Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 febbraio 2013

Crotone, soccorsi 41 immigrati
Erano su barca a vela in difficoltà
Tgcom, 18-02-2013
00:21 - Quarantuno immigrati a bordo di una barca a vela in difficoltà che imbarcava acqua, sono stati soccorsi dalla Guardia costiera al largo di Crotone. A dare l'allarme un giovane afgano, figlio di uno degli extracomunitari sul veliero (un 3 alberi di 12 metri), che ha segnalato alla polizia ferroviaria di Torino che il padre e un suo amico erano su un natante in difficoltà. Così, dai loro numeri di cellulare sono stati localizzati e tratti in salvo.



«Cie inutili e dannosi»
Parla Erri De Luca, che denuncia: «Li ho ribattezzati Centri di infamia estrema»
l'Unità, 18-02-2012
intervista di Flore Murard-Yovanovitch
I CENTRI DI DETENZIONE ED ESPULSIONE (CIE) LO SCRITTORE ERRI DE LUCA LI HA RINOMINATI «CENTRI DI INFAMIA ESTREMA». Perché dietro quelle sbarre migranti vengono reclusi per la sola colpa di aver viaggiato. Le rari voci che ci raggiungono sono censurate, soffocate, cancellate. Per questo la serata di pochi giorni fa al Teatro Ambra alla Garbatella («Illegal camps - Mai più Cie – organizzata dalla campagna LasciateCIEntrare insieme a ZaLab e all’Archivio delle memorie migranti) era così speciale, commovente. Nel buio, come all’interno delle celle, il pubblico ha oltrepassato per un istante le grate, ha udito il suono degli abusi, il rumore dei lucchetti e delle violenze. Nel buio, con la regia di Andrea Segre, hanno echeggiato le voci nude delle testimonianze dirette: Mahamed Aman, mediatore culturale eritreo, Zakaria Mohamed Ali, giornalista somalo, Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa che ha letto la sua lettera all’Unione Europa, ma anche Anita Caprioli trasformata in un’emozionante badante, Roberto Nitran, magistrato, Barbara Bobulova e Giuseppe Cederna immedesimati nelle vite di Winny e Nizar spezzate dalla frontiera. Cercatele sulla rete, queste storie sono vere. E soprattutto, il primo ad aprire la serata, Erri De Luca, che prima di salire sul palco, ci ha gentilmente rilasciato un’intervista, denunciando con la sua voce di scrittore schivo e autorevole, il disumano in corso.
Per quali ragioni ha aderito alla campagna «LasciateCIEntrare» e ha firmato l’appello «Mai più Cie»?
«I Cie fanno parte di un insieme, di un tentativo di respingimenti, di espulsioni, di rigetto di un flusso migratorio che non può essere arrestato. Tutte le misure che hanno preso, persino se ci fosse anche la pena di morte, non sarebbero sufficienti a fermare quel flusso. Questi Cie sono centri inutili allo scopo che si prefiggono, quello di contenere il flusso migratorio. Ma sono molto dannosi per la nostra salute pubblica. La detenzione è abusiva, gli stranieri hanno come unica colpa il viaggio». Perché i Cie sono dannosi per la nostra «salute pubblica»?
Intende dire che diffondono i virus del razzismo e della xenofobia? Potrebbero causare una regressione dello Stato di diritto?
«Tollerare sul nostro suolo campi di concentramento è degradare la nostra vita civile. Quei Cie sono un marchio di infamia su tutti noi. Molte forme di detenzione carceraria andrebbero comunque chiuse, liquidate, ma questi campi sono il peggio che si è potuto costruire. La nostra salute mentale è a rischio, fingendo di non accorgerci della loro nocività estrema».
Come mai la nostra coscienza si è spenta oggi? Fa parte della nostra malattia in quanto Occidente?
«Siamo alla riduzione della nostra libertà e a maggiore ragione di quella degli altri, dei nostri concittadini. Sono semplicemente campi di concentramento che vanno demoliti, cancellati. Sono stato a Ellis Island, dove i migranti di allora venivano filtrati e selezionati. Oggi è un museo. Dobbiamo trasformare questi posti dell’infamia in musei di un tempo scaduto».
Secondo lei, potrebbero essere i prodromi di qualche eliminazione futura?
«No, l’eliminazione no. Sono solo posti senza diritti per persone che non hanno commesso nessun reato».
Che cos’è la memoria per lei?
«Mi occupo della mia, di memoria, che è molto scarsa. Comunque non è una cosa obbligatoria la memoria, nessuno si fa imbeccare la memoria dagli altri. Anche perché la memoria ha a che vedere con i propri sentimenti».
Si lotta con e attraverso la lingua? Si dedica da anni alla traduzione da lingue rare e difficili, come mai?
«La traduzione dall’ebraico antico per me è un esercizio di appiattimento di massima fedeltà nei confronti del libro originale. Semplicemente perché le traduzioni correnti sono lontane. Produco esempi di traduzioni letterali. Dipende da chi sto traducendo, se traduco dai poeti cerco di andare dietro la musica delle loro sillabe. Di cavalcare quell’onda delle loro sillabe e di rispettare le modulazioni. In italiano il trasporto è minore; tradurre è come trasferire un liquido da un posto all’altro con un contenitore che perde. Il traduttore è un facchino».
Perch̩ questa passione Рda autodidatta Рproprio per la lingua ebraica?
«Perché è la lingua in cui si è fissata per la prima volta la civiltà monoteista e da cui dipende la nostra civiltà religiosa. Dopo che mi hanno fatto sudare a scuola con l’insegnamento così complicato del greco e del latino, potevo solo diventare un autodidatta delle altre lingue».
Le sue storie sono legate all’esperienza della vita vera, manuale, la scrittura nasce da un’esperienza quasi fisica?
«Io scrivo quello che ho imparato fisicamente, solo quello che è passato attraverso il mio corpo è diventato una “notizia”, non elaboro notizie astratte. Ho poca fantasia, approfitto della vita come si presenta, delle esperienze casuali che mi sono capitate. Le mie storie raccontano quella vita vissuta. Per me, sì, la scrittura nasce dal corpo. Dormo troppo pesantemente per fare nascere qualcosa dai sogni e sogno poco».
Ha la speranza di un cambiamento possibile in Italia?
«La speranza è una noia, è un sentimento petulante che mi dà fastidio. Quello che conta è fare qualcosa giorno per giorno, misurarsi col poco tempo assegnato, senza aspettarsi regali dal futuro».
Ma la lotta politica è possibile nell’odierna società dello Spettacolo, dove tutto è diventato rete e mondo virtuale?
«Se siete presi da un rete virtuale dovete pure mangiare, innamorarvi e andare al cinema. Io vengo da Napoli, dove eravamo tutti spettatori, dentro un teatro. Lo spettacolo ha bisogno di spettatori se tutti sono attori non c’è più società dello spettacolo».
A cosa sta lavorando questi giorni?
«Traduco il libro di Ester».



