Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

05 maggio 2015

Il Viminale chiede ai prefetti 9mila posti
il sole 24 ore. 05-05-2015
Marco Ludovico
ROMA
I migranti sbarcati nel 2015 fino a ieri sono stati 32.200; l`anno scorso - ha visto in totale oltre 17omila arrivi - nello stesso periodo erano stati 29.5o0. L`incremento attuale è del 10% ma potrebbe crescere ancora. Lo scenario per l`accoglienza si fa dunque cupo: il flusso dei migranti è continuo ma i centri sono al completo. Oltre 42mila stranieri alloggiano nelle strutture temporanee, umila in quelle del Viminale, 19.80o in quelle dei Comuni con lo Sprar, destinato a rifugiati e richiedenti asilo. La circolare inviata ieri ai prefetti dall`Interno chiede di impegnarsi al più presto per una soluzione, in realtà, a basso impatto sociale: 80 posti in ogni provincia, chiede il ministero, più o meno 9mila in tutto, il che significa polverizzare un impatto diversamente pesante da gestire. Come quello finora sostenuto dalla Sicilia, che accoglie il 23% di tutte le presenze di immigrati in Italia, tanto che la regione è esclusa dalla richiesta sui posti della circolare.
Il ministro Angelino Alfano, giovedì prossimo, incontrerà il presidente dell`Anci, Piero Fascino, e il numero uno della conferenza delle regioni, Sergio Chiamparino.Fassino vuole alzare il livello politico del problema immigrazione e chiede una task force apalazzo Chigi. Finora al Viminale il lavoro del tavolo di coordinamento presieduto dal sottosegretario Domenico Manzione (Pd) ha cercato di verificare ogni soluzione per migliorare la distribuzione sul territorio dei profu- ghi in arrivo, stante la resistenza di Veneto e Lombardia. La scadenza elettorale delle regionali il 31 maggio rende però la questione immigratoria ostica a ogni decisione politica. Maintanto occorre fare i conti con gli sbarchi inarrestabili. Per complicare lo scenario, va detto che ci sono numerose sedi senza prefetto: Bari, Salerno, Verona, Brescia, Rieti, Belluno, Cuneo e Pordenone, tra le altre. La speranza è che alla riunione del 7 maggio si possa sancire l`ok per il raddoppio dei posti nello Sprar, aggiungendone altri 20mila: sarebbe una boccata d`ossigeno per l`accoglienza. Ma per il varo definitivo ci vorrà anche il parere favorevole del ministero dell`Economia. E non sarà, come al solito, facile ottenerlo.



Il Viminale: 100 migranti in ogni provincia
Il Messaggero, 05-05-2015
Valentina Errante
L`EMERGENZA
ROMA La circolare del Dipartimento per l`immigrazione e i diritti civili è partita. La ricerca di posti per i rischiedenti asilo sbarcati sulle nostre coste è diventata necessaria e la linea attendista del Viminale, che ha cercato di evitare lo scontro con Comuni e Regioni sul tema più "caldo" in vista delle elezioni, non è più praticabile. Ma il ministero sceglie ancora la via diplomatica e non indica una distribuzione dei migranti nelle province in proporzione al territorio e alla densità, così come prevederebbe la legge. Si cercano oltre 8.500 posti, da distribuire in 93 province, è solo una richiesta. La circolare, inviata a tutti i prefetti, tranne ai nove siciliani, per riequilibrare la distribuzione resta in attesa di risposte: la mediazione spetterà all`Anci e alla conferenza delle Regioni, che giovedì incontreranno il ministro Angelino Alfano e dovranno dare un segnale concreto della disponibilità annunciata negli appuntamenti passati.
LA TENSIONE
La requisizione sarà impraticabile fino al 31 maggio.
