Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 aprile 2010

La prassi.Penalizzato chi non ha fatto istanza
Sanatoria ampliata dal puzzle-circolari
il Sole, 26-04-2010
Silvia Bradaschia Tommaso Siracusano

II proliferare di prassi amministrativa oltre il 30 settembre 2009, tendente ad allargare la platea dei fruitori, ha per certi versi sortito l'effetto opposto. Il ministero dell'Interno e l'Inps, successivamente al termine di chiusura della procedura di regolarizzazione dei lavoratori addetti all'assistenza e ai servi-zi domestici - introdotta dalla legge 102/09 - hanno emanato una serie di circolari interpretative modificando alcune posizioni precedenti.
Ad essere penalizzati, in particolar modo, sono stati i lavoratori extracomunitari e i rispettivi datori di lavoro, che non ritenendo all'epoca, a ragion veduta, di potervi accedere, non hanno avviato la procedura di emersione, restandone definitivamente fuori al contrario di chi "osando" si è visto riconoscere a posteriori il requisito necessario.
Il ministero dell'Interno, con la circolare 8456 del 23 dicembre 2009, ad esempio, ha ampliato la platea dei familiari che possono concorrere al raggiungimento del requisito reddituale richiesto, riconoscendo anche coloro che appartengono alla cosiddetta "famiglia anagrafica": persone legate da vincolo di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela e vincoli affettivi, coabitanti e con dimora abituale nello stesso comune (Dpr 223/89). La soluzione è alternativa al cumulo dei redditi del "nucleo familiare" (familiari con la stessa residenza di chi regolarizza la colf).
È stata inoltre sancita la possibilità di interruzione del raporto di lavoro con i domestici per i quali è stata chiesta la regolarizzazione per tutte le ipotesi, anche prima della convocazione al Sui.
Il datore di lavoro, però, potrà beneficiare dell'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi previsti dalla norma sull'emersione del lavoro domestico solo se si presenterà con il lavoratore allo Sportello unico o si farà parte attiva nei confronti dello stesso per chiedergli di essere presente. Con questa nuova interpretazione estensiva, arrivata con la circolare n.7950 del 7 dicembre 2009, il ministero dell'Interno ha rivisto le proprie rigide posizioni iniziali con le quali prevedeva che solo in ipotesi di decesso del suo datore, il lavoratore poteva ottenere un rilascio del permesso di soggiorno, a condizione esclusiva, che fossero i familiari del deceduto a subentrare nel rapporto di lavoro.
La convocazione delle parti allo Sportello unico, la stipula del contratto di soggiorno in quella sede, l'apertura della posizione previdenziale Inps e la richiesta di rilascio per permesso di soggiorno da presentare in Posta, rappresentano gli atti finali della procedura che mette le parti al riparo dai reati e dagli illeciti amministrativi conseguenti all'occupazione irregolare dei lavoratori extracomunitari.










"Rosarno, immigrati schiavizzati"

In carcere i caporali della rivolta
Arrestate trenta persone nella cittadina calabrese: le indagini avviate dopo gli scontri: "Emergono sfruttamento e minacce ai lavoratori extracomunitari"
Repubblica, 26-04-2010

ROSARNO - Almeno trenta persone in carcere. E' questo, per il momento, il bilancio del blitz in Calabria contro il racket dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù degli immigrati in agricoltura. L'operazione anti-caporali nasce dalle indagini avviate nel gennaio scorso, dopo la clamorosa rivolta degli extracomunitari 1 impegnati nella raccolta degli agrumi.

Dalle indagini emerge chioaramente che alla base di quella rivolta c'era lo sfruttamento e le condizioni inique in cui gli immigrati erano costretti a lavorare. Gli immigrati, inoltre, avrebbero subito anche ripetute minacce. I lavoratori extracomunitari erano costretti, infatti, a lavorare mediamente dalle 12 alle 14 ore al giorno ricevendo un compenso di una decina di euro al giorno. Gli extracomunitari che si ribellavano subivano ritorsioni e minacce. La rivolta di Rosarno, infatti, fu determinata proprio dal ferimento a colpi d'arma da fuoco di due lavoratori extracomunitari.

