Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 maggio 2014

Quel cimitero blu ignorato da tutti
Il mare è diventato l’ultima dimora di tanti migranti, il cimitero di tutto quello che hanno sognato, la tomba di tutte le loro speranze
la Repubblica, 16-05-14
TAHAR BEN JELLOUN
NEL 1920 Paul Valéry scrisse un lungo poema metafisico sul tempo e la morte. Lo intitolò Cimitero marino, perché era ossessionato dal mistero del mare, dal fascino dei suoi segreti e dalla ricerca dell’immortalità. Da allora, ogni volta che dei marinai non tornano più, si parla del mare come tomba insondabile e senza appello.
Guardando le foto di quei corpi di immigrati che hanno trovato “asilo” nei fondali marini al largo di Lampedusa, viene in mente quella poesia, prima di immaginare come e perché quelle persone abbiano avuto una fine tanto tragica. Uomini e donne che sono precipitati in una spessa assenza, in una profonda solitudine. Il mare è diventato la loro ultima dimora, il cimitero di tutto quello che hanno sognato, la tomba di tutte le loro speranze. I loro occhi si sono perduti nei flutti, i loro corpi si sono dissolti nelle alghe e nel silenzio, la loro memoria si è svuotata dei ricordi.
CHE cosa dire? Che cosa scrivere? Gli dei sono rimasti calmi. Gli uomini sono indaffarati. Il cielo è indifferente.
Partiti da molto lontano, hanno marciato con l’Europa negli occhi, un’illusione, un errore. Sapevano che altri prima di loro avevano compiuto questo viaggio, e che avevano perso la vita. Ma a che vale una vita senza dignità, senza lavoro, senza luce interiore? Quando non si ha più nulla da perdere, si tenta l’impossibile, e il tuo destino prende la via dell’esilio e cade in pezzi finché l’anima non spira.
Hanno marciato e attraversato Paesi, montagne, mari, per finire, quella notte del 3 ottobre 2013, in una cisterna nera che li ha stritolati, inghiottiti: alcuni sono stati rigettati su e altri sono rimasti nelle profondità marine. I loro corpi stanno lì, come oggetti trovati in un’imbarcazione naufragata. Sono prove a carico per un processo che non avrà mai luogo. Sono ancora vestiti, ma che ne è stato dei sogni che avevano costruito mettendoci musica e colore? Si sono sciolti in questo mare divoratore di vite, spietato e senza scampo. Ah, il Mediterraneo che cantano i poeti! È un mare dove molto sangue è stato versato. È diventato un grande cimitero e continua a esserlo, perché contro la disperazione degli uomini, la morte degli altri non serve a niente. C’è qualcosa in loro che dice: «Io ci riuscirò! ».
E intanto certi politici urlano al lupo, seminano paura e incolpano gli immigrati di tutti i mali. Sono sempre più numerosi quelli che sfruttano le sventure degli immigrati per fare propaganda e vincere elezioni. Il razzismo si è banalizzato. Certi intellettuali sono convinti che l’identità europea sia minacciata dal multiculturalismo, che l’islam sia la peggiore delle religioni, che il “razzismo antibianco” non venga perseguito. L’odio e la paura si alleano contro i nuovi “dannati della terra”. L’Europa che ha ancora bisogno di manodopera straniera non ha battuto ciglio di fronte a quella tragedia, che è stata seguita da altri morti, altri drammi. Ha la memoria corta o pigra, egoista e cinica. È così. I Paesi del Sud, alcuni dei quali mal governati, accetterebbero volentieri investitori che dessero lavoro a quegli uomini che emigrano perché si vergognano di non essere in grado di garantire una vita decorosa ai loro figli.
