Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

02 dicembre 2011

 

Immigrazione: cinque persone sono sbarcate nel trapanese
Adesso si cerca un barcone con a bordo una ventina di migranti
(ANSA) - PALERMO, 2 DIC - Quattro uomini e una donna, probabilmente di origine tunisina, sono sbarcati la scorsa notte nei pressi di Marsala (Tp). I migranti sono stati individuati sulla terraferma, intorno alle 3,30, da una pattuglia di carabinieri che hanno avvisato la guardia costiera. I nordafricani hanno detto di essere stati lasciati a terra da un barcone che poi si e' allontanato con un'altra ventina di persone a bordo. Attualmente sono in corso le ricerche dei carabinieri e degli uomini delle capitanerie di porto. (ANSA).
 
 
 
I FIGLI  DI  IMMIGRATI SONO CONCITTADINI. E VERSO IL RAZZISMO TOLLERANZA ZERO
il Venerdi di Repubblica, 02-12-2011
PER POSTA di MICHELE SERRA 
Caro Serra, dopo le sagge parole del presidente della Repubblica forse si comincerà ad affrontare sul serio il tema dell'immigrazione e a confrontarsi finalmente sulla possibilità di allargare il diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, cioè a quel limbo giuridico fra due generazioni che conta quasi un milione di individui. Fermarsi ai figli di coloro che già sono a tutti gli effetti nostri concittadini non basterebbe.
Come non chiedersi, a questo punto, se quella del popolo verde sia cecità, ingenuità o doppiogiochismo ipocrita? I leghisti non hanno la necessaria coerenza per essere razzisti, o non possono permetterselo? Chi assumono in nero nelle loro piccole aziende sull'orlo del fallimento? Da chi acquistano frutta e verdura nei mercati delle centralissime piazze del loro profondo Veneto? Chi le ripulisce la notte? Chi cura le loro anziane madri? Chi taglia loro i capelli?
Recentemente si è appurato che al Nord i Sikh, grazie alla loro esperienza, hanno salvato l'allevamento, la produzione di molti formaggi e lo stesso Parmigiano reggiano. Le Crociate, i tradizionalismi vuoti e pacchiani, le corna, i cartelli stradali in dialetto, di certo non argineranno fenomeni antichi come il mondo, antichi come la fame, la disperazione, la morte.
Si avvicina il Natale. Per qualche leghista è l'occasione di scoprire che dietro la fuga disperata del piccolo Gesù, migrante in fasce, c'era un censimento. Danilo Chillemi 
Caro Chillemi, al netto delle necessarie e annose discussioni sulla questione settentrionale, considero la Lega un fenomeno classicamente reazionario, cioè di arroccamento impaurito, e aggressivo, di fronte a novità sociali che non si è in grado di capire. Ovvio che nessuno (tanto meno io e lei) ha tanto coraggio, tanta fantasia e tanta generosità quante ne servirebbero per essere davvero all'altezza dei tempi. Ma di fronte a uno sconquasso storico come quello prodotto dalle nuove migrazioni, la sola cosa che davvero pare illogica, patetica, antistorica e controproducente - oltre che ingiusta - è la grettezza localista, specie se attinge a un armamentario culturale pretestuoso e fasullo come quello che abbiamo dovuto sorbirci per vent'anni: dal Dio Eridanio alle radici gotiche alla Padania.
Il razzismo della Lega, quando non è esplicito, è implicito: evocare Sangue e Suolo come coordinate identitarie, specie in un Paese strutturalmente promiscuo e meticcio come è la nostra Penisola da migliaia di anni, è la maniera più diretta, e più classica,
per introdurre il razzismo nell'agenda politico-culturale di una comunità.
È quanto è accaduto, anche grazie alla scellerata e ferrea alleanza tra Berlusconi e Bossi, che alle tante anomalie italiane ha aggiunto quella decisamente più clamorosa: l'Italia è il solo Paese europeo di rilievo nel quale il partito xenofobo (ce ne sono in ogni
parte d'Europa) è stato lungamente al governo. Con l'aggravante di essere, per statuto, anche un partito secessionista, e il paradosso
di un manipolo di ministri che hanno prestato giuramento a una Repubblica che vogliono demolire dalle sue fondamenta, che sono unitarie, repubblicane, europee e tolleranti.
Anche per questo le parole »» di Napolitano sui figli di migranti nati e cresciuti in Italia hanno avuto grande eco: perché suonavano come un risarcimento, come un ritorno alla normalità dopo anni di xenofobia palese e strisciante. E perché restituivano alla realtà delle cose il loro peso, la loro ineludibile urgenza: come definire - se non italiani -ragazzi che sono nati qui, che sono cresciuti in mezzo a noi, che hanno studiato qui, che vogliono lavorare, pagare le tasse e votare qui? Figii di persone che, come giustamente lei sottolinea, hanno contribuito in modo determinante a mandare avanti la nostra baracca e anche a mantenere i nostri vizi, accollandosi fatiche manuali (e psicologiche) che noi non siamo più in grado di affrontare? Qualche giorno fa, quando l'ex ministro Calderoli (che bello poter scrivere: l'ex ministro Calderoli) dichiarò che la Lega «avrebbe fatto le barricate» contro l'eventuale riconoscimento di quel diritto, scrissi, di getto, un'Amaca forse emotiva, ma che - come dire - mi sgorgava direttamente dal cuore. Anzi, dallo stomaco.
Metafora per metafora, dissi che le barricate leghiste è ora di spianarle con le ruspe. Perché per vent'anni ogni genere di insolenza ant i-ita liana, ogni sbracatimi razzista, ogni insulto alla nostra comunità nazionale sono stati tollerati con debolezza, indulgenza, rassegnazione. Mi è arrivata una marea di lettere entusiaste, tutte di aspiranti «ruspisti», per dire che la misura è davvero colma, e che sentire parlare a nome «del Nord» una minoranza arrogante è qualcosa che, per milioni di italiani (soprattutto del Nord), oramai suona insopportabile. Una per tutte, pubblico di seguito la lettera di un giovanotto di 86 anni. Mi sono permesso di alleggerirla di alcune considerazioni, come dire, particolarmente vigorose. La differenza tra un giornale come questo e La Padania (o Libero) sta anche nella fatica di tenere sotto controllo il tono e il volume...
 