I trenta arrestati sono accusati di essere una parte dell'organizzazione di sfruttamento. Tra loro ci sono sia italiani che extracomunitari. Nel corso dell'operazione sono stati sequestrate venti aziende e duecento terreni, per un valore complessivo di circa 10 milioni di euro. Sono state scoperte anche numerose presunte truffe compiute nei confronti degli enti previdenziali.










IMMIGRATI: CIA, MASSIMA FERMEZZA CONTRO SFRUTTAMENTO NEI CAMPI


(ASCA) - Roma, 26 apr - Lo sfruttamento degli immigrati da parte della criminalita' organizzata per i lavori nei campi e' ''un fenomeno grave, odioso e vergognoso che va contrastato con grande fermezza. Un fenomeno che, purtroppo, conferma le nostre ripetute denunce sugli abusi che vengono perpetrati''. E' quanto afferma la Cia, Confederazione italiana agricoltori, in una nota, in merito all'arresto di 30 persone a Rosarno, legate alla rivolta del gennaio scorso.

La Cia torna a sollecitare il governo ''ad aprire un Tavolo di confronto sul problema dell'immigrazione illegale in agricoltura che, proprio a causa di organizzazioni di criminali, e' costretta a fronteggiare una vera emergenza che ormai si identifica nella 'tratta' di esseri umani''. La Confederazione sottolinea che ''nel suo codice etico c'e' un preciso articolo contro lo sfruttamento e il lavoro nero e ribadisce tutto il suo impegno affinche' si contrastino con la dovuta efficacia fenomeni di questo genere. Serve una forte mobilitazione contro lo sfruttamento degli immigrati, contro il caporalato, contro ogni tipo di abuso''.

Comunque, ''per tentare di fare massima chiarezza nell'immigrazione'' e' indispensabile per la Cia che ''si intervenga per modificare la legge Bossi-Fini che non ha finora rappresentato la risposta piu' efficace contro questi problemi. Non solo. Occorre che sul lavoro in agricoltura si porti avanti un discorso mirato a dare organicita' a tutto il sistema''.









ITALIA - Immigrati. Lavoratori stagionali nei campi sono il 10% della forza lavoro

ADUC, 26-04-2010

Conto alla rovescia per l'arrivo dei lavoratori extracomunitari nei campi. Un esercito di extracomunitari che rappresenta il 10% circa della manodopera utilizzata secondo quanto stima la Coldiretti. Con l'avvio del 'Click day' a partire dal 21 aprile scorso, infatti, ogni datore di lavoro che desidera impiegare lavoratori stagionali extracomunitari in agricoltura puo' presentare la domanda on line. Quest'anno il decreto flussi ha fissato una quota di 80 mila ingressi che vengono ripartiti tra le regioni e le province autonome.
La maggioranza di queste persone trovera' occupazione in agricoltura che insieme al turismo e all'edilizia e' il settore con maggiori opportunita' occupazionali sopratutto in occasione delle grandi campagne di raccolta delle principali produzioni made in Italy: dalla frutta alla verdura, dai fiori al vino fino, ma anche negli allevamenti. La Coldiretti sottolinea come siano molti i "distretti agricoli" dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale, come nel caso della raccolta delle fragole nel veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell'uva in Piemonte fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l'attivita' di 'bergamini' sono soprattutto gli indiani, mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.
Secondo il XIX Rapporto Caritas/Migrantes sull'immigrazione al quale ha collaborato la Coldiretti sono 90.091 i rapporti di lavoro in agricoltura identificati come extracomunitari negli archivi Inps ed appartengono a 155 diverse nazionalita' anche se a trasferirsi in Italia per lavorare in agricoltura - conclude la Coldiretti - sono principalmente nell'ordine gli albanesi (17,2%), i marocchini (12,6%) e a sorpresa gli indiani (13,8%) che trovano occupazione soprattutto negli allevamenti del nord per l'abilita' e la cura che garantiscono alle mucche. In base la decreto flussi possono essere assunti per lavori stagionali cittadini non comunitari originari di Serbia, Montenegro, Bosnia-Herzegovina, Macedonia, Kosovo, Croazia, India, Ghana, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka e Ucraina, nonche' di Paesi che hanno sottoscritto o stanno per sottoscrivere accordi di cooperazione in materia migratoria come Tunisia, Albania, Marocco, Moldavia, Egitto e i cittadini stranieri non comunitari titolari di permesso di soggiorno per lavoro subordinato stagionale negli anni 2007, 2008 o 2009. Lo stesso provvedimento consente, come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori extracomunitari non stagionali per l'anno 2010 di 4mila cittadini stranieri non comunitari per motivi di lavoro autonomo.









