Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

06 marzo 2015

"Accendi la mente e spegni i pregiudizi", l'Italia dedica all'antirazzismo una settimana di eventi
È stata presentata presso la Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio la Campagna per la "XI Settimana d'Azione contro il Razzismo", che si svolgerà dal 16 al 22 marzo. L'iniziativa è stata organizzata dall'UNAR, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con l'ANCI, l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, e con il MIUR
la Repubblica, 06-03-2015
MARIA CRISTINA FRADDOSIO
ROMA - "Accendi la mente, spegni i pregiudizi" è lo slogan scelto per la Settimana contro il razzismo. Centrale - è stato detto - è il ruolo dei Comuni, rappresentati per l'occasione dal Presidente dell'ANCI, Piero Fassino. Presenti anche il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, il Sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega all'integrazione, Franca Biondelli, e il Direttore di UNAR, Marco De Giorgi. Alla Campagna prendono parte l'Azienda per la Mobilità del Comune di Roma, Atac, e le Ferrovie dello Stato italiane, che riserveranno degli spazi dedicati all'interno dei mezzi di trasporto. Numerosi gli eventi previsti nel corso della kermesse, che culminerà il 21 marzo, quando verrà celebrata la Giornata Mondiale contro il Razzismo indetta dalle Nazioni Unite in memoria della strage di Sharpeville. Il 21 marzo del 1960 è considerato il giorno più sanguinoso nella storia dell'apartheid in Sudafrica, poiché 69 manifestanti neri disarmati vennero freddati dai fucili di 300 poliziotti bianchi.
"Per una società libera dai pregiudizi". Niente utopie: per il Sottosegretario Graziano Delrio "siamo ancora lontani dal vedere le persone per quelle che sono", ovvero semplicemente "uomini". È indispensabile "una società libera dai pregiudizi", perché soltanto in questo modo "può svilupparsi meglio, essere più inclusiva ed anche economicamente più avanzata". E' la non-conoscenza che alimenta il pregiudizio - ha aggiunto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio - e dato che "l'obiettivo è molto arduo" e l'Italia è ancora lontana dal suo conseguimento, occorre collaborazione. "È una grande soddisfazione per noi presentare questa iniziativa. C'è bisogno di farlo insieme: città, aziende, ministeri. Siamo tutti il frutto di una contaminazione", ha detto Delrio. Di dialogo e confronto ha parlato la Sottosegretaria Biondelli: "Occorre sconfiggere le paure. La xenofobia e l'islamofobia sta aumentando in questo momento. Non bisogna vivere seminando germi di paura". E, in riferimento ai toni accesi degli ultimi giorni, ha chiarito che non vi sono "risoluzioni forti con maniere forti".
"Una politica attiva per un reciproco riconoscimento". Il pensiero di Piero Fassino va a quel 10% dei residenti in Italia, costituito dai figli degli stranieri nati nel nostro Paese, un luogo dove vige una legislazione dell'epoca dell'emigrazione. E' dunque fondamentale la memoria storica: "Ci sono 60 milioni di cittadini di origine italiana nel mondo", ha detto il sindaco di Torino. Occorre quindi consapevolezza e partecipazione anzitutto da parte dei Comuni per avviare il mutamento sociale necessario. Per il direttore di UNAR, Marco De Giorgi, la massima attenzione va rivolta ai giovani e al web: "i dati statistici 2014 sulla discriminazione attestano che più del 30% dell'"hate speech", il cosiddetto discorso di odio, viaggia online ed è questa la frontiera più difficile da contrastare". Anche l'Associazione Italiana Calciatori, AIC, ha aderito all'iniziativa con  Simone Perrotta come testimonial, che ha sottolineato quanto sia importante che i calciatori assumano un comportamento esemplare, data la loro visibilità.
10.000 euro per il Comune più creativo. Conferita la cittadinanza onoraria ai figli degli immigrati. Da Nord a Sud, sono più di 250 i Comuni che hanno aderito alla Campagna, oltre alle numerose associazioni e alle scuole. In palio per l'iniziativa più originale c'è un premio di 10.000 euro, destinato a progetti nell'ambito della discriminazione da realizzare entro il 31 dicembre 2015. A valutare gli eventi organizzati da ciascuno vi è una commissione composta da rappresentanti dell'ANCI e dell'UNAR. L'obiettivo è il dialogo interculturale, che coinvolga la cittadinanza e le periferie. Durante la Settimana, ogni Consiglio Comunale conferirà la cittadinanza onoraria ai minori nati da genitori non italiani e residenti nel nostro paese. La protagonista per eccellenza della Campagna è la città di Reggio Calabria, scelta come capitale anti-razzista del 2015. Si svolgerà qui
l'evento principale del 21 marzo, con la partecipazione dell'artista Giulio Rosk Gebbia, che realizzerà un murales permanente.
"Mettiti nei miei panni": il concorso per le scuole. Un ruolo fondamentale lo detengono le scuole di ogni ordine e grado, che possono partecipare al progetto fino al 15 aprile. "Mettiti nei miei panni" è il titolo del concorso, ispirato all'omonimo gioco online. Gli alunni sono invitati a vivere le vite dei loro coetanei stranieri in prima persona. Per farlo, potranno servirsi di parole, video e immagini, che tengano conto del principio di non discriminazione esposto all'interno dell'articolo 3 della Costituzione Italiana. Lo scopo è di favorire la multiculturalità, approfondendo i temi legati all'immigrazione, all'integrazione e all'inclusione. Sono i bambini i vari promotori della rivoluzione culturale in Italia: è innanzitutto fra i banchi di scuola che la vivacità delle mente affievolisce l'ignoranza.
 
