Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

09 marzo 2011


Agenzia Habeshia
per la Cooperazione allo Sviluppo
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        Comunicato Stampa
I Rifugiati Eritrea in Italia fa appello urgente in favore dei rifugiati eritrei a Tripoli
 
 I Rifugiati di Eritrei in Italia fa proprio l’appello urgente lanciato da Monsignor Giovanni Martinelli, vescovo cattolico a Tripoli, per l’evacuazione umanitaria di circa 2000 rifugiati eritrei dalla Libia. I rifugiati eritrei, in maggioranza, hanno come unico punto di riferimento l’Episcopio di Tripoli, nel centro della città, dove ricevono compatibilmente con la situazione contingente anche assistenza materiale. Queste persone, ancor più degli altri cittadini stranieri presenti in Libia, si vedono intrappolate, senza possibilità di rimpatriare e senza possibilità di raggiungere via terra la Tunisia o altri paesi di rifugio e temono per la loro vita.
 
Don Mussie Zerai, in costante contatto con Monsignor Martinelli e con la Nunziatura Apostolica di Malta, competente per la Libia , si rivolge oggi al Consiglio dell’Unione Europea, alla Commissione Europea e al Governo italiano affinché al più presto i rifugiati siano trasferiti  in vari Stati dell’Unione Europea, e  chiediamo ai Governi di mettere a disposizione quote per poter procedere tempestivamente al trasferimento da Tripoli.
 
 Indipendentemente dall’evolversi della situazione a Tripoli e nelle aree circostanti, i rifugiati eritrei sono bersagliati in tutti i modi come nemici. Non hanno alcun permesso di residenza e nessun diritto garantito. “Facciamo appello alla solidarietà dell’Italia e degli altri Stati dell’Unione Europea in questo drammatico momento”, dichiarano i rappresentanti dei Rifugiati Eritrei in Italia.
 

Per Ulteriori informazioni
UFFICIO STAMPA    
Don Mussie Zerai
tel. + 39 338.4424202   
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Invito alla Manifestazione di Solidarietà
Ai Profughi del Corno D’Africa intrappolati in Libia
Giovedì 10 marzo 2011 ore 10 in Piazza Ss. Apostoli Roma

I Rifugiati Eritrea in Italia fa appello urgente in favore dei rifugiati del Corno D’Africa a Tripoli
 
 
I Rifugiati Eritrei in Italia fa proprio l’appello urgente lanciato da Monsignor Giovanni Martinelli, vescovo cattolico a Tripoli, per l’evacuazione umanitaria di circa 2000 rifugiati eritrei dalla Libia. I rifugiati eritrei, in maggioranza, hanno come unico punto di riferimento l’Episcopio di Tripoli, nel centro della città, dove ricevono compatibilmente con la situazione contingente anche assistenza materiale. Queste persone, ancor più degli altri cittadini stranieri presenti in Libia, si vedono intrappolate, senza possibilità di rimpatriare e senza possibilità di raggiungere via terra la Tunisia o altri paesi di rifugio e temono per la loro vita.
 
Don Mussie Zerai, in costante contatto con Monsignor Martinelli e con la Nunziatura Apostolica di Malta, competente per la Libia , si rivolge oggi al Consiglio dell’Unione Europea, alla Commissione Europea e al Governo italiano affinché al più presto i rifugiati siano trasferiti  in vari Stati dell’Unione Europea, e  chiediamo ai Governi di mettere a disposizione quote per poter procedere tempestivamente al trasferimento da Tripoli.
 
 Indipendentemente dall’evolversi della situazione a Tripoli e nelle aree circostanti, i rifugiati eritrei sono bersagliati in tutti i modi come nemici. Non hanno alcun permesso di residenza e nessun diritto garantito. “Facciamo appello alla solidarietà dell’Italia e degli altri Stati dell’Unione Europea in questo drammatico momento”, dichiarano i rappresentanti dei Rifugiati Eritrei in Italia.

Aderiscono alla Manifestazione: CIR, ASPER, A.H.C.S, A Buon Diritto,
 

Per Ulteriori informazioni
UFFICIO STAMPA    
Don Mussie Zerai
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Il Tribunale di Bari ordina: un perito verifichi le condizioni del Cie
l'Unità, 09-03-2011
Non è la prima volta che scriviamo di come i Cie, centri di identificazione ed espulsione degli immigrati irregolari, siano una vergogna per la dignità delle persone che sono costrette al loro interno. Ma è la prima volta che, finalmente, apprendiamo una notizia che potrebbe contribuire a cambiare le cose. Il Presidente del Tribunale Civile di Bari ha infatti accolto il ricorso per accertamento tecnico preventivo proposto da Luigi Paccione (Presidente dell’Associazione Class Action Procedimentale) e Alessio Carlucci ordinando l’ingresso nel Cie di Bari di un perito al fine di verificare «lo stato, la condizione, l’organizzazione del Cie di Bari, puntualizzando se in base ai parametri propri della funzione a cui è adibito sia in grado di assicurare ai trattenuti necessaria assistenza e pieno rispetto della loro dignità; in caso di constatazione di negatività, evidenzi gli interventi necessari per eliminarle». Nelle motivazioni del ricorso sono stati richiamati principi della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, secondo cui nessuno può «essere sottoposto a trattamenti (..) inumani o degradanti». La situazione del Cie di Bari (e non solo di quello) risulta essere drammatica e destinata a peggiorare, dovendo far fronte ai nuovi numerosi sbarchi. Anche se tecnicamente gli ospiti dei Cie non sono detenuti (ma la loro condizione è forse ancora più difficile di chi si trova in galera), vorremmo ricordare le parole della Corte Costituzionale, secondo cui «chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, che è tanto più prezioso in quanto costituisce l’ultimo ambito nel quale può espandersi la sua personalità individuale» (sentenze n. 349/1993 e n. 526/2000).



Lampedusa: nella notte soccorsi 55 immigrati
il Quotidiano Italiano, 09-03-2011
Serena Fiona Taurino
Cinquantacinque persone assiepate in un barcone in difficoltà. Scene di ordinaria follia a largo di Lampedusa per gli operatori delle forze dell’ordine che in quelle acque han visto passare di tutto. La barca è stata soccorsa nella notte di ieri 8 marzo e condotta a Lampedusa
Gli angeli per quei poveri diavoli stretti su uno scafo, che rischiava di affondare perche’ il troppo carico aveva abbasato la linea di galleggiamento tanto da far entrare l’acqua, hanno la divisa delle Fiamme Gialle e della Marina Militare italiane.
Cosa è successo. L’aereo ATR “Grifo 15″ della Guardia di finanza ieri sera a 57 miglia dall’isola avvista il natante, e da qui parte una motovedetta della Fiamme Gialle, che raggiunge la zona a mezzanotte circa e imbarca i passeggeri con l’aiuto prezioso della nave “Lavinia” della Marina militare e della motovedetta 305 della Capitaneria di porto di Lampedusa.
Al momento le condizioni meteo non sono le migliori nel Canale di Sicilia: vento di Nord Est forza 4, con previsione di Sud Est forza 5 nel corso della mattinata.  Tali condizioni potrebbero scoraggiare nuove partenze dalla coste del Nord Africa.
Il prefettto di Palermo Giuseppe Caruso, commissario governativo per l’emergenza immigrazione, è positivo: “Sono convinto che, anche a fronte di altre migliaia di persone che dovessero arrivare, saremo in grado di affrontare la situazione. Poi, in base alla consistenza numerica, ci attrezzeremo”. Il sistema di accoglienza “fino ad ora ha retto” e reggera’ a nuove ondate di immigrati.