Delle soluzioni ci sarebbero, ma per arrivarci servirebbe che l’Europa prendesse coscienza del problema e lo affrontasse in modo serio. Visto che i sondaggi ci rivelano tutti i giorni che i partiti di estrema destra potrebbero arrivare in testa alle elezioni europee del 25 maggio, il rischio è che la situazione si aggravi e che ci troveremo a guardare altri aspiranti immigrati affondare in nuovi cimiteri marini. (Traduzione di Fabio Galimberti)



Il Papa: "Che vergogna i morti in fondo al mare"
la Repubblica, 16-05-14
PAOLO RODARI
CITTÀ DEL VATICANO. «Ci sono storie che ci fanno piangere e vergognare: esseri umani, nostri fratelli e sorelle, figli di Dio che, spinti dalla volontà di vivere e lavorare in pace, affrontano viaggi massacranti e subiscono ricatti, torture,
soprusi di ogni genere, per finire a volte a morire nel deserto o in fondo al mare». Mentre Papa Francesco pronunciava ieri queste drammatiche parole all`interno della Sala Clementina in Vaticano, non aveva innanzi a sé un uditorio qualunque. Fra i nuovi ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, infatti, presentavano le proprie lettere credenziali anche i diplomatici di Paesi in grande sofferenza, come ad esempio il Sudan dove una donna, giusto poche ore fa, è stata condannata a morte per apostasia. Ma le sofferenze sono anzitutto legate a una vita di povertà e stenti, quindi di forti ingiustizie sociali, diseguaglianze che il Papa, che già da arcivescovo di Buenos Aires creò un vicariato per la pastorale nelle villas miseria (le baraccopoli intorno alla città), conosce bene.
Ieri Repubblica Tv ha mandato in onda in
esclusiva le immagini del naufragio all`Isola dei Conigli, avvenuta il 3 ottobre 2013. Così le ha commentate su twitter Roberto Saviano: «Di fronte a questi corpi abbracciati avrei solo voglia di chiedere scusa. Scusa perché appartengo a un Paese razzista». Mentre è stato il ministro dell`Interno Angelino Alfano a ribadire che, sul fronte dell`emergenza immigrazione, «non
siamo più disponibili ad accettare di essere uno scaricabarile dell`Europa».



INTERVISTA
Franco Frattini Ex vicepresidente Commissione Ue
«Se non si dividono gli arrivi fra Stati, Frontex non serve»
il sole, 16-05-14
Marco Ludovico
ROMA. "no «L`atteggiamento dell`Europa di fronte all`ondata di migranti si può definire in un modo solo: globalizzazione dell`indifferenza. Ha proprio ragione, purtroppo, papa Bergoglio». Franco Frattini è stato vicepresidente della Commissione europea con delega alla Giustizia e agli Interni, oltre che ministro degli Esteri nei governi Berlusconi II e W. «Nel 2006 abbiamo varato Frontex con grande entusiasmo» ricorda Frattini. Oggi gli ardori europei di allora sono ridotti ai minimi termini, mentre l`Unione affronta scenari umanitari drammatici, come quello dell`immigrazione, «tra gli egoismi statali cresciuti a dismisura con la crisi economica».
L`esodo degli immigrati procede ininterrotto. Mentre su Frontex si lamenta scarsità di fondi.
Siamo ormai al ridicolo. Si tirano in ballo questioni di procedura quando la verità è che la politica è del tutto assente. Ilpresidente Barroso è stato lasciato solo dai governi nazionali.
Mai flussi dei migranti sulle coste italiane continuano da anni. Con il solito identico seguito di polemiche sempre uguali.
Sì, ma quando nacque Frontex c`era un altro scenario, un altro clima. L`idea convinta era di istituire una guardia costie- ra europea. Avevo già pronto anche il modello di divisa: bluette con la doppia bandiera, europea e nazionale. Come avviene per la Nato.
Fu affrontata l`ondata di migranti verso le Canarie.
Erano migliaia di persone. Ma con dodici Stati europei impegnati a risolvere l`emergenza della Spagna. La Finlandia mandò un aereo. La Germania due elicotteri. La Francia con tre fregate pattugliava il Mediterraneo centrale. Nessuno o quasi si tirava indietro.
Rispetto a oggi, un altro film.
No, proprio un altro mondo. Il progetto di rilevazione satellitare di cui si parla adesso per monitorare le trasferte fin dai
movimenti nel deserto africano era stato messo in campo quando io ero a Bruxelles e al ministero dell`Interno c`era Giuliano Amato.
Ma perché Frontex non decolla?