Regolamento di Dublino: Migliaia di vite interrotte
A dieci anni dall'entrata in vigore del Regolamento Dublino - che identifica lo Stato europeo competente per la decisione su una domanda d'asilo, il Consiglio italiano per i Rifugiati (CIR) Forum Réfugiés-Cosi, ECRE, Hungarian Helsinki Committee, pubblicano uno studio comparativo su come il regolamento viene applicato dai diversi stati. Famiglie divise, gente che bivacca nelle stazioni, o arrestate
la Repubblica.it, 18-02-2013
EMANUELA STELLA
ROMA - Famiglie smembrate; persone abbandonate a se stesse, senza mezzi di sostentamento e costrette a bivaccare nelle stazioni, oppure rinchiuse in cella; assistenza affidata quasi solo a Ong e organizzazioni caritatevoli. A dieci anni dall'entrata in vigore del Regolamento Dublino - che identifica lo Stato europeo competente per la decisione su una domanda d'asilo - Forum Réfugiés-Cosi, ECRE, Hungarian Helsinki Committee, Consiglio italiano per i Rifugiati (CIR) e altri partner nazionali pubblicano uno studio comparativo su come il regolamento viene applicato dai diversi stati (The Dublin II Regulation: Lives on Hold) che dimostra come permangano problemi e incongruenze nella gestione del sistema. La ricerca analizza la situazione in Austria, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Slovacchia, Spagna, Svizzera e Paesi Bassi.
La "lotteria dell'asilo". Esistono ampie divergenze nel modo in cui i paesi membri associati nello "spazio Dublino" applicano il regolamento e questo va a danno dei richiedenti asilo, che dopo aver cercato la protezione dell'Europa si ritrovano in uno stato di ansia e incertezza che li costringe a vivere per molti mesi una sorta di vita sospesa. Come nel caso di un ceceno separato dal suo bambino appena nato: mentre al bambino era stato riconosciuto lo status di rifugiato in Austria, il padre era stato rispedito in Polonia, in conseguenza  dell'applicazione automatica di un sistema che prevede che le persone identificate in un altro paese vengano respinte d'autorità nel primo stato in cui sono entrate in Europa. E' necessario, sottolinea il rapporto, cancellare questa "lotteria dell'asilo" che impone sofferenze a persone già colpite da guerre e calamità nei paesi da cui provengono.
Migliora qualcosa, ma il sistema va rivisto. La futura adozione del Regolamento Dublino III lascia spazio a consistenti miglioramenti, come il diritto ad un colloquio personale, ma mantiene invariati i principi alla base del sistema. L'applicazione del regolamento richiederà uno stretto monitoraggio da parte della Commissione Europea, al fine di assicurare la sua corretta applicazione da parte di tutti gli stati membri. L'efficacia del regolamento in vigore è discutibile: solo un numero limitato di richieste si traduce in trasferimenti effettivi, e il fatto che alcuni paesi membri scambino frequentemente tra loro quote equivalenti di richiedenti asilo ne conferma la natura incongrua. Senza contare che mancano informazioni sui costi economici del sistema, mentre si impone una analisi completa costi-benefici per verificarne la sostenibilità. In media in Europa, nel 2010 e 2011, solo il 27,75 per cento delle richieste presentate si sono tradotte in trasferimenti effettivi, e tra quelle accettate, solo il  34,86% hanno prodotto trasferimenti.
Diversi pesi e diverse misure. Le disparità nelle modalità di applicazione nei diversi paesi sono vistose. Talvolta non si tiene conto della presenza di familiari sul territorio europeo, e anche laddove lo si fa i criteri adottati sono restrittivi, in violazione della Convenzione europea sui diritti umani. Nel 2011 in Bulgaria si è registrato un solo caso di trasferimento messo in atto per motivi familiari. Nello stesso anno la Germania ha accolto 2.169 richieste di trasferimento da altri stati membri: solo 25 di queste erano formulate su basi umanitarie. Insufficiente l'informazione fornita ai richiedenti asilo sul regolamento di Dublino, generalmente tramite volantini e/o colloqui, a causa di problemi con la lingua e con la traduzione dei termini tecnici. Nella maggioranza degli stati membri non viene prefigurata la condizione di persona vulnerabile (che in Italia è invece prevista) né esistono procedure per l'identificazione di persone con speciali necessità. Non sempre i richiedenti asilo vengono sottoposti a visite mediche, e la vulnerabilità in quanto tale non porta in genere all'annullamento del trasferimento, ma solo al suo rinvio.
Solo uno su 10 ha un alloggio in Italia. La mancanza di alloggi a disposizione dei richiedenti asilo è forse il più grave problema in Italia. Questo ha portato alla costituzione di tendopoli come la famigerata "buca degli afgani" dell'Ostiense, a Roma, dove vivevano in condizioni miserrime 150 giovani ammassati sotto tendoni di plastica; secondo il rapporto, almeno 1.500 richiedenti asilo vivono all'addiaccio nella capitale. Nel 2011 le autorità italiane hanno ricevuto 37.350 richieste di asilo, a fronte di un sistema che è in grado di alloggiare solo tremila persone. In aggiunta a queste, 13.715 richieste di trasferimento sono state inviate all'Italia, e  4.645 richiedenti i sono stati trasferiti in base al regolamento di Dublino. L'Italia invece, nello stesso periodo, ha messo in pratica solo 14 trasferimenti in paesi membri. Maggiori informazioni si posono avere nella sezione del sito del Viminale dedicata ai richiedenti asilo.
Rifugiati, persone di serie B. Quanto alle modalità di accoglienza, si legge nel rapporto, i richiedenti asilo sono spesso trattati come persone di serie B, cui si riconoscono ben pochi diritti (ong e organizzazioni caritatevoli svolgono un ruolo di incalcolabile valore nel colmare le falle del sistema). Nove paesi membri su undici ricorrono frequentemente all'uso della detenzione nell'ambito della procedura di Dublino: la lunghezza media della detenzione va dalle 24 ore prima del trasferimento all'intera durata della procedura, che richiede non meno di 6 mesi. All'Europa ECRE (European Council on Refugees and Exiles) raccomanda una accurata analisi dei costi che l'applicazione del sistema Dublino comporta, il monitoraggio dei centri di accoglienza e detenzione, uno studio dettagliato sulla condizione dei minori non accompagnati, una verifica dell'applicazione del regolamento nei singoli stati. La clausola di sovranità e quella umanitaria vanno applicate in modo corretto, umano e flessibile; i richiedenti asilo devono essere informati in modo esauriente sullo stato della loro richiesta.