IMMIGRATI: CARUSO, SARA' ESODO BIBLICO MA SISTEMA REGGERA'
(AGI) - Palermo, 9 mar. - C'e' davvero un rischio di esodo biblico sul fronte immigrati? "A giudicare dagli arrivi, quando il mare e' calmo, direi proprio di si'. Penso che sia poco prudente fare previsioni numeriche, ma il numero sara' comunque rilevante". Lo ha detto il prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso, commissario governativo per l'emergenza immigrati, a Radio 24. Fino a ora "il sistema ha retto. E sono convinto che, anche a fronte di altre migliaia di persone che dovessero arrivare, saremo in grado di affrontare la situazione. Poi, in base alla consistenza numerica, ci attrezzeremo". A Lampedusa, ha aggiunto Caruso, la situazione regge molto bene, indipendentemente dal numero. In questo momento i migranti sono circa 1.410. La capienza ottimale e' di 850 unita', ma il centro regge lo stesso grazie anche alla tipologia degli ospiti: persone giovani, tra i 20 e i 35 anni, e in buona salute".
  Comunque, tutte le regioni dovranno contribuire ad affrontare l'emergenza immigrazione che non e' solo un affare siciliano, ha assicurato il prefetto, il quale ha spiegato che proprio oggi il ministro Maroni incontrera' i prefetti dei capoluoghi di regione che avevano il compito di individuare i siti italiani dove potere ospitare, in caso di emergenza, i centri per accogliere i migranti.
  Nel frattempo e' pressoche' pronto il 'Villaggio della solidarieta'' di Mineo: "Puo' accogliere molte persone. Il ministro dell'Interno - ha sottolineato Caruso - ha comunque disposto che li' saranno ospitati solo gli asilanti che sono spalmati attualmente nei vari Cara. In tutto 2.300 persone, ma riteniamo di farne affluire li' 2mila perche' 300 sono considerati soggetti svantaggiati, cioe' anziani e non facilmente trasportabili per vari motivi". Una operazione criticata da diversi sindaci e dal presidente della Regione che aveva parlato di 'deportazione': "Sulla legittimita' delle critiche - ha detto Caruso - per la verita' ho qualche perplessita'. Forse ci sono problemi di carattere ideologico e non tanto legati a una razionalita' nelle valutazioni. Il ministro ha sempre cercato la condivisione assoluta di tutte le componenti. Abbiamo fatto parecchi incontri sia in prefettura, a Catania, sia al Viminale, coinvolgendo tutte le realta' direttamente o indirettamente interessate. Qualcuno che non e' d'accordo lo si trova sempre". E su Raffaele Lombardo che aveva accennato ai suoi timori per la proprieta' che ha dalle parti di Mineo, chiedendosi provocatoriamente se fosse necessario dotarsi di un mitra, Caruso si e' limitato a dire: "Io, se mi consente, passerei a un'altra domanda". (AGI) Mrg


 
 II prefetto di Palermo Caruso ha annunciato l'immediata apertura del "Villaggio della solidarietà". Un progetto contestato e costoso che trasferirà in Sicilia chi è già ospitato altrove
Duemila rifugiati inviati in massa a Mineo
Terra, 09-03-2011
Dina Galano
Menzione del "Villaggio della solidarietà" di Mineo, in provincia di Catania, si era fatta fin dal principio, contemporaneamente all'aggravarsi della crisi nordafricana e all'emergenza sbarchi sulle coste italiane. Tempo due giorni, ha confermato ieri il commissario straordinario per l'Immigrazione, il prefetto Giuseppe Caruso, circa duemila rifugiati ospitati attualmente nei Cara (i centri di accoglienza rifugiati e richiedenti asilo) saranno trasferiti nella struttura. Il Villaggio, tuttavia, che in origine portava il nome di 'Residence degli aranci" e accoglieva le famiglie dei militari statunitensi di base a Sigonella, è per molti il luogo meno idoneo per realizzare il progetto. Innanzitutto per la natura militare dell'area, che è ancora presidiata dagli uomini della Us Navy fino a scadenza contratto (il 31 marzo); poi perché di proprietà di una società di co-struzioni, la Pizzarotti spa di Parma, che riceveva per l'affitto delle 404 villette dal dipartimento della Difesa statunitense 8,5 milioni di dollari l'anno. Somme che saranno ora dovute dal ministero degli Interni e a cui andranno aggiunti i costi di gestione e del personale. Dalla rete antirazzista di Catania parlano già di «business della deportazione», confermato indirettamente dalla nascita di un comitato cittadino che, alla luce dei circa 300 nuovi posti di lavoro che si creeranno intorno al centro, sostiene con determinazione il progetto. Dalla Croce rossa italiana, che si è aggiudicata i servizi di ristorazione e sanitari, assicurno di «essere pronti a partire». Così da Lampedusa Tommaso Della Longa, portavoce del commissario della Cri Francesco Rocca, racconta di «aver concluso le attività di preparazione dell'intervento» e di circa 800 volontari disposti a raggiungere Mineo «appena si conoscerà il numero degli ospiti». Ma la stima non può oscillare di molto, se è vero che l'intenzione del Viminale è trasferire nel Villaggio i rifugiati che attualmente risiedono nei diversi centri d'Italia. Nell'annuncio di ieri, il prefetto di Palermo Caruso ha quantificato in 2.300 il numero dei richiedenti asilo presenti sul territorio na-zionale; di questi, a Mineo ne dovrebbero essere trasferiti duemila. Nonostante nella cittadina catanese non esista la commissione territoriale competente a esaminare le procedure d'asilo e nonostante lo spostamento significhi il parallelo abbandono delle attività e dei progetti d'integrazione col territorio che ogni singolo rifugiato ha attivato finora nel centro di accoglienza in cui risiede. Perfino il sindaco di Mineo, Giuseppe Castania, è tornato a mostrare la sua opposizione. «Il governo si sta assumendo una grande responsabilità attuando una scelta che presenta mille incognite e suscita perplessità, e non condivisa dal 60 per cento del territorio interessato», ha affermato ieri continuando a lamentare «l'assenza di documenti» che impegnino l'esecutivo a «evitare che la sperimentazione si trasformi in bomba sociale». ?
 