 
 
Trentino - Matteo Salvini attacca su Facebook un albergatore disponibile ad ospitare i profughi
Che il Trentino fosse un territorio aperto alla solidarietà e all’accoglienza era già noto da tempo.
Melting Pot Europa, 06-03-2015
Lo dimostrano le dichiarazioni dell’assessore della PAR alla salute Donata Borgonovo Re, che in più occasioni ha dispensato buone parole nei confronti dei profughi arrivati in Trentino. Più volte l’assessore ha fatto appello alla cittadinanza trentina ad aprirsi nei confronti di chi fugge dal proprio Paese ed arriva in Italia con la prospettiva di costruirsi un futuro, dopo viaggi infernali che costano la vita a molte, troppe persone.
Lo dimostrano tutte quelle strutture private, che accogliendo l’invito del Cinformi - Centro informativo per l’immigrazione della Provincia autonoma di Trento - di mettere a disposizione immobili ad uso abitativo/residenziale per l’accoglienza dei migranti inviati dallo Stato, hanno risposto positivamente. In questo caso non si tratta solo di affittare i locali, ma anche di dare la disponibilità a prestare il servizio di accoglienza per le persone eventualmente ospitate.
Lo dimostra l’iniziativa intrapresa da Sergio Valentini - Presidente di Slow Food Trentino - che ha organizzato lo scorso 22 febbraio un pranzo benefico volto a far sedere allo stesso tavolo gli abitanti di Isera e i rifugiati politici del Bangladesh, ospiti di un affittacamere del paese. L’obiettivo dell’iniziativa è stato quello da favorire integrazione e cooperazione tra migranti ed autoctoni attraverso la condivisione di esperienze culinarie, usanze e modi di vivere così distanti.
Lo stesso intento lo ha avuto qualche giorno fa Luca Lorenzi, titolare dell’Hotel Nevada di Vason, sul Monte Bondone, che cogliendo l’appello sopracitato del Cinformi si è reso disponibile ad ospitare presso la sua struttura cinquanta profughi.
L’albergatore, che nel 2009 aveva ospitato anche dei terremotati dell’Aquila, ha motivato la sua azione sia come gesto di umanità, sia come modo di far rivivere un paesino di montagna con l’arrivo di nuove persone, di culture diverse che potessero mescolarsi con la popolazione locale.
Una proposta ammirevole, senz’altro, che dimostra il volto solidale ed inclusivo del nostro Paeseporta è che rompe quella narrazione mainstream dominante, che associa i migranti solo ad argomenti di cronaca nera, legati alla cosiddetta "emergenza sicurezza" o alle stragi nel Mediterraneo. Questi piccoli gesti aiutano, nel nostro territorio, a dare dei segnali - per quanto il lavoro da fare sia ancora molto lungo - rispetto ad una politica di accoglienza reale e di solidarietà attiva.
Purtroppo la risposta da parte della Lega non ha tardato a farsi sentire. Il leader del Carroccio Matteo Salvini ha immediatamente condannato la proposta dell’albergatore trentino pubblicando sui social network il proprio sdegno rispetto alla proposta di accogliere nuovi profughi. Ma l’aspetto più raccapricciante della vicenda è non tanto la presa di posizione da parte della Lega - che rispecchia l’humus politico su cui il partito sta costruendo il suo programma, fondato su xenofobia e razzismo - ma il fatto che Salvini nel suo post abbia pubblicato il numero di telefono di Luca Lorenzi, cui si sono susseguite telefonate minacciose e di insulti da parte di ignoti.
Ancora una volta la Lega cerca di speculare beceramente sulla sofferenza di chi arriva e sulle paure della popolazione, soffiando sul fuoco della guerra. Noi facciamo appello affinché le iniziative come quella del Lorenzi si moltiplichino, perché è anche attraverso queste iniziative si combatte la lega e si pone un argine culturale e politico al salvinismo.
 
