In Italia sbarchi diminuiti del 90%, ma l’Ocse invita i governi a sostenere l’immigrazione

Veronica Ulivieri
Nel 2008, sono entrati in Italia per lavoro 135.000 stranieri (a fronte dei 220.000 dell’anno prima), e nel 2009 il numero è sceso ancora. Causa del calo è stata la diminuzione delle quote d’ingresso, stabilite ogni anno dal governo in base alla richiesta di lavoro.
A dirlo è l’International migration outlook, il rapporto annuale dell’Ocse sullo stato dell’immigrazione nei paesi membri. Il dato è in linea con quello degli altri stati, dove si è registrato un calo dei migranti del 6%. La causa? La diminuzione dell’offerta di impiego, soprattutto in edilizia e turismo. Secondo l’organizzazione, il numero dei migranti arrivati nel corso del 2008 nei 31 paesi membri è stato di 4,4 milioni. Un’inversione di tendenza rispetto all’ultimo quinquennio, in cui questo numero era cresciuto con una media dell’11%. I primi dati riguardanti il 2009 suggeriscono un decremento ancora più consistente.
Il rapporto, dopo una parte generale, analizza la situazione dei migranti nelle singole nazioni. Secondo l’Imo, nel 2009 gli stranieri residenti legalmente in Italia erano 4,28 milioni, il 10% in più rispetto al 2008. Crescita in buona parte dovuta all’aumento dai residenti di nazionalità romena (in seguito all’ingresso del paese nell’Unione europea, nel 2007): nel 2008 erano già 800.000 e l’anno successivo sono aumentati ancora del 39%. Le richieste di cittadinanza, che hanno iniziato a aumentare nel 2007, sono cresciute nel 2008 del 19%, toccando quota 57.000.
L’Ocse si sofferma anche sui cambiamenti introdotti nel nostro paese dal pacchetto sicurezza e sulla mutata politica dei respingimenti. «Nel 2008 - spiega il rapporto - l’immigrazione illegale dal mare è arrivata a circa 37.000 migranti non autorizzati intercettati lungo la costa meridionale. L’Italia ha cercato la stretta cooperazione della Libia, da cui partono molte imbarcazioni e ha cambiato la sua politica sulle intercettazioni in acque internazionali, arrivando a un riduzione del 90% degli sbarchi nel 2009». Nel 2008 in Italia il numero dei richiedenti asilo è più che raddoppiato, arrivando a 31.000, per poi calare bruscamente nel 2009, insieme al numero degli sbarchi. Le domande prese in considerazione sono state 22.000: nel 7,7% dei casi i migranti hanno ricevuto lo status di rifugiato e nel 41,8% un permesso di soggiorno per motivi umanitari o per protezione sussidiaria. E tra il 2007 e il 2008 sono aumentati del 39% anche i visti concessi per i ricongiungimenti familiari, passando da 89.000 a 123.000.
Il documento si sofferma anche sulla sanatoria per badanti e colf avviata a settembre 2009. Secondo l’Ocse, lo stato italiano ha ricevuto circa 295.000 domande, un numero inferiore rispetto alle aspettative. Di queste, 180.000 erano di lavoratrici domestiche e le altre di badanti. Alla metà di marzo 2010, erano stati concessi 85.000 permessi, mentre il tasso di rifiuto era intorno al 6,3%. Nelle scuole, il numero degli studenti stranieri è aumentato, nell’anno scolastico 2008/2009, del 10% e gli studenti stranieri rappresentano oggi il 7% della popolazione scolastica.
L’aspetto su cui si focalizza più il rapporto Ocse però è l’incidenza della crisi economica sul fenomeno dell’immigrazione. I migranti hanno subìto la crisi in modo drastico, in particolare i più giovani tra loro. Spesso infatti lavorano per lo più in settori duramente colpiti, come l'edilizia e il turismo, ma il loro tasso di disoccupazione è cresciuto maggiormente rispetto a quello dei loro omologhi autoctoni. Molti di loro poi stanno tornando nel loro paese d’origine in seguito alla perdita dell’impiego. In alcuni paesi si è registrato invece un aumento dei tassi di occupazione tra le donne immigrate, che compensano in questo modo la perdita di reddito derivante dalla disoccupazione del coniuge.
Secondo l’Ocse, le economie dei paesi membri continueranno ad avere bisogno del lavoro dei migranti per mantenere crescita e prosperità: per questa ragione l'organizzazione invita i governi dei paesi membri a compiere ogni sforzo possibile per assistere i migranti che hanno perso il lavoro, e per garantire loro gli stessi diritti a sostegno della disoccupazione dei lavoratori locali, fornendo al contempo supporto per la ricerca di un nuovo impiego e per ricevere una formazione che li aiuti nell’integrazione. E’ anche necessario, spiega l’Ocse nel rapporto, che i governi attuino politiche sull’immigrazione a lungo termine, perché senza l’apporto di forza lavoro straniera le economie dei paesi membri non avrebbero i mezzi per mantenersi sugli attuali livelli di produttività. Senza tassi di migrazione, l’Ocse prevede che la popolazione in età lavorativa nei paesi membri aumenterà solo del 1,9% nei prossimi 10 anni, un dato che contrasta con l’incremento dell’8,6% della popolazione in età lavorativa registrato tra 2000 e 2010. Le parole d’ordine dell’Ocse sono quindi investire sull’integrazione e incentivare la naturalizzazione dei migranti in diritto di chiedere la cittadinanza del paese ospitante, riducendo eventualmente ostacoli quali il divieto alla doppia nazionalità e criteri di ammissibilità eccessivamente restrittivi.



Link del rapporto:  http://www.oecd.org/document/26/0,3343,en_2649_37415_45623194_1_1_1_1,00.html
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