Nessuno accetta le nuove regole d`ingaggio, cioè una ripartizione degli immigrati in arrivo. La regola della convenzione di Dublino, cioè che lo Stato di approdo è quello che accoglie, non la si vuole cambiare.
Eppure ci sono Paesi europei che hanno dimostrato negli anni una capacità di accoglienza insospettabile.
Certo: tra 112005 eilzoo7 d furono flussi di 2o-3omila profughi iracheni che si spostarono in Libano e Giordania. In Europa la Svezia, soprattutto, ma anche l`Olanda, la Finlandia e la Danimarca fecero la loro parte.
Oggi è l`Italia a fare la guardia costiera per quasi tutta l`Europa con la missione Mare Nostrum. E c`è chi chiede di ritirarla.
Al contrario, Mare Nostrum è un assoluto dovere: evita e scongiura la morte di vite umane, innanzitutto.
Ma nell`attesa molto improbile di una modifica della convenzione di Dublino, cosa si può fare?
Aumentare in quantità i fondi europei destinati allo sviluppo della Somalia, dell`Africa subsahariana, del Sahel. E se proprio non si riesce a fare una ripartizione degli arrivi, almeno l`Europa aiuti davvero con i finanziamenti gli Stati in prima linea, come l`Italia, a garantire un`accoglienza dignitosa.



Operazione Mare Nostrum, arrestati altri sei scafisti
Dall'inizio dell'operazione, il 13 ottobre 2013, gli scafisti consegnati alla Giustizia sono stati in totale oltre 200
stranieriinitalia.it, 16-05-14
Roma, 16 maggio 2014 - La strategia di contrasto ai trafficanti di esseri umani, portata avanti dall'Operazione Mare Nostrum, ha condotto all'arresto da parte della Squadra Mobile di Palermo di due scafisti di nazionalita' egiziana, in relazione allo sbarco di migranti effettuato dal pattugliatore Sirio della Marina Militare lo scorso 2 maggio a Palermo.
Per i due uomini l'accusa e' quella di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Entrambi avevano cercato di nascondersi tra i clandestini ma, in base ai racconti dei migranti, e' emerso che erano proprio i due ad aver pilotato il barcone durante la traversata. Altri quattro scafisti di nazionalita' magrebina, tunisina e marocchina sono stati arrestati dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Catania, indiziati del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, omicidio plurimo e naufragio a seguito dell'evento del 12 maggio scorso.
Dalle prime indagini e' emerso che i responsabili della tragedia avrebbero causato un'avaria all'imbarcazione su cui viaggiavano oltre 200 migranti, causando il naufragio e il decesso di 17 persone, comprese due bambine e alcune donne. Dall'inizio dell'operazione Mare Nostrum, il 13 ottobre 2013, gli scafisti consegnati alla Giustizia sono stati in totale oltre 200, di cui 137 direttamente dal personale della Marina Militare. 43.422 i migranti portati in salvo.



Strage immigrati, la soluzione non è lasciarli morire di guerra
il fatto, 15-05-14
Elisabetta Ambrosi
Nel mondo dell’informazione accade anche questo: che uno dei quotidiani principali del paese, e non certo di orientamento leghista o xenofobo, cioè il Corriere della Sera, pubblichi un articolo a firma di Aldo Cazzullo contro l’operazione Mare Nostrum, in seguito all’ultima strage, che di vero ha solo la premessa:  la situazione è insostenibile e Lampedusa è al centro di una vera e propria crisi internazionale. Da questa constatazione di partenza il ragionamento del giornalista si svolge così: “Salvare i naufraghi è un dovere, ma non basta. Bisogna chiudere la rotta di Lampedusa. La carità va sempre praticata ma la dignità non è un valore meno importante e il divario tra Nord e Sud del mondo non si colma salendo su un barcone, mettendo la propria vita e quella dei propri cari nelle mani degli scafisti […] per approdare in un mondo che va dalla Sicilia alla Scandinavia che è certo infinitamente ricco, ma che in questo momento non ha bisogno di manodopera (anzi ha un eccesso di manodopera).