L`ondata degli oltre 7.000 arrivi negli ultimi quattro giorni non lascia margini. Ma la circolare con la quale Mario Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l`immigrazione, sollecita i prefetti è significativa. In media si tratta di meno di un centinaio di richiedenti asilo per ogni provincia. Ma la tensione dell`ultimo mese, dopo la circolare del 13 aprile rimasta disattesa, potrebbe determinare un pesante scontro prima delle elezioni del prossimo 31 maggio. Il governatore della Lombardia Roberto Maroni ha ribadito il suo no e il ministero dell`Interno ha scelto di attendere giovedì prossimo. L`incontro tra Angelino Alfano, il presidente dell`Anci Piero Fassino e di Sergio Chiamparino, presidente della conferenza delle regioni, sarà decisiva. Saranno gli stessi amministratori locali a offrire una concreta disponibilità. «Abbiamo fatto una battaglia sull`equa distribuzione in Europa tra i 28 Paesi dell`Ue - ha spiegato Alfano - se deve esserci in Europa, è chiaro che deve esserci prima tra le 20 Regioni italiane». Il ministero vorrebbe evitare imposizioni di quote. L`idea è quella di creare una serie di hub di prima accoglienza, a grande capienza, dove fare un primo screening, per poi smistare i migranti in strutture più piccole. E resta ancora aperta l`ipotesi delle caserme.
L`EUROPA
Le previsioni di 200mila sbarchi nel 2015 rischiano di dover esser riviste al rialzo. Finora si contano oltre 32mila arrivi quest`anno. È stata rafforzata la missione Triton di Frontex ma, passata l`indignazione per gli 800 morti del naufragio del 19 aprile, l`Italia è tornata sola a fronteggiare l`emergenza. Ieri il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha telefonato al commissario europeo all` Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, per chiedere un impegno economico straordinario: «Un` emergenza europea - ha sottolineato - non può continuare ad avere risposte solo italiane». Avramopoulos ha condiviso le preoccupazioni italiane sull`intensificarsi di flussi, assicurando che saranno elemento fondamentale dell` Agenda europea per l`immigrazione che presenterà la prossima settimana.



Le giuste domande sull`immigrazione
L'Ue s'affretta a smentire l`interesse per il modello australiano. Peccato
Tony Abbott, primo ministro australiano del Partito liberale, ha fatto sapere ieri che "ci sono stati alcuni contatti, su un piano ufficiale, tra australiani e funzionari europei" a proposito delle scelte di Canberra sull`immigrazione. Se confermata, si tratterebbe di una piccola buona notizia. La settimana scorsa, intervistato dal Foglio, l`ex generale Jim Molan ha illustrato alcune delle politiche di Canberra. Ideatore dell`Operazione confini sovrani del governo conservatore che è in carica dal 2013, Molan ha sostenuto che respingere i barconi che tentano di arrivare illegalmente in Australia si è rivelato efficace e decisamente umanitario. Efficace perché l`Australia continua ad accogliere rifugiati che fuggono da guerre e regimi dispotici - pro capite ne ospita più dell`Italia e più della solita Germania - ma non accetta che ci sia qualcuno che "salta la fila". Come dice Molan, Canberra preferisce condurre la sua politica di accoglienza invece che farsela dettare dai trafficanti di uomini. Respingere i barconi ha funzionato, dicono i numeri; se nel 2013, con il governo laburista, gli arrivi illegali in Australia erano stati 23 mila (non pochi a fronte di una popolazione di 23 milioni di abitanti), nell`anno successivo gli sbarchi non hanno raggiunto i 200. Molan ha rivendicato anche il carattere umanitario di questa politica: da una parte perché, grazie a una serie di accordi con gli stati confinanti, l`Australia fa di tutto per rispettare la Convenzione di Ginevra sui rifugiati; dall`altra perché l`effetto-deterrente c`è, i viaggi della speranza sono diminuiti e i morti in mare censiti dalle autorità sono stati azzerati negli ultimi mesi. L`Australia è un paese d`immigrazione per eccellenza; il 26 gennaio di ogni anno, per dire, celebra l`Australia Day ricordando l`arrivo dei coloni britannici a bordo della "First Fleet" nella Baia di Sydney nel 1788. Le scelte del governo conservatore di Canberra saranno pure opinabili, ma un dibattito sull`immigrazione fondato su numeri e pragmatismo è quello che servirebbe all`Italia (ieri la Marina militare ha fatto sapere di aver soccorso 2.000 immigrati solo dal 1° al 3 maggio) e all`Europa. Purtroppo ieri pomeriggio Bruxelles, forse per non scontentare la lobby (retoricamente) umanitaria, ha fatto sapere che la Commissione Ue "è fortemente contraria ai respingimenti e perciò il modello australiano non sarà mai il nostro". Peccato.