Metà delle colf «vince» il permesso

Superato il 50% delle convocazioni in Prefettura, il 38% ha firmato il contratto
il Sole, 26-04-2010
Francesca Milano

Una badante su due ha segnato sull'agenda una data importante: quella dell'appuntamento con lo Sportello unico per l'immigrazione della prefettura. In quell'occasione firmerà il contratto con il proprio datore e finalmente sanerà la propria posizione. Secondo i dati forniti dal ministero dell'Interno, infatti, oltre il 50% dei lavoratori domestici che hanno fatto domanda di emersione nel settembre 2009 è stato convocato in prefettura.
Uno su tre ha già firmato il contratto, mentre gli altri lo faranno nelle prossime settimane: a Varese, dove lo sportello detiene il record italiano per numero di contratti firmati (rispetto alle domande arrivate), la dirigente dell'area immigrazione della prefettura Anna Nigro non nasconde la soddisfazione: «Siamo una squadra affiatata - racconta -, lavoriamo senza sosta da settembre per ottenere questo risultato. Abbiamo un serrato ritmo di lavoro: tre appuntamenti ogni dieci minuti». Le prime convocazioni sono partite telefonicamente. Poi, quando il lavoro è entrato nel vivo, le telefonate sono state sostituite dalle lettere. Sul calendario della dottoressa Nigro ci sono appuntamenti fino al 18 maggio. «Poi dovremo tornare a vagliare la pratiche incomplete - afferma - ma credo che per fine giugno potremo archiviare il tutto».
Sul fronte delle convocazioni, il primato nazionale spetta alla prefettura di Bari, dove il 92% dei lavoratori domestici hanno ottenuto un appuntamento. «Oggi stanno partendo le lettere per gli incontri dell'8 giugno - spiega Francesco Depalo, coordinatore dello Sportello unico -, in genere li convochiamo con due mesi di anticipo per dare loro il tempo di produrre tutti i documenti necessari». Nel capoluogo pugliese le prime convocazioni non sono andate benissimo: «Il 25-30% dei datori non si è presentato - afferma Depalo - e così abbiamo dovuto procedere con la raccomandata. Se non dovessero venire nemmeno la seconda volta, archiviamo la pratica».
Conti alla mano, il coordinatore di Bari stima di chiudere il capitolo sanatoria a fine giugno.
Anche a Bergamo la procedura dovrebbe concludersi a giugno, secondo i calcoli del dirigente dell'area immigrazione Gennaro Turrisi. «Stiamo procedendo spediti - afferma - anche se abbia-mo riscontrato irregolarità in alcune pratiche presentate a nome di datori "ignari" a cui era stata rubata l'identità».
Giugno sarà il mese conclusivo anche allo sportello romano, «almeno per quanto riguarda le prime convocazioni», sottolinea il responsabile Ferdinando Santoriello. Gli uffici della prefettura della capitale hanno incrementato i controlli a causa delle numerose irregolarità riscontrate. «Abbiamo accesso al database dell'agenzia delle Entrate - racconta il responsabile -, in questo modo possiamo verificare le informazioni fiscali dichiarate dai datori, troppo spesso falsate». Ci sono poi i controlli sui certificati medici nel caso in cui una famiglia abbia chiesto l'assunzione di una badante, e in dirittura d'arrivo c'è anche l'intesa con il comune che dovrebbe permettere agli operatori dello sportello di accedere all'anagrafe. «Inoltre - spiega Santoriello - abbiamo chiesto al comune di inserire il nome dell'immigrato nel documento di cessione di fabbricato, in modo da assicurarci che la stessa dichiarazione sull'alloggio non venga usata da più persone».
Le oltre 4omila pratiche arrivate allo sportello di Milano, invece, dovrebbero essere archiviate entro il 30 luglio. «Ci saranno poi le istanze da integrare -spiega il dirigente della prefettura Antonio Luigi Quarto - perché molti non hanno consegnato tutti i documenti richiesti, come per esempio l'idoneità alloggiativa, requisito necessario per l'emersione". La prefettura milanese ha attivato anche un servizio per gli smemorati: chi non ricorda la data della propria convocazione può verificarla sul sito internet, inserendo il proprio numero di prenotazione.











