Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 novembre 2011

 

Permesso di soggiorno a punti, difficile vincere più facile perdere
l'Unità, 15-11-2011
È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il «regolamento che disciplina l’accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato», meglio noto come Permesso di soggiorno a punti. Ecco le istruzioni che contiene: al momento della stipula il richiedente il permesso di soggiorno si impegna ad acquisire una adeguata conoscenza dell’italiano parlato (pari al livello A2, secondo i parametri dei corsi di lingua), i fondamentali principi della Costituzione della Repubblica oltre che quelli del funzionamento delle istituzioni pubbliche del Paese e, infine, a garantire l’adempimento dell’obbligo di istruzione per i figli minori. Il raggiungimento di questi tre obiettivi in 24 mesi, è fondamentale per l’ottenimento di altri punti, oltre quelli di partenza. Perché, «vince» chi arriverà almeno a 30 punti. E chi perde, cosa perde? Se il punteggio totalizzato sarà da 1 a 29 verrà concessa una proroga del titolo di soggiorno della durata di un anno, mentre se il risultato sarà 0 (o addirittura inferiore) la regola del «ritorno al via» dei giochi da tavola, è sostituita da «tornatene a casa tua». Ossia dall’espulsione. Insomma chi perde, perde lo status di regolare. L’aspetto che più lascia perplessi è che non venga considerato l’impegno, in termini di attività svolte, e del tempo richiesto per svolgerle al fine di valutare l’integrazione sociale e civile del soggetto. Nonostante queste siano svariate (dall’iscrizione al sistema sanitario alla partecipazione a iniziative di volontariato) non si considera che la maggior parte delle persone che arrivano in Italia si trovano a svolgere lavori faticosi per molte ore al giorno. In altri termini il Permesso di soggiorno a punti sembra destinato a valutare più il livello di conoscenze di studenti dell’Erasmus che quello di migranti da paesi sottosviluppati.
 
 
 
Uno sportello per migranti omosessuali a Palermo: il terzo in Italia dopo Milano e Verona.
Iniziativa dell’Arcigay e dell’associazione DiARiA. L’inaugurazione ufficiale è prevista per il 20 novembre al Blow Up.
ImmigrazioneOggi, 15-11-2011
“Le migration” è il nome dello sportello di sostegno per immigrati omosessuali che l’Arcigay di Palermo inaugurerà il prossimo 20 novembre presso gli uffici del Blow Up, in piazza Sant’Anna, e che sarà aperto tutte le domeniche dalle 17 alle 19.
Si tratta di un servizio unico per il sud d’Italia: gli altri due sportelli sono a Milano e a Verona. Gestito da un team di volontari, lo sportello è realizzato in collaborazione con l’associazione DiARiA e vuole diventare un punto di riferimento per i migranti Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, trans). L’attivazione del servizio avverrà con la collaborazione di alcune mediatrici culturali dell’Umip (Unione mediatori italiani professionali). Tra gli obiettivi di Le migration c’è anche quello di promuovere attività di animazione e di confronto anche al di fuori dello sportello, nelle comunità a cui appartengono i migranti o presso le istituzioni, che spesso sono impreparate e raramente sono in grado di dare risposte adeguate a un migrante omosessuale.
 
 
 
CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE, UN AIUTO AI CITTADINI STRANIERI
Tuttoggi, 15-11-2011
Volontari del Fai allo sportello del cittadino
A partire da giovedì 17 novembre, nella sede dello Sportello del Cittadino di piazza San Francesco, ogni martedì e giovedì  (dalle 10 alle 12 e dalle 15.30 alle 17.30) i volontari dell’associazione Fai (Federazione delle associazioni degli immigrati) informeranno i cittadini stranieri sulle finalità e sulle modalità di svolgimento del censimento e offriranno un sostegno, anche linguistico, per la compilazione dei modelli. I volontari, che affiancheranno i rilevatori dell’ufficio comunale di censimento, saranno presenti grazie ad un accordo tra il Comune di Terni ed il presidente della Federazione delle associazioni degli immigrati, Gueye Cheikh Ahmed Tidiane. 
A Terni, dove la presenza di stranieri è particolarmente  significativa (la percentuale di residenti stranieri supera il 10% del totale dei residenti contro il 7,5% della media nazionale), la collaborazione offerta dalla Federazione delle associazioni degli immigrati è ritenuta  molto utile dagli operatori impegnati nello svolgimento delle operazioni censuarie impegnati nel reperimento di centinaia di cittadini stranieri che risultano residenti, ma che spesso non si riesce ad individuare nel luogo di dimora, a causa di una  loro maggiore propensione alla mobilità sul territorio, spesso per motivi di lavoro.
Fino ad oggi sono sono stati numerosi gli stranieri che si sono censiti spontaneamente presso i vari centri di raccolta allestiti sul territorio e che hanno fornito le informazioni richieste dal rilevatore anche nel caso di problemi di comprensione della lingua. Sono però alcune migliaia anche i questionari indirizzati a residenti stranieri che le poste non sono riuscite a recapitare e che i rilevatori stanno tentando di contattare.  La campagna di sensibilizzazione della Fai e l’aiuto dei giovani volontari contribuiranno dunque a facilitare le operazioni censuarie, anche dal punto di vista comunicativo e linguistico, e a conoscere la situazione e le abitudini lavorative di questa fetta di popolazione ormai integrata e stabilmente presente nella città.
Per maggiori informazioni si può contattare il numero dell’ufficio di censimento 0744 5441354 o direttamente lo Sportello del Cittadino del Comune di Terni allo 0744 432201.
 
 
 
Discriminazione: il Ministro degli esteri romeno condanna programma radiofonico italiano, “offende la nostra comunità”.
L’Ambasciata ha annunciato una denuncia all’Unar contro l’emittente radiofonica.
ImmigrazioneOggi, 15-11-2011
Il Governo romeno contro il programma di Radio 105 per la parodia di un immigrato romeno fatta da un comico.
“Pur trattandosi di una parodia, questi cliché negativi nei confronti dei cittadini romeni rappresentano una generalizzazione ingiustificata e sono da condannare, perché la promozione sui media di questi stereotipi può incitare al razzismo contro l’intera comunità romena”, ha detto il ministro degli Esteri Teodor Baconschi, presentando formali proteste, più che motivate a nostro parere.
L’ambasciata romena in Italia ha annunciato che denuncerà l’emittente radiofonica presso l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali.
 
 
 
Prato, Messa «vietata» ai lavoratori cinesi
Avvenire, 15-11-2011
Gianni Rossi
?Essere cinesi e cattolici è difficile. Anche a Prato. Molti lavoratori orientali sono costretti a rinunciare a partecipare alla Messa domenicale o ad altre attività parrocchiali. Altrimenti rischiano il licenziamento. A denunciarlo, sul settimanale “Toscana Oggi”, in edicola questa settimana, è don Francesco Saverio Wang, il cappellano della comunità cattolica cinese. I datori di lavoro spesso non sono cristiani e «non concepiscono che una persona si assenti anche solo per un’ora per andare a Messa». Così i fedeli sono costretti a disertare le funzioni. Prosegue don Wang: «Chiedono magari il permesso una volta, massimo due, poi hanno paura a chiederlo per la terza volta, perché sanno che rischiano di perdere il lavoro». 
La comunità cattolica cinese - che si ritrova stabilmente nella parrocchia dell’Ascensione a Il Pino - racconta di alcuni casi, in un contesto di lavoro sommerso, in cui operai cinesi sono stati licenziati per avere partecipato a determinate iniziative parrocchiali, come gite o ritiri. «Proprio a causa degli estenuanti orari di lavoro – prosegue don Wang – , dalle 10 alle 15 ore al giorno, diventa difficoltoso essere presenti alle attività parrocchiali, se non in rari momenti domenicali, anche perché è impossibile tutelare l’impiego senza un adeguato contratto». 
Di questi temi si parla all’interno del Consiglio pastorale dei cattolici cinesi di Prato, circa 150 persone, nato in seno alla parrocchia del Pino. A chi conosce la Chinatown pratese - una delle più grandi d’Europa - non fa meraviglia il caso sollevato dalla comunità cattolica orientale. Il mancato rispetto dei diritti umani e delle regole del lavoro assume spesso la rilevanza del dramma nei tanti capannoni della zona industriale colonizzata dagli orientali: lavoratori clandestini, spesso comunque a nero, turni di lavoro massacranti, condizioni di sicurezza e di igiene che dir precarie è poco. Il vescovo Gastone Simoni è stato tra i primi, già molti anni fa, a levare la sua voce per denunciare «la schiavitù della porta accanto». 
Poco, finora, sembra aver potuto anche la politica repressiva dell’amministrazione comunale di centrodestra, la prima dopo più 60 anni, improntata inizialmente a blitz spettacolari. D’altronde la presenza cinese, se sia più risorsa o problema, divide la politica pratese da anni. Ne è testimonianza anche la presa di posizione dell’assessore alla sicurezza del Comune Aldo Milone, lo «sceriffo» pratese come molti lo chiamano.
La Chiesa locale, dal canto suo, invita a guardare ai cinesi innanzitutto come persone. 
L’avanposto è la comunità cattolica, piccola ma significativa, guidata da un sacerdote e organizzata con un consiglio pastorale ad hoc. Non a caso don Wang non è soltanto il cappellano dei suoi connazionali, ma anche il viceparroco della comunità parrocchiale dell’Ascensione, dove i cinesi cattolici si ritrovano. Un segno che un dialogo e, ancor prima, un rispetto reciproco è possibile.
 