 
 
I superstiti dell'ultimo naufragio: 50 dispersi
Avvenire, 06-03-2015
I superstiti del gommone che si è capovolto nelle acque del Canale di Sicilia, causando la morte di 10 immigrati hanno parlato di 50 dispersi nel naufragio. Interrogati dagli agenti del gruppo interforze della Procura di Siracusa sull'immigrazione, i sopravvissutti hanno raccontato che sul natante c'erano circa 270 profughi. In salvo ne sono state tratte 210, le salme recuperate sono 10, e quindi mancherebbero all'appello 50 persone. La Procura ha emesso un provvedimento di fermo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed omicidio nei confronti di un tunisino, accusato di essere lo scafista del gommone. Un altro tunisino è stato fermato, con la sola accusa di favoreggiamento dell'immigrazione, per aver pilotato un secondo gommone. Le vittime accertate sono 5 uomini e 5 donne, una delle quali minorenne.
Le salme sono giunte nella serata di ieri nel porto di Augusta, a bordo del pattugliatore "Dattilo" della Guardia costiera, che ha recupoerato anche i 210 superstiti. I magistrati siracusani, Francesco Paolo Giordano ed Antonio Nicastro, non hanno disposto l'autopsia delle vittime. Nel corso dell'ispezione cadaverica, eseguita in nottata dal medico legale, è stato accertato che sono deceduti per annegamento. Le salme, su disposizione della Prefettura, sono state trasferite al cimitero di Lentini, mentre i sopravvissuti sono stati accompagnati nei centri di accoglienza di Siracusa e Messina.
 
