Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 luglio 2014

Boldrini: Mare Nostrum non basta 
Avvenire, 18-07-14
Roma. «Mare Nostrum ha contenuto la perdita di vite umane. Ma, per quanto meritoria, non basta. È necessario offrire alle persone bisognose di protezione un`alternativa percorribile che non metta a rischio la loro vita». Lo ha affermato Laura Boldrini, presidente della Camera, presentando un convegno sull`immigrazione. Evitare le morti nel Mediterraneo, offrendo a chi ha bisogno di protezione alternative concrete alle carrette del mare: questo il tema del seminario organizzato dalla presidenza della Camera per martedì 22 (ore 17, Sala della Regina - Palazzo Montecitorio) dal titolo "Prima di prendere il mare. Dal reinsediamento all`ammissione umanitaria". 
Ne discuteranno, insieme con Laura Boldrini, il ministro degli Interni, Angelino Alfano, il sottosegretario agli Esteri, Mario Giro, e il presidente della commissione Diritti umani del Senato, Luigi Manconi. Interverranno inoltre il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, il delegato per il Sud Europa dell`Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Laurens Jolles e, in rappresentanza del Tavolo Asilo, Cristopher Hein, direttore del Consiglio italiano rifugiati (Cir). 
«Il Mediterraneo è la via dell`asilo per raggiungere l`Europa. È però necessario - sottolinea la Presidente Boldrini - offrire alle persone bisognose di protezione un`alternativa percorribile che non metta a rischio la loro vita». 
 
 
 
Oim: "Oltre 67 mila persone giunte su coste italiane"
"La metà dei migranti arrivati sono di nazionalità eritrea e siriana
stranieriinitalia, 18-07-14
Roma, 18 luglio 2014 - Ad oggi, i migranti e richiedenti asilo giunti in Italia dall'inizio dell'anno sono oltre 67.000. Il dato e' stato confermato dal Direttore dell'Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell'Oim, Jose' Angel Oropeza che ha precisato che circa la meta' dei migranti arrivati sono di nazionalita' eritrea e siriana, ma numerose sono anche le persone provenienti dalla Somalia, dal Mali e dal Gambia. Tanti anche i nuclei familiari, e molti anche i minori non accompagnati: piu' di 6.500.
Solo mercoledì, precisa l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sono sbarcati al porto di Trapani i 1.171 migranti e richiedenti asilo soccorsi nel Canale di Sicilia dalle unita' impegnate nell'operazione ''Mare Nostrum''.
''Tra i diversi gruppi vulnerabili - ha sottolineato Oropeza - vi sono anche numerose vittime di tratta. Proprio per questo, l'Oim ha creato da quest'anno, nell'ambito del progetto 'Praesidium',- dei team ''anti-tratta' attivi in Sicilia e in Puglia con l'intenzione di rafforzare le attivita' di individuazione e protezione delle vittime di tratta e sfruttamento''.
 
 
 
Il Cie ai rifugiati siriani apertura del Viminale alla richiesta di Milano 
la Repubblica, 18-07-14
ZITA DAZZI
SARA l`ex Cie di via Corelli con tutta probabilità ad accogliere nei mesi futuri i profughi in transito da Milano nel loro viaggio verso il nord Europa. È questo il più importante risultato del vertice che si è tenuto ieri al Viminale fra il sottosegretario Domenico Manzione, il responsabile del dipartimento Immigrazione Mario Morcone, gli assessori alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino e alla Sicurezza Marco Granelli, e il capo di gabinetto della prefettura di Milano, Ugo Taucher. Un incontro fortemente richiesto dal Comune di fronte ai 15mila fra siriani ed eritrei arrivati da ottobre a oggi. 
Persone che nessuna autorità statale ha censito -perché i profughi vogliono proseguire verso Svezia e Germania - né smistato anche verso altre città del Nord Italia. Per questo Majorino e Granelli sono scesi a Roma con un pacchetto di richieste, prima fra tutte l`ex Cie, chiuso per ristrutturazione dopo gli incendi appiccati l`inverno scorso dai clandestini. 
«C`è più che un`apertura su questo fronte», confidano i due assessori, senza rivelare quando questa ipotesi si potrà concretizzare. In via Corelli ci sono camerate con letti e bagni, mensa, centro medico e sale comuni. Palazzo Marino ha avuto anche «garanzia che sarà lo Stato a sostenere economicamente accoglienza e sistemazione di eventuali strutture che arriveranno da accordi con privati come Grandi Stazioni e Ferrovie dello Stato». Si lavora sull`ipotesi di allestire un dormitorio in via Sammartini. 
«Consideriamo l`incontro di oggi un positivo passo avanti - commentano Majorino e Granelli - . Con l`avvio del "Tavolo Milano" abbiamo finalmente aperto un dialogo con il ministero per trovare soluzioni concrete econdivise. Per la prima volta siamo di fronte ad impegni concreti per evitare che Milano resti sola nella gestione del problema». Allo studio anche un meccanismo di identificazione delle persone in transito per cercare di distribuirle comunque su diverse città nel loro soggiorno in Italia. 
 