 
 
Cresce il numero dei migranti In Sardegna i "regolari" sono 38mila
Prosegue la campagna di raccolta firme "L'Italia sono anch'io"
Sassari Notizie, 14-11-2011
Daniele Giola
SASSARI. Cresce il numero degli stranieri in Sardegna, meno rispetto ad altre regioni ma comunque in modo significativo. Ad oggi sono circa 38 mila gli immigrati regolari, oltre 13 punti percentuali in più rispetto all'anno scorso. In pratica ogni cento residenti, 2,3 provengono da Paesi esteri. Di questi oltre il 55% è donna.
In Gallura, in particolare, ci vivono in 10mila, il 27% del totale in Sardegna, mentre Olbia - tra le grandi città dell'Isola - è quella con la più alta incidenza di immigrati rispetto alla popolazione totale (4647 cittadini stranieri per un 8,3% da record). In termini assoluti Cagliari è leader con 5593 stranieri, seguita appunto da Olbia e quindi da Sassari che invece ne conta 2709 (incidenza sulla popolazione in linea con la media regionale intorno al 2,1%).
Le comunità più rappresentate sono Romania (9899 abitanti), Marocco (4420), Cina e Senegal (entrambe intorno ai 2800). Secondo altri dati forniti dalla Caritas la presenza degli immigrati in Sardegna contribuisce in maniera significativa a riequilibrare un bilancio demografico altrimenti negativo. Quanto all’occupazione è certificato che gli immigrati lavorano soprattutto nell'edilizia e nel settore alberghiero e nei servizi (soprattutto colf e badanti provenienti). Si registra poi l’importante crescita (sono circa 3mila) di imprenditori stranieri . Il quadro complessivo della situazione migratoria in Sardegna è stato illustrato stamattina da Ottavio Sanna, Presidente delle Acli Regionali della Sardegna, Antonio Russo, responsabile dell’Area Immigrazione della Presidenza Nazionale delle Acli, Serena Macone referente del Settore Immigrazione per la Provincia di Sassari e Speranza Canu della Caritas di Sassari. La conferenza stampa è stata anche l'occasione per rinnovare tematiche legate alla migrazione clandestina e per rilanciare la campagna nazionale “L’Italia sono anch’io” che punta a raccogliere 50mila firme (al momento ne sono state raccolte circa 20mila) per due proposte di legge a tutela dei diritti dei migranti. Su questa falsa riga è in programma stasera al Teatro Civico un concerto gratuito dell'Orchestra di Porta Palazzo, una band musicale composta da artisti di varie etnie.
 
 
 