Contro le insegne etniche non serve lo sciovinismo

La Stampa, 26-04-2010
Mario Calabresi

Vanno bene le proposte di Bossi di obbligare i  negozianti a parlare e comprendere l'italiano:  non è una questione di razzismo ma di rispetto delle regole. Un negoziante che non sappia la lingua non è neppure in grado di leggere e comprendere tutte le norme e le regole che sono indispensabili per condurre un'attività commerciale. D'altra parte, la stessa pretesa potremmo avanzarla noi italiani nei confronti dei nostri governanti. Persino il più semplice dei decreti legge finisce col risultare del tutto incomprensibile anche a quella minoranza della popolazione in grado di comprendere senza problemi un testo.
IVANNA ROSSATI

Leggo della proposta della Lega di imporre un esame di italiano a chi chiede licenze commerciali e di cambiare tutte le insegne dei negozi con nomi italiani. Non volendo essere maligno, non discuterò del fatto che le lezioni di italiano andrebbero impartite a metà della classe politica... Nel caso delle insegne, i nostri prodi paladini dell'italianità hanno forse pensato che la stragrande maggioranza delle insegne in Italia sono in inglese, in francese o in altre lingue straniere? A cominciare dai bar, che dovrebbero chiamarsi «caffè». Non so perché, ma questa proposta mi fa pensare a ventenni ormai lontani. Come direbbe un italiano molto illustre: «Ma mi faccia il piacere!».
ENRICO MARTINI MAURI

Ovunque nel mondo è oggi convinzione comune che per ottenere non solo la cittadinanza ma anche la messa in regola di lavoratori stranieri sia necessario dimostrare di saper parlare la lingua del luogo. È un prerequisito per l'integrazione. Comprensibile anche che per gestire un'attività e rispettare le regole del commercio sia necessario capire l'italiano. Quando si propone invece che le insegne non possano essere in altre lingue si cade nel ridicolo: la verità è che non si vogliono vedere scritte in arabo o cinese. Ma siccome la legge dovrebbe esere uguale per tutti sarei davvero curioso di vedere applicata questa regola agli esercizi commerciali che hanno nomi inglesi o francesi, ai bar più di tendenza, ai negozi di computer o di design... A monte di questa proposta c'è certamente il disagio che molti cittadini provano quando vedono i loro quartieri cambiare volto, vedono scomparire i negozi tradizionali - droghieri, panettieri e verdurieri -sostituiti da kebab, internet point e macellerie islamiche. Lo stesso è successo con il proliferare degli ipermercati e dei centri commerciali nelle periferie e di banche e bar nei centri delle nostre città. La soluzione, se non è ormai troppo tardi, non passa però da soluzioni scioviniste ma da politiche capaci di difendere e proteggere le piccole attività commerciali che tengono accese le luci dei nostri quartieri.