Immigrati: ripreso ponte aereo da Lampedusa verso altri Cie (2)
(Adnkronos) 08/03/2011 - Le strutture che accolgono gli immigrati irregolari in Italia si dividono in tre tipologie: Centri di accoglienza (Cda), Centri di accoglienza richiedenti asilo (Cara), Centri di identificazione ed espulsione (Cie ). I Centri di identificazione ed espulsione, cosi' chiamati con decreto legge 23 maggio 2008, n. 92, sono gli ex 'Centri di permanenza temporanea ed assistenza': strutture destinate al trattenimento, convalidato dal giudice di pace, degli stranieri extracomunitari irregolari e destinati all'espulsione.
Previsti dall'art. 14 del Testo Unico sull'immigrazione 286/98, come modificato dall'art. 12 della legge 189/2002, sono attualmente operativi 13 Cie: Bari-Palese, area aeroportuale - 196 posti; Bologna, Caserma Chiarini - 95 posti; Caltanissetta, Contrada Pian del Lago - 96 posti; Catanzaro, Lamezia Terme - 75 posti; Gorizia, Gradisca d'Isonzo - 248 posti; Milano, Via Corelli - 132 posti; Modena, Localita' Sant'Anna - 60 posti; Roma, Ponte Galeria - 364 posti; Torino, Corso Brunelleschi - 204 posti; Trapani, Serraino Vulpitta - 43 posti; Brindisi, Restinco - 83 posti; Lampedusa - 200 posti; Crotone, S. Anna - 124 posti.



Immigrati, parte il piano per "liberare" Lampedusa
Tra i fuggiaschi 286 minori e 7 mamme con bimbi
Avvenire, 09-03-2011
DAL NOSTRO INVIATO A LAMPEDUSA PAOLO LAMBRUSCHI
Le onde si increspano sotto la Porta d'Europa, il monumento ai migranti morti in mare sull'estremità meridionale di Lampedusa, quindi il punto geografico più a Sud d'Europa. E quando tira questo vento forte, dall'altra parte del Canale di Sicilia, in Tunisia, i barconi non possono prendere il largo. Ma nella notte, a dispetto del meteo, un barcone con quaranta passeggeri è stato avvistato, agganciato e trainato in porto da una motovedetta della Capitaneria di porto. Ieri la piccola isola, che da oltre un mese è in piena emergenza sbarchi, ha comunque tirato il fiato dopo l'arrivo di 400 persone in 48 ore. Dal centro di contrada Imbriacola, che ieri mattina ospitava 1600 profughi - il doppio della capienza abituale -, sono partiti 300 ospiti verso i Cara, i centri per richiedenti asilo, di Crotone e Bari. Nessuno si fa illusioni. Quando miglioreranno le condizioni meteo, i viaggi riprenderanno. Lampedusa è un'avventura tentata finora da diversi minorenni tunisini. Secondo l'ong Save The Children sono 286, approdati sull'isola a partire dal 10 febbraio, cinque volte di più rispetto a quelli arrivati nel 2010.
«Il centro ospita al momento 1300 persone, età media 25 anni. Sette sono mamme con altrettanti bambini e 65 minori non accompagnati - spiega Titti Salsano, consulente legale del team dell'Oim, l'organizzazione internazionale dei migranti che lavora nel progetto Praesidium insieme a Save The Children, Croce Rossa e.Alto commissariato Onu per i rifugiati - provengono da Sfax, Zarzis e dalle isole Kerkennah. Adulti e minori sono quasi tutti poveri. Arrivati a Lampedusa sperano di raggiungere il Nord Italia e la Francia». In media il tempo di permanenza a Lampedusa è di circa 48 ore. Quanto basta per rifocillare e visitare chi giunge, scortato dalle nostre navi, al molo Favarolo. Una volta varcato l'ingresso del centro di accoglienza si passa alle procedure di identificazione, dall'identità alle impronte digitali. La traversata da Zarzis, che costa 1.400 euro, dura in media una notte, ma spesso le imbarcazioni si perdono perché si guasta il satellitare e allora si naviga per giorni senza viveri. «All'interno del centro la situazione è per ora tranquilla, anche se il sovraffollamento provoca problemi - continua l'avvocato dell'Oim - ma è tutto organizzato bene. Noi esponiamo ai migranti la loro situazione. Se non chiedono protezione internazionale sono irregolari e appena si chiarirà il quadro a Tunisi, secondo le direttive ministeriali, verranno rimpatriati. Se, però, la richiedono non possono, secondo il regolamento europeo, spostarsi ad esempio in Francia». Solo 2.100 su 8mila tunisini arrivati ha presentato domanda di asilo. Gli altri vengono trasferiti senza status giuridico nei Cara di tutta Italia, che sono al limite della capienza di 3.300 posti e, dato che la sorveglianza non è ferrea come nei Cie, in base alla legge, da lì molti si allontanano. La Francia ha già rafforzato i controlli alle frontiere segnalando un massiccio esodo di tunisini dall'Italia. Sono quelli sbarcati a Lampedusa un mese fa, i pionieri che hanno aperto la rotta.
Ma che il clima sia tutto sommato pacifico in queste ore nell'isola invasa, lo dimostra la libertà con la quale circola per le strade della cittadina qualche decina di ospiti, nonostante non sia formalmente consentito dal regolamento del centro e da un'ordinanza del sindaco. Ieri sono riusciti a uscire attraverso due varchi nella recinzione e si sono concessi una passeggiata e un caffè al tavolino sul corso principale, via Roma. Il kit italiano di accoglienza comprende una scheda telefonica. Quindi al telefono pubblico sul corso per tutto i pomeriggio di ieri c'era la fila per chiamare a casa e rassicurare i parenti. O per ricevere indicazioni dai parenti in Francia. Alla sera erano tutti rientrati senza problemi o proteste della popolazione. Ieri, per la prima volta dalla nomina a commissario straordinario per l'emergenza immigrazione, è giunto sull'isola il prefetto di Palermo, Giuseppe Caruso. Ha fatto capire che per ora l'Italia regge, dato che nel 2008 aveva accolto 37mila persone sbarcate qui, ma si sta preparando a far scattare quello che il Viminale chiama Piano B, vale a dire l'individuazione di strutture per almeno 50mila persone in tutta la Penisola. Non solo maghrebini, soprattutto i subsahariani bloccati da due anni in Libia. Il governo sta censendo caserme e basi, come quella di Comiso, nel Ragusano.
Per ospitare 2mila migranti Caruso ha confermato, come avevamo anticipato, che è già pronto il "Villaggio della solidarietà" di Mineo, nel Catanese, gestito dalla Croce Rossa. Dai Cara di tutta Italia oggi potrebbero giungere i primi richiedenti asilo.
Gli ospiti di Lampedusa verranno a loro volta trasferiti nei Cara sostituendoli in base al piano del ministro Maroni. Quanto a Lampedusa, Caruso ha trovato tre siti con il sindaco De Rubeis per stoccare i vecchi pescherecci e i barconi in legno con gli immigrati usati per le traversate e liberare così il porto dalle bagnarole recuperate dagli scafisti. Caruso ha inoltre parlato a lungo con gli operatori umanitari e con i responsabili delle forze dell'ordine.
Da segnalare che ieri l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha espresso apprezzamento per l'accoglienza data dal governo italiano ai migranti tunisini. Con l'intensificarsi degli arrivi, l'Acnur ha raccomandato di incrementare i trasferimenti in Italia per non creare tensioni nell'isola