Espulsione per gli immigrati sorpresi a fare accattonaggio 
Il Messaggero, 15-11-2011
CRISTINA GAZZELLINI
«La sicurezza non è una meta che deve essere garantita solo da Polizia e Carabinieri, ma una condizione che si raggiunge più facilmente quando c'è la collaborazione tra gli enti».
Sì può racchiudere con questa frase del presidente della Provincia Nicola Zingaretti il senso della cerimonia di ieri mattina al Pincio per la consegna di due autovetture alle forze dell'ordine locali. Due Fiat Punto nuove consegnate ieri mattina una al Commissariato di viale della Vittoria e l'altra alla Caserma dei carabinieri di via Antonio da Sangallo. Un gesto voluto dal consigliere provinciale Alvaro Balloni e dall'assessore Mauro Campidonico del Polo Civico, reso possibile grazie al finanziamento della Provincia di Roma e all'interessamento del Comune, che ha collaborato nei vari e lunghi passaggi burocratici per rendere possibile un'iniziativa che, a sentire i diretti interessati, è la prima del genere in Italia. E per l'occasione alla cerimonia di ieri non sono voluti mancare il presidente Zingaretti, il questore di Roma Francesco Tagliente, il comandante provinciale dell'Arma, colonnello Maurizio Mezza villa, il sindaco Gianni Moscherini, l'assessore provinciale alla Scuola Rita Stella,
oltre a una folta rappresentanza di polizia e carabinieri con in testa il dirigente Giovanni Lucchesi e il capitano Lorenzo Ceccarelli.
«È un giorno importante -ha spiegato commosso Balloni -perché oggi possiamo dare il via a una collaborazione che potrà proseguire magari con dei corsi di inglese per le forze dell'ordine locali che ogni giorno si confrontano con le migliaia di passeggeri che transitano dallo scalo alla città». Una sinergia tra Provincia, Comune e forze dell'ordine auspicata an¬
che dal numero uno di Palazzo Valentini secondo il quale «per la sicurezza nessuno dovrà più- dire questo non è compito mio, perché è un dovere di tutti contribuire ciascuno per la propria parte». Pensiero condiviso anche dal colonnello Mezza- villa («Sicurezza deve essere garantita da tutte le istituzioni») e dal questore di Roma. «Iniziative come questa-ha sot-   tolineato Tagliente - hanno il vantaggio di unire gli sforzi di Comune, Provincia e forze dell'ordine e al contempo di motivare il nostro personale facendogli sentire la vicinanza delle istituzioni». Per il sindaco Moscherini è stata l'occasione per rilanciare un sistema di videosorveglianza del territorio e ribadire che «Civitavecchia per la presenza di un grosso polo energetico e di un porto che movimenta 5 milioni di passeggeri l'anno è un punto sensibile e come tale ha bisogno di condizioni di sicurezza di eccellenza. Condizioni possibili se c'è sinergia».
Il primo cittadino ha poi ricordato il «grande atto di solidarietà» fatto da Civitavecchia e dai civitavecchiesi con l'ospitalità di centinaia di immigrati alla De Carolis. «Ne sono rimasti circa 90, sono liberi di girare per la città e magari in alcuni casi creano timori tra le gente». Il riferimento è ai casi di accattonaggio e rovistaggio che ancora oggi si registrano e che potrebbero perfino costare l'espulsione agli extracomunitari, come ha spiegato il questore Tagliente. «Abbiamo revocato i permessi di soggiorno e le relative richieste di asilo a 26 tunisini ospiti di strutture nell'hinterland della Capitale per questi motivi. Per loro si è attivata la pratica dell'espulsione dell'Italia. 
 
 
 