 
 
Giusti di tutto il mondo: nomi e storie del 2015
Corriere.it, 06-03-2015
Stefano Pasta
L’Aleppo del genocidio armeno di un secolo fa, la Siria della guerra civile ormai al quarto anno, il Sinai dei predoni che sequestrano i profughi, la Sicilia in cui si muore affogati nel Mediterraneo e per la dinamite della mafia. Sono i luoghi in cui hanno vissuto le sei nuove personalità che Milano ha scelto di inserire nel 2015 al Giardino del Monte Stella, dove dal 2003 sono ricordati i “Giusti di tutto il mondo”. Qui, sulla collina costruita con le macerie della Seconda guerra mondiale, vengono onorate con la dedica di un pruno e di un cippo in granito in occasione della Giornata europea dei Giusti (6 marzo). Gabriele Nissim, ebreo e Ambrogino d’oro nel 2014, è il presidente di “Gariwo”, l’onlus che ha promosso a Milano e nel mondo la riflessione sul concetto di Giusto.
Spiega: «Nato con il memoriale di Yad Vashem di Gerusalemme per ricordare i non ebrei che sono andati in soccorso degli ebrei, è diventato ora patrimonio di tutta l’umanità. Il termine non è più circoscritto alla Shoah, ma diventa un punto di riferimento per ricordare quanti in tutti i genocidi e totalitarismi si sono prodigati per difendere la dignità umana». Pensando ai fatti di Parigi, Nissim sottolinea che «in questo momento di attacco ai simboli dei valori europei, tra i nuovi Giusti di Milano ci sono due giovani attivisti siriani che non hanno esitato a mettere a rischio la propria vita per difendere quegli stessi valori contro ogni forma di dittatura e di fondamentalismo».
Sono Razan Zaitouneh e Ghayath Mattar. La prima è un’avvocata di 37 anni impegnata contro Assad: per il “Comitato di supporto per le famiglie dei prigionieri politici in Siria”, documentava e contava i morti. È stata rapita nel dicembre 2013 da bande estremiste, con sospetto coinvolgimento del regime. Invece Ghayath, ventiseienne cresciuto a Daraya, sobborgo di Damasco, scese in piazza nel marzo 2011 con tanti siriani per manifestare contro Assad, chiedendo «Dignità, libertà e pari diritti». Faceva parte della dissidenza pacifista, allora molto forte e oggi schiacciata dai gruppi terroristi da un lato e dalle forze del regime dall’altra. Comincia a distribuire acqua e fiori ai soldati venuti per reprimere le manifestazioni. Crede, ne è convinto, che attraverso il suo gesto possano riscoprirsi fratelli e ascoltare la loro coscienza. Diversi pacifisti siriani cominciano a imitare il giovane e anche in altre città la gente regala fiori e acqua ai soldati. È qualcosa di surreale per i servizi di sicurezza siriani, va stroncato. Il 6 settembre del 2011 Ghayath viene arrestato e quattro giorni dopo il suo corpo è scaricato davanti alla porta di casa. «Fatene carne per shawarma» (una specie di kebab), dicono gli agenti ai genitori e alla moglie incinta.
Cent’anni fa, viveva in Siria anche Mehmet Gelal Bey, musulmano e governatore ottomano di Aleppo. Tra il 1914 e il 1915, da Istanbul arrivò l’indicazione di deportare donne, vecchi e bambini armeni nel deserto di Der-es-Zor; lui si oppose agli ordini e scelse di stare dalla parte delle vittime, anche a costo della propria vita. Organizzò campi di raccolta per i profughi armeni che arrivavano a migliaia in città, predispose una rete di soccorso ai malati e di distribuzione del cibo. Aiutò molti a fuggire o a ricongiungersi con i familiari. Quando fu rimosso dall’incarico e trasferito a Konya, anche qui, insieme a missionari americani, aiutò molti profughi. «Il sangue scorreva lungo il fiume – raccontò nelle sue memorie – con migliaia di bambini innocenti, vecchi inavvicinabili, donne senza speranza, giovani forti, che galleggiavano sull’acqua, verso il nulla. Ho salvato chi potevo con le mie mani nude, il resto scorreva lungo il fiume senza ritorno». Nuovamente fu rimosso e finì la sua vita in povertà.
Gli altri tre nuovi Giusti sono invece italiani. Rocco Chinnici, il giudice di Palermo ucciso dalla mafia nel 1983 dopo che aveva costituito il primo pool antimafia per seguire le tracce del denaro sporco, e Alganesh Fessaha, milanese di origine eritrea, Ambrogino d’Oro nel 2013, che periodicamente parte dal capoluogo lombardo per andare nel deserto del Sinai, nelle carceri egiziane e libiche, negli accampamenti sudanesi ed etiopi, per liberare e aiutare i profughi del Corno d’Africa. Seguendoli, è arrivata più volte a Lampedusa, dove opera anche il Sottocapo Francesco De Luca. Quest’agente della Guardia Costiera ha partecipato ai soccorsi dei profughi dal 2011 ad oggi, «con un senso di umanità e uno spirito di sacrificio che va ben oltre la semplice osservanza di un dovere professionale» si legge nella motivazione del suo riconoscimento.
Tutti i Giusti, nonostante i contesti storici ben diversi, agiscono secondo l’etica della responsabilità verso l’altro, che spinge a lottare contro le ingiustizie e le persecuzioni, aprendo la strada al dialogo e alla riconciliazione. A Gerusalemme fu Moshe Bejski, salvato da Oskar Schindler (l’imprenditore tedesco di “Schindler’s list”), a far commemorare i primi salvatori di ebrei nel Viale dei Giusti, in base alla legge del Parlamento israeliano del 1953 che si rifaceva a quanto affermato nel Talmud: «Chi salva una vita salva il mondo intero». La stessa frase è ripresa dalla Sura 5 del Corano. Ma questo concetto richiama anche uno degli elementi fondanti della cultura cristiana e europea: il valore dell’individuo e della responsabilità personale.
Del resto – spiega Gabriele Nissim – «ci sono molte somiglianze nella filosofia stoica antica. Epitteto, ripreso poi da Kant, richiamava gli uomini ad accettare serenamente situazioni non dipendenti dalla volontà, come la malattia o la morte, ma a essere intransigenti nella difesa del loro carattere morale. Era questa la grande libertà del singolo, che se non poteva modificare il mondo, né cambiare il passato, né prevedere il futuro, poteva sempre e comunque difendere la propria dignità e il prossimo vicino a lui nel suo spazio sovrano e nel tempo presente». Come diceva Socrate, «in mancanza delle parole, faccio vedere cosa sia la giustizia con le mie azioni».
 