Insomma, secondo l’editorialista “la dignità di un profugo non può essere affidata a un mercante di schiavi, e quindi, “anche se ovviamente non si tratta di rimpiangere Gheddafi e i suoi aguzzini”, la soluzione è fermare la rotta di Lampedusa, “non sbarrando la porta nell’ultimo miglio ma chiudendola sulle coste da cui parte il traffico di vite umane”. Colpiscono in questo articolo, che certamente susciterà la reazione di tutti coloro che si occupano di immigrazione, sia l’assoluta ignoranza sui problemi reali che riguardano i flussi migratori sia, soprattutto l’incredibile naiveté,quando si invoca la dignità delle famiglie che migrano. Perché se queste famiglie, che il giornalista sembra quasi colpevolizzare per la scelta, decidono di rischiare la vita sui barconi, dopo traversate atroci nel deserto che sono ancora peggio del passaggi in mare, di certo lo fanno per un solo e unico motivo: scappare da una situazione ancora più atroce di quella che trovano sulle carrette, e del deserto e dei barconi. Situazioni di guerra dove la famosa dignità invocata è carta straccia, visto che si tratta solo di sottrarre se stessi e i propri figli, i propri cari, appunto, da persecuzioni, torture e conflitti armati. Come soluzione l’autore invoca “una politica molto più ambiziosa rivolta a stabilizzare i nuovi governi nordafricani e a costruire con loro partnership e accordi seri”. Bene: ma mentre si attendono accordi politici e partnership, magari fra anni, cosa accade a quella povera gente che, come ha ben raccontati Giuseppe Catozzella nel suo libro Non dirmi che hai paura, sono  le vittime del nuovo Olocausto dei nostri tempi?
Sarebbe bastato a Cazzullo parlare pochi minuti con chi conosce molto bene i problemi migratori per capire che le soluzioni a ciò che sta accadendo sono mille miglia lontane da ciò che lui propone, come ci ha spiegato ad esempio con gentilezza e preparazione Grazia Naletto dell’associazione Lunaria. Sul problema delle persone che arrivano via mare, e che quasi sempre richiedono asilo politico, il primo urgente intervento sarebbe la modifica della Convenzione di Dublino III, che prevede che il diritto di asilo si possa chiedere solo nel primo paese in cui si arriva (è la ragione per cui molti immigrati fuggono e non vogliono essere identificati, così da raggiungere paesi dove l’accoglienza è migliore della nostra). In questo modo, il carico di accoglienza verrebbe distribuito tra i diversi paesi  europei, che comunque accolgono un numero di rifugiati ben superiore al nostro.
Il secondo grosso intervento riguarderebbe invece il tema del permesso di soggiorno e del lavoro di chi arriva. Se infatti – esattamente il contrario di quanto viene sostenuto – si investissero le risorse che abbiamo non nei respingimenti (controllo frontiere, centri di accoglienza e identificazione, rimpatri e via dicendo), consentendo a chi entra nel nostro paese di avere un permesso di soggiorno temporaneo come persona in cerca di lavoro senza diventare automaticamente clandestino appena sbarcato (da questo punto di vista l’abolizione del reato di clandestinità ha un valore soprattutto simbolico, più che concreto) le cose finalmente cambierebbero: perché non servirebbero inutili decreti flussi che  prevedono che chi arriva debba essere già dotato di un permesso di lavoro, come se una famiglia italiana possa scegliere una persona per assistere i suoi parenti o figli senza neanche conoscerla (e infatti spesso le richieste sono inferiori alle quote, la maggior parte entra per forza illegalmente).
Né servirebbero le cosiddette sanatorie una tantum (evidentemente necessarie visto che i lavoratori immigrati sono necessari, altro che), mentre tutte le risorse risparmiate potrebbero essere utilizzate in politiche di integrazione delle persone che arrivano, che aiuterebbero sia le famiglie immigrate, sia i cittadini italiani, favorendo la coesione sociale, oltre che sviluppo economico. La cultura dei respingimenti e dell’emergenza, in assenza di un Piano nazionale di accoglienza urgente e pure mai arrivato, fa spendere molti più soldi  (compresi quelli che si sono pagati in questi anni, come ci spiega sempre Grazia Naletto, per alberghi sulle coste che hanno dato un’assistenza di infimo livello a costi altissimi) ed è del tutto inutile, anche perché chi è disperato continuerà ad entrare  in qualsiasi modo. Lo faremmo anche noi, nello stesso identico modo, se fossimo nelle stesse condizioni. Ma di tutto questo, forse, a via Solferino nulla sanno.