Romeno carbonizzato in una baracca

Laurentina: era un operaio che lavorava saltuariamente. Forse una sigaretta ha fatto da miccia
il Messaggero, 26-04-2010
di MARCO DE RISI

Un incendio sulla Laurentina che ha avvolto una baracca uccidendo chi vi aveva trovato riparo e distruggendo tutto quello che c'era all'interno.
E' morto così, divorato dalle fiamme, un uomo di cittadinanza   romena. 11 fuoco  ha  fatto scempio   del corpo: l'unico oggetto rimasto intatto una catenina d'oro che il poveretto portava al collo. Il fratello ha riconosciuto il monile e allora, molto verosimilmente, quei pochi resti sono di un romeno di 39 anni, fuggito da qualche mese dalla sua terra per cercare fortuna a Roma.
Lavoretti saltuari da manovale e una vita da baraccato, un piccolo precedente penale, sogni e speranze infranti dal fuoco le cui cause sono da accertare. E quindi è ancora un giallo le cause della morte e saranno fondamentali i risultati dell'autopsia.
Il dramma è avvenuto l'altra notte, in un tratto di campagna lungo via Laurentina, a pochi metri dal Gran Raccordo Anulare. Qui, nascosta fra i rovi, c'era una casetta costruita con blocchi di tufo, pozzolana e lamiere. In parte il manufatto è rimasto in piedi, ma l'interno è stato liquefatto dal rogo, solo all'alba i vigili del fuoco hanno scoperto fra pezzi di plastica, resti di rete, materassi, il corpo carbonizzato del poveretto.
L'allarme era scattato all' 1.30 della notte quando uno straniero che viveva con il roméno ha telefonato alla polizia per segnalare l'incendio. Subito alcuni equipaggi del 113 e dei vigili urbani si sono recati alla baracca. C'è da percorrere via Laurentina fino al Gra per poi girare su una stradina che porta verso una piccola valle immersa nella vegetazione. Quando i soccorsi sono arrivati, le fiamme erano già alte. Ci sono volute quasi due ore per spegnere il rogo e poi lavorare per bloccare il fumo che fuoriusciva dalle macerie. Sono inter¬venuti gli agenti del commissariato "Spinaceto", diretto da Maria Sironi, che hanno iniziato a indagare.
Il romeno che era riuscito a salvarsi ha detto che mancava all'appello il suo amico. Si sperava che si fosse allontanato anche lui. Invece, quando i pompieri hanno levato tutto il materiale all'interno del manufatto hanno trovato il cadavere dell'uomo riverso sul pavimento. L'azione del fuoco l'ha reso irriconoscibile. Unico elemento per stabilire l'identità la catenina riconosciuta dal fratello. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire le ultime ore di vita del romeno.
Ha passato la serata con altri quattro connazionali: hanno bevuto e mangiato. Tutto è filato liscio. Sembra che l'uomo avesse il vizio di bere e che anche l'altra sera si sia ubriacato. Poi a notte fonda il rogo. L'amico superstite dice di essersi svegliato e di avere visto il muro di fiamme e di essere fuggito. Non si ricorda altro. I vigili del fuoco non hanno ancora stabilito le cause del rogo. L'uomo potrebbe avere subito un'aggressione? Oppure ubriaco si può essere addormentato con la sigaretta accesa? Fondamentale l'autopsia che si terrà nei prossimi giorni per risolvere il mistero.