 
 
Carta di Roma: una campagna contro la disinformazione sugli immigrati
Articolo 21, 06-03-2015
A novembre il sondaggio Ipsos Mori ha rivelato che gli italiani sono tra i meno informati del mondo sui temi dell’immigrazione. Pare che la situazione non sia migliorata, anzi. In questi giorni alcuni organi di informazione locali hanno dato notizia di un provvedimento a favore dei profughi italiani (della Libia) come se fosse una norma eccezionale a favore di quanti sbarcano dalla Libia. È solo un esempio tra i tanti. Il fatto è che, come sempre, col crescere delle tensioni tra le forze politiche, i temi dell’immigrazione diventano oggetto di propaganda. E aumentano le notizie fuorvianti e non verificate. Per far fronte a questa situazione l’Associazione carta di Roma, nella sua assemblea annuale, ha ampliato il direttivo e ha predisposto un programma di formazione nelle redazioni e nelle scuole di giornalismo.
«Promuovere non il “giornalismo buono” ma, semplicemente, il buon giornalismo. Di cui c’è sempre più bisogno» ha affermato Giovanni Maria Bellu, confermato alla presidenza dell’associazione.
L’Associazione Carta di Roma è nata nel 2011 per dare attuazione al protocollo deontologico dei giornalisti su migranti, richiedenti asilo e rifugiati adottato nel 2008 dai giornalisti italiani. Nell’assemblea dei soci, tenutasi ieri nella sede della FNSI, l’Associazione Carta di Roma ha confermato nel ruolo di Presidente Giovanni Maria Bellu e di vice Presidente Pietro Suber. L’assemblea ha anche ampliato la composizione del proprio direttivo nel quale sono entrati a far parte, come osservatori, anche le associazioni A Buon Diritto, Centro Astalli e Lunaria che, quindi, da adesso affiancano Federazione nazionale della stampa, Ordine nazionale dei giornalisti, Amnesty International e gli invitati permanenti Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) e Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).
Della Carta di Roma fanno parte anche Articolo 21, ASGI – Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, Associazione 21 Luglio, Cestim, Cospe, Federazione delle Chiese evangeliche in Italia-Fcei, Il Pettirosso, Rete G2 – Seconde generazioni, Redattore Sociale.
 