 
 
Immigrati, non può bastare solo un presidio di polizia 
Il Mattino, 18-07-14
Antonio Mattone 
Il caso Castel Volturno - con la unica decisione di confermare il presidio di polizia e carabinieri, ottanta uomini in tutto - viene di fatto tradotto a questione di mero ordine pubblico, mentre sono stati tralasciati tutti gli altri aspetti che sono invece i veri no di da sciogliere. Innanzitutto bisognerebbe partire dal potenziamento dei servizi sociali e sanitari per dare assistenza e censire le migliaia di immigrati che si concentrano sul litorale a nord di Napoli. Così come andrebbero incrementate le forze di polizia municipale per controllare le occupazioni abusive delle case da parte degli stranieri. 
Nello stesso tempo vanno controllati gli appartamenti affittati senza regolare contratto. Un controllo del territorio effettivo che sancirebbe la vera presenza dello Stato in questa zona. Sembra invece che lo Stato abbia nei confronti di Castel Volturno lo stesso atteggiamento che l`Unione europea ha avuto verso il nostro Paese nella vicenda Mare nostrum, lasciando agli amministratori locali la patata bollente. D`altra parte se gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste arrivano con un foglietto su cui è già scritta la destinazione «Castel Volturno», un motivo ci deve essere. Questa "pubblicità ingannevole" deriva proprio dallo stato di abbandono in cui si trova il litorale domizio. È una condizione che nasce nel periodo del terremoto, quando le case di villeggiatura e alcuni alberghi vennero requisiti per sistemare i senzatetto, una lunga permanenza che ha reso alcune abitazioni inagibili e che ha dato un colpo mortale 
al turismo. Se a questo aggiungiamo l`inquinamento prodotto dai Regi Lagni, diventati sversatoi di rifiuti urbani e industriali, e dalle discariche abusive con tutte le infiltrazioni e le attività illegali della camorra, vediamo come sia stata deturpata quella che era una delle più belle località della Campania felix. Tuttavia, il giorno dopo le violenze e le tensioni, Castel Volturno ha anche un altro volto. È quello festoso e sorridente che si può incontrare al Centro Femandes, dovevengono consegnati a 9 immigrati i diplomi della scuola di lingua e cultura italiana. 
C`è anche un gruppo di nigeriani, in Italia da quattro settimane, che hanno cominciato a seguire i corsi. Sono giovanissimi e scherzano con i maestri. Diventano seri quando ricordano la terribile esperienza del viaggio verso l`Italia. Probabilmente dovranno lasciare il Centro perché è stata indetta una gara al ribasso per l`accoglienza di questi profughi. È un paradosso tutto italiano che allontana proprio gli immigrati che cominciano a fare una esperienza significativa di integrazione. Una piccola scommessa vinta in una terra in cui nessuno investe su niente. 
 
 
 
LE DUE REGIONI IN LIZZA A OSLO 
Sicilia e Calabria per il Nobel 
il Giornale, 18-07-14
È ufficiale. La Calabria e la Sicilia sono in lizza per il premio Nobel per la Pace 2014. La richiesta è stata recapitata per mail al Comitato organizzatore che ha sede ad Oslo, dal leader del Movimento Diritti Civili, Franco Corbelli. L`annuncio della decisione del Comitato organizzatore dell`assegnazione dei Nobel è prevista, come sempre, per metà ottobre. Corbelli ha chiesto il Premio Nobel per la Pace perla Calabria e la Sicilia per l`accoglienza e la solidarietà ai migranti (nella foto) che va avanti, con grande umanità e notevoli sacrifici, da tantissimi anni. «Queste due regioni si trovano da sole a dover fronteggiare un continuo ininterrotto flusso di sbarchi», afferma Corbelli. 
 