Le toghe liberano i clandestini
E l'esodo biblico arriva per sentenza
Libero, 09-03-2011
F.  BORGONOVO
Eurabia bussa alla porta e qualche giudice, per mostrarsi più accogliente, pensa bene di levare catenacci e chiavistelli, così da permettere agli immigrati clandestini di circolare a proprio piacimento sul territorio italiano.
Come racconta oggi Chiara Giannini, a Livorno gli stranieri arrestati perché senza permesso, (...)
(...) invece di essere rimpatriati o processati per non aver preso l'aereo di ritorno a casa entro cinque giorni (come previsto dalla Bossi-Fini), vengono rimessi in libertà dalla Procura. Con una scusa: quella dell'incompatibilità fra una direttiva europea e la norma italiana. È l'ultima notizia di una lunga serie. A Firenze, qualche mese fa, una circolare ha informato che i clandestini non sarebbero stati trattenuti. Idem a Brescia, dove una identica letterina firmata dal procuratore capo Nicola Maria Pace ha fatto sapere che l'articolo 14 del Testo unico sull'immigrazione non sarebbe stato applicato e dunque gli atti giudiziari riguardanti gli stranieri irregolari sarebbero stati archiviati. Il fatto non sussiste, fuori tutti. E - parola di procuratore - nel caso in cui le forze dell'ordine non condividessero e continuassero ad arrestare clandestini, questi arresti saranno considerati illegittimi. Disposizioni uguali si sono viste a Torino, a Padova, a Pordenone.
A Milano, poi, alla fine di dicembre del 2010 due egiziani di 21 e 18 anni, senza permesso di soggiorno, sono stati scarcerati anche se non avevano eseguito l'ordine di allontanamento dal nostro Paese. Motivo? Erano poveri, dunque il pm -facendo riferimento a una sentenza della Corte costituzionale secondo cui il clandestino "indigente" non è punibile se non rimpatria - li ha rimessi in libertà. Poco dopo, intorno a metà gennaio, il questore del capoluogo lombardo Alessandro Marangoni ha diffuso una circolare inter¬na in cui invitava gli agenti a non arrestare i clandestini qualora apparissero in miseria. Visto che non possiamo punirli, evitiamo di ammanettarli, tanto è solo lavoro sprecato: rotture di scatole e scartoffie da maneggiare per niente. Comprensibile, dopotutto. Perché vessare inutilmente la polizia, costringendola a girare a vuoto? Tanto poi i giudici rispediscono tutti per strada.
In sostanza, si sta sovvertendo una legge realizzata da un governo democraticamente eletto, in nome del politicamente corretto e del buonismo che contraddistingue tutte le politiche sull'immigrazione partorite dal nostro Paese. Ora però si aggiunge un problema ulteriore. Una delle con¬seguenze più gravose delle varie crisi mediorientali sarà - come ripetuto allo sfinimento nelle scorse settimane - l'esodo «biblico» degli immigrati nordafricani. Quegli stessi immigrati che l'Unione europea e l'Onu ci hanno calorosamente invitato ad accogliere.
Bene, noi come ci prepariamo all'esodo di proporzioni veterotestamentali? Calando le brache fino alle caviglie. Distruggendo una legge piena di lacune finché si vuole, ma che resta l'unica di cui possiamo disporre. Chi lo dice che fra i cittadini stranieri che arriveranno per scappare dai tumulti non ce ne saranno anche altri pronti ad appro -fittare della situazione di caos? Non pensiamo a come regolarci con gli inevitabili guai che derivanno dall'entrata di praticanti una religione -quella musulmana - difficilmente compatibile con i nostri usi e costumi. Non ci preoccupiamo dell'aumento della criminalità che è conseguenza fisiologica e dimostrata (anche da illustri ricercatori "progressisti") dell'immigrazione incontrollata . Preferiamo far finta di niente e garantire a chiunque libertà di movimento.
Tanto varrebbe eliminare la Bossi-Fini e rassegnarsi: porte spalancate e Dio ce la mandi buona.
Poi, però, che nessuno si lamenti. Gli scritti di Oriana Fallaci e Bat Ye'or su Eurabia sono disponibili in tutte le librerie. Non dite che non potevate leggerli prima.    



Aggirata la Bossi-Fini
I giudici si rifiutano di arrestare i clandestini
In una circolare i magistrati toscani avvisano: non convalideremo i fermi. I poliziotti: meno sicurezza
Libero, 09-03-2011
CHIARA GIANNINI
LIVORNO - «Rendo noto che il Tribunale di Livorno si è orientato nel senso di ritenere l'articolo 14/5 ter del D.L.vo 25 luglio 1998 numero 286 incompatibile con la direttiva comunitaria 2008/115/CE in materia di rimpatrio di soggetti clandestini e quindi di non convalidare gli arresti effettuati per tale reato»: è con questa circolare, spedita pochi giorni fa ai comandi locali dei carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia Municipale, che il procuratore di Livorno Francesco De Leo ritiene di adeguarsi alla nuova normativa europea in materia di immigrazione clandestina, vietando di fatto la convalida degli arresti per gli extracomunitari colpiti da decreto di espulsione. Il provvedimento arriva dopo quello emesso poco più di un mese fa dal procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi, che dava identiche disposizioni. Nel resto della Toscana, intanto, è già consuetudine non arrestare i clandestini.
La direttiva europea, non ancora recepita dallo Stato italiano, secondo questi magistrati mal si accosta a quanto previsto dalla Bossi-Fini, la quale prevede che i clandestini con specifico provvedimento siano arrestati ed espulsi dall'Italia entro cinque giorni. All'interno di questa diatriba se ne cela poi un'altra: quella tra i tribunali toscani, che hanno preso alla lettera quanto stabilito a livello europeo, e le procure, che si troverebbero "costrette" - almeno da quanto si intuisce dalle dichiarazioni dei vari procuratori sui quotidiani locali - ad adeguarsi.
LE REPLICHE
Gli addetti ai lavori, però, non gradiscono la decisione dei magistrati. «Ci troviamo con le mani legate», commenta il segretario regionale dell'Ugl Polizia Mauro Marruganti, «perché questi nuovi dettami ci impediscono di arrestare i clandestini. Ciò comporta una diminuzione   della   sicurezza   sul
territorio. Da non sottovalutare, poi, un altro aspetto fondamentale: coloro che vengono colpiti da provvedimento di espulsione, ma che rimangono a piede libero, devono essere accompagnati nei centri d'accoglienza. In Toscana, però, non ve ne sono. Il governatore Enrico Rossi aveva promesso che ne avrebbe fatto realizzare uno, ma la questione è finita nel dimenticatoio. Così ogni volta che un clandestino deve essere trasferito in uno di questi centri (il più vicino è a Modena, altrimenti si deve ripiegare su Milano, Crotone o addirittura Bari) dobbiamo mandare due agenti. Ovviamente con un notevole aggravio di spese, perché agli stessi devono essere corrisposti trasferta, straordinario e spese varie. In media partono non meno di 500euro a clandestino. Spesa che naturalmente ricade sullo Stato».
EFFETTO DOMINO
Quanto fatto dalle procure di Firenze e Livorno pare che stia per essere imitato adesso da altre procure toscane. «Anche se», prosegue Marruganti, «va detto che in alcune città, senza che sia stata emessa alcuna circolare, è già consuetudine non arrestare i clandestini. Ciò avviene con regolarità a Siena, Pisa, Grosseto, Pistoia, Lucca e Prato». Walter Delfino, dirigente dell'ufficio immigrazione della Questura di Livorno, spiega che «con questa circolare i tribunali hanno di fatto dichiarato nullo il provvedimento dei questori che impone ai clandestini arrestati l'allontanamento dall'Italia entro cinque giorni e l'impossibilità di rientrarvi per diversi anni. Certo, l'arresto resta contemplato dalla normativa italiana. Solo che, anche se lo arrestiamo, l'extracomunitario clandestino viene subito rimesso in libertà».
 