 
 
Gli abusi e le persecuzioni contro i neri Ferguson «capitale» del razzismo Usa
Le accuse del dipartimento di Giustizia. Ma l’agente che uccise Michael Brown è assolto
Corriere della sera, 06-03-2015
Guido Olimpio
WASHINGTON La polizia di Ferguson, Missouri, ha creato con il suo comportamento razzista un ambiente tossico, «velenoso». Una condotta spregevole in un microcosmo che rappresenta altre realtà americane.
Le accuse contro gli agenti sono descritte in un rapporto del dipartimento della Giustizia Usa. Gli ispettori hanno indagato nella cittadina alle porte di St Louis dopo l’uccisione dell’afroamericano Michael Brown da parte dell’agente Darren Wilson. Il ministero si è pronunciato, di nuovo, con un parere separato confermando che il poliziotto ha agito secondo le regole. Dunque nessuna violazione in un caso che ha provocato una rivolta che non si è ancora sopita del tutto. Anche perché a Ferguson le tossine sono ancora presenti.
Nel dossier raccolto dal dipartimento di Giustizia emerge come la polizia abbia perseguitato, nel corso degli anni, la popolazione di colore della cittadina. Abusi continui, ingiustizie, uso della forza quando non era necessario, persecuzione. L’85% delle auto fermate, il 90% delle multe e il 93% degli arresti hanno coinvolto afroamericani. La polizia ha tratto in arresto cittadini senza alcuna giustificazione, ha fatto ricorso al taser — pistola elettrica — anche quando non vi era alcuna resistenza, ha inventato pretesti per punire o multare. E tutto questo con la complicità della giustizia locale che, a volte per errore e in altre deliberatamente, ha danneggiato gli imputati. Il mancato pagamento di una sanzione è stato spesso punito con la detenzione: circa 9 mila casi di persone finite in cella per infrazioni minori.
Gli investigatori hanno poi scovato nella posta elettronica degli agenti insulti razzisti contro il presidente Obama — paragonato ad una scimmia — e la first lady Michelle. Epiteti che uniti all’atteggiamento delle pattuglie hanno rafforzato l’immagine di un apparato senza alcun controllo, libero di colpire impunemente. Del resto su un territorio dove il 63% degli abitanti è afroamericano agiscono 53 agenti, tutti bianchi con l’eccezione di tre.
Dopo la diffusione del rapporto il sindaco di Ferguson, James Knowles ha annunciato il licenziamento immediato di uno dei poliziotti autori delle email mentre altri due sono stati sospesi. Poi ha cercato di scaricare parte delle responsabilità affermando che «i problemi riguardano l’intera regione di St. Louis». Per molti è incredibile che il capo della polizia della cittadina, Tom Jackson, sia rimasto al suo posto.
«Molto amareggiati» i genitori di Michael Brown che speravano in un verdetto diverso sulla fine del figlio. Una battaglia legale non chiusa, visto che la coppia ha deciso di lanciare una causa contro Darren Wilson. Poi commentando il report del ministero della Giustizia hanno espresso «la speranza che attraverso l’iniziativa federale si possa arrivare ad un cambiamento che investa la nazione. Solo così la morte di Michael non sarà stata vana» .
 
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