sorveglianza ad appena 30 miglia dalle nostre coste. E i trafficanti di uomini che sfruttano la situazione “fuori controllo” di Tripoli costringendo i migranti a partire comunque.
ROMA . Triton non funziona perché non poteva funzionare. Perché è nata come operazione di pattugliamento e non di soccorso, e tale è rimasta nonostante i morti. Perché i mezzi impiegati, inferiori per dimensioni e numero rispetto a quelli di Mare Nostrum, non bastano durante le emergenze nel Canale di Sicilia. E perché di quel “principio di deterrenza” su cui si basa, secondo il quale retrocedendo l’area sorvegliata a 30 miglia dalle coste italiane sarebbero diminuite le partenze dalla Libia, Eremias Ghermay, Abdel Raouf Qara e gli altri trafficanti se ne infischiano.
LA SAR DI COMPETENZA
Loro continuano a fare quello che hanno sempre fatto, Triton o non Triton: sulle spiagge libiche inzeppano un gommone di disperati a cui danno un satellitare e un numero di telefono da chiamare, quello della Guardia Costiera. Li costringono a partire anche se il mare è forza 8 e ci sono onde alte 9 metri, come è successo per i gommoni dell’ultima strage. Ora, in quel tratto di Mediterraneo, Frontex (agenzia europea che gestisce Triton), le convenzioni nautiche e gli accordi tracciano linee che dividono il mare in zone di soccorso: le Sar, aree Search and Rescue in capo a ogni Stato. Ma si sono rivelate inutili. Tocca alla capitaneria o alle altre forze di polizia italiane a intervenire. Un esempio? 8 febbraio: il primo gommone con 104 migranti (di cui poi 29 morti di freddo) intercettato da due motovedette italiane a 58 miglia a nord di Tripoli, il secondo (quello semi-affondato con sole 2 persone a bordo delle 105 partite) avvistato dall’aereo “Manta 10-03” della Guardia Costiera a 71 miglia a nord est da Tripoli, il terzo (con 7 superstiti) soccorso, oltre che da un mercantile di passaggio, da due motovedette della capitaneria più o meno alla stessa distanza. Fuori dalla Sar di nostra competenza.
I DISPOSITIVI NAVALI
La verità è che, con Malta senza risorse economiche e la Libia in mano alle katibe, bande tra le quali alcune «a forte connotazione jihadista», come sostiene un report della nostra intelligence, chi si prende l’onere dei soccorsi è sempre e solo l’Italia. Col risultato che Triton, entrata a regime il 1 gennaio 2015, finisce per ribaltare l’effetto cui puntava il ministro dell’Interno Alfano, ovvero responsabilizzare gli altri paesi Ue nel controllo del confine meridionale dell’Europa. «Triton non è all’altezza, l’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace», dice il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks.
Triton, dunque, è un fallimento. Non disincentiva i migranti, non aumenta l’efficacia dei salvataggi. Lo dicono i fatti. Mare Nostrum costava al governo italiano 9 milioni di euro al mese, ma dispiegava, in una fascia che si allargava fino a poche miglia dalle coste libiche, una nave e due corvette della Marina militare, 2 pattugliatori, 6 elicotteri, 2 aerei droni e circa 700 militari. Triton la paga Frontex, però i finanziamenti sono di appena 2,9 milioni di euro al mese, divisi per i 17 paesi che offrono il loro sostegno. E il dispositivo navale varia a seconda dei soldi. Oggi dentro le trenta miglia attorno alla Sicilia, Lampedusa e Pantelleria ci sono 4 motovedette (2 della Guardia di Finanza e 2 della Guardia costiera), 2 pattugliatori (uno della Marina e l’altro islandese), 2 aerei (maltese e islandese), 1 elicottero della Finanza, 2 mini pattugliatori maltesi. «Nessuna carretta del mare può arrivare fino a lì», osserva una fonte del Viminale, «affondano tutte prima, a meno che non siano grossi barconi». Quindi il potenziale di soccorso di Triton è minimo, i suoi mezzi intervengono nei salvataggi fuori dalla zona di pattugliamento solo se chiamati nelle emergenze.