Due neonate, qual è la vostra principessa?
il Mattino, 05-05-2015
Maria Latella
A parte il giorno del «battesimo», Charlotte Elizabeth Diana e Francesca Marina non hanno niente in comune. Salvo l`essere nate nel secolo delle icone. Il loro visetto vi è più familiare di quello della figlia di vostra cugina che aspetta una vostra visita. > Segue a pag. 43
Venute al mondo a poche ore di distanza e così sideralmente distanti che perfino ilricorso alsolito gioco delle vite parallele qui sembra davvero forzato, le due bambine verranno raccontate nella solita chiave de «Il principe e Il povero», qui in versione «La principessa e l`immigrata», plot già tante volte esplorato, da Le mille e una notte ai film favola di Hollywood. C`è subito arrivata infatti la pubblicità, con uno spot di pannolini. Ma dietro l`ovvio, c`è qualcosa di più. Gravata dal peso dei suoi tre nomi, Charlotte Elizabeth Diana, la secondogenita del principe William e di Kate dovrà vedersela con un bel po` di antenati. Charlotte come il nonno paterno Charles, dunque, ma anche come la zia Pippa Middleton che per l`appunto all`anagrafe è Philippa Charlotte. Se poi si va a guardare l`albero genealogico dei `Wmdsor o Hannover, la principessa si chiama anche come un`antenata, la duchessa di Mecklenburg-Strelitz, moglie di re Giorgio III detto Mad ldng George. Benché piazzati in seconda e terza posizione, comunque, sono i due nomi successivi che contano. Charlotte dovrà soprattutto darsi da fare per non deludere in quanto bisnipote di Elisabetta II, regina amatissima, e in quanto prima nipote femmina di una leggenda come Diana. Confronti, diciamo, impegnativi. Già nel nome - oltre che ovviamente nelle circostanze della sua nascita - Francesca Marina è tutta un`altra storia. Francesca (come il Papa?) e Marina come il corpo militare che, di fatto, è stata la sua ostetrica visto che Francesca Marina è nata a bordo della nave della Marina Militare «Bettica» che stava pattugliando il canale di Sicilia. Figlia di una donna nigeriana che con altri migranti è stata soccorsa in mare, la bambina pesa sette etti in meno della coetanea Charlotte Elizabeth Diana e già essere nata ed essere viva, con quel che capita ai migranti di questi tempi, può considerarsi per lei segno benevolo del destino il secondo nome, Marina, oltre a evocare i militari, richiama un`idea di libertà, quel mare che tanti africani come sua madre non considerano minaccia di perdere la vita ma unica via di fuga da una vita che si vuole cambiare. Mentre dunque Charlotte Elizabeth Diana passerà i prossimi vent`anni a costruirsi come la degna nipote e bisnipote di due icone, svolazzando più o meno liberan ella sua gabbia, (doratissima e amplissima ma sempre gabbia), Francesca Marina, che comincerà la sua esistenza in un centro di accoglienza, non proprio libera insomma, ha di fronte a sé l`imprevedibile. Privilegio contro povertà, vita programmata contro futuro del tutto incerto (ma anche aperto). Se fosse nata neg,li anni `60 o `settanta, quando ancora funzionava l`ascensore sociale, Francesca Marina potrebbe, chissà, diventare presidente di una Repubblica come Barack Obama, figlio di un`americana e di un immigrato africano, lo è diventato degli Stati Uniti. Ma l`ascensore sociale si è fermato un po` ovunque e dunque l`unica chance per lei sarà continuare ad essere simbolo. La bambina nata lo stesso giorno di princess Charlotte. Giacché, sopra e sotto tutto, questo sono oggi le due bambine: figlie degli anni dei social network. Figlie di un tempo in cui mentre Charlotte andava a casa con mamma Kate, una nota multinazionale di pannolini prontamente diffondeva nel mondo un web film con tanti pancioni, mamme in sala parto e padri in ansiosa attesa, tante faccine e tanti nomi di neonati e alla fine claim astuto e struggente: «Perché per noi siete tutte principesse». Non hanno fatto in tempo a inserire Francesca Marina, non lo sapevano ancora che era nata. Ma essendo già loro due, le royal babies, due piccole simbolo, l`augurio è che entrambe sappiano usare, crescendo, quest`arma e questo punto di forza. Mamma Kate, simbolo anche lei, saprà senz`altro aiutare Charlotte. Alla mamma nigeriana, così coraggiosa da mettersi in viaggio alla vigilia di un parto, l`augurio di avere ancora tanto coraggio.



