Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 febbraio 2012

Sesto, sì alla nuova moschea Il Pdl: «Pronti alle barricate»
La decisione del Comune: si farà
Corriere della sera, 10-02-2012
Ferdinando Baron
MILANO - La moschea a Sesto San Giovanni si farà nel quartiere Restellone, quasi al confine con Monza. È questa la notizia (anticipata da un quotidiano locale e confermata ieri dalla giunta comunale) che sta scatenando un mare di polemiche e probabilmente infiammerà la campagna elettorale per le elezioni amministrative di maggio. Nei giorni scorsi è stata depositata negli uffici pubblici una proposta della comunità islamica di via Tasso, presente in città da quasi vent'anni, per la realizzazione di un centro di preghiera, studio e aggregazione nell'area di via Luini compresa tra la ferrovia, viale Gramsci e il cavalcavia Vulcano.
Terreni di proprietà pubblica, ma di fatto spesso occupati abusivamente da disperati. La proposta prevede la realizzazione di due edifici distinti, uno destinato alla preghiera e uno all'attività del centro culturale. Nel primo è previsto un salone per gli uomini al piano terra, per le donne al primo e per i giovani al secondo piano, per un totale di circa 800 metri quadrati di superficie (e una capienza massima di 700 persone).
Nella zona designata a centro culturale, al piano terra ci saranno un'attività di ristorazione, uno spazio destinato alla socializzazione, una piccola biblioteca con annessa sala di lettura e una piccola libreria specializzata in testi islamici. Al primo piano esisteranno locali in cui si svolgeranno attività femminili e lezioni didattiche, al secondo piano si troveranno l'alloggio dell'imam e lo spazio conferenze. Non mancherà il minareto. «Valuteremo con molta attenzione la proposta presentata dalla comunità islamica - dichiara il sindaco Giorgio Oldrini -. Ci siamo sempre dichiarati d'accordo nel consentire ai musulmani locali di avere un luogo di ritrovo adeguato».
La proposta della comunità islamica sarà presentata e discussa in consiglio comunale. Non senza vivaci polemiche. «Non si tratta di un centro di preghiera ma di una vera e propria moschea senza se e senza ma - tuona il capogruppo del Pdl in consiglio comunale, Antonio Lamiranda -. Il progetto tra l'altro è affidato dalla comunità islamica a un architetto che è presidente del Parco Media Valle del Lambro, espressione di questa amministrazione di centrosinistra».

 

Oim: "Italia non può fare a meno degli immigrati" .
"L'immigrazione è meritevole di essere inquadrata come fattore strutturale"
Stranieri in Italia.it, 10-02-2012
Roma, 10 febbraio 2012 - ''Gli esperti dicono che il futuro dell'Italia a livello demografico e occupazionale non puo' essere concepito senza l'apporto degli immigrati. L'immigrazione e', quindi, meritevole di essere inquadrata come fattore strutturale".
Lo ha detto Jose' Angel Oropeza, direttore dell'Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), in occasione della presentazione a Roma della ricerca ''1951-2011 Le migrazioni in Italia tra passato e futuro'', realizzata dall'Oim Roma con il supporto del Centro Studi e Ricerche Idos.
 La ricerca, prodotta in occasione delle celebrazioni del 60° anniversario dell'Oim svoltesi nel 2011, e' stata una occasione per avviare una riflessione sui movimenti migratori che hanno interessato l'Italia dal 1951 a oggi ed e' stata redatta in italiano e in inglese. In 60 anni - sottolinea l'Organizzazione - e' cambiata la direzione dei flussi e si e' anche modificata l'attivita' dell'Oim, che inizialmente si occupava dell'assistenza degli emigranti italiani, assistendone ben 1.230.000 nel decennio fino al 1962, tra lavoratori e familiari.
Dagli anni '90 in poi, diventata l'Italia paese di immigrazione, l'Oim ha rivolto la sua attenzione agli immigrati, che nel 2011 sono arrivati a sfiorare i 5 milioni. Non bisogna pero' dimenticare che anche i cittadini italiani residenti all'estero sono oltre 4 milioni, e almeno 15 volte di piu' se si tiene conto dei loro discendenti.  
'Il compito di una organizzazione internazionale - afferma Oropeza - consiste nell'incrementare un fruttuoso dibattito, che sappia affrontare i temi con una serenita' priva di superificialita' e di pregiudizi e lontana dal razzismo, basata sui dati statistici effettivi, in grado di essere di supporto agli operatori dell'informazione e di aiutarli a cogliere i nodi strutturali dell'insediamento degli stranieri, del loro apporto demografico, lavorativo e imprenditoriale, di inquadrare senza esagerazioni il problema della devianza e, infine, di vedere nelle rimesse e nella professionalita' degli immigrati un motivo di speranza per lo sviluppo dei paesi di origine".
 ''Il passato migratorio degli italiani all'estero - conclude Oropeza - cosi' come l'attuale scenario dell'immigrazione in Italia, si congiungono nella parola integrazione, che porta a prefigurare un futuro basato sulla convivenza fruttuosa tra le diverse collettivita' e l'offerta di pari opportunita' affinche' i piu' meritevoli possano mettere le loro capacita' a servizio del paese che li accolti e possano anche fungere da ponte per il benessere dei paesi di origine''.

 

Houcine Jazini, segretario di Stato per l’emigrazione e per i tunisini all’estero, in Italia per rafforzare la cooperazione in materia di immigrazione.
Durante il suo viaggio nel nostro Paese, dal 3 al 6 febbraio, Jazini ha incontrato le comunità dei tunisini in Italia ed alcune autorità italiane.
ImmigrazioneOggi, 10-02-2012
Dopo Francia e Belgio, Houcine Jazini, segretario di Stato per l’emigrazione e per i tunisini all’estero, è arrivato nel nostro Paese per incontri ufficiali con le autorità italiane, con la comunità tunisina e con le associazioni coinvolte nella questione dell’immigrazione.
Attraversando la penisola, dal 3 al 6 febbraio, da Mazara del Vallo, fino a Milano passando per Roma, ha ascoltato le lamentele dei tunisini, ha cercato collaborazione per fare luce sulla sorte dei tunisini scomparsi, per esaminare la questione dell’immigrazione clandestina e per discutere della cooperazione bilaterale. Alla comunità tunisina, il Segretario di Stato ha annunciato la creazione di strutture specifiche per affrontare i problemi dei tunisini e in particolare degli studenti e degli uomini d’affari.
Con le associazioni italiane e con i sindacati, il segretario Jaziri ha esaminato le difficoltà in cui versa la comunità tunisina, affermando la volontà di voler promuovere la cooperazione tra le società civili di Italia e Tunisia in modo da trovare delle soluzioni appropriate. Ha inoltre chiesto un sostegno per identificare i connazionali scomparsi. Da parte loro le associazioni hanno espresso la loro disponibilità a intervenire presso il governo italiano per incoraggiare ad adottare nuove politiche in materia di immigrazione per aumentare il numero di immigrati legali.
Durante gli incontri, inoltre, si è posto l’accento sulla necessità di trovare delle soluzioni per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso progetti di sviluppo che potrebbero essere oggetto di accordi bilaterali. A Roma, Houcine Jaziri ha incontrato il ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione, Andrea Riccardi il quale ha affermato che è responsabilità di entrambi i Paesi rafforzare la cooperazione bilaterale ed ha garantito la disponibilità dell’Italia per superare insieme tutti problemi dell’immigrazione clandestina. Questa stessa disponibilità è stata ribadita dal senatore Lamberto Dini, ex primo ministro e presidente della Commissione degli affari esteri al Senato e dalla deputata Livia Turco.
Secondo fonti vicine alla Segreteria di Stato per l’emigrazione, Jaziri continuerà a viaggiare in Germania, Nord America e nel Golfo. Allo tempo stesso, la sua équipe a Tunisi sta sviluppando una nuova strategia di azione a favore dei tunisini all’estero.
(Cecilia Fabris)

 

Immigrati: presidio sindacati a Torino, no a sovrattassa su permessi di soggiorno
Torino, 9 feb. (Adnkronos) - Un volantinaggio davanti all'Ufficio immigrazione della Questura di Torino e poi in delegazione dal Prefetto. E' l'iniziativa promossa per domani a partire dalle 8,30, da Cgil, Cisl e Uil di Torino per sensibilizzare sui problemi degli immigrati e sulla questione della sovrattassa per i permessi di soggiorno. I problemi che segnalano in un comunicato sono ''la legge Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza e la crisi''. In piu' ''dal 30 gennaio - spiegano - sono entrate in vigore le norme che prevedono il pagamento di un contributo a carico degli stranieri che chiedono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno''. Una sovrattassa che, secondo i sindacati ''va quanto meno rimodulata, poiche' cosi' com'e' non e' accettabile, ne' per il peso sulle famiglie immigrate, ne' per la sua finalizzazione''.

 

Immigrati, Introna: “L'Europa segua l'esempio della Puglia” .
ilPaeseNuovo.it, 09-02-2012
BARI - "Immigrazione verso il vecchio continente: l'Europa non può fare finta di non vedere e non sentire. Tanto meno può riprendere la vecchia strategia delle 'cannoniere'. L'Europa non puo' lasciare sola la Puglia: la nostra politica di accoglienza non è un capriccio, è la consapevolezza di una necessità storica e di una opportunità".
Il presidente del Consiglio regionale pugliese, Onofrio Introna, si schiera con Vendola. "Sono con il presidente della Regione e con gli argomenti che ha lucidamente illustrato al Comitato delle Regioni".
 "Sono anche orgoglioso della Puglia che ha rappresentato a Bruxelles: una Regione sempre più civile quanto più di frontiera, che in momenti così difficili ha la forza di indicare un modello di comportamento virtuoso ad un intero continente, nei confronti di uno dei problemi più attuali". "Un'Europa tanto progredita quanto sempre più anziana, per effetto dell'invecchiamento della popolazione e dei bassi indici di natalità, ha bisogno di energie giovani".
Quello che alla Puglia è chiaro da tempo dovrà diventare una consapevolezza dell'intero sistema continentale, perchè la "nostra regione - insiste Introna - non può essere abbandonata a se stessa davanti a masse di disperati, come se non fosse la porta meridionale dell'Europa ma una terra di nessuno. Certo, gli afflussi vanno disciplinati, serve una legislazione che tenga conto dell'offerta di occupazione ai cittadini extracomunitari ma anche dell'esigenza di non impoverire Paesi in via di sviluppo, sottraendo forza lavoro giovane e soprattutto energie intellettuali, i 'cervelli', la classe dirigente del futuro".

 

Siena: integrazione, impegno istituzioni su fronte immigrazione (2)
Liber, 09-02-2012
(Adnkronos) - I cinque Comuni con maggiore concentrazione di popolazione straniera, in termini assoluti, sono Siena (4.934), Poggibonsi (3.175), Colle di Val d'Elsa (2.575), Sinalunga (1.418) e Montepulciano (1.313), mentre, in percentuale, gli stranieri sono concentrati in particolare a Monticiano, Chiusdino e nel Chianti senese, da Gaiole a Castellina passando per Radda.
Le cittadinanze piu' numerose sono quella rumena e albanese, seguite da Marocco, Serbia, Ucraina, Polonia, Tunisia e Macedonia. Seguono, poi, con numeri piu' bassi, Senegal, Bulgaria, India, Filippine, Moldova, Kosovo, Peru', Germania, Regno Unito, Montenegro, Cina e Bosnia-Erzegovina.
"Il fenomeno dell'immigrazione che ha interessato la provincia di Siena negli ultimi anni - ha detto l'assessore provinciale al welfare, Simonetta Pellegrini - ha effetti sull'andamento demografico di tutta la provincia e determina una crescita della popolazione, con la ripresa delle nascite e l'allungamento della vita media. La componente straniera e' divenuta fondamentale anche per la tenuta economica di alcuni territori della provincia di Siena, soprattutto i piccoli Comuni, dove vivono e lavorano molti immigrati. In questo contesto socio-demografico si inseriscono i progetti che la Provincia, insieme ai Comuni, porta avanti per favorire l'inserimento e l'inclusione sociale dei nuovi cittadini stranieri, anche attraverso l'impiego di mediatori culturali. Queste figure sono presenti nei centri impiego, in sportelli creati ad hoc per assistere persone immigrate in cerca di lavoro o di assistenza che incontrano il primo ostacolo nella lingua. Solo nel 2011, le strutture della Provincia hanno assistito 1.581 persone straniere, di cui 725 uomini e 856 donne".

 

Sinai, quei sepoliti nel deserto  Come "merce" nel mercato degli organi
Molti sono eritrei, ma arrivano anche da altri paesi dell'Africa subsahariana. Cercano di raggiungere Israele, lasciandosi alle spalle oppressione e miseria. Spesso diventano prede di trafficanti di esseri umani e vengono loro espiantate parti del corpo in cliniche mobili clandestine. Il silenzio di Israele, Egitto e comunità internazionale
la Repubblica, 09-02-2012
SILVIA BOARINI*
TEL AVIV - Mary è stupita di sentire ancora il respiro del figlio tra le sue braccia. Era sicura fosse morto, ucciso da una delle pallottole sparate dalle forze egiziane contro i migranti che tentano di raggiungere Israele. Ricorda che gridava: "Abbiamo bisogno di aiuto", e non credeva alle parole del soldato israeliano di fronte a lei che diceva: "Ora sei al sicuro". Era davvero al di là del filo spinato. L'incubo del Sinai finalmente alle sue spalle.
Per 15 mesi ostaggio dei beduini. Nei 15 mesi che aveva trascorso nelle mani di Muhammad, uno dei contrabbandieri beduini che controllano il traffico di migranti nel Sinai, aveva subito pestaggi, era stata stuprata e aveva visto suo figlio, di 2 anni, picchiato e tenuto semisepolto nella sabbia. "È dura nel Sinai", dice con lo sguardo nel vuoto. Cerca parole più forti, ma non riesce. "Ti legano braccia e gambe - spiega incrociando mani e piedi - e ti picchiano ogni giorno, perché vogliono soldi". Mary, 27 anni, nigeriana, è in Israele da poco più di un anno. Nella serata tiepida di Tel Aviv, siede su un muretto vicino al rifugio dell'organizzazione non governativa African Refugee Development Centre 1 (Ardc), diventata la sua casa, dopo i cinque mesi trascorsi nel centro di detenzione israeliano di Saharonim.
"Appendevano mio figlio al collo..." Il rifugio si trova nel quartiere di Shapira che, assieme al vicino Neve Sha'anan, è la casa di migliaia di africani. Mary saluta le donne che passano in strada. Dice: "Ci conosciamo tutti qui. Abbiamo avuto esperienze simili. Ho anche ritrovato persone che erano passate per le mani di Muhammad. Erano sorpresi di vedere me e mio figlio vivi". Dice che suo figlio ancora pensa che Muhammad possa tornare a picchiarlo in qualsiasi momento: "Non c'è stata notte in cui io e Valentine non abbiamo pianto, o giorno in cui non siamo stati picchiati per quei soldi. Appendevano mio figlio per il collo, perché mi decidessi a chiamare qualcuno, ma non avevo nessuno da poter chiamare".
Le cliniche mobili per gli espianti di organi. Quindici mesi di torture, di botte e stupri non bastarono a convincere Muhammad che Mary era sola al mondo. "Fu il padre di lui a liberarmi. Pagò il mio riscatto, dando un cammello al figlio". Continua: "Ho visto gente venire uccisa perché non poteva pagare. Spesso mi domando: ma davvero è successo tutto questo e siamo ancora vivi? Non c'è che ringraziare Dio". Nella tragedia, Mary ha avuto fortuna. In un servizio mandato in onda in novembre, l'americana Cnn ha documentato il traffico illecito di organi collegato al Sinai. Migranti che non riescono a pagare vengono operati in cliniche mobili e poi abbandonati a morire nel deserto, mentre gli organi espiantati vanno a salvare qualche ricco paziente negli ospedali del Cairo.
Venduti e rivenduti. Nella clinica gestita da Physicians for Human Rights-Israel 2 (Phr-I), a Jaffa, suor Aziza Kidané, missionaria comboniana, sente spesso storie di violenze simili a quelle subite da Mary. In un anno e mezzo, alla Phr-I sono state raccolte 819 testimonianze di clandestini entrati dal Sinai. Fame, sete, torture e morte caratterizzano la traversata. Tra gennaio e novembre 2011 le stime del ministero degli interni israeliano parlano di 13.683 "infiltrati" (così sono definiti coloro che entrano illegalmente in Israele). Suor Aziza spiega che, fino a un anno e mezzo fa, non si sapeva niente del Sinai. In clinica arrivavano feriti, depressi, donne che chiedevano di abortire, ma non si sapeva cosa avessero passato e, soprattutto, non si capiva la sistematicità delle violenze subite. Sono state le interviste ai nuovi arrivati nella clinica di Phr-I a portare alla luce l'incubo che è diventato il deserto egiziano.
Il traffico di esseri umani. "Abbiamo scoperto il traffico di esseri umani, le torture e la grande sofferenza. È stato un forte shock per tutti. Siamo stati noi i primi a lanciare l'allarme. Poi, anche il Papa ne ha parlato". In una stanzetta anonima, suor Aziza e una volontaria accolgono una ventenne eritrea che arriva con il fidanzato. Lui le aveva mandato i 3mila dollari necessari per la traversata, nella speranza di potersi riunire in Israele. Il viaggio cominciò con una guida, che la fece uscire illegalmente dall'Eritrea; poi, una volta in Sudan, la violentò. La ragazza è finalmente arrivata in Israele, ma si ritrova in una clinica per immigrati e chiede di abortire. Suor Aziza, con una punta di speranza: "Il fidanzato ha accettato la situazione e le rimane accanto".
Nel degrado di Levinsky park. Mentre il traffico di esseri umani rimane impunito e produce guadagni da capogiro, la violenza cresce. Ancora suor Aziza: "Chi arriva in clinica è a pezzi psicologicamente e fisicamente. Arrivano tutti con un sogno. Israele è il paese di Gesù e della Bibbia. Una volta qui, però, si ritrovano a dormire nel Levinsky Park". È lì, nel degradato quartiere di Neve Sha'anan, che gli immigrati gravitano. Il parco è vicino alla stazione degli autobus di Tel Aviv, dove gli immigrati vengono spediti dai centri di detenzione con un biglietto di sola andata. Se non portano le ferite di un viaggio andato male, al mattino si radunano sul ciglio della strada, sperando di essere scelti per una giornata di lavoro mal pagato.
Sul business grava l'impunità. Aggiunge la comboniana: "Alcuni sono stati venduti e rivenduti per 35- 40mila dollari. Ora si trovano sulle spalle il peso di dover ripagare il debito alle loro famiglie. Ma non c'è lavoro e non c'è integrazione. Perciò soffrono molto. Si trovano sperduti". Shahar Shoham, portavoce di Phr-I, è convinta che si possa fare di più a livello internazionale. Assieme ad altre Ong, tra le quali le italiane Agenzia Habeisha 3, di padre Moses Zerai, ed EveryOne Group 4, Phr-I ha denunciato la situazione nel Sinai, ha fatto i nomi dei criminali coinvolti e specificato i luoghi in cui i clandestini sono tenuti in ostaggio, torturati o usati come schiavi dai trafficanti. Dice Shoham: "Sappiamo dove sono i campi di tortura e abbiamo passato le informazioni alle autorità competenti. Ci vuole un'azione della comunità internazionale per fermare questo traffico di esseri umani. Bisogna arrestare i colpevoli, smantellare i campi e curare le vittime. E si può fare ora".
Le accuse insensate degli egiziani. Al consolato egiziano di Tel Aviv, un ufficiale la pensa diversamente e punta il dito contro gli stessi irregolari, i quali, pur sapendo di rischiare la vita, dice, "continuano a fidarsi di noti criminali e a pagare loro alte cifre per intraprendere un viaggio illegale". Che il Sinai sia fuori controllo, afferma l'ufficiale, è un'accusa insensata. Gli accordi di pace del 1979 con Israele prevedono che rimanga demilitarizzato. Ma dopo i recenti attacchi al gasdotto di Al-Arish - che raggiunge anche lo stato ebraico - e a Eilat, lo scorso agosto, Israele ha dato il nulla osta a un aumento delle truppe egiziane. I trafficanti beduini, però, sono armati e non si sottomettono al controllo di uno stato che a malapena li considera.
La situazione va peggiorando. Nel dicembre 2010, l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati 5 (UNHCR) fece pressione sul governo egiziano perché liberasse circa 250 migranti e profughi detenuti nel Sinai. L'Egitto assicurò che si stava muovendo per localizzare e liberare gli ostaggi. A oggi, però, nulla è cambiato. Le Ong parlano di altre centinaia di africani detenuti in container sepolti nel deserto del Sinai. La situazione, secondo Nic Shlagman, portavoce dell'Ardc, è peggiorata: "Si è innescato un tale giro di affari che si è arrivati al punto in cui persone che non vogliono nemmeno emigrare vengono rapite dai campi profughi, portate nel Sinai e mandate in Israele dietro pagamento del riscatto".
Le "distrazioni" di Israele, Egitto e Occidente. Nemmeno da Israele arrivano proposte per sconfiggere una rete criminale con tentacoli che giungono fino a Tel Aviv. L'ufficio stampa del ministero degli interni fa sapere che le informazioni ricevute dalle Ong sono state passate alla polizia. Ma niente si è mosso. C'è solo da augurarsi che Egitto, Israele e la comunità internazionale non vogliano ignorare questa situazione.
* L'articolo di Silvia Boarini è tratto dal sito di Nigrizia 6


 

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