“NON POTEVA FUNZIONARE”
Gli sbarchi, poi, sono cresciuti dal primo gennaio a oggi del 60 per cento rispetto allo stesso periodo del 2014. Le crisi in Siria e in Libia stanno alimentando i flussi di etiopi, sudanesi, malesi, eritrei, siriani, intercettati sulle coste a est di Tripoli, nella zona di Gharabulli, da gente tipo Abdel Raouf Qara, comandante di un gruppi di fondamentalisti islamici che col business dei barconi porta soldi alla Jihad. Oppure l’etiope Eremias Ghermay, che un’indagine dello Sco ha individuato come uno degli organizzatori del viaggio del peschereccio affondato nell’ottobre 2013 a Lampedusa con quasi 400 morti. «Le nostre unità — spiega l’ammiraglio Giovanni Pettorino, del comando generale della Guardia Costiera — sono adeguate per navigare anche fuori dalla Sar, ma attrezzate per prestare cure mediche durante i trasferimenti a non più di 10-12 persone. Se ci troviamo con centinaia di naufraghi, come nei giorni scorsi, diventa impossibile».
Nemmeno i mezzi dispiegati da Frontex sono equipaggiati per questo. Triton non funziona, perché non poteva funzionare.



LA POLITICA E I FRATELLI CHE MUOIONO
La stampa, 12-02-2015
MICHELE BRAMBILLA
E'abbastanza deprimente sentir dire al presidente del Consiglio che, di fronte alle stragi nel Mediterraneo, «L`Europa deve  fare di più». Le stesse parole le aveva dette, o meglio dovute dire, il ministro degli Interni un anno e mezzo fa, il 3 ottobre del 2013, quando era atterrato a Lampedusa e si era trovato davanti agli occhi 366 morti. Adesso i morti di Lampedusa sono trecento, dicono che nella macabra contabilità del Mediterraneo questa sia la seconda strage dopo - appunto - quella del 3 ottobre 2013: e insomma quello che deprime, per una volta, non è la ripetitività dei nostri politici, ma il fatto che  abbiano ragione. Perché l`Europa faceva poco o nulla  allora e fa poco o nulla adesso.
Questa Unione Europea, così attenta e puntuale quando si tratta di controllare i nostri conti, è così poco reattiva quando si tratta di controllare i nostri confini. Che poi sono anche i suoi, di confini. È del tutto evidente che la migrazione dei disperati sui barconi che partono dalle coste dell`Africa non è, e non può essere, un problema solo italiano. La maggior parte di chi chiede asilo politico non lo chiede all`Italia, e neppure alla Spagna, ma alla Germania, alla Svezia e alla Francia. Eppure, a intervenire in soccorso dei naufraghi del Mediterraneo finora ci siamo stati soprattutto noi italiani.
Diciamo la verità: l`Italia la sua parte l`ha fatta. Dopo la strage del 3 ottobre 2013 il governo di Enrico Letta varò Mare Nostrum, un piano di soccorso certo non perfetto (3.400 migranti sono comunque morti, nel 2014 nel Mediterraneo) ma che ha permesso di salvare 156.139 vite umane. Era però un piano interamente sulle nostre spalle, che non sono fra le più robuste del continente, e a un certo punto lo abbiamo dovuto interrompere. L`Europa si è impegnata finalmente a collaborare e ha varato un piano alternativo, che si chiama Triton. Ma il risultato è qui da vedere: rispetto a Mare Nostrum, Triton è meno efficace. Meno risorse, meno uomini, meno mezzi, meno salvataggi.
Per questo ieri Enrico Letta ha chiesto, con un tweet, di ripristinare Mare Nostrum «che faccia perdere voti oppure no». Renzi dice invece che la soluzione migliore  sarebbe intervenire alla radice, cioè sulle coste della Libia, e può darsi che abbia ragione: è là che ci sono i criminali che gestiscono le partenze dei barconi, un business da 32 miliardi di dollari, secondo solo al traffico di droga. Ma anche per andare sulle coste della Libia avremmo bisogno dell`Europa.