Milano: accordo tra le istituzioni per la nascita dell’Immigration center in Comune.
Uno sportello unico che curerà tutti gli aspetti del soggiorno e dell’integrazione. Protocollo d’intesa tra Comune, Prefettura, Questura, Asl e Uffici scolastici regionale e territoriale di Milano.
Immigrazioneoggi, 18-02-2013
Nasce da un accordo tra istituzioni milanesi il progetto di un Immigration center, un centro unico di servizi dedicato ai cittadini immigrati. La Giunta comunale ha approvato il protocollo d’intesa con Prefettura, Questura, Asl Milano e Uffici scolastici regionale e territoriale di Milano.
L’impegno – spiegano dal Comune – è quello di avere entro il prossimo 30 settembre il progetto di una nuova struttura destinata a fornire agli immigrati tutti i servizi relativi alla loro presenza in città. Il Centro dovrà fornire anche le informazioni indispensabili all’orientamento di chi si prepara a soggiornare o a risiedere a Milano e si occuperà di tutti gli aspetti delle politiche per l’integrazione: educazione, lavoro, casa, salute, tutela legale, antidiscriminazione, welfare, sicurezza sociale e scambio interculturale.
Nell’Immigration center saranno trasferiti uffici, servizi e personale oggi suddivisi in diverse sedi tra le diverse istituzioni. “Questa struttura – ha spiegato l’assessore comunale alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino – diventerà il punto di riferimento per i cittadini stranieri e immigrati che arriveranno a Milano per periodi brevi o per viverci, rivoluzionando i servizi di accoglienza e di informazione”.