 
 
Psicologi: "Fare di più per minori non accompagnati"
''Il tema dei minori non accompagnati è una priorità per gli psicologi italiani da tempo impegnati nel volontariato"
stranieriinitalia, 18-07-14
Roma, 18 luglio 2014 - ''I numeri che dimensionano il fenomeno dei minori non accompagnati che entrano in Italia descrivono una situazione sempre piu' drammatica: nei primi sei mesi dell'anno ne sono giunti, solo attraverso il fronte marittimo sui 70mila complessivi, quasi 12mila, oltre il 18% del totale. Si tratta per la quasi totalita' di minori provenienti da zone di guerra certamente gia' provati dalle situazioni che si sono trovati ad affrontare nei Paesi d'origine".
Così Fulvio Giardina, Presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi.
"Credo sia lodevole lo sforzo fatto dal Governo  - sottolinea Giardini - che sta dando vita ad un piano triennale strutturato di accoglienza stanziando anche notevoli risorse, anche se certamente non sufficienti data la portata del fenomeno: 370 milioni di euro di cui 70 per i minori non accompagnati. Cosi' come e' positivo che da ora in avanti essi verranno presi in carico con la procedura Sprar, sistema per i richiedenti asilo e rifugiati''.
''Il tema dei minori non accompagnati - dice ancora Giardina - è una priorità per gli psicologi italiani da tempo impegnati nel volontariato attivo nelle molte strutture di emergenza e di accoglienza che operano in varie Regioni, ma soprattutto in Sicilia; deve diventarlo non solo per tutti i soggetti che a vario titolo si occupano di immigrazione ma anche per la società civile che non può assistere inerte che si perdano le tracce di migliaia di bambini ed adolescenti''.
 
 
 
Bambini migranti
Corriere delle migrazione, 16-07-14
Alessandra Ballerini 
MARCIA BAMBINISe pensi ai piccoli migranti, d’istinto li immagini eroicamente in braccio a qualche divisa della guardia costiera o della marina militare, frastornati ma vivi. Oppure pensi, impressionato dalle drammatiche notizie degli ultimi giorni, ai giovani profughi soffocati insieme ad altre decine di sventurati nella stiva di una delle tante carrette del mare.
Ma se quei piccoli li hai visti e conosciuti, agli occhi salgono le immagini dei loro sguardi persi e dei loro incerti sorrisi grati. I più sono arrivati in barca, dopo aver attraversato deserti e dolori, dopo essere stati abusati, violati rinchiusi. Derubati nella fuga di qualsiasi bene: documenti, affetti, legami e innocenza.
Sono sopravvissuti a tutto: guerre, dittature, persecuzioni, prigionia, torture. Hanno sconfitto sete, fame e fatiche. Ma non la paura. Che li accompagnerà, come una nostalgia. Come l’ennesima cicatrice. Se pensi ai piccoli profughi appena approdati pensi ai loro sguardi interrogativi, nè tristi nè lieti, se non a tratti. Stupiti, preoccupati, increduli. Vuoti più che pieni. Si riempiono col tempo e con la cura; ma a volte non c’è tempo e sovente non c’è traccia di cura. Si viene scaricati in un porto sconosciuto di cui non si riuscirà neppure a memorizzare il nome, frugati da guanti di lattice senza nessuna spiegazione e poche incomprensibili parole filtrate dalla mascherina anticontagio Rinchiusi insieme ad altri dieci o cento, in campi di calcio, tende di fortuna, palestre, stazioni o chiese.Si mangia male, si gira scalzi e sporchi, non si conosce la propria sorte nè quella dei cari lasciati a casa o sul mare. Poi ti porteranno su autobus, treni, navi. A volte ancora senza scarpe nè parole e ti consegneranno ad altre mani (guantate o nude) e poi ti metteranno in una stanza, Ti faranno mille domande e forse anche i raggi del polso perchè sei troppo alto per essere minore e non ti credono nè ti capiscono.
Nessuno mai ti chiede cosa vorresti per te. Ma un giorno, se saprai resistere e se avrai fortuna oltre che pazienza, forse troverai un posto che sembrerà una casa, ti parleranno nella tua lingua ti spiegheranno delle regole e ti chiederanno le tue aspirazioni. Ti daranno sorrisi e futuro.
Forse gli occhi di questi piccoli (anche se alti quasi due metri) si riempiranno di nuovo di speranza, curiosità letizia. Forse.
Quando pensi ai giovani profughi, ai minori adolescenti non accompagnati o ai neonati siriani o africani in braccio ai genitori, pensi anche a quel forse. E li immagini di nuovo sorridere.
 