E se l`Europa non si decide ad occuparsi anche di vite umane, oltre che di debito pubblico, noi italiani abbiamo solo due opzioni davanti. Una è lasciar continuare le stragi, sostenendo - anche a ragione - che se in mare si muore non è solo colpa nostra. Un`altra è mettere davanti a tutto il cuore, che è poi la cosa che sappiamo fare meglio, e pensare che prima delle discussioni politiche ci sono nostri fratelli da non lasciar morire di disperazione. Mare Nostrum è stata un`operazione che probabilmente non ci potevamo permettere: ma, oltre a salvare vite umane, ha avuto il pregio di farci sentire, per una volta, un po` meno peggio di come ci dipingono in Europa. Anzi, un po` migliori degli altri.



Migranti, basta con le chiacchiere e i calcoli assassini
Avvenire, 12-02-2015
Marco Tarquinio
Faranno di tutto – ma potrei dire "faremo di tutto" – per minimizzare e rimuovere anche solo il pensiero dei morti nell’ennesima strage al largo di Lampedusa. Più d’uno ha cominciato a farlo. I 29 poveri corpi che abbiamo visto, spezzati dal gelo d’inverno. E le decine e decine di corpi che anche stavolta, come troppe altre volte, invece non abbiamo visto: 300, dicono i superstiti e stimano gli uomini dell’Onu.
Precipitati senza più volto nel cimitero d’acqua del Canale di Sicilia, un abisso di orrore spalancato dalle guerre in corso, dalle miserie d’Africa e d’Asia, da feroci trafficanti di esseri umani e che noi europei, noi italiani, abbiamo ricominciato a lasciar scavare al largo delle nostre coste con la fine dell’operazione umanitaria "Mare Nostrum" e il varo dell’inutile euro-pattugliamento "Triton".
Si farà di tutto per rimuovere quelle morti e il dolore, la vergogna, l’indignazione. Ma finché ci saranno politici che continueranno un’indegna fiera di chiacchiere e di calcoli assassini non potremo dimenticare, non potremo darci pace, non potremo dar loro pace. Non si lascia morire così nessun uomo e nessuna donna. Europa, ora che fai?



L`intervista
«Salvare i migranti prima che partano dalle coste libiche»
L`ammiraglio Lertora: comandi militari misti per controllare i flussi ed evitare le infiltrazioni jihadiste
il mattino, 12-02-2015
Ebe Pierini
«L`Europa deve convincersi che la migrazione è un problema che riguarda tutti i Paesi europei, nessuno escluso». Ne è convinto l`ammiraglio Giuseppe Lertora che fino al 2009 è stato comandante in capo della Squadra Navale italiana e che ha guidato la Forza Marittima Europea in Libano. Alla luce dell`ennesima tragedia del mare avvenuta al largo di Lampedusa analizza le modifiche da apportare in futuro all`attuale missione europea Triton.
Ammiraglio il commissario per i diritti umani del Consiglio d`Europa Nils Muiznieks ha dichiarato che Triton non è all`altezza dei compiti da svolgere e che c`è bisogno di un sistema di ricerca e di salvataggio efficace. Cosa ne pensa?
«La disponibilità di 3 o 4 assetti navali non può risolvere l`attuale situazione. Il Mediterraneo è grande e se si vuole almeno tentare di pattugliare le frontiere gli assetti andrebbero almeno raddoppiati. Triton è stata una mossa politica che ha dimostrato il convincimento dell`Europa a prendere coscienza del problema. Ma così com`è è acqua fresca. Purtroppo un  controllo puntuale della frontiera e un intervento in caso di emergenza con gli assetti attuali di Triton sono difficili da garantire. Una nave può garantire un pattugliamento di 40 - 50 miglia. Il confine europeo è costituito da migliaia di miglia».
Quale pensa potrebbe essere una soluzione efficace?
«La missione vera sarebbe quella di andarli a salvare prima che partano dalle coste libiche. L`Unione Europea dovrebbe convincersi ad avviare una Mare Nostrum 2 con assetti più economici ed intelligenti come i droni che sono in fase di sperimentazione e che potranno essere utilizzati a bordo della navi portaelicotteri per levarsi in volo ed effettuare ricognizioni dall`alto per avvistare eventuali barconi in partenza. Si tratta di veicoli a pilotaggio remoto che hanno un`autonomia di volo anche di 10 ore. Ho sempre sostenuto che, nel caso della Libia, andrebbe attuato lo stesso dispositivo che venne applicato in Albania. Dopo la guerra del Kosovo si registrò un flusso immenso nell`Adriatico. L`Italia raggiunse  un accordo con l`Albania e venne istituito un comando a Valona che permetteva alla Marina Militare italiana di collaborare con quella albanese per limitare l`esodo. Dal 1995 al 2005 si passò da un afflusso di 80.000 persone a solo 6. Tutta l`assistenza veniva svolta sul campo e la ricerca e il supporto avveniva in collaborazione tra le due Marine. La funzione di polizia nelle acque territoriali albanesi veniva affidata a loro».