LA LEGGE AMBIENTALE CARA A OBAMA SCAVALCATA DALL'IMMIGRAZIONE

Corriere della sera, 26-04-2010
Luigi Ippolito

Oggi doveva essere il grande  giorno. Doveva. Perché la presentazione al Senato americano della legge sul cambiamento climatico, annunciata con squilli di tromba, è stata rinviata a data da destinarsi. Motivo: lite insanabile sull'immigrazione con la minoranza repubblicana.
E così uno dei tasselli fondamentali della legislazione Obama è caduto vittima della questione clandestini, esplosa virulenta anche al di là dell'Atlantico. Il corto circuito si è verificato questo weekend, quando il senatore repubblicano Lindsey Graham, coautore del progetto di legge bipartisan sul taglio dei gas serra, ha ritirato il suo appoggio al testo, gettando al vento mesi di lavoro condotto assieme al collega democratico John Kerry, già candidato alla presidenza nel 2004, e all'indipendente Joseph Lieberman.
Nella lettera inviata ai due colleghi, Graham ha spiegato di essere stato costretto al suo gesto dopo aver appreso che i democratici al Senato puntavano ad approvare in fretta e furia una legge per garantire status legale agli immigrati clandestini: «Spingersi avanti sull'immi-
grazione in questo modo affrettato non è altro che una cinica manovra politica», ha scritto.
Il problema dei clandestini in America è stato scaraventato al centro del dibattito dalla decisione dell'agguerrita governatrice dell'Arizona, Jan Brewer, che ha autorizzato le forze dell'ordine dello Stato al confine col Messico a fermare e interrogare chiunque sia sospettabile di essere un immigrato illegale. In pratica, tutti quelli con la faccia da messicano.
Di fronte al crescente sentimento anti-immigrati, i democratici hanno tentato di spingere sull'acceleratore. Ma, così facendo, hanno reso l'intera agenda Obama ostaggio di una questione che lo stesso presidente assicura di voler regolamentare.
L'immigrazione adesso promette di diventare il tema centrale nella campagna per le elezioni parlamentari di medio termine, previste in novembre. E con l'aria che tira la sconfitta annunciata dei democratici rischia di essere ancora più cocente.









LA LEGGE CHE NON RISOLVE IL PROBLEMA
L'ARIZONA E L'IMMIGRAZIONE

l'Unità, 26-04-2010
Anna Di Lellio

Risolviamo il problema, dopo ci preoccupiamo della Costituzione," avrebbe detto il  governatore dell'Arizona Jan Brewer prima di firmare la legge sull'immigrazione illegale più restrittiva d'America. Adesso la polizia avrà l'autorità di chiedere prove di residenza legale a chiunque sembri sospetto di non possederle, e di arrestare chi non le ha. Il calcolo della repubblicana Brewer e' che cosi' conquisterà' la base del suo partito in Arizona. Ne ha bisogno per vincere le primarie. Il rischio e' grosso pero', perche' accontenta la frangia più' marginale e radicale dell'elettorato, ma perde consenso sia al centro che tra la popolazione ispanica, o il 30% della popolazione dello stato.
Quel che e' certo e' che questa legge non risolverà' il problema. Ne creerà' degli altri perche' non si preoccupa della Costituzione e di diritti fondamentali come l'uguaglianza di fronte alla legge. Che non sia una soluzione e' dimostrato dal fallimento di anni di politiche punitive e autoritarie nei confronti dell'immigrazione illegale e della criminalità' in generale. Ne' la barriera eretta lungo il confine proprio dell'Arizona con il Messico, ne' le bande di vigilanti hanno infatti ridotto l'immigrazione illegale. E se il problema e' la criminalità,' la soluzione ormai collaudata ovunque non e' la repressione, ma la vigilanza della polizia di quartiere.
La maggioranza dell'opinione pubblica questo lo sa benissimo e sostiene misure alternative. Un sondaggio CBS/New York Times rivela che l'80% degli Americani considera l'immigrazione illegale un problema, ma il 60% vuole renderla legale. Il 96%, se-condo un sondaggio ABC/Washington Post, ritiene che gli illegali possano diventare legali dopo aver pagato una multa. Gli Americani hanno capito che non si può' ridurre la domanda di immigrati, in espansione con l'economia sommersa e la riserva di lavori poco desiderabili. La soluzione e' l'integrazione, previo pagamento. Una coalizione trasversale di sindaci, guidata da Michael Bloomberg a New York, sostiene una riforma dell'immigrazione che punta alla legalizzazione di chiunque abbia un lavoro, la fedina penale pulita e paghi tasse arretrate più' una multa.
Il lavoro della polizia e' il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, non la caccia a chi "solamente appare" immigrato. Quali sarebbero gli indizi? Il colore della pelle o l'accento? In America,come in Italia, tutto ciò' non ha senso. Invece produce discriminazione, violando le liberta' civili garantite dalla Costituzione e dando poteri straordinari alla polizia. Ma cosi' si erode solo la fiducia nelle forze dell'ordine e nella certezza della legge, i due pilastri fondamentali della legalità' e della sicurez¬za che erano il problema da risolvere, o no?.