 
 
Sgomberi alla romana
Corriere delle migrazione, 16-07-14
Sergio Bontempelli 
Corriere delle Migrazioni ha assistito al trentesimo smantellamento di un campo rom, effettuato dalla Giunta Marino. Ecco come funzionano gli sgomberi nella capitale 
E’ mercoledì 9 Luglio, sono le otto del mattino. Le pattuglie della polizia locale di Roma irrompono nel piccolo insediamento di Val d’Ala, nella zona nord della città: qui, ai bordi della ferrovia, vivono una quarantina di rom rumeni – molti dei quali minorenni – accampati alla meglio con tende da campeggio e ricoveri di fortuna. Sono disorientati e timorosi, gli abitanti del campo, ma non sorpresi: lo sgombero è stato annunciato già da qualche giorno, l’arrivo delle forze dell’ordine era previsto.
Peraltro, ad attendere le pattuglie non ci sono soltanto i rom. Anzi, al campo si è formato un vero e proprio “comitato di accoglienza”: l’associazione 21 Luglio, che contesta lo sgombero, ha chiamato a raccolta i cittadini per monitorare le operazioni. Così, già di primo mattino, ci sono fotografi, giornalisti e volontari. Gli attivisti della 21 Luglio, riconoscibili dalle t-shirt con il logo dell’associazione, parlano con le famiglie, spiegano cosa sta per accadere, dispensano consigli e suggerimenti.
Arriva la polizia municipale
Forse i più sorpresi sono proprio loro, gli uomini della Municipale: abituati a trattare con i rom, ma non con gli attivisti e i “contestatori”. Parcheggiano, scendono dalle macchine, si guardano intorno e hanno l’aria perplessa. Uno di loro, che dirige le operazioni, si avvicina e arriva faccia a faccia con Carlo Stasolla, presidente della «21 Luglio». «Siamo qui per monitorare il rispetto dei diritti umani», dice Stasolla con voce calma. «riteniamo che questo sgombero non sia conforme alle procedure di legge; non vogliamo ostacolare il vostro lavoro, ma intendiamo rimanere qui e documentare quel che succede». L’interlocutore è visibilmente innervosito: «questo campo è abusivo e illegale», risponde con fare seccato, «e deve essere chiuso: non vedo dov’è il problema». Stasolla ha tutta l’aria di chi, prevista l’obiezione, aveva preparato per tempo la risposta: «ci sono garanzie sancite da norme internazionali: in caso di sgombero, gli abitanti devono essere informati preventivamente, e deve essere proposta una soluzione altern…». Ma il dirigente non ha voglia di discutere e taglia corto: «va bene, state qui, ma non ostacolate le operazioni».
La ruspa
Gli agenti chiamano a raccolta le famiglie, le allontanano dalle tende, e chiedono anche a noi di tenerci a distanza. Poi fanno passare una piccola ruspa, che si avvicina sotto gli occhi attoniti dei bambini. In pochi minuti tutto viene travolto: tende, baracche, effetti personali dei rom sono distrutti. La ruspa si muove veloce, mentre alcuni agenti raccolgono i resti e li ammucchiano da una parte. Le facce dei rom sono intimidite, ma anche rassegnate: nessuno degli abitanti del campo protesta. Il silenzio è quasi irreale. Assieme ad altri giornalisti mi avvicino per fare delle foto, ma gli uomini della Municipale mi fermano: «non potete stare qui, dovete allontanarvi». Carlo Stasolla si impunta: «i cronisti devono documentare le operazioni», dice, «non hanno intenzione di ostacolarvi». Il dirigente è visibilmente seccato: «Documenteranno le operazioni quando saranno terminate». Che è un po’ come andare allo stadio e accendere la telecamera quando la partita è finita. Glielo facciamo notare, al dirigente, ma lui non sente ragioni: «e non fate foto alla mia faccia, che sennò vi denuncio». Va bene, niente foto alla sua faccia. Sennò si arrabbia.
«Soluzioni» alternative
