Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

30 maggio 2011

La pace in Medio Oriente non può prescindere da uno Stato palestinese
L'Unità 27 maggio 2011
Saleh Zaghloul Osservatorio Italia Razzismo
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, nel suo secondo discorso strategico sul Medio Oriente (il primo al Cairo nel 2009), ha affermato che «una pace duratura tra palestinesi ed israeliani è sinonimo di due Stati. I palestinesi devono avere uno stato sovrano con i confini del 1967», cioè comprendente tutti i territori della Cisgiordania, inclusi i quartieri arabi di Gerusalemme est, occupati da Israele fin da quella data. La risoluzione n. 181 dell’Onu del 1947, riconosce ad Israele il 56% del territorio storico della Palestina, la proposta di Obama porta quella percentuale al 78%. Per questo risulta ancora più singolare che siano proprio gli israeliani a non essere d’accordo. I media hanno riferito dell’amarezza e della rabbia di Netanyahu che «tenterà in ogni modo di impedire la sua rielezione facendo leva sulle grandi associazioni ebraiche negli States». Obama, dopo aver ricevuto Netanyahu, si presenta proprio davanti a una di esse (l’Aipac) e fa un discorso che nella parte iniziale conferma l’appoggio ad Israele: impedire che l’Iran disponga di armi nucleari, impegnarsi perché Hamas riconosca Israele.
Ma, nella seconda – e più duratura - parte dell’intervento, Obama riferisce del disaccordo con Netanyahu «come accade tra amici». E ribadisce che Israele, nel suo stesso interesse, deve capire che la situazione in Medio Oriente è cambiata, che emerge una nuova generazione di arabi che sta costruendo la democrazia nei propri paesi e che non accettano l’occupazione israeliana. In altre parole, che non è più possibile rimandare il progetto di uno stato palestinese né sostenere una pace basata su accordi con uno o due despoti arabi.




Quelle zone d'ombra inaccessibili alla democrazia
Il Manifesto 29 maggio 2011
Angelo Mastrandrea
Lo stato di salute di una democrazia si misura spesso dai particolari. Che in Italia il termometro democratico misuri febbre sempre più alta è reso evidente dai bunga bunga di governo così come dal regime mediatico che consente a un Presidente del Consiglio di andare in tutte le tv a reti unificate a denunciare l'esistenza di complotti mediatici e giudiziari contro di lui. Ma ancora una volta, se vogliamo andare a fondo nella degenerazione, bisogna indossare le lenti dell'entomologo e scandagliare tra le pieghe della società italiana. In particolare, nelle questioni che riguardano il trattamento di chi non può vantare alcun diritto semplicemente perché non è cittadino del nostro paese.
Nello specifico, ci riferiamo al fatto che ai giornalisti è impedito di entrare nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) per immigrati e persino nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Non è una novità, era già accaduto in passato ma alla fine, dopo un appello e qualche protesta, il governo aveva aperto le porte di tutti i centri. Ora che proprio la gestione dell'«emergenza immigrazione» dovrebbe essere la più trasparente possibile, assistiamo invece al passo indietro. Con il paradosso che se, almeno formalmente, per stampa e televisioni è possibile entrare in carcere, i centri per immigrati (che non hanno commesso nessun reato se non quello di sognare una vita migliore lontano dalla loro terra) rimangono delle zone totalmente oscurate, delle piccole Guantanamo all'italiana.
Dall'esplodere delle primavere arabe e dalla crisi libica, il governo Berlusconi ha aperto tre nuovi centri che non sono nulla più che tendopoli recintate con il filo spinato, inaccessibili. Il manifesto ha provato a entrare in tutte ma senza successo, e per avere qualche immagine dell'interno ci si è dovuti accontentare di poche foto scattate da centinaia di metri di distanza. Solo dal Cie di Andolfato, a Santa Maria Capua Vetere nel casertano, sono filtrate abusivamente delle immagini che documentano condizioni di vita al limite della sopportabilità umana, e una «pentita» della Croce Rossa ha raccontato di aver lasciato l'organizzazione per non essere connivente con chi gestisce quel centro. Nei giorni scorsi abbiamo provato a chiedere un permesso per il "vecchio" Cie romano di Ponte Galeria, ma ancora una volta la richiesta del nostro inviato è stata cortesemente respinta con la motivazione che l'accesso è consentito soltanto agli «operatori umanitari».
Ci chiediamo, ancora prima di esigere l'apertura di queste strutture ai giornalisti, cosa si nasconda in queste aree nascoste all'informazione e dunque alla democrazia. Di cosa ha paura un governo non nuovo alle violazioni (impunite) dei diritti dei migranti (quanti rimpatri sono avvenuti senza una verifica più che sommaria dell'età e della provenienza)? Cosa si vuole nascondere all'ombra delle tendopoli dove per migliaia di persone si arena il sogno europeo? Magari nulla, ma è una banalità affermare che il mistero alimenta i peggiori sospetti. La cosa che fa più temere per lo stato di salute della nostra democrazia è però un'altra: che nessuno si adombri per il fatto che possano esistere delle zone d'ombra e che nessuno senta il desiderio di svelarle.




Lampedusa, salvati 209 migranti in mare. Maroni denuncia Malta alla Ue: non aiuta
Il Messaggero 30 maggio 2011
«Ancora una volta» Malta non è intervenuta la scorsa notte in aiuto ad una imbarcazione con 209 migranti a bordo nelle acque di sua competenza e solo l'intervento della guardia costiera italiana ha evitato «una nuova possibile tragedia». Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha segnalato il caso alla commissaria europea Cecilia Malmstrom. Salvati 209 migranti. Unità della guardia costiera italiana, ha comunicato il Viminale, sono intervenute la scorsa notte all'interno della zona Sar (Search and Rescue, Ricerca e Soccorso) di competenza maltese in soccorso di un imbarcazione in avaria con a bordo 209 persone (di cui 16 donne e 4 bambini) che sono state condotte a Lampedusa. L'Italia, viene sottolineato, «ancora una volta, nel primario interesse della salvaguardia della vita umana in mare, a fronte del mancato intervento da parte di Malta, ha evitato una nuova possibile tragedia. Tramite il Rappresentante diplomatico permanente d'Italia presso l'Ue, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha però segnalato il caso alla Commissaria europea, Cecilia Malmstrom, chiedendo ancora una volta di adoperarsi affinché vengano rispettati la competenza e il dovere di intervento nelle rispettive zone Sar da parte di tutti i Paesi membri, assicurando il corretto svolgimento delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare».




Sbarchi. Bruxelles: "Italia e Malta collaborino nei soccorsi"
Stranieriinitalia.it 30 maggio 2011
Nelle operazione di salvataggio nel canale di Sicilia è “fondamentale che Malta e Italia cooperino e di coordinino pienamente”, anche con l'aiuto della Commissione Europea, che è pronta, se necessario,  a mediare tra i due Paesi.
Lo ha detto oggi a Bruxelles, Marcin Grabiec, portavoce della commissaria agli affari interni Cecilia Malmstrom.
Ieri il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha criticato le autorità di Malta, che non erano intervenute in soccorso di un'imbarcazione in avaria con a bordo 209 persone, portate poi a Lampedusa dalla Guardia costiera Italiana. Il caso è stato segnalato a Bruxelles, mentre ieri sera La Valletta ha respinto le accuse, sostenendoo che i soccorsi sono stati coordinati tra le Forze armate di Malta, le autorita' italiane e tunisine.
Stamattina Grabiec ha sottolineato che  la Commissione  ''si congratula ed esprime gratitudine alle autorita' italiane per l'operazione di recupero e salvataggio dei 209 migranti. Sappiamo - ha aggiunto - che gli italiani rischiano la vita ogni volta che e' necessario per prestare soccorso ai migranti. Il commissario Malmstrom ha gia' avuto modo di esprimere la sua gratitudine in occasione dell'operazione di salvataggio dei 500 profughi avvenuta l'8 maggio scorso''.
In base al diritto del mare, ha ricordato il portavoce, le navi che si trovano piu' vicine a chi e' in difficolta' sono obbligate a prestare soccorso indipendente da fattori quali la nazionalita', lo status di chi e' da salvare e le circostanze. L'esecutivo europeo ''incoraggia'' quindi l'Italia e Malta e cooperare e coordinarsi ''pienamente'' e in maniera efficace per dare ai profughi in fuga dal Nordafrica tutto l'aiuto di cui necessitano.




Barcone soccorso, sale la tensione tra Italia e Malta
Liberonews.it 30 maggio 2011
Tornata la calma nel Canale di Sicilia, la grana-immigrazione ora si sposta sul piano diplomatico: scintille tra il governo italiano e quello di Malta per il mancato soccorso di un barcone di immigrati da parte delle autorità di La Valletta.
Domenica il ministro degli Interni Roberto Maroni aveva accusato Malta di essersi lavata le mani "ancora una volta davanti a una nuova possibile tragedia", chiedendo l'intervento della Commissaria europea Cecilia Malmstrom per assicurare "il corretto svolgimento delle operazioni di ricerca e salvataggio in mare". Nella notte tra sabato e domenica, infatti, la guardia costiera italiana era intervenuta a 50 miglia da Lampedusa e in una zona di competenza maltese, per salvare 209 immigrati, fra cui 16 donne e 9 bambini, su un barcone alla deriva. Le autorità de La Valletta, come spesso già in passato, hanno girato la richiesta di aiuto ai colleghi italiani.
LA REPLICA DI LA VALLETTA - Pronta la replica del governo di La Valletta: il soccorso al barcone di migranti è stato "coordinato dalle forze armate maltesi in stretta collaborazione con le autorità italiane e tunisine". Nella nota del ministero degli interni maltese si ammette che al momento della localizzazione il barcone era in una zona di propria competenza, ma si si sottolinea che le forze armate maltesi hanno coordinato le operazioni di salvataggio e recupero e "sono state le autorità italiane , in questo caso, a chiedere se se fosse necessaria la loro assistenza".




Maroni: "Fermerò per decreto i verdetti libera-clandestini"
Stranieriinitalia.it 30 maggio 2011
"Se il governo rimarrà in piedi" il ministro Roberto Maroni annuncia in un'intervista a 'Libero' che presenterà al prossimo Cdm "un provvedimento per correggere la direttiva europea che di fatto impedisce le espulsioni forzate" degli immigrati clandestini.
"Abbiamo ribaltato il principio: la regola e' l'espulsione coattiva e l'eccezione e' il semplice foglio di via'', spiega il titolare del Viminale. "Del resto - aggiunge il ministro - abbiamo cominciato a farlo gia' nei primi cinque mesi di quest'anno. I numeri dimostrano che abbiamo non solo evitato l'interpretazione restrittiva data dall'Ue con la direttiva del dicembre scorso, ma anche intensificato l'attivita' di espulsione.
Dal primo gennaio al 29 maggio 2011, gli extracomunitari effettivamente rimpatriati sono 9.318, praticamente il doppio di tutti quelli del 2010, grazie soprattutto agli accordi con la Tunisia". Maroni spiega che per l'Italia, a differenza di Germania o Francia, espellere vuole dire rimpatriare gli immigrati clandestini "nei Paesi d'origine".
Quindi un'operazione "molto piu' complicata" che ha anche i suoi costi: "Nel 2011 prevediamo una spesa di 250 milioni di euro tra salvataggi in mare, prima assistenza a Lampedusa, catering, attivita' delle commissioni territoriali per le domande di asilo''. Sugli ultimi sbarchi a Lampedusa, poi, Maroni spiega che per quanto riguarda l'azione di contrasto in Tunisia ''le prospettive sono buone" mentre "dal fronte libico sono pessime e collegate alla guerra. Negli ultimi due giorni sono arrivate circa un migliaio di persone e quasi tutte dalla Libia".




BRACCIALETTI PER GLI AMBULANTI INDAGINI AL POLICLINICO CASILINO
Il Messaggero - Cronaca di Roma 28 maggio 2011
Laura Bogliolo
Uno scatolone di braccialetti ospedalieri del Policlinico Casilino regalati alla polizia municipale senza che la direzione sanitaria fosse informata. Duecento oggetti del valore di 320 euro utilizzati nel reparto di ginecologia per associare le neo-mamme ai loro bimbi donati ai vigili per la tanto contestata operazione contro l’abusivismo commerciale di martedì. Gli agenti del I Gruppo diretti dal comandante Stefano Napoli e quelli dell’Unità sicurezza sociale del comandante Carlo Buttarelli hanno usato i braccialetti per associare gli abusivi fermati alla merce: quelli destinati alle mamme sono stati messi ai polsi dei venditori, quelli per i neonati sugli oggetti venduti abusivamente. La fascette di plastica bianca, con la chiusura celeste, riportano chiaramente la scritta H Policlinico Casilino Asl RmB. La richiesta da parte dei vigili è stata fatta all’inizio dell’anno. «Cercavamo i braccialetti per un’operazione relativa ai campi nomadi – spiega Buttarelli – sono stati richiesti a gennaio al Policlinico Casilino che ce li ha regalati. Non li abbiamo più utilizzati per quella operazione. Quando abbiamo fatto la riunione per preparare l’azione contro l’abusivismo commerciale, un funzionario si è ricordato di quello scatolone che giaceva negli uffici dell’Unità di Sicurezza Sociale». Ma i braccialetti sono stati pagati? «No, ce li ha donati la direzione del Policlinico Casilino». La struttura ospedaliera però dà una versione completamente diversa da quella data dal comandante Buttarelli. «Nego nella materia più assoluta di aver autorizzato la cessione di quei braccialetti – risponde Cesira Piscioneri, direttrice sanitaria del Policlinico Casilino – ho fatto delle indagini ed effettivamente risulta che qualcuno ha donato uno scatolone con quegli oggetti, ma non sono io, non ne sapevo nulla, non avrei mai fatto una cosa del genere». La struttura è per metà privata e per metà pubblica. Possibile sia stata la proprietà a fare questo regalo ai vigili? «Assolutamente no, ho verificato – aggiunge la Piscioneri – probabilmente è una persona addetta agli acquisti». Donare materiale pagato dall’ospedale è una procedura normale? Insomma, è già capitato? «Secondo lei? – chiede ironicamente la dottoressa – ovvio che non è una procedura normale, non doveva accadere, quel regalo è assurdo, ridicolo, sono allucinata, non era mai accaduto prima». La direttrice sanitaria annuncia «un’indagine interna perché si tratta di un gesto fatto con estrema superficialità senza considerare le pesanti conseguenze, è materiale di proprietà dell’ospedale». Ci saranno delle sanzioni? «Molto probabile, stiamo facendo ulteriori verifiche per accertare se ci sia una bolla di accompagnamento» afferma la dottoressa che scuote la testa mentre confronta le foto dell’operazione contro l’abusivismo e il braccialetto usato in ospedale per le mamme. «Non è possibile – dice -, è lo stesso, c’è il nostro marchio». I braccialetti, spiega la direzione sanitaria, costano 1,60 euro l’uno. Lo scatolone ne conteneva 200. Il costo della donazione è quindi di 320 euro. Continuano intanto le polemiche sull’uso fatto dei braccialetti. «Faremo un ricorso al Tar» spiega il portavoce dell’associazione di immigrati Dhuumcatu, Bachu che annuncia anche un’azione simbolica: la distribuzione la prossima settimana di braccialetti identificativi per «politici italiani razzisti, primo tra tutti il sindaco Alemanno». Gianluca Peciola, consigliere provinciale di Sinistra Ecologia e Libertà chiede invece l’intervento del prefetto Giuseppe Pecoraro e del ministro per le Pari Opportunità.




IMMIGRATI: VIMINALE, NELLA NOTTE RIMPATRIATI 25 EGIZIANI
Asca 30 maggio 2011
Nel corso della notte, sono stati rimpatriati, con un volo charter decollato dall'aeroporto di Catania e diretto a Il Cairo, 25 egiziani, 17 dei quali giunti nei giorni scorsi a Lampedusa insieme ad altri stranieri partiti dalla Libia. Lo rende noto il Viminale, precisando che gli immigrati erano stati individuati grazie alle interviste effettuate, nei confronti di tutti coloro che sbarcano sulle coste italiane, da un pool di esperti della polizia di prevenzione, anticrimine e dell'immigrazione appositamente addestrato per raccogliere, nell'immediatezza degli sbarchi, tutte quelle informazioni utili alla conseguente azione dell'intelligence italiana, finalizzata a disarticolare le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani. Ai 17 egiziani appena rimpatriati, se ne aggiungono altri 8, parte di un gruppo di 35, rintracciati ieri a Marina di Ugento (Lecce). Al fine di evitare il rimpatrio, gli stranieri avevano dichiarato di essere iraniani e minorenni. Tuttavia, su input della Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, e' stata accertata la loro nazionalita' egiziana e, dagli esami antropometrici, solo 28 sono risultati minorenni, e dunque affidati alle idonee strutture indicate dalla competente Autorita' Giudiziaria. I restanti 7 maggiorenni, sono stati riportati in Egitto. Dall'inizio dell'anno, sono 412 gli egiziani rimpatriati a Il Cairo nelle ore immediatamente successive al loro arrivo sulle coste italiane.





Lampedusa, tregua nella notte. Rimozione dei barconi dal porto
La Repubblica 30 maggio 2011
Mentre non si registrano nuovi sbarchi, dopo l'arrivo dei 209 profughi soccorsi sabato notte nel Canale di Sicilia, a Lampedusa sono cominciate le operazioni di rimozione dei barconi da parte della ditta Comap di Augusta.
Nell'attività sono impegnati due pontoni, di cui uno con una gru da 750 tonnellate, ormeggiati al molo Favaloro e sulla banchina Rizzo e un rimorchiatore, oltre a 25 persone tra sommozzatori e tecnici. In base al contratto stipulato con la protezione civile avranno venti giorni di tempo per smaltire complessivamente 42 imbarcazioni. L'accordo prevede la rimozione, il trasferimento ad Augusta, lo smantellamento e il conferimento in discariche autorizzate dei relitti.
Intanto nel corso della notte sono stati rimpatriati, con un volo charter decollato dall'aeroporto di Catania e diretto a Il Cairo, 25 cittadini egiziani, tra cui 17 giunti nei giorni scorsi a Lampedusa, insieme ad altri stranieri partiti dalla Libia.
I 17 egiziani, come informa il Viminale, sono stati individuati a seguito delle interviste effettuate, nei confronti di tutti coloro che sbarcano sulle coste italiane, da parte di un pool di esperti della polizia di prevenzione, anticrimine e dell'immigrazione appositamente addestrato per raccogliere, nell'immediatezza degli sbarchi, tutte quelle informazioni utili all'intelligence italiana per disarticolare le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani.
Così sono stati individuati i 17 egiziani appena rimpatriati, cui se ne aggiungono altri 8, che facevano parte di un gruppo di 35, rintracciati ieri a Marina di Ugento (Lecce).
Al fine di evitare il rimpatrio, gli stranieri avevano riferito di essere iraniani e minorenni. Tuttavia, su input della Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere - prosegue il Viminale - è stata accertata la loro nazionalità egiziana e, dagli esami antropometrici, solo 28 sono risultati minorenni, nei cui confronti sono state avviate le procedure per affidarli alle strutture indicate dall' Autorità Giudiziaria.
I restanti 7 maggiorenni, sono stati  anche loro ricondotti in Egitto. Secondo il Viminale, il rimpatrio dei 25 egiziani è "l'effetto diretto dei sempre più solidi rapporti di cooperazione che intercorrono con le Autorità egiziane in Italia, impegnate costantemente nel contrastare ogni attività criminosa connessa all'immigrazione illegale. Infatti, dall'inizio dell'anno, sono 412 gli egiziani rimpatriati a Il Cairo nelle ore immediatamente successive al loro arrivo sulle coste italiane".




La Cgil promuove quattro tipi di “class action” per gli immigrati.
Immigrazioneoggi.it 30 maggio 2011
Ricongiungimenti familiari, correttezza nei procedimenti amministrativi, concessione della cittadinanza italiana, riconoscimento dello status di lungo soggiornante.
Procedure burocratiche che a volte si rivelano un vero e proprio incubo per gli immigrati, se non addirittura una forma di discriminazione, e per le quali la Cgil, in Patronato Inca e la Federconsumatori promuoveranno delle “class action”.
L’idea è del Patronato Inca, e nasce – si spiega in una nota – da anni di esperienza sul campo, visto che sia il sindacato sia il patronato hanno avuto modo di entrare in contatto con decine di migliaia di immigrati che hanno avuto la necessità di assistenza e di tutela nei loro rapporti con la pubblica amministrazione.
Proprio grazie a questo scambio continuo e a questo elemento di conoscenza diretta dei problemi, la Cgil e l’Inca hanno potuto proporre numerose azioni di tutela, sia nella forma di vertenze individuali, sia mediante il ricorso alla contrattazione con le amministrazioni territoriali (questure, prefetture, eccetera).
La proposta di “class action” della Cgil verrà presentata, insieme ad un dossier sulle esperienze realizzate, il prossimo 1 giugno in una conferenza stampa nella sede nazionale della Cgil, in corso Italia 25, a Roma.
Sono state già presentate, si legge ancora nella nota della Cgil, due azioni collettive contro il Ministero dell’Interno, “per il ripristino della correttezza e dell’efficienza dei procedimenti amministrativi in tema di concessione della cittadinanza italiana e in tema di riconoscimento dello status di soggiornante di lungo periodo”. Per quanto riguarda la cittadinanza, si intende “intervenire sulla sistematica e gravissima violazione dei termini massimi per la conclusione dei procedimenti amministrativi”.
In molti casi, sono stati promossi dei contenziosi cosiddetti “pilota”, ad esempio in tema di accesso alle prestazioni di assistenza sociale. Le forme più vistose di discriminazione ai danni dei non-cittadini, spiegano dal sindacato e dal patronato, sono state portate all’attenzione dell’autorità giudiziaria e talvolta anche della Corte costituzionale. Dalla Consulta è stata ottenuta ad esempio la famosa sentenza 432/2005 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una legge regionale lombarda che introduceva delle agevolazioni tariffarie in favore degli invalidi civili, escludendo però del tutto dal beneficio coloro che non fossero in possesso della cittadinanza italiana.





Immigrati: Cagliari, nata prima bimba da genitori liberiani arrivati da Lampedusa
Adnkronos 28 maggio 2011
Si chiama Laura, ed e' nata alle 15, al San Giovanni di Dio di Cagliari, la prima bimba nata in Sardegna da genitori migranti arrivati a Cagliari da Lampedusa e provenienti dall'Africa sub-sahariana. I suoi genitori, di origine liberiana, Mariam e Samuka Donzo hanno voluto chiamarla come la volontaria della protezione civile che li ha accolti sin dal loro arrivo al porto di Cagliari. Da oggi, con la piccola Laura, sono quindi 63 i migranti fuggiti dalla guerra libica e ospitati a Villacidro in attesa che venga riconosciuto loro lo status di rifugiati.
La Giunta Provinciale ha deciso di accogliere sul territorio provinciale cittadini extracomunitari con i requisiti per il riconoscimento dello status di richiedenti asilo o titolari del permesso di soggiorno per protezione umanitaria. La Regione Sardegna, responsabile per l'accoglienza, ha provveduto ad alloggiare, a sua cura e spesa, fino ad oggi, in alcune strutture alberghiere di Villacidro (Vs) 62 cittadini migranti provenienti dal Nord Africa, che dal 1 giugno saranno presi in carico dalla Provincia del Medio Campidano.
Gia' dal loro arrivo tuttavia la protezione civile provinciale, con le associazioni di volontariato e i mediatori dallo Sportello Polifunzionale per l'immigrazione della Provincia del Medio Campidano hanno garantito l'accoglienza ai migranti e il supporto dovuto in questo periodo di transizione.




L’Europa del diritto è già oltre quella degli Stati
Il Fatto Quotidiano 30 maggio 2011
Blog di Giancarlo Costa
La decisione della Corte di Giustizia Europea sul caso di Hassan el Dridi (che sinteticamente dice “no” al reato di immigrazione clandestina), muove i primi effetti anche negli uffici giudiziari di Bologna, dove per la verità molte resistenze alle asprezze della Bossi Fini erano già state mostrate in tempi passati e recenti.
Sulla scorta della sentenza, la Procura di Bologna ha comunicato alle forze di polizia giudiziaria che i pubblici ministeri non chiederanno più la convalida degli arresti degli immigrati clandestini, dimostrando di voler seguire la strada di libertà tracciata dalla recente decisione della Corte del Lussemburgo.
La sentenza, sia detto chiaramente, non ha abrogato la Bossi-Fini, ma permette, disapplicando le disposizioni in contrasto con le direttive europee, di ridisegnarne i confini, incidendo sulle ipotesi di arresto e reclusione del clandestino.
Scriveva Victor Hugo nella Storia di un crimine: “C’è qualcosa che è più forte di tutti gli eserciti, ed è un’idea il cui momento è giunto“. A rovescio, potremmo dire: non c’è forza più fragile di una idea superata dal tempo.
L’ idea da considerarsi superata, dopo la sentenza della Corte, è che un fenomeno epocale come quello dei flussi migratori possa essere gestito attraverso grossolane scorciatoie repressive.
Nel corso di dieci anni, la legge Bossi-Fini è stata ossessivamente inasprita, fino al “bastone” all’occhiello dell’art 14, dove viene previsto che lo straniero inottemperante all’ordine di allentamento, venga arrestato e punito con la reclusione in carcere fino a quattro anni.
Pronunciandosi proprio su quest’ultimo articolo, la Corte Europea ha sottolineato come la scelta italiana di punire con la reclusione il migrante sia inutilmente aggressiva sui diritti, e inefficace proprio in riferimento al terreno sui cui doveva maggiormente incidere: quello dell’allontanamento dei clandestini irregolari. A voler colpire troppo forte, verrebbe da dire, alla fine si è rotto il bastone. Prevedere una pena detentiva come quella prevista in Italia, per il giudice Europeo, non solo è lesivo di un diritto fondamentale come la libertà, ma è anche in contrasto con le politiche europee di effettività del rimpatrio e dell’allontanamento.
In buona sostanza, nel punto censurato, la Bossi-Fini non solo è inutile, ma anche inutilmente ingiusta, e, capolavoro dei capolavori, finisce perfino con l’essere dannosa alle stesse politiche europee sull’immigrazione.
Le parole di legge, a ben guardarci dentro, nascondono una tensione implacabile, una narrazione segreta sul progredire della storia comune. La tensione che qui non si riesce a far tacere, sta nel bisogno di coniugare il controllo sociale delle migrazioni con il rispetto dei principi di diritto su cui fondiamo la nostra civiltà.
Fra le righe, scavando nel senso, la Corte Europea sembra dirci, parafrasando Focault: sorvegliate, ma non punite. Non c’è, nella sola clandestinità, ancora abbastanza per punire così duramente, per giustificare il massimo giudizio di riprovazione sociale rappresentato dalla reclusione. Va da se, che il carcere dovrebbe essere una misura estrema, che incide per sempre sull’esistenza; si esce dal carcere, ma non dalla condanna. Con la liberazione, non torna la libertà.
C’è un esigenza tutta sociale qui, che l’Europa riconosce, e c’è pure tuttavia una vicenda umana che non si può non vedere.
Non è equiparabile allora la storia di chi diventa delinquente commettendo una violenza o un danno, da quella di chi è colpevole solo della complessità stessa della vita migrante, ed è in cerca, magari con ostinata onestà, delle sue speranze e delle sue disperazioni.
Per sorvegliare, per garantire le imprescindibili sicurezze dell’ordine, gli unici rimedi sembrano essere allora quelli dell’accompagnamento, anche forzato, e la massima privazione della libertà sopportabile dovrebbe consistere nella permanenza nei (contestati) Centri di Identificazione.
C’è poi un’altra idea che fa i conti con la storia, ed è l’idea che l’Europa sia solo un idea.
In realtà, l’Europa del diritto è già oltre l’Europa degli Stati e delle loro classi politiche.
In un momento di grave crisi sistemica dell’Unione, la sentenza della Corte ci ricorda che le regole comuni esistono, e una volta fissate, valgono per tutti. Siamo parte di un progetto più grande, le disparità non sono ammesse, il nostro cammino è comune.
Gli organi giudiziari di Bologna, disapplicando le norme censurate della Bossi-Fini, e decidendo di conseguenza sulla sorte di tanti stranieri, in fondo rivelano una verità che a volte sembra lontana e fumosa, è invece è tutta quotidiana: l’Europa è il vero confine delle nostra città.
Il diritto europeo è l’albero a cui siamo legati, è se talvolta sembra ostacolare la corsa, altre volte ci salva da impensabili derive.
Insistendo con decisione verso l’integrazione e l’applicazione del diritto comunitario, i giudici del Lussemburgo evidenziano che l’Europa ha ormai un identità concreta, che va oltre quella dei singoli stati ed è anche grazie alla voglia di libertà di un clandestino algerino di nome Hassan, che questa identità oggi viene difesa e rafforzata.