Marina e Charlotte, cittadine della stessa Terra
Avvenire, 05-05-2015
Marina Corradi
Le due fotografie sono arrivate nelle stesse ore sul web. Charlotte Diana Elizabeth è nata nella fmaiglia reale d'Inghilterra, figlia del principe William, erede al trono. Francesca Marina è nata su una nave della Marina Militare italiana, da una madre nigeriana raccolta insieme ad altre centinaia di migranti nel Canale di Sicilia, da un barcone alla deriva. Venute al mondo nelle stesse ore, passate per porte opposte: per una un messo reale ha gridato 'Lunga vita alla Principessa! Dio salvi la Regina!', per l’altra nessun corredo di pizzi, ma le mani gentili di qualcuno dell’equipaggio della nave 'Bettica', che ha acconciato attorno alla neonata un lenzuolo nella foggia di un grande fiocco.
Quelle due bambine ci passano davanti agli occhi sullo schermo, come suggerendo qualcosa. Nate contemporaneamente, e simili come lo sono fra loro i neonati, ma poste dentro a così diversi destini. Una crescerà fra referenziatissime tate, giocherà in giardini regali, frequenterà le scuole più esclusive. L’altra, chissà: così precario sembra il futuro di una bambina venuta al mondo su una nave andata in soccorso a dei naufraghi. E figlia, poi, di un padre o di una sopraffazione, come accade a molte donne, nel tremendo esodo verso la Libia e il Mediterraneo?
Il destino della principessa e della migrante paiono così radicalmente diversi fra loro. Una è passata per un maestoso portone, l’altra è già una superstite: al deserto, ai ghetti libici, ai trafficanti, al mare che l’ha lasciata passare, nel ventre di sua madre, senza farle del male. Quasi inchinandosi di fronte alla voglia di vivere di una bambina africana.
Charlotte di Windsor e Francesca Marina sui siti web sono così vicine che non puoi non riconoscere come si somigliano: nel viso paffuto addormentato, nel sonno profondo, come entrambe stanche da un lunghissimo viaggio.
Ma certo, una è una principessa e l’altra una migrante, di quelli che molti vorrebbero rimandare al di là del mare - qualunque guerra o persecuzione o miseria ci siano, dall’altra parte. Eppure, come paiono, nelle loro prime ore, sorelle. Quasi che, una accanto all’altra, queste due volessero suggerire qualcosa a un’Europa chiusa nella sua impossibile 'fortezza'. Quasi che due bambine volessero ricordarci che veniamo al mondo figli dello stesso Dio, e con la stessa domanda. Figli di principi o di poveri cristi, come nasciamo uguali: nudi, affamati, bisognosi di tutto. Veniamo al mondo fratelli e sorelle, cittadini e cittadine della stessa Terra, sembrano dirci due bimbe venute al mondo per porte diametralmente opposte.
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Migranti, la proposta: «Minori in famiglia»
Avvenire, 05-05-2015
Vito Salinaro
Le famiglie italiane possono diventare «risorsa e speranza » per tanti piccoli minori non accompagnati sbarcati sulle nostre spiagge. La proposta di cui parla con convinzione il direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Gian Carlo Perego, è «fattibile, sperimentata » e potrebbe regalare un futuro a molti dei circa 10.000 migranti under 18 del Belpaese.
«Uno degli aspetti sul quale si sta riflettendo anche nel mondo ecclesiale – spiega Perego – è una forma di affido che chiama in causa i nostri nuclei familiari. La legge italiana prevede questa possibilità soprattutto per i minori non accompagnati e richiedenti asilo ma attualmente questa strada è sottovalutata e quindi sottoutilizzata». Eppure, le famiglie pronte a intraprendere un simile percorso, evidenzia il direttore di Migrantes, potrebbero anche essere sostenute «con una parte del contributo attualmente elargito ai centri di accoglienza».
E poi c’è quella sorta di 'valore aggiunto' fondamentale per bambini e adolescenti: «Gli ospiti troverebbero un ambiente, è il caso di dirlo, familiare, quindi più disponibile, adatto a tutelarli».
Di esempi ce ne sono. L’associazione AccoglieRete di Siracusa, per esempio, è nata per promuove il ruolo di tutore legale per i minori stranieri non accompagnati. «Ne ospita 60, senza ricevere nulla da nessuno – rileva monsignor Perego –. E non è l’unica, visto che Servizi sociali e tribunali per i minori si rivolgono già a soggetti di provata affidabilità».
Più in generale, includendo cioè tutti i migranti, la sola rete ecclesiale – Caritas, Migrantes, istituti religiosi (maschili e femminili), associazioni di ispirazione cristiana – ha aperto le porte a 10.000 persone. In più, aggiunge Perego, ci sono altre realtà che hanno messo a disposizione luoghi e strutture. «Come i seminari: un esempio è quello di Fermo».
O le singole parrocchie, su tutto il territorio nazionale. «È così che facciamo nostro l’invito all’ospitalità che il Papa ha rivolto a tutta la Chiesa», proprio come accaduto in altre emergenze di rifugiati e richiedenti asilo. «Successe per i kosovari e per gli albanesi». Oppure «nel dopoguerra, quando alcune piccole e grandi città accolsero migliaia di ebrei per oltre un anno». Oggi come allora anche i religiosi restano in prima linea. «Non siamo stati a guardare, né abbiamo fatto orecchie da mercante all’invito paterno e pressante di Papa Francesco ad aprire le nostre case, i nostri conventi – dichiara padre Luigi Gaetani, presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori –. Quando, come presidente della Cism, ho rivolto l’appello ai provinciali d’Italia, sapevo che ognuno si sarebbe prodigato per rendere fattivo quell’invito, non solo per il bene e l’obbedienza ecclesiale, ma anche perché da sempre facciamo delle nostre case dei luoghi di umanità accogliente e fraterna».
Del resto, «i conventi da sempre sono un approdo per l’umanità, sia per i frati che li abitano, come per tutti quelli che vi arrivano e chiedono una parola, un panino, una coperta, un sorriso, un po’ di luce e di pace». La vocazione dei religiosi è dunque «come quella degli emigranti. Anche noi – riflette padre Gaetani – siamo gente che ha lasciato e continua a lasciare casa fratelli, amici, gli stessi luoghi dell’infanzia e della giovinezza». Un aspetto che ha un duplice significato: «Rivela che la nostra casa è altrove e che quella che viviamo, qualunque essa sia e in qualunque luogo si trovi, è sempre penultima. Questa itineranza da emigranti ci fa sentire solidali con tutti coloro che cercano una casa, una terra migliore, un pezzo di vita possibile».
In conclusione, commenta il presidente della Cism, «non si può fare nulla se manca questa capacità di discernere» e «se non si è in grado di capire la condizione esistenziale di un 'emigrante', di scrutare, vedere oltre, dentro la storia di ogni uomo, di ogni popolo, se non si arriva a stare dentro i solchi della sua storia, imparando a vivere la prossimità con la carne, con quella sofferente, degli ultimi, con la carne delle periferie esistenziali e geografiche che, così spesso, è bruciata dalla indifferenza più che dal sole cocente del Sud del mondo».



Sei domande e risposte sull’immigrazione
Internazionale, 05-05-2015
Secondo la marina militare italiana e la guardia costiera, sono stati soccorsi 6.771 migranti negli ultimi tre giorni a nord delle coste libiche. I trafficanti stanno approfittando delle condizioni del mare e dei venti che sono calmi per far partire dalla Libia decine d’imbarcazioni, nella maggior parte dei casi si tratta di gommoni o vecchi pescherecci. Ecco sei domande frequenti sull’immigrazione dal Nordafrica all’Italia.
   1 Quanto dista l’Italia dalla Libia? La Libia dista dall’Italia circa duecento chilometri, meno di un giorno di navigazione.
   2 Quanto costa arrivare in Italia dalla Libia? Un rapporto del 2013 dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha stimato che arrivare in Libia dall’Africa occidentale può costare da duecento a mille dollari, mentre dai mille ai seimila dollari se si parte dal Corno d’Africa. Il transito dalla Libia all’Italia costa dai 200 ai duemila dollari. Il costo varia a seconda delle imbarcazioni. Il viaggio più economico è nella stiva di un peschereccio o su un gommone gonfiabile, mentre costa di più viaggiare sul ponte di un peschereccio.
   3 Come funziona il viaggio? I migranti vengono fatti salire a bordo di piccole imbarcazioni, poi una volta a largo vengono trasbordati in un’imbarcazione più grande. Quando sono arrivati nei pressi del confine delle acque libiche con quelle italiane o maltesi mandano un messaggio di sos attraverso un telefono satellitare, nella speranza di essere intercettati dalle guardie costiere, dai mezzi di Frontex o dai mercantili che navigano nella zona.
   4 Da dove vengono i migranti? La maggior parte dei migranti in questo momento viene dall’Africa occidentale, dal Corno d’Africa e dalla Siria (dal 2013). Nel 2014, secondo l’Unhcr, il 31 per cento dei migranti arrivati era siriano, il 18 per cento era eritreo. Quest’anno la maggior parte dei migranti arrivati in Italia proviene dal Gambia, dal Senegal e dalla Somalia.
   5 Dove vanno i migranti? La maggior parte dei migranti entra in Europa attraverso i confini italiani, greci, spagnoli o maltesi. Ma la destinazione finale sono spesso i paesi del Nordeuropa: nel 2014 la Germania è il paese che ha concesso più volte l’asilo con 41mila richieste approvate, seguita dalla Svezia con 31mila richieste approvate.
   6 Perché il viaggio attraverso il Mediterraneo è così pericoloso? Secondo l’Unhcr, nel 2015 sono arrivati in Italia 26.165 migranti, nel viaggio sono morte circa 1.700 persone. Lo scorso anno su un totale di 26.644 migranti arrivati nei primi quattro mesi qdell’anno, si stima che ne siano morti 96. Il viaggio è pericoloso perché le imbarcazioni che vengono usate sono vecchie e poco sicure, spesso vengono caricate oltre misura. Gli equipaggi abbandonano i migranti in mare e affidano il comando a uno dei passeggeri. Inoltre l’operazione Mare nostrum, decisa dal governo italiano nel 2013, aveva aiutato a soccorrere i migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Dall’ottobre del 2013 all’ottobre del 2014 i mezzi della marina militare italiana coinvolti nell’operazione hanno soccorso 140mila persone.



Al Parlamento europeo il tappeto della vergogna
Un tappeto di 100 metri costringe gli europarlamentari a camminare sui nomi di chi è morto emigrando. Una lunga lista completa dei 17.306 nomi delle persone che hanno perso la vita cercando di raggiungere l’Europa, per spingere gli europarlamentari a fare di più per fermare la tragedia del Mediterraneo
Vita, 05-05-2015
E’ il tappeto della vergogna quello che è stato steso sul pavimento del Parlamento Europeo a Strasburgo il 29 aprile scorso. Una lista impressionante, lunga 100 metri che include i nomi delle 17.306 persone morte dal 1990 al 2012 mentre cercavano di raggiungere l’Europa. Alla lista lunghissima, sono state aggiunte anche delle impronte di mani, dipinte, per simboleggiare le oltre 6 mila persone che sono morte dal 2013 e, in particolare, le 1.700 persone che hanno perso la vita dall’inizio del 2015. A riportarlo il blog tedesco, Nerdcore.de, secondo cui, il tappeto è stato steso proprio per mettere gli Europarlamentari davanti alla tragedia delle migliaia di vittime nel Mediterraneo, costringendoli a camminare sui nomi di chi ha perso la vita.
Il 29 aprile a Strasburgo si è infatti riunita la commissione plenaria del Parlamento Europeo, con all’ordine del giorno la discussione degli esiti del consiglio straordinario del 23 aprile focalizzato sulle misure da adottare per far fronte all’emergenza immigrazione.
Durante la seduta, diversi parlamentari del gruppo dei Socialisti, Socialdemocratici e Progressisti, hanno esibito cartelli con la scritta Je suis un migrant (sono un migrante) e alcuni oggetti simbolici dell’emergenza, tra cui vecchie scarpe e giubbotti da salvataggio.
Il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione non vincolante che invita gli Stati Membri ad accogliere un certo numero di persone che fanno richiesta di asilo politico, richiedendo alla Commissione Europea di fissare una quota di richiedenti asilo per ogni Paese. Misure però che risultano ancora inefficaci, basti pensare che solo tra sabato e domenica, sono state salvate circa 6.800 persone dalla Marina militare italiana a largo delle coste della Libia.

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