Gli uomini della Municipale si muovono con sicurezza, e hanno una strana confidenza con i rom: li salutano, li chiamano per nome, sorridono, fanno battute, elargiscono affettuose pacche sulle spalle. «Ormai li conosciamo da anni», mi dice il solito dirigente, che ha una gran voglia di parlare con me (forse deve discolparsi dei modi un po’ rudi che ha usato finora). «Sa, noi non ce l’abbiamo con loro, facciamo solo il nostro mestiere…». Un piccolo drappello di agenti si dispone vicino alle macchine. Una vigilessa chiama a raccolta le donne rom, convocandole ad una ad una. Un suo collega, che parla rumeno (un rumeno un po’ maccheronico, a dir la verità) e che per questo fa l’interprete, pone a tutte le stessa domanda: «vuoi che ti troviamo una sistemazione per stasera? Possiamo darti un posto letto per te e per il tuo bambino, ma non puoi portare tuo marito». La risposta è sempre la stessa: «no, non voglio separarmi da mio marito». Ed è una risposta così scontata, che gli agenti hanno tutta l’aria di conoscerla già. Nessuna delle donne rom fa domande, nessuna protesta: sembra quasi che tutti – rom e agenti – recitino un copione mandato a memoria. Ogni volta che viene pronunciato il fatidico «no», il dirigente assume un’aria sbrigativa e si rivolge al collega interprete, «vabbè dai, abbiamo capito, passiamo alla seconda domanda». La «seconda domanda» viene rivolta anche agli uomini: «vuoi tornare in Romania? Possiamo darti un aiuto per le spese del viaggio». Qui le risposte sono meno scontate, e c’è qualcuno che accetta l’offerta. «Va bene, lasciaci il numero di telefono, ti richiamiamo noi».
Il tutto si svolge in una tranquillità irreale. E’ una specie di teatro dell’assurdo: i rom dovrebbero essere furibondi per la distruzione delle baracche, e invece sembrano tranquilli (o almeno rassegnati). La proposta di dividere le famiglie – accogliendo donne e bambini, e separandoli dagli uomini – è un po’ grottesca e un po’ umiliante, ma qui nessuno sembra farci caso: per gli agenti è «la prassi», e i rom ci hanno fatto l’abitudine. Per la verità anche io ci sono abituato, e infatti lì per lì non ci faccio caso: solo una collega giornalista, alla sua prima esperienza di sgombero, mi fa notare quanto sia assurda tutta la vicenda. In realtà, la proposta di separare le famiglie ha una sua logica, per quanto contorta: serve per poter dire, alla stampa e alle televisioni, che ai rom è stata offerta una «soluzione alternativa», e che sono stati loro a rifiutare. E succede spesso che i giornalisti (non tutti, solo quelli pigri e acquiescenti) prendano per buona la versione ufficiale, e ci ricamino sopra: ecco, i soliti zingari ingrati, che rifiutano le generose offerte del Comune…
La vertenza
Le operazioni sono durate sì e no un’ora. Adesso le baracche sono state distrutte, e il palcoscenico si chiude. I rom si allontanano dal campo e si dirigono verso il Dipartimento delle Politiche Sociali del Comune: vanno a protestare contro lo sgombero, e a rivendicare una soluzione alternativa. Assieme a loro ci sono gli instancabili volontari della 21 Luglio, e anche Matteo de Bellis, dirigente di Amnesty International.Il resto è cronaca degli ultimi giorni. Lo sgombero è stato duramente contestato sia dall’Associazione 21 Luglio, sia da Amnesty International. Con due comunicati stampa congiunti, il primo il 9 luglio e il secondo l’11 luglio, le due organizzazioni hanno dapprima denunciato le violazioni dei diritti umani, e poi rivolto un appello urgente al sindaco  di Roma al fine di trovare una soluzione immediata per far fronte all’emergenza.Poi, finalmente, nella giornata di Venerdì, si è trovata una soluzione-tampone: «i rom», ha annunciato un comunicato della 21 Luglio, «sono stati trasferiti provvisoriamente in una struttura di accoglienza in città, dove risiederanno fino all’individuazione di ulteriori soluzioni». Un “tampone”, appunto. Che lascia aperto il nodo di sempre: a chi e a cosa servono gli sgomberi?
 
 
 
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