La sanatoria per 11 milioni di immigrati illegali
Il piano di Obama Da clandestini a cittadini in 8 anni
La bozza della riforma svelata dai giornali Immediata la bocciatura dei repubblicani
La Stampa, 18-02-2013
Paolo Mastrolilli
Otto anni di buona condotta, per intraprendere la strada che porta alla cittadinanza americana. Questo è il fulcro della riforma dell’immigrazione pensata dalla Casa Bianca, secondo il quotidiano Usa Today, che ha ottenuto e pubblicato un documento con i dettagli della proposta. L’opposizione repubblicana però l’ha subito bocciata, dicendo che questa idea arriverebbe in Congresso «già morta».
Il presidente Obama ha fatto dell’immigrazione la priorità iniziale del secondo mandato, nella speranza di approvare una legge entro l’estate. Lui deve farla per rispondere all’elettorato ispanico, che lo ha votato in massa a novembre, ma anche il Gop ha interesse a risolvere il problema degli undici milioni di illegali, se vuole recuperare consenso nel gruppo demografico dei latini che è in costante espansione. Quattro senatori democratici e quattro repubblicani, tra cui è decisivo il cubano Marco Rubio della Florida, stanno lavorando ad un compromesso, ma nel frattempo la Casa Bianca ha fatto circolare la sua proposta, che è stata consegnata a Usa Today da una fonte anonima dell’amministrazione.
Secondo questo testo, gli illegali interessati devono sottomettersi ad un controllo delle loro eventuali attività criminali, fornire informazioni biometriche, pagare le tasse e una multa per gli arretrati, imparare l’inglese e la storia degli Stati Uniti, e rimettersi in fila per fare i documenti. Una volta approvati, potranno fare domanda per un nuovo visto riservato ai «Lawful Prospective Immigrant». Questo permesso consentirà loro di risiedere e lavorare negli Stati Uniti per quattro anni, e se tutto andrà bene durante il periodo di prova potrà essere rinnovato per altri quattro. Al termine degli otto anni, gli illegali riceveranno la carta verde, e quindi cominceranno il percorso normale che in genere porta alla cittadinanza dopo cinque anni. Nello stesso tempo, le autorità americane rafforzeranno i controlli alle frontiere.
Appena letta la proposta, Rubio l’ha subito bocciata: «E’ morta in partenza al Congresso», dove il Gop ha la maggioranza alla Camera e quindi può bloccare qualunque iniziativa. Il senatore della Florida ha messo in guardia Obama dal «commettere l’errore di proporre leggi senza consultare i membri repubblicani del Parlamento». Il nuovo capo dello staff della Casa Bianca, Denis McDonough, gli ha risposto ieri dicendo che «non abbiamo ancora presentato nulla al Congresso, e speriamo che non serva, ma dobbiamo tenerci pronti».
Secondo Usa Today il documento non è uscito per caso, e quindi si tratta di un tentativo dell’amministrazione di fare pressione. L’iniziativa legislativa tocca al Parlamento, e Obama spera che il negoziato tra gli otto senatori produca un compromesso accettabile entro marzo, da votare poi prima dell’estate. Teme però che questo accordo non venga raggiunto, e quindi fa sapere di avere pronta la sua proposta. In caso di fallimento delle trattative la presenterebbe, e a quel punto i repubblicani si troverebbero davanti a due possibilità: accettare la riforma della Casa Bianca, magari con qualche ritocco, o prendersi la responsabilità davanti agli elettori ispanici di averla fatta saltare ancora una volta.

 

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Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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