Indiani sikh nell'agro pontino costretti a drogarsi per lavorare 15 ore al giorno nei campi
La nuova frontiera della schiavitù invisibile, a due passi da Roma. A denunciare lo sfruttamento è un dossier della onlus In Migrazione, che ha intervistato i braccianti indiani della zona agricola in provincia di Latina
la Repubblica.it, 16-05-14
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Un esercito di braccianti costretto a doparsi per lavorare. Centinaia di indiani sikh che ingoiano capsule d'oppio, per poter resistere 12 ore sui campi. "Per la raccolta delle zucchine stiamo piegati tutto il giorno in ginocchio - racconta K. Singh - troppo lavoro, troppo dolore alle mani. Prendiamo una piccola sostanza per non sentire dolore". È la nuova frontiera della schiavitù invisibile, a due passi da Roma, nell'Agro pontino.
Gli indiani di Latina. A denunciare lo sfruttamento è un dossier della onlus InMigrazione, che ha intervistato i braccianti indiani della zona agricola in provincia di Latina. Quella dell'Agro pontino è infatti la seconda comunità sikh d'Italia. La richiesta di forza-lavoro non qualificata da impiegare come braccianti nella coltivazione delle campagne ha incentivato la migrazione e convinto molti sikh a stabilizzarsi nelle provincia di Latina. Secondo le stime della Cgil, la comunità arriva a contare ufficialmente circa 12mila persone, anche se è immaginabile un numero complessivo di 30mila presenze.
Schiavi e padroni. "Un esercito silenzioso di uomini piegati nei campi a lavorare a volte tutti i giorni senza pause. Raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole, chiamano "padrone" il datore di lavoro, subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo. Quattro euro l'ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, e a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati e "allontanamenti" facili per chi tenta di reagire", denuncia il dossier In Migrazione.
Droghe e antidolorifici. "Queste persone, per sopravvivere ai ritmi massacranti e aumentare la produzione dei "padroni" italiani, sono costrette a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica e stanchezza. Una forma di doping vissuto con vergogna e praticato di nascosto perché contrario alla loro religione e cultura, oltre a essere severamente contrastato dalla propria comunità. Eppure per alcuni lavoratori sikh si tratta dell'unico modo per sopravvivere ai ritmi di lavoro imposti, insostenibili senza quelle sostanze".
La vergogna di Singh. "Io mi vergogno troppo perché la mia religione dice di no a questo  -  racconta L. Singh  -  No buono per sikh. È vietato da nostra bibbia. Ma padrone dice sempre lavora e io senza sostanze non posso lavorare da 6 di mattino alle 18 con una pausa sola. Io so che no giusto ma io ho bisogno di soldi. Senza soldi io no vivo in Italia. Tu riusciresti? Padrone dice lavora e io prendo poco per lavorare, meglio non sentire dolore e fatica perché io devo lavorare. Tu mai lavorato in campagna per 15 ore al giorno?".  
Lo spaccio parla italiano. Le sostanze dopanti sono vendute al dettaglio anche dagli indiani e alcuni di loro sono stati recentemente arrestati dalle forze dell'ordine. Dalle storie che In Migrazione ha raccolto emerge, però, come il traffico sia saldamente in mano a italiani variamente organizzati con collegamenti anche con l'estero. "Viene un italiano che porta tanta droga a gruppo di indiani che prendono per lavoro  -  conferma Singh  -  No buono così. Italiano prende soldi e indiano sta male. Già indiano non viene pagato dal padrone, poi dà anche soldi a italiano per droga".



Rivolta al Cara di Castelnuovo, migranti barricati nel centro: 8 fermati e 2 feriti. E al Cie è di nuovo protesta delle "bocche cucite"
Più di duecento persone hanno bloccato i cancelli di ingresso nel centro di accoglienza. A Ponte Galeria un tunisino si è cucito le labbra per alcune ore
la Repubblica.it, 15-05-14
E' rivolta al Cara di Castelnuovo di Porto. Più di duecento immigrati reclusi nel centro si sono barricati all'interno: questa mattina hanno chiuso con le catene il cancello di ingresso non permettendo ai militari di vigilanza di uscire a agli addetti ai lavori di entrare. La dura protesta sarebbe nata per il mancato pagamento mensile che spetta a ciascun ospite del centro per le spese minime.
Tensione con le forze dell'ordine giunte sul posto. La polizia in mattinata avrebbe fatto irruzione nel Cara per sedare la protesta "caricando gli immigrati" racconta il direttore del centro Vincenzo Lutrelli. Secondo alcune testimonianze sarebbero stati usati anche idranti per contenere la rivolta. Alcuni migranti avrebbero lanciato sassi e altri oggetti contro le forze del'ordine. Una vettura dei carabinieri della compagnia di Bracciano sarebbe stata danneggiata.
Alla protesta, secondo Lutrelli, partecipano circa 250 immigrati dei 780 ospitati nel centro. "Non so se ci sono stati feriti, so di qualche poliziotto finito in ospedale - ha detto Lutrelli - e di un egiziano che si è sentito male".
"Quando siamo arrivati ad aprile abbiamo trovato molti ospiti abusivi e illegali, che non dovevano stare nel Cara, e abbiamo iniziato a fare ordine - ha detto Lutrelli -. Il contributo di 2,50 euro al giorno da spendere all'interno del centro prima veniva corrisposto in contanti e noi abbiamo pensato di introdurre una card. Si stava per risolvere tutto, avevamo detto agli ospiti di aspettare, invece oggi è scoppiata la protesta".
Per Marta Bonafoni, consigliere regionale del Lazio, "non è soltanto il ritardo nell'erogazione del 'Pocket money' ad aver alzato la tensione, come peraltro confermato dallo stesso direttore del nuovo gestore Auxilium. Da quello che ci hanno riferito, dall'interno del Cara gli ospiti si sarebbero anche visti eliminare l'autobus in grado di farli spostare dalla struttura, non ci sarebbe più un'ambulanza a loro disposizione, la stessa qualità dei pasti sarebbe molto peggiorata. Diritti umani negati, insomma.
La struttura è gestita dal 7 aprile scorso dalla Cooperativa Auxilium, che ha in carico anche i servizi all'interno del Cie di Ponte Galeria. dove intanto è di nuovo protesta choc. "Ieri - racconta il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni - un cittadino tunisino si è cucito la bocca con un ago improvvisato costruito con un filo di rame". "A quanto appreso dai collaboratori del Garante - prosegue la nota - l'uomo, un 35enne, è trattenuto nella struttura da oltre un mese e riferisce di essere affetto da un disagio psichico. Nel Cie è finito perché fermato in Lussemburgo era stato rimandato, in base al regolamento di Dublino, in Italia". "Un episodio che dimostra le ragioni che hanno portato lo stesso Ministro Alfano a dichiarare come il problema dell'immigrazione e dell'asilo politico debba essere affrontato da tutta l'Europa" - ha dichiarato Marroni.
"La protesta autolesionista, fortunatamente, è durata una sola ora - prosegue Marroni - Grazie all'intervento degli operatori della Cooperativa e alla disponibilità mostrata dai funzionari dell'Ufficio Immigrazione l'uomo ha deciso di farsi rimuovere il filo dagli infermieri del Centro. La vita nel Cie, tuttavia, è sempre attraversata da tristi sorprese: oggi, infatti, è stato prorogato il trattenimento di una cittadina di origine bosniaca, nata in Italia, e madre di due figli minori. L'esito dell'udienza, che peraltro si è svolta in assenza dell'avvocato difensore di fiducia, ha comportato il prolungamento della permanenza nella struttura della donna, lontana dai suoi figli, per altri due mesi".
"Il gesto di quest'uomo - continua Marroni - e la storia di questa donna provano che i
Cie continuano ad essere veri e propri luoghi di disperata detenzione dove il riconoscimento dei diritti fondamentali è labile e lasciato nelle mani della discrezionalità e dove, quindi, è fatale che si verifichino episodi di questo genere".



Immigrati, tensioni e feriti al centro rifugiati di Roma
Il Messaggero, 16-05-14
M. Gi.
IL CASO
CASTELNUOVO DI PORTO Protesta degli immigrati ospitati nel Cara (Centro per rifugiati e richiedenti asilo) di Castelnuovo di Porto: circa 150-200 persone hanno dato vita da ieri mattina alla manifestazione continuata in serata con il rifiuto del cibo. In mattinata era stata chiusa dall`interno l`entrata per impedire il cambio del turno e una trentina di militari di guardia che sono rimasti bloccati.
IL POCKET MONEY
Tra le ragioni della protesta c`è il mancato pagamento del pocket money, il "salario" di 2,5 euro al giorno per le piccole spese di sopravvivenza.
La protesta è iniziata nella mattinata e la polizia `è intervenuta nel pomeriggio, secondo alcune testimonianze, usando
anche gli idranti. Alcuni migranti hanno invece lanciato sassi e altri oggetti contro le forze dell`ordine.
La situazione è tornata alla normalità dopo diverse ore. Due i migranti rimasti feriti durante la protesta. Uno è stato medicato sul posto. L`altro, un 2lenne, è stato trasportato in codice giallo all`ospedale Sant`Andrea. Ci sono anche alcuni feriti tra le forze dell`ordine.
Nel corso della protesta è stata danneggiata una vettura dei carabinieri della compagnia di Bracciano che insieme ai colleghi di Monterotondo presidiavano il centro. Alla fine della protesta sono stati fermati per l`identificazione otto migranti. Nel Cara sono ospitate circa 800 persone. «Non abbiamo soldi né cibo sufficienti. Eravamo seduti davanti all`ingresso chiuso dall`interno, quando le forze dell`ordine ci hanno caricato. Domani mattina (oggi per chi legge, ndr) bloccheremo di nuovo l`accesso». È il racconto in inglese di Minaa, egiziano. «Voglio soldi per bambino! Guarda Papa Francesco cosa ha fatto la Polizia!», ha invece urlato Youssef, uno dei due feriti tra gli ospiti del Cara. I migranti hanno protestato anche perché sono peggiorate, secondo loro, le condizioni nel Centro da quando c`è stato un cambio di gestione. «Dal 7 aprile, quando è arrivata l`Auxilium al posto della Gepsa - sostiene un altro ospite -, non abbiamo visto più nulla. E io ho tre bambini, di 11,10, e un anno e mezzo: viviamo in 5 in una stanza con topi e formiche».
CARTE PREPAGATE
«Quello che è successo nasce da una situazione ben al di sopra delle mie responsabilità. Ho pagato per le pratiche illegittime della precedente gestione che distribuiva i soldi agli ospiti sotto forma di contanti, una cosa inaudita - ha risposto il direttore del Cara Vincenzo Lutrelli -. Il mancato pagamento dei buoni economici? Bastava solo aspettare per completare le pratiche e fare 800 carte prepagate».



"Liberiamo l'Europa dal razzismo": le richieste ai candidati da "L'Italia sono anch'io"
Arci, Cgil e Libera hanno presentato il manifesto in 10 punti che la campagna L'Italia sono anch'io ha sottoposto alle forze politiche, ai rappresentanti delle istituzioni, ai candidati al Parlamento europeo, esortandoli "a non usare il corpo dei migranti per meschini fini elettorali
la REpubblica.it, 15-05-14
EMANUELA STELLA
ROMA - Le forze di destra che in Italia e in Europa stanno conducendo una campagna elettorale spregiudicata, agitando in modo malevolo e strumentale lo spettro dell'immigrazione e sferrano un attacco mortale alla stessa identità del nostro continente. Lo ha detto Piero Soldini, responsabile immigrazione della CGIL, presentando il manifesto in 10 punti che la campagna L'Italia sono anch'io ha sottoposto alle forze politiche, ai rappresentanti delle istituzioni, ai candidati al Parlamento europeo, esortandoli "a non usare il corpo dei migranti per meschini fini elettorali, a non giocare con la vita di migliaia di donne, uomini e bambini per ottenere qualche voto in più, e a condannare in tutte le sue forme la propaganda elettorale che cavalca la xenofobia e il razzismo". Senza una presa di posizione delle forze antirazziste, le elezioni europee rischiano di produrre uno scenario intollerabile; eppure in questa campagna elettorale il tema dei diritti umani spicca per la sua assenza.