"Gli immigrati non sono un peso ma una risorsa fondamentale"
La Stampa, 15-11-2011
PAOLO MASTROLILLI INVIATO A NEW YORK
Gli immigrati sono una risorsa fondamentale per l’economia globale, ma invece di ragionare su come attirarli e integrarli, stiamo a combattere ogni giorno con dei miti negativi che hanno radice solo nel pregiudizio. Intanto il mondo cambia, e molti Paesi rischiano di perdere per sempre il treno della ricchezza». Jean-Philippe Chauzy è il direttore della comunicazione per l’International Organization for Migration, l’agenzia di Ginevra che da 60 anni studia i flussi migratori, e ha preparato il nuovo «World Report» che verrà pubblicato alla fine del mese.
Quali sono i miti di cui parla?
«La maggior parte degli immigrati arriva attraversando i confini internazionali: falso, il grosso delle migrazioni è interno. Il flusso va dai Paesi in via di sviluppo verso quelli sviluppati: falso, l’80% degli spostamenti nel Sud del mondo avviene tra Stati confinanti. Il numero degli immigrati internazionali è fuori controllo: falso, aumenta in maniera progressiva, ma è sempre rimasto intorno al 3% della popolazione mondiale complessiva. L’immigrazione rappresenta un peso per le economie dei Paesi di destinazione: falso, negli Stati Uniti i cittadini nati in America guadagnano 37 miliardi di dollari all’anno grazie alla ricchezza prodotta dai lavoratori stranieri, in base ai dati del Council of Economic Advisers della Casa Bianca. L’immigrazione prosciuga le risorse dei Paesi d’origine: falso, nel 2010 le rimesse verso i Paesi in via di sviluppo sono arrivate a quota 325 miliardi di dollari, cioè il doppio di tutti gli aiuti internazionali, e spesso fanno la differenza se una famiglia riesce a mettere il cibo sulla tavola o no. Secondo uno studio fatto in Italia, la gente crede che gli immigrati siano il 25% della popolazione, mentre arrivano solo al 7%. Lo stesso rilevamento ha dato risultati ancora più preoccupanti negli Usa: 40% di presenza percepita, contro il 14% di presenza reale. Vado avanti?».
Passiamo a quello che sta accadendo ora. Che impatto ha avuto la crisi economica sulle migrazioni mondiali?
«Meno di quanto ci si potesse aspettare. E’ vero che le rimesse sono un po’ scese, ma stanno già risalendo. La flessione nel numero degli immigrati poi è stata molto ridotta, anche perché la maggior parte di loro non ha le risorse per tornare nel Paese d’origine. La verità è che la forza lavoro serve ovunque, e non è prevedibile una riduzione a breve dei flussi».
Coma sta cambiando, nel lungo termine, l’immigrazione?
«Due elementi soprattutto: l’aumento degli spostamenti delle donne come capo famiglia, e i flussi Sud-Sud. Faccio degli esempi pratici: il Messico ormai viene visto come una destinazione, al posto degli Stati Uniti, per chi viene da Venezuela, Colombia, Bolivia, Guatemala e vari altri Paesi centramericani. Nel Sud-Est asiatico, chi lascia Vietnam, Cambogia, Laos, Birmania, va soprattutto in Thailandia. Le migrazioni dell’Africa subsahariana hanno ormai da tempo il Sudafrica come obiettivo principale. Anche nell’Africa occidentale molti lavoratori poveri preferiscono andare dal Burkina Faso al Ghana, piuttosto che lanciarsi in pericolose avventure fuori dal loro continente. Più crescono i Paesi in via di sviluppo, più diventano la meta preferita per i vicini».
Quanto influiscono i cambiamenti climatici?
«Sempre di più. Le migrazioni stagionali non sono una novità, ma ora sono spesso determinate dagli effetti dei cambiamenti climatici e diventano permanenti. Nel caso dei piccoli Stati insulari, poi, si corre il rischio che spariscano dalla faccia della Terra».
Se questo è il quadro, nel futuro dobbiamo aspettarci una competizione serrata tra i diversi Paesi per attirare la forza lavoro?
«Sì, soprattutto nel senso che cambieranno i settori ai quali dovremo applicare questo concetto. La competizione per i lavoratori altamente qualificati, gli scienziati, i cervelli, c’è sempre stata, almeno nel mondo occidentale. Ora però si allargherà ai lavoratori di livello più basso, come il personale che baderà all’anziana popolazione europea, mentre la corsa ai cervelli si estenderà ai Paesi emergenti, che cercheranno di portarli via agli altri».
 
 
 