Quindi, crede che si dovrebbe intervenire direttamente dalle coste libiche? Questo non avrebbe la duplice funzione di addestrare la Marina libica?
«Occorrerebbe istituire un comando misto europeo - libico lì dove partono le imbarcazioni di migranti a Tripoli o Zuara ad esempio. Occorrerebbe un cordone mobile per filtrare le partenze e per evitare che capitino tragedie come quelle di questi giorni. Un`attività di filtro non va sottovalutata perché c`è il rischio che dei jihadisti possano mescolarsi ai migranti per giungere in Italia e poi da qui spostarsi nel resto d`Europa. Senza dubbio una collaborazione tra le Marine europee, Marina Militare in primis, e la Marina libica consentirebbe un adeguato addestramento dei marinai libici in modo da renderli in futuro autonomi ed autosufficienti nella gestione dei flussi».



Immigrazione: Radicali; Cie di Ponte Galeria, emergenza sanitaria e condizioni disumane
Ristretti Orizzonti, 12-02-2015
Dichiarazione della delegazione Radicali Roma in visita questa mattina al Cie di Ponte Galeria: "Nel giorno della seduta straordinaria dell'Assemblea capitolina sul tema della sicurezza, aperta dal Prefetto Giuseppe Pecoraro, una delegazione di Radicali Roma ha visitato il Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria".
"Chiediamo a Ignazio Marino, come Sindaco e come medico, di visitare al più presto questa struttura e di mobilitarsi per chiederne la chiusura immediata, anche nella veste di autorità sanitaria locale. Oltre ai tentativi di suicidio e agli atti di autolesionismo, che sono ormai all'ordine del giorno, a Ponte Galeria persistono infatti casi di scabbia e di altre patologie dovute alla promiscuità e alle condizioni disumane in cui sono costretti a vivere gli ospiti del centro: condizioni che abbiamo deciso di documentare pubblicando alcune fotografie scattate all'interno della struttura e che confermano quanto riportato nel recente Rapporto della Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani".
"Al sistema di detenzione amministrativa, che già di per sé viola la nostra Costituzione infliggendo una pena detentiva a persone che non hanno commesso alcun reato se non quello di non avere il permesso di soggiorno, difficilissimo da conseguire vista l'attuale legge proibizionista sull'immigrazione, strutture come quella di Ponte Galeria sommano dunque una condizione oggettiva di profonda drammaticità nella quale vengono violate le leggi italiane e le convenzioni europee dei Diritti dell'Uomo".
"La delegazione era composta da Riccardo Magi, Presidente di Radicali Italiani e consigliere comunale a Roma, Alessandro Capriccioli, segretario di Radicali Roma, Andrea Billau della direzione di Radicali Roma e giornalista di Radio Radicale. Hanno partecipato alla visita anche Gabriella Guido, portavoce di LasciateCIEntrare che i Radicali ringraziano per il lavoro che da anni svolge all'interno del centro, e la giornalista Raffaella Cosentino".
"Come Radicali ricordiamo che senza stato di diritto non può esistere alcuna sicurezza, ma solo effimere illusioni securitarie, e ribadiamo l'esigenza di modificare la legge sull'immigrazione con un meccanismo di regolarizzazione permanente dei lavoratori migranti: perciò chiediamo ancora una volta la chiusura dei Cie, strumento intollerabile di ultima punizione di una condizione di vita a dir poco afflittiva, che configura un diritto diseguale per autoctoni e migranti. Ecco perché chiediamo al Sindaco Marino di impegnarsi in prima persona affinché il Ministero dell'Interno trovi nuove soluzioni più adeguate e soprattutto rispettose di leggi e convenzioni ratificate dal nostro Paese", concludono i Radicali.
www.radicali.it, 12 febbraio 2015

 

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