Immigrati, «l'integrazione si può fare». Cgil e Arci in piazza contro l'intolleranza
Corriere della Sera 29 maggio 2011
Lavoro e pochi diritti, scuola e difficoltà di integrazione: questa è la vera faccia dell'immigrazione in Italia. Se gli esempi di anni di discriminazione non bastassero, basti pensare all'incredibile scivolone del Campidoglio sul caso dei braccialetti numerati imposti agli ambulanti immigrati. Anche a Roma e nel Lazio non mancano criticità, ma è indubbio che gli immigrati rappresentino una risorsa importante sotto il profilo demografico, economico ed occupazionale. Sabato 28 maggio, nei Giardini di viale Carlo Felice è in programma una giornata di incontro, partecipazione e riflessione sulla realtà dell'immigrazione sul nostro territorio. Organizzata dalla Cgil di Roma e del Lazio e l'Arci Roma, con il patrocinio della Provincia di Roma, la manifestazione vuole promuovere una reale integrazione tra i “nuovi” cittadini e i “vecchi” romani.
RISORSA IMPORTANTE - Gli immigrati rappresentano per il Lazio una risorsa importante dal punto di vista demografico in quanto costituiscono più dell'8% della popolazione complessiva e nella sola provincia di Roma sono nati l'anno scorso più di 5 mila bambini da genitori stranieri, un dato particolarmente significativo in un Paese a crescita zero o comunque molto bassa. L'importanza degli immigrati è evidente anche sotto il profilo economico: producono l'11% del Pil del Lazio, sostengono il sistema di welfare nazionale pagando circa 11 miliardi tra tasse e contributi previdenziali. Gli stranieri, infine, rappresentano una straordinaria risorsa occupazionale: circa il 14% del totale della forza lavoro della nostra regione.
CONTRO IL RAZZISMO - L'iniziativa intende creare momenti e luoghi di incontro aperti a tutti, all'insegna dell'anti-razzismo, per concentrarsi sulla vera faccia dell'immigrazione, quella della quotidianità, del lavoro, della scuola, della socialità, dei problemi e delle risposte. I migranti prenderanno la parola per parlare di cittadinanza e casa, di lavoro e intercultura e la Cgil presenterà proposte concrete in materia di accoglienza, lavoro, formazione, diritti. Una giornata di festa e di discussione che gli organizzatori sperano di trasformare in un appuntamento fisso per la città di Roma.












 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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