Le risposte mancate sull'immigrazione
Il Mattino, 09-03-2011
Antonio Golini
Già da tempo è ben chiaro a tutti, o quasi. Per le «piccole» cose della vita - l'asilo, l'ospedale, i negozi, il welfare, e insomma tutto ciò, ed è tanto, che attiene alla vita quotidiana di ognuno di noi - è bene riferirsi alla propria comunità, che sia il comune o la regione o la nazione. Ma per le grandi cose della vita - il salvataggio economico di interi stati, la questione ambientale, i trattati commerciali, i grandi flussi di migranti e di rifugiati, o, Dio non voglia, possibili conflitti - allora è necessario riferirsi a una grande comunità. Nessuno stato europeo, nemmeno la Germania, economicamente e politicamente così potente, può affrontarle da sola, come fra l'altro ha dimostrato il salvataggio della Grecia nei confronti del quale la pur assai riluttante Germania ha poi dovuto cedere. E noi, in Europa, abbiamo la fortuna di averla, una grande Unione.
Una fortuna verso la quale però vi è un atteggiamento schizofrenico da parte dei singoli stati e dei loro cittadini. Nei confronti dell'Unione da un lato spesso ci si lamenta con insofferenza della sua ingerenza, del suo voler regolare anche ogni piccola cosa della vita, o della perdita di sovranità, ma dall'altro, appena arrivala grande questione, siamo fì a rincorrerla e a chiedere il necessario aiuto e sostegno. Ormai da tempo è arrivato il momento di dare all'Unione gli strumenti per potersi occupare in una prospettiva di lungo periodo delle grandi questioni. E la situazione del Mediterraneo e del medio Oriente certamente lo è.
Nell'immediato, l'intervento d'urgenza italiano in Tunisia è del tutto convincente, mal'aiuto finanziario e logistico all'Italia da parte dell'Unione è essenziale per affrontare appieno l'emergenza e gli oneri che comporta. È di tutta evidenza che debba essere l'intera Unione a dover essere pienamente coinvolta in questa vicenda storicamente così rilevante, non fosse altro perché la popolazione che arriva in Italia dai paesi che hanno rovesciato regimi ultradecennali può poi sciamare facilmente e largamente proprio nei Paesi più forti dell'Unione, cioè Germania e Francia, e non fosse altro perché le centinaia di migliaia di nord-africani già da tempo immigrati in Europa funzionano da irresistibile elemento di richiamo nei confronti di parenti e amici rimasti a casa.
È quindi ora che l'Europa si assuma maggiori responsabilità, più adeguate alla sua importanza culturale- di cui meniamo, giustamente, gran vanto - alla sua importanza politica ed economica. Ci si chiede se nel Nord-Africa, l'Unione, magari con l'aiuto degli Stati Uniti, potrebbe o dovrebbe avere nel breve periodo un ruolo primario per avviare un processo di risananento e sviluppo economico creando, per esempio, un cospicuo fondo da destinare con precise regole e vincoli a quei Paesi, un fondo che potrebbe giocare lo stesso ruolo che ebbe per noi nel secondo dopoguerra il Piano Marshall, che servì da volano per la ripresa economica e per l'inizio della cooperazione economica e politica.
Ma nelle prospettive dilungo periodo il ruolo dell'Europa dovrebbe essere ancora più importante, in primo luogo nel nostro interesse. Nel 1950 la popolazione dell'Europa meridionale era di 108 milioni di persone e di 53 milioni quella del Nord-Africa; nel 2050 ci aspettiamo che la situazione sia completamente rovesciata: 154 nell'Europa meridionale, la cui popolazione dovrebbe rimanere stazionaria da oggi al 2050 (nonostante una non trascurabile immigrazione) e 321 milioni nell'Africa settentrionale rispetto ai 211 milioni di oggi (nonostante una non trascurabile emigrazione). È perciò preciso epreminente interesse dell'intera Unione promuovere lo sviluppo del Nord dell'Africa per svariati buoni motivi: per aumentare gli elementi di tranquillità nell'area, per avere maggiore equilibrio geo-politico fra noi e loro, per avere mercati più forti per le nostre esportazioni, per costituire elemento di drenaggio nei confronti della attesa, massiccia e incontenibile, emigrazione che nel futuro prossimo venturo sia avrà più forte anche dall'Africa sub-sahariana.
Queste sono le ragioni per le quali, nel 1995 ebbe inizio un processo, detto di Barcellona, che doveva trasformare il Mediterraneo in un'area di dialogo, scambio e cooperazione per garantire pace, stabilità e prosperità, processo che si è spento senza quasi che nessuno se ne accorgesse, anche per la completa insensibilità dei Paesi del centro e del nord dell'Europa. Queste sono le ragioni per le quali dal luglio del 2008, l'Unione per il Mediterraneo, nata su iniziativa francese, dovrebbe costituire il nuovo quadro politico-istituzionale delle relazioni euro-mediterranee. Ma nonostante le migliori intenzioni questo processo non ha preso un serio avvio. E invece ora e nel futuro prossimo venturo ha proprio bisogno di essere una creatura viva e vitale, in grado di crescere e affermarsi.



Accoglienza e lavoro per immigrati: polemiche in Sicilia
Worky.biz, 09-03-2011
I profughi di Lampedusa che stanno per trovare una sistemazione in una residenza siciliana dedicata ad ospitare i militari Usa di Sigonella, hanno suscitato le reazioni del mondo politico siciliano e degli enti locali. La residenza indicata per l’accoglienza degli immigrati,  è il Residence degli Aranci a Mineo, comune in provincia di Catania ricadente nel comprensorio Calatino Sud Simeto.
Il numero degli immigrati da ospitare nel residence dovrebbe essere di circa 2000, mentre alcuni esponenti politici sostengono che il centro non può sopportare più di 1400 persone.
All’interno del residence gli immigrati dovrebbero trovare accoglienza ed opportunità di lavoro, ma le opinioni del mondo politico locale sono molto discordanti.
Il gruppo FLI del Calatino Sud Simeto ribadisce “la necessità di una politica nazionale sull’immigrazione che sia responsabile perché sostenuta da un patto di solidarietà nazionale che distribuisca equamente questi sfortunati su tutto il territorio nazionale, specialmente in quei contesti ove vi è maggior offerta di lavoro, quindi maggiore possibilità di integrazione”.
“L’operazione che si sta compiendo nel Residence degli Aranci di Mineo – afferma il sindaco di Caltagirone, Francesco Pignataro (PD) è, purtroppo chiara: ancora una volta si gioca una partita sulla pelle dei siciliani. Maroni, che in quanto ministro della Repubblica dovrebbe tutelare tutti i territori dello Stato, in realtà difende soltanto l’Italia delle quote latte e se ne infischia della Sicilia – e men che meno del Calatino, una plaga di cui avrà forse scoperto l’esistenza soltanto nelle ultime settimane – ritenendola un recinto di pecore in cui richiudere, con gli abitanti dell’Isola, gli immigrati che saranno fatti affluire a Mineo”.
Luca De Caro consigliere comunale e Commissario d’ambito del Calatino del MPA afferma: “Gli immigrati –non sono ancora stati inviati al Residence, e già c’è chi promette posti di lavoro e commesse. Per evitare che il Residence degli Aranci diventi una bomba sociale ed uno dei più grandi “affari”, occorre la massima trasparenza nell’usare i fondi pubblici e la massima competenza per gestire uno dei più grandi Cara d’Europa”.
L’Ing. Fabrizio Rubino della ditta costruttrice del residence,  in un’intervista pubblicata dal portale quimineo.netsons.org,  precisa che “il residence è stato progettato per ospitare duemila persone su un’area di venticinque ettari. Gli edifici sono stati realizzati in muratura armata secondo i più elevati standard di qualità e sicurezza…”.



EMERGENZA SBARCHI: FORTI (CARITAS), CENTRO DI MINEO NON È RISPOSTA ADEGUATA
Toscana Oggi, 08-03-2011
Il trasferimento delle persone sbarcate a Lampedusa e dei richiedenti asilo nel centro di Mineo (Catania) “non è una risposta immediata” e adeguata all’emergenza, anche per “i costi elevati e i tempi”. E’ il parere di Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immigrazione di Caritas italiana, a proposito dell’annunciata apertura, entro due giorni, del "Villaggio della solidarietà" destinato ad ospitare nell'ex "Residence degli aranci" di Mineo, in provincia di Catania, circa duemila persone trasferite da Lampedusa o ospitati attualmente nei Cara (Centri di accoglienza per i richiedenti asilo). In un articolo sul mensile “Italia Caritas” anticipato al SIR, Forti ricorda che “questi trasferimenti incrociati rischiano di compromettere il sistema di asilo nel nostro Paese, fondato proprio sui Cara, centri che, pur tra mille difficoltà, consentono di avviare percorsi di integrazione e inserimento socio-lavorativo legati al territorio. E ovviamente non riproducibili nel solo, circoscritto, contesto di Mineo. Senza considerare, peraltro, gli elevati costi di una tale operazione e i tempi, che non garantirebbero una risposta immediata all’emergenza”.
In un mese – come ricordato oggi dal governo italiano - sono approdati a Lampedusa 8.000 persone in fuga dalla Tunisia e la crisi libica e l’instabilità politica in tutto il Nord Africa fanno presagire mesi di sbarchi di massa. Secondo Forti, di fronte a questo scenario “bisogna essere preparati con risposte pronte e sostenibili, badando a non ripetere errori come quello compiuto dall’Italia negli ultimi due anni”, ossia l’accordo con la Libia per i respingimenti, che Caritas italiana ”non ha mai condiviso”. “L’Europa non va invocata, come ha fatto il nostro governo, esclusivamente in situazioni di emergenza e per ottenere fondi – precisa Forti -. Essa va invece richiamata ad un forte senso di responsabilità, a un politica che guardi organicamente al Mediterraneo, fenomeno migratorio incluso”. In altre parole: “non basta dividere i pesi: un migrante in Francia, uno in Germania, uno in Spagna”. A suo parete “l’Europa deve maturare una politica complessiva sull’immigrazione, il cui cuore è proprio la gestione dei flussi che il futuro inevitabilmente ci riserva”.



Ora l'Europa prepara la svolta sugli sbarchi
Avvenire, 9-03-2011
DA MILANO DIEGO MOTTA
L'emergenza umanitaria del  Maghreb potrebbe rappresentare per la politiche migratorie dell'Europa quello che la crisi greca ha rappresentato per l'euro: il momento della svolta». Ciò che si racconta in ambienti ben informati della Commissione europea va ben oltre l'ufficialità delle dichiarazioni: il Consiglio europeo straordinario di venerdì 11 marzo dovrebbe essere un momento decisivo nella costruzione di una nuova policy nei confronti del Sud del Mediterraneo. I primi segnali sono arrivati ieri con la proposta di una partnership per la democrazia rivolta ai Paesi del Nord Africa. «L'Unione europea è determinata a fare un salto qualitativo nelle relazioni con i vicini» ha spiegato il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, sostenendo che «è nostra responsabilità sostenere la trasformazione» in atto in Paesi come la Libia, l'Egitto e la Tunisia. In particolare, il partenariato offerto si articola sui pilastri del «rafforzamento delle istituzioni, con un focus particolare sui diritti umani», su «una stretta collaborazione con la popolazione» e su «un impulso alla crescita economica». La vera novità però è rappresentata, per la prima volta, dall'interesse concreto che Bruxelles manifesta per il fenomeno degli sbarchi e per la gestione dei flussi migratori. Con parole che, caso «inusuale» nelle note ufficiali della Commissione, sembrano voler rassicurare innanzitutto il nostro Paese, esplicitamente citato nel comunicato. «La Commissione - si legge - ha mobilitato i suoi strumenti per sostenere l'Italia, e altri Stati membri, se necessario, nel caso in cui dovesse verificarsi un afflusso massiccio di migranti».
Parole che forse ancora non rispondono all'auspicio del ministro dell'Interno Roberto Maroni, che aveva parlato dell'esigenza di una condivisione dei costi economici e di gestione del fenomeno migratorio (il cosiddetto burden sharing). «Non è detto che si arrivi fino a questo - spiegano dalla Commissione - ma se l'Italia vuole presentare una proposta in questo senso è libera di farlo. L'impressione è che adesso ci siano gli spazi perché un ragionamento del genere possa essere accolto». Di certo c'è «la volontà di riallocare le risorse secondo nuove priorità». I programmi di assistenza comunitari mettono oggi a disposizione 4 miliardi di euro per i Paesi a Sud del Mediterraneo nel periodo 2011-2013 e venerdì si dovrà tener conto dell'emergenza umanitaria, innanzitutto potenziando l'agenzia Frontex, cui spetta il controllo delle frontiere dell'Unione. «Il problema è che, per il pattugliamento, servono più soldi».
Resta da capire, infine, l'atteggiamento dei singoli Stati membri, soprattutto quelli con maggior peso politico. Alcuni Paesi dell'Europa centrale e settentrionale, che all'inizio hanno sottovalutato i possibili effetti dell'incendio del Maghreb, ora hanno cambiato posizione e chiedono un giro di vite all'Europa soprattutto in materia di sicurezza. Anche l'Alto rappresentante Catherine Ashton ha ribadito ieri che «l'Unione europea ha l'esperienza e gli strumenti per aiutare i Paesi della regione». Al di là del patto sull'immigrazione, sul tavolo di Bruxelles sarà decisiva la partita degli affari in corso tra la vecchia Europa e il Nord Africa. «Se questi Paesi vengono lasciati allo sbando, c'è l'incubo che possano finire tra le braccia della Cina, pronta a investire soldi soprattutto sui pozzi di petrolio. E questo è un rischio che non possiamo correre».



Leader dell'estrema destra francese
A Lampedusa arriva Marine Le Pen
Ma Maroni avverte: l'isola non è una passerella
Libero, 09-03-2011
ALESSANDRO BONELLI

??? Marine Le Pen annuncia che andrà a visitare Lampedusa e il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, avverte: «Nessuno vada lì a gettare benzina sul fuo -co» e si augura «che non sia usato il territorio italiano per fare propaganda politica». Il ministro, poi, ringrazia sindaco, vice e tutti i cittadini dell'isola «per tutti i disagi che hanno subito e che tutt'ora subiscono».
Fra centinaia di arrivi di nordafricani e la continua latitanza di politici nostrani e soprattutto europei, si appresta dunque a sbarcare a Lampedusa anche la signora della destra francese, madame Le Pen, appunto, che ha annunciato una sua imminente visita a Roma, dove denuncerà «l'incapacità dell'Unione europea di far fronte all'emergenza», per poi recarsi nell'isola assediata in questi giorni dagli sbarchi. Il viaggio è stato messo in agenda per il prossimo 14 marzo, ma deve essere ancora ancora organizzato nei dettagli, ha spiegato la stessa presidente del Front National. «È solo un progetto, non ancora confermato. Ma se potrò andare a Lampedusa lo farò senz'altro». Certamente, ha aggiunto, «andrò a Roma per una conferenza stampa».   A   Lampedusa Marine Le Pen incontrerebbe   personalmente   il sindaco Bernardino De Rubeis, a cui ha più volte manifestato la sua solidarietà. In particolare aveva espresso il suo sdegno quando il sindaco era stato indagato per comportamenti "razzisti" dopò aver emanato un decreto per vietare agli immigrati di chiedere soldi ai passanti e per obbligarli a tenere un comportamento corretto. «Il terrorismo giudiziario contro De Rubeis - aveva dichiarato Marine Le Pen - mostra chiaramente l'incapacità delle classi europee di far fronte al problema». Il 21 febbraio scorso aveva quindi definito i tunisini sbarcati nell'isola «pionieri di una nuova ondata massiccia di immigrazione». Annunciando la visita ai giornalisti francesi, la figlia di Jean-Marie Le Pen è tornata anche ad attaccare le logiche degli accordi di Schenghen, per cui «non ci sono più frontiere interne all'Unione europea» e ha raccomandato la conclusione di intese trilaterali tra la Francia e le vicine Italia e Spagna. L'iniziativa della presidente del Front National ha immediatamente innescato una contromossa da parte dell'Ump, il partito del presidente Nicolas Sarkozy. Gli immigrati clandestini che giungono dal Mediterraneo vanno «rimessi nelle barche», si è affrettata a dichiarare la deputata Chantal Brunel. Nella notte tra lunedì e martedì sono sbarcati tra Lampedusa e Linosa altri 400 tunisini. A Lampedusa è ripreso il ponte aereo che trasferirà verso altri centri di accoglienza gli immigrati giunti nei giorni scorsi sulle coste dell'isola. Circa 300 persone sono state trasferite in parte a Crotone e in parte a Bari. «A Lampedusa ha spiegato il prefetto Giuseppe Caruso, commissario straordinario per l'emergenza immigrati - rimangono ora circa 1.300 persone. Entro un paio di giorni dovremmo riuscire a tornare ad una presenza in linea con la capienza del centro, che è di circa 850 persone». Secondo quanto ha reso noto Save The Children, a seguito degli ultimi sbarchi sono 71 i minori attualmente presenti nel Centro di primo soccorso dell'isola.
 


Marine Le Pen
«Andrò a Lampedusa a parlare di immigrati»
La Stampa, 09-03-2011
La presidente del Fronte nazionale d'estrema destra francese, Marine Le Pen, si recherà lunedì prossimo a Lampedusa per parlare «dei problemi legati ai flussi migratori di clandestini». In particolare, si legge in una nota del Fronte Nazionale, Marine Le Pen sarà «ricevuta dal sindaco per parlare dei problemi legati ai flussi migratori di clandestini». Il giorno dopo la leader del Fronte nazionale sarà invece a Roma, dove in mattinata terrà «una grande conferenza stampa, su invito della stampa italiana». Marine Le Pen aveva già annunciato la sua intenzione di recarsi a Lampedusa per affrontare il problema dei flussi migratori che «domani potrebbero contarsi in centinaia di migliaia di persone, forse milioni». La leader dell'estrema destra francese, che è succeduta al padre Jean-Marie Le Pen nel congresso di Tours dello scorso gennaio, gode attualmente di grande popolarità e secondo un recente sondaggio realizzato dalla Harris Interactive sarebbe la grande vincitrice della corsa all'Eliseo del 2012. «A Lampedusa - ha detto il ministro degli Interni Roberto Maroni - la situazione è molto delicata e voglio ringraziare il sindaco, il vicesindaco e tutti i cittadini che hanno dimostrato grande senso di responsabilità e pazienza per i disagi che subiscono. E spero davvero che nessuno vada lì a gettare benzina sul fuoco».
 


Le Pen a Lampedusa? Niente propaganda»
Corriere della sera, 09-03-2011
ROMA — Marine Le Pen, presidente del Front National, partito (xenofobo) dell'estrema destra francese — data in testa, nei sondaggi, in vista delle elezioni presidenziali del 2012 — ha intenzione, lunedì prossimo, di raggiungere Lampedusa per parlare dei problemi legati ai flussi migratori. L'annuncio, diffuso ieri dai vertici del Front National, è stata subito commentato dal responsabile del Viminale. «Speriamo non faccia danni, almeno» ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni parlando al telegiornale de La7. «A Lampedusa — ha detto il ministro — la situazione è molto delicata e voglio ringraziare il sindaco, il vicesindaco e tutti i cittadini che hanno dimostrato grande senso di responsabilità e pazienza per i disagi che subiscono. E spero davvero che nessuno vada lì a gettare benzina sul fuoco. «Noi — ha proseguito Maroni — stiamo cercando di gestire un'emergenza senza precedenti con grande prudenza, tempestività e naturalmente nel pieno rispetto dei diritti umani. Ecco, vorrei evitare che per scopi che peraltro riguardano le elezioni in Francia, si usasse il territorio italiano per fare propaganda. Non mi sembra proprio il caso, soprattutto a Lampedusa. Quindi vigileremo perché questo non avvenga».



Immigrati: showgirl Rajaa, miss Marocco in Italia segno nostra emancipazione
Libero.it, 08-03-2011
Treviso, 8 mar. - (Adnkronos/Aki) - "Ho deciso di partecipare a questa prima edizione di miss Marocco in Italia perche' con questa iniziativa voglio mostrare a tutti che le donne marocchine sono emancipate e lottano per la propria liberta'". E' con queste parole che la showgirl marocchina Rajaa Afroud spiega ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL il motivo per cui ha accettato di fare da madrina al primo concorso di bellezza per donne marocchine residenti in Italia, la cui finale si svolgera' a fine giugno a Jesolo.
"Non a caso abbiamo deciso di aprire le selezioni l'8 marzo - spiega - perche' vogliamo con questa iniziativa dimostrare l'emancipazione della donna marocchina. Rispetto alle altre donne arabe, noi siamo aiutate dal nostro re, Muammad VI, che e' giovane e ha dato liberta' alle donne con la sua riforma del diritto di famiglia (in arabo Mudawana, ndr) permettendo alle mie connazionali di uscire la sera e vivere in liberta'". (segue)



Il tempo libero dei ragazzi stranieri sei su dieci tra oratorio e moschea
Una ricerca su 400 studenti immigrati registra le molte difficoltà che si presentano alle nuove generazioni. I rischi maggiori sono per chi arriva da adolescente e lega quasi solo con i connazionali. Solo le istituzioni religiose danno punti di riferimento e regole per evitare la nascita di bande
la Repubblica.it, 09-03-2011
di ZITA DAZZI
In moschea o in parrocchia per non restare soli in una città che ancora non li riconosce e non li accetta. È questo il destino delle decine di migliaia di ragazzi immigrati che vivono in Lombardia. L'ultimo rapporto Orim, l'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità creato dall'Ismu per conto della Regione, svela come passano il tempo libero i figli delle 192mila famiglie straniere in Lombardia. L'indagine è basata sulle risposte di oltre 400 studenti in diverse province, la squadra di ricerca guidata dal sociologo dell'Università statale Maurizio Ambrosini per conto della Caritas Ambrosiana. I ricercatori hanno intervistato ragazzi nati in Italia (il 28 per cento dei 164mila studenti stranieri inseriti nelle scuole lombarde) o arrivati in età precoce, ma hanno sentito anche giovani ricongiunti alle famiglie durante l'adolescenza, un'età critica durante la quale non è semplice trovare la chiave per inserirsi fra i coetanei italiani, che formano compagnie stabili e poco aperte. Per questi ragazzi diventa inevitabile legarsi a gruppi etnicamente connotati, con tutti i rischi che questo comporta. E in questo caso, solo la moschea - per i giovani musulmani - o la parrocchia - per i latinos e i filippini - offrono una alternativa in qualche modo "educativa" alla vita di strada.
Il 60 per cento dei giovani immigrati frequenta istituzioni religiose, di questi sette su dieci lo fa almeno una volta alla settimana. E più grandi erano quando sono entrati in Italia, più forte è il legame con l'imam o con il prete della chiesa. Più secolarizzati, e più integrati con i coetanei lombardi, sembrano essere invece i ragazzi nati in Italia o arrivati entro i cinque anni di età. "Le istituzioni religiose svolgono un ruolo importante per la formazione di rapporti di amicizia tra soggetti arrivati in Italia nell'adolescenza, che sono quelli più a rischio sotto il profilo dell'integrazione", scrive Maurizio Ambrosini. Il 48 per cento infatti va in moschea o in chiesa per "stare con gli amici o con altre famiglie". Alternative ce ne sono poche. I parchi pubblici, soprattutto d'estate. I centri commerciali e altri luoghi completamente destrutturati, le strade, le discoteche, quasi sempre con gruppi di giovani connazionali. E il 68 per cento degli intervistati denuncia di aver vissuto almeno un episodio di scontro fra il proprio gruppo di amici ed elementi esterni. Il 20 per cento di questi episodi viene legato a discriminazioni, mentre molto più spesso le risse nascono per motivi banali. Ma è la spia di un clima nei quartieri più periferici che può e potrà anche innescare tensioni razziali più gravi. "Il sistema pubblico offre poco ai ragazzi stranieri - continua il sociologo - nelle società sportive non è così facile entrare se non si parla bene l'italiano.
Per i neoarrivati, non ci sono alternative alla moschea o alla parrocchia, che li contengono e forniscono alcuni orientamenti base per la vita, come i consigli di non bere, non fumare, non drogarsi, rispettare le regole. Se mancassero anche questi luoghi, la devianza dei giovani immigrati sarebbe maggiore". Il 53 per cento degli intervistati trascorre il tempo libero a zonzo "in piazza, in centro o in un parco", il 27 per cento frequenta luoghi di aggregazione più istituzionali (dall'oratorio al centro sportivo), il 16 per cento resta a casa propria o degli amici. "Per chi è arrivato già adolescente - conclude Ambrosini - è più facile stare con la banda dei connazionali, gruppi che sono malvisti e che a volte sviluppano stili, pratiche sociali e comportamenti non sempre positivi, occupano spazi, fanno circolare birra e altro, a volte si azzuffano con altri gruppi. Cose sempre successe nei quartieri popolari ma quando ci si mette di mezzo anche la società multietnica, i rischi sono maggiori. Per questo sostengo che le organizzazioni religiose sono una ciambella di salvataggio per questi giovani".



DANIMARCA
Via ministro dell'Integrazione
il Sole, 9-03-2011
Salta il ministro dell'Integrazione danese Birthe Roenn Hornbech (.nella foto). Il premier Lars Loekke Rasmussen l'ha
sollevata dall'incarico per avere a lungo rifiutato di concedere la cittadinanza a 36 giovani apolidi, che ne avevano diritto, agendo così in violazione della convenzione Onu.

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