Non comunitari il 4% di chi vive in Europa. Sono 32 milioni 900mila gli stranieri residenti in Europa; i non comunitari sono 20 milioni 700mila, il 4 per cento della popolazione complessiva (dati Eurostat). Si tratta di persone che lavorano e contribuiscono in modo sostanziale al pil dei paesi che li ospitano, ma sono in gran parte prive del diritto di voto; per loro l'acquisizione della cittadinanza è un processo difficoltoso e persino punitivo, mentre i loro figli (come accade in Italia dove vige lo ius sanguinis, in base al quale chi è figlio di stranieri "eredita" la cittadinanza dei genitori) sono stranieri pur essendo nati qui. Proprio oggi in commissione affari costituzionali è ripresa (dopo 10 mesi di stop) la discussione sulla riforma della cittadinanza per le seconde generazioni: in ballo venti proposte di legge, compresa quella di L'Italia sono anch'io.
Mare Nostrum, una operazione di civiltà. Dall'autunno del  2013, dopo la strage di Lampedusa, è attiva la missione Mare Nostrum, che ha contribuito ad innalzare ulteriormente i controlli, oltre alle operazioni di salvataggio e assistenza in mare dei migranti: una decisa inversione di rotta, rispetto a quando si preferiva pagare regimi africani dittatoriali perché gestissero loro la sanguinosa repressione dei migranti, una scelta che  Matteo Renzi ha definito "un'operazione di dignità e civiltà". Una operazione che secondo qualcuno costa troppo (dai 6 ai 9 milioni di euro al mese) ma che ha permesso da ottobre a oggi di salvare 20mila migranti, disperati che avevano pagato migliaia di dollari il passaggio sulle carrette della morte. Il 6 maggio più di 30 persone sono morte 50 km a est di Tripoli nel naufragio di una imbarcazione diretta in Europa; sei giorni dopo, un'altra imbarcazione si è rovesciata 100 miglia a sud di Lampedusa. Finora sono stati recuperati 17 corpi senza vita, ma più di 200 migranti sono dispersi.
 "Un rigurgito di razzismo attraversa l'Europa". L'obiettivo della campagna L'Italia sono anch'io è di promuovere il diritto di voto amministrativo e di cittadinanza, facilitare la procedura per la protezione internazionale, favorire l'inserimento lavorativo e sociale. "Siamo molto preoccupati dal rigurgito di razzismo che sta attraversando l'Europa, grazie all'utilizzo strumentale delle migrazioni, degli effetti economici e sociali della crisi e del diffuso sentimento anti-europeo dei movimenti e delle forze politiche nazionalisti, populisti e xenofobi", si legge nel manifesto di organizzazioni e associazioni, tra cui Arci, Cgil e Libera. Il successo dei partiti xenofobi - dal Front National di Marine Le Pen all'Fpö austriaco, dal Partito per la libertà in Olanda alla Nuova alleanza fiamminga o al Movimento dei Veri finlandesi, dall'UKIP britannico fino alla Lega Nord -  scrivono i promotori, "comprometterebbe la possibilità di costruire un'Europa dei diritti, democratica, solidale, coesa, di pace, libera dal razzismo: l'Europa che noi desideriamo e per la quale ci battiamo".  
Le dieci richieste formulate. La campagna L'Italia sono anch'io chiede ai candidati al Parlamento europeo di prevedere la ratifica della convenzione Onu del 1990 sui diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, la garanzia del diritto di voto amministrativo ed europeo, il riconoscimento della cittadinanza europea, la garanzia del diritto di arrivare legalmente in Europa, politiche migratorie aperte all'inserimento degli stranieri nel mercato de lavoro, garanzia della libertà personale e chiusura dei centri di detenzione, diritto a un'accoglienza dignitosa, garanzia della parità di accesso a sistemi di welfare, eliminazione dal dibattito pubblico della xenofobia e del razzismo, tutela dei diritti dei minori.
 

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