Sarà l'Asia la nuova America
La Stampa, 15-11-2011
PAOLO MASTROLILLI  INVIATO A NEW YORK
È in corso una rivoluzione epocale che ci toccherà tutti da vicino, ma di cui poco si parla, se non in termini superficiali e spesso condizionati dal pregiudizio. È quella che sta cambiando i flussi migratori in tutto il mondo. La crisi economica e i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto contingente, frenando o accelerando alcuni spostamenti, ma il vero problema di lungo termine sta diventando la competizione tra i vari Paesi per la forza lavoro. Una gara che l’Occidente rischia di perdere, scivolando indietro nella scala della ricchezza globale.
Per inquadrare il fenomeno partiamo dai dati dell’International Organization for Migration (Iom), l’agenzia partner dell’Onu specializzata nello studio e nella gestione degli spostamenti delle popolazioni. Al momento nel mondo ci sono oltre 241 milioni di immigrati internazionali: nel 2005 erano 191 e nel 2050 saranno 405 milioni, tanto per capire qual è la tendenza generale. A questo numero bisogna aggiungere oltre 700 milioni di persone che si sono trasferite all’interno dei confini del proprio Paese, portando ad oltre un miliardo il totale degli immigrati internazionali e nazionali.
Dove sta andando questa enorme massa di esseri umani? In passato la strada sembrava obbligata: dal Sud verso il Nord del mondo, comunque volessimo poi definire queste regioni sul piano geografico. Quindi Stati Uniti ed Europa sembravano le destinazioni predilette. Ora sono in corso delle trasformazioni storiche, in parte contingenti e in parte di lungo termine.
Sul piano contingente la crisi economica ha frenato i flussi, perché ci sono meno posti di lavoro da andare a prendere. Negli Stati Uniti, ad esempio, la disoccupazione tra i cittadini americani è al 9%, mentre quella tra i messicani è all’11,4%: ovvio che molti ispanici tornino a casa o non partano proprio. Anche il numero delle domande per la carta verde attraverso la lotteria è precipitato, dai 15 milioni dell’anno scorso agli 8 di quest’anno, ma questo fenomeno dovrebbe dipendere dal fatto che nel 2011 il Dipartimento di Stato ha vietato le richieste provenienti dal Bangladesh, che nel 2010 erano state 7,6 milioni. L’immigrazione legale negli Usa ha subito una leggera flessione, da un milione e 107 mila nel 2008 a un milione e 42 mila quest’anno. La crisi, però, ha avuto effetti simili anche in Europa e nei Paesi asiatici che importano forza lavoro, come Singapore, Malaysia e Thailandia, e si spera sia transitoria.
Un fenomeno di lungo termine, invece, rischia di essere quello legato ai cambiamenti climatici, come ha scritto sulla rivista Science lo studioso dell’Earth Institute della Columbia University Alex de Sherbinin. L’Onu ha calcolato che nel 2008 20 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro abitazioni a causa dei disastri naturali, e prevede che il numero potrebbe salire a 200 milioni entro il 2050.
Il vero cambiamento epocale di lungo termine, però, riguarda i rapporti di forza tra i vari continenti, e quindi l’aumento dell’immigrazione dal Sud al Sud. Nel suo rapporto mondiale l’Iom nota che i Paesi del Golfo Persico stanno diventando un magnete per i lavoratori del Medio Oriente, così come Thailandia, Malaysia e Singapore per quelli dell’Estremo Oriente. Il Messico, da sempre visto come una fonte di emigrazione legale e illegale verso gli Usa, sta diventando una destinazione per i latino-americani. Stesso discorso per il Sudafrica nell’area subsahariana. In sostanza, a mano a mano che i Paesi emergenti crescono, i lavoratori delle regioni povere più vicine li scelgono come destinazione preferita, per ovvi motivi di comodità. Ma la cosa più interessante è che il fenomeno potrebbe riguardare presto anche la Cina, se è vero che la sua popolazione in età di lavoro diminuirà di 264 milioni tra il 2015 e il 2060. Se questa tendenza verrà confermata, anche il Paese più popolato al mondo diventerà un importatore di manodopera straniera. Dal 2000 al 2010 l’Asia è stata la prima «esportatrice di persone», con 65 milioni di partenze contro 30 milioni di arrivi: se anche Pechino comincerà ad attirare immigrati dall’esterno, i saldi potrebbero invertirsi.
Perché tutto questo ci interessa da vicino? Perché le tendenze che abbiamo descritto minacciano di scatenare una competizione per la forza lavoro, di cui l’Occidente potrebbe pagare le spese. È vero che in tutta l’Europa, non solo in Italia, la gente si lamenta degli immigrati che vengono a «rubare il posto». Ma questa è una percezione sbagliata, anche sul piano numerico: la realtà è che tra breve rischiamo di doverli pregare, per venire. Secondo l’Onu, a causa del calo della fertilità, la forza lavoro nei Paesi sviluppati resterà ferma a 600 milioni di persone fino al 2050. Quella nelle regioni in via di sviluppo, invece, aumenterà dai 2,4 miliardi del 2005 ai 3,6 miliardi del 2040. L’Occidente avrà un disperato bisogno di attirare queste persone, per conservare i propri livelli di produttività e ricchezza: basti pensare che oggi in Europa ogni pensionato è sostenuto da quattro lavoratori, mentre nel 2060 il rapporto sarà di due a uno. Il problema è che gli immigrati di cui avremo bisogno saranno sempre più lontani, e forse non avranno più tanta voglia di venire da noi.
 
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