Clandestino romeno carbonizzato nel tugurio

Roma: i cinque compagni scappano, lui non ci riesce
La Stampa, 26-04-2010
FLAVIA AMABILE

L'hanno trovato i pompieri nella notte, per ore è rimasto un corpo carbonizzato senza nome. Solo per caso ha assunto un volto, una vita e un passato: una catenina intorno al collo, unico oggetto sopravvissuto al rogo che ha divorato l'uomo e le sue poche cose. Viveva in un piccolo rudere, una baracca, con copertura in lamiera, sulla via Laurentina poco oltre il Grande raccordo anulare, zona meridionale di Roma.
Era l'ultimo rifugio possibile per un uomo come lui, uno dei tanti invisibili della capitale, stranieri che trovano un modo per entrare in Italia e ci restano come possono, sfidando il reato di immigrazione clandestina e il provvedimento di espulsione voluti dal governo per risolvere il problema degli immigrati non regolari.
Non aveva permesso di soggiorno, di sicuro, forse un passaporto bruciato insieme al resto. E' stata la catenina al collo a permettere al fratello di confermare che quell'uomo senza identità era proprio un romeno di 39 anni, noto alle forze dell'ordine per reati come oltraggio a pubblico ufficiale.
Ancora non si sa che cosa abbia provocato l'incendio. Il piccolo rudere è distrutto, probabilmente anche le eventuali tracce per ricostruire le ultime ore dell'uomo. I vigili del fuoco e gli agenti della squadra mobile non hanno trovato elementi. L'autopsia verrà eseguita oggi e si spera che possa spiegare qualcosa di più.
L'allarme
Erano le 2 di domenica quando un testimone ha dato l'allarme al 113. La vittima era in compagnia di altri cinque amici che dividevano la baracca con lui. L'incendio è scoppiato per un fornelletto acceso, urtato inavvertitamente.
Gli altri sono riusciti a fuggire senza rendersi conto che all'interno era rimasto uno di loro. Probabilmente c'era troppo fumo, l'uomo non ce l'ha fatta. E' rimasto nella piccola abitazione trasformata dalle fiamme, in pochi secondi, in una trappola mortale.
Di lui si sa che lavorava come operaio per mantenere la famiglia in Romania, moglie e tre figli. Con i po-
chi soldi che gli restavano si era sistemato in quella baracca dove viveva come poteva, in modo precario e «arrangiato», come raccontano alcuni connazionali. Parlano con rassegnazione e fatalismo della disgrazia e di un'esistenza finita per una di quelle tragiche casualità che abbondano in queste situazioni.
Soldi in patria
Un dramma come tanti altri, perché come la vittima sono costretti a vivere molti romeni. Spesso hanno un contratto regolare in tasca e lavorano nell'edilizia, ma per mantenere la famiglia in patria sono costretti a risparmiare ogni euro, e ad adattarsi a qualsiasi condizione di vita. E posso¬no scoppiare le tragedie.



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