 
 
Lo sport negato alle seconde generazioni. Appello della Federazione badminton al Presidente della Repubblica ed al presidente del Coni.
I minori di origine straniera, anche se nati in Italia, possono partecipare allo sport scolastico ma hanno restrizioni nell’iscrizione alle federazioni. Miglietta (FiBa): “non equiparare le seconde generazioni, cresciute sportivamente da noi, agli atleti superpagati”.
Immigrazione Oggi, 02-12-2011
Nascono e crescono in Italia, partecipano ai campionati scolastici, ma non possono partecipare ai campionati federali del Coni. Questo è “lo sport negato” alle seconde generazioni secondo un appello che la Federazione italiana badminton ha rivolto al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e al presidente del Coni, Gianni Petrucci.
Alberto Miglietta, presidente della FiBa, ha indirizzato al Capo dello Stato una lettera aperta in cui – plaudendo il suo intervento circa il riconoscimento della cittadinanza ai ragazzi nati o culturalmente cresciuti in Italia – sottolinea che la legge italiana impedisce a tanti giovani di “giocare con pari diritti dei loro compagni o rappresentare l’Italia all’estero”.
In particolare, Miglietta rileva che tutti coloro che frequentano le scuole hanno diritto a partecipare ai campionati studenteschi di qualunque sport, mentre gli stessi ragazzi, se sono stranieri, “non possono prendere parte – sia pure con regolamentazioni diverse – ai campionati giovanili indetti dalla Federazioni sportive”. Per questo, la FiBa auspica l’approvazione di una nuova legge sulla cittadinanza, ma nell’attesa sollecita il Coni a indurre le federazioni a “risolvere il problema, non equiparando ragazzi sportivamente e culturalmente nati in Italia ad atleti stranieri ingaggiati in Italia per vincere campionati”. Rivolgendosi a Petrucci, Miglietta invita quindi a intraprendere iniziative per considerare i ragazzi stranieri “sportivamente” italiani a tutti gli effetti, sottolineando che un “Coni d’avanguardia nel tutelare i diritti dei più giovani a crescere sportivamente insieme darebbe un messaggio di indiscutibile efficacia”. 
 
 
 
Per gli immigrati l'Italia è ancora il Belpaese dove i figli conquisteranno una vita migliore
I tre quarti degli stranieri puntano alla laurea per la propria prole, per il 65% nel 2020 la situazione migliorerà e la popolazione sarà più benestante
la Repubblica, 02-12-2011
ROSARIA AMATO
ROMA - Se gli italiani si scoprono "fragili, isolati ed eterodiretti", gli immigrati invece comunicano ottimismo, fiducia nel futuro, e non solo nel proprio, in quello del Paese che li ha accolti e che non intendono lasciare (il 72,4% pensa che da qui a 10 anni non se ne andrà). Il Rapporto Censis dedica agli stranieri che vivono in Italia due focus: dal primo emerge la sempre più solida posizione dei 4,5 milioni di immigrati censiti al momento (ma si prevede che nei prossimi 10 anni arrivino a 7 milioni). Dal secondo emerge la soddisfazione di chi ritiene di vivere "in uno dei Paesi del mondo dove si vive meglio" (54%). "Un ottimismo che quasi sorprende - osserva il Censis - data la situazione di crisi economica e sociale che attraversa il nostro Paese, ma anche una predisposizione d'animo comprensibile alla luce dell'investimento che gli immigrati hanno fatto decidendo di lasciare il proprio Paese per venire a cercare fortuna nel nostro".
Avendo così tanta fiducia nel futuro, gli immigrati puntano sullo studio per garantire un percorso di crescita e di riscatto sociale ai propri figli: il 98,4% infatti intende farli studiare, e solo il 19,9% pensa che si applicheranno il minimo indispensabile (contro il 29,5% degli italiani). Il 75,8% vorrebbe che i figli prendessero una laurea, contro il 64,5% degli italiani. Che gli immigrati abbiano un grande rispetto della scuola si vede anche dal fatto che il 58,8% pensa che bisogna investire nella formazione per superare la crisi.
C'è un vero abisso nelle risposte di italiani e immigrati nel giudizio che si dà sulle prospettive dei propri figli: per il 74,2% degli immigrati la loro posizione socio-economica sarà migliore di quella della famiglia d'origine, per gli italiani di nascita invece la percentuale scende al 40,6%. Per i nuovi italiani l'Italia del 2020 sarà sicuramente un Paese più benestante (65%), che rappresenterà sempre di più un polo di attrazione per i turisti (79,2%) e si servirà sempre di più di energie alternative (83,8%).
Dei 4,5 milioni di stranieri che vivono in Italia, ne lavorano oltre 2 milioni, impiegati prevalentemente nei servizi (59,4%), nell'industria (19,5%), nelle costruzioni (16,7%) e in agricoltura (4,3%). La percentuale che lavora nella Pubblica Amministrazione è risibile. Moltissimi sono imprenditori: se dal 2009 al 2011 sono diminuiti gli italiani, gli stranieri sono aumentati del 10,7%. E infatti rappresentano il 10,7% dei piccoli imprenditori (con picchi locali: a Prato sono il 38,9%, a Milano il 20%, a Trieste il 18,6%). Le donne straniere imprenditrici sono oltre 77.000, il 21,8% del totale degli imprenditori stranieri. Naturalmente l'altro settore che assorbe le donne straniere è quello dei lavori domestici e dell'assistenza ai bambini e agli anziani: nel 2010 circa il 10% delle famiglie italiane ha fatto ricorso a un collaboratore domestico straniero.
 
 
 
Falsi matrimoni con marocchini 14 arresti a Palermo
Scoperta un'organizzazione che pianificava nozze fittizie per consentire a immigrati nordafricani di regolarizzare la loro posizione in Italia. Le indagini sono partite dal caso di una donna siciliana che si è sposata tre volte, sempre con stranieri
la Repubblica, 02-12-2011 
PALERMO - Un'organizzazione che pianificava falsi matrimoni per consentire a immigrati marocchini di regolarizzare la loro posizione in Italia è stata scoperta a Palermo dalla polizia che ha arrestato 14 persone. I provvedimenti di custodia cautelare eseguiti nell'operazione "Dirham" (la valuta del Marocco) sono stati emessi con le accuse di associazione a delinquere, favoreggiamento e ingresso illegale nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari.
Le indagini sono cominciate quando un marocchino ha chiesto all'ufficio immigrazione della questura di formalizzare il ricongiungimento con la moglie, la palermitana Rosa Cocuzza, sposata in Marocco; ma la donna aveva già contratto matrimonio con altri due marocchini, e un altro ancora, nel dicembre 2008, aveva inoltrato alla questura la richiesta per il rilascio della carta di soggiorno perchè anche lui coniugato con Rosa Cocuzza.
In verità, la donna non viveva con nessuno dei suoi "mariti". Nel giugno 2009, intanto, il finto sposo era tornato in questura per definire il rilascio della carta di soggiorno; ritenendo di essere stato raggirato, ha denunciato la persona che lo aveva coinvolto in questa storia, ammettendo che il matrimonio era falso.
A capo della banda un palermitano, che godeva di una rete di complicità e conoscenze, localizzate dai poliziotti anche in Marocco. E' stato stimato che, per ogni matrimonio, venivano pagati oltre 10.000 euro. A due delle quattro donne arrestate è stato contestato anche il reato di bigamia, dal momento che hanno contratto, rispettivamente, tre e due matrimoni con marocchini.
 
 
 
Clandestino fermato ed espulso poche ore prima delle nozze con un'italiana
Avvenire, 01-12-2011
Stava convolando a nozze con una ragazza vicentina, ma poche ore prima del matrimonio è stato fermato dalla polizia locale di Vicenza che l'ha poi imbarcato a Venezia su un volo diretto per Tunisi. Protagonista della vicenda Omar Kasdaoui, 23 anni, sul quale pendevano due provvedimenti di espulsione: il primo emesso dalla Prefettura di Brindisi nel dicembre 2008 dopo lo sbarco illegale a Lampedusa e il secondo della Prefettura di Rimini ad inizio  2009. Nonostante lo stato di clandestinità, il nordafricano era giunto a Vicenza, dove aveva conosciuto un'italiana residente in città, con la quale aveva deciso di sposarsi con rito civile, fissando la data negli uffici del Comune per il pomeriggio di martedì. In realtà gli agenti della polizia locale erano sulle sue tracce da un paio di settimane, dopo che da era emersa una discordanza di alcune lettere nel suo cognome dal confronti tra i rilievi fotosegnaletici effettuati al suo sbarco in Italia. Kasdaoui è stato trovato in compagnia della futura sposa poco prima della celebrazione del matrimonio, che, se fosse andata in porto, avrebbe annullato i due provvedimenti di espulsione. Ora, come già stabilito dal prefetto di Rimini, non potrà ritornare in Italia prima di dieci anni.
 
 
 
Sicurezza e immigrazione: i temi in primo piano
Giornale di Brescia, 02-12-2011
Enrico Mirani
CARPENEDOLOMattino presto di nebbia fitta e freddo intenso. La gente scivola via veloce in piazza Europa, qualche pensionato coraggioso improvvisa una chiacchierata con gli amici fuori dal bar, anticipando i crocchi di un paio d'ore più tardi, quando un timidissimo sole saluterà la piazza. Severino Zaniboni, ad onta dell'età e della bruma, arriva all'edicola in bicicletta, acquista il nostro giornale e - sollecitato dal cronista - non ci pensa troppo: «I problemi del paese? Non saprei. Mi pare di vedere in giro troppi immigrati senza lavoro». Sonia Bessi dice di frequentare poco il paese, ma poi confessa: «La gente si lamenta per la mancanza di lavoro e per i tanti stranieri». Franca Bontacchio, mamma dell'edicolante di piazza Europa, Michela Botturi, punta il dito contro «la deliquenza. Ce n'è troppa. Furti nelle case, automobili danneggiate...».
Gli immigrati e la microcriminalità: sono i due argomenti maggiormente toccati dai cittadini di Carpenedolo, almeno quelli incontrati nella tappa locale per la serie dei «paesi visti dall'edicola». Attenzione: l'accostamento non è necessariamente voluto, non da parte di tutti comunque. L'equazione stranieri uguale a criminalità è una forzatura. In alcuni episodi recenti di vandalismo gli immigrati non c'entravano proprio per nulla. Sentiamo, dunque, i pareri raccolti nelle rivendite di Michela Botturi, di Nicola Desenzani in via Zanardelli, di Donatella Ferrari in via XX Settembre, Ferdinando e Carlo Lugana in via Deretti, Maria Rosa Lazzaroni in via Abba.
La sicurezza, dunque, in primo piano. Donatella Ferrari parla di uno stillicidio «di piccoli furti, i ladri entrano nella case anche di giorno». Secondo il marito Marco Beschi si è affievolito «il senso di sicurezza». Stessa opinione esprimono Giovanni Liace («C'è una diffusione di furti e atti vandalici») e Giuseppe Zilio («Troppi ladri in giro».). Non tutti, comunque, la pensano così oppure hanno la stessa sensazione di insicurezza. Secondo l'avv. Alessandro Crisci, Carpenedolo «è un paese tranquillo. Gli immigrati? Sono una risorsa, per fortuna ci sono. Dovremmo farci un esame di coscienza. C'è chi si approfitta di loro: ne conosco che vivono in alloggi malandati pagando fior di affitti». La pensa diversamente Agostino Desenzani: «Carpenedolo è troppo permissivo con gli immigrati che si comportano male».
Giriamo il tutto al sindaco Gianni Desenzani. Innanzitutto il capitolo sicurezza. «Voglio tranquillizzare i cittadini. Sul territorio - dice - c'è una grande e proficua collaborazione fra i carabinieri e la polizia locale. La loro presenza è costante. È stata fatta molta prevenzione, si fanno controlli e verifiche». Gli autori di alcuni atti di vandalismo e di reati «sono stati individuati: certo, sconforta non avere la certezza della pena. Persone che sono state arrestate vengono viste in circolazione già il giorno dopo. Ma non è colpa nostra». La polizia locale conta cinque agenti: «Insufficienti per una popolazione di 12.800 abitanti, ma mancano le risorse e non possiamo fare assunzioni».
Capitolo immigrati. Sono il 18% dei cittadini, il 14 se non si considerano i bambini nati in Italia. Alla scuola materna statale raggiungono anche il 45%. «Il sindaco non ha poteri specifici in materia, non siamo sceriffi. Applico le leggi che ci sono».
 
 
 
Immigrazione, Riccardi: "Cie non bei luoghi, c'è da lavorare"
Blitz Quotidiano, 01-12-2011
ROMA, 1 DIC – ''Certo i Cie non sono bei luoghi, dobbiamo lavorarci. Soprattutto dobbiamo discernere fra chi ha diritto all'asilo e chi no''. Lo ha detto il ministro per la cooperazione e l'integrazione Andrea Riccardi, ospite di Otto e mezzo su La7.
Il ministro si e' poi detto favorevole alla revoca dell' attuale divieto di accesso nei Cie ai giornalisti: ''sono convinto che chiudere la porta ai giornalisti non sia mai una cosa giusta. La stampa ha diritto di entrare e vedere, gli italiani devono rendersi conto'' di cosa sono queste strutture. Sulla questione della cittadinanza ai bambini che nascono da genitori stranieri in Italia, Riccardi ha affermato: ''non credo che il governo deve affrontare'' questo tema. Si tratta – ha precisato – ''di una problematica enorme'' che chiama in causa ''un cambiamento culturale. Bisogna guardare agli stranieri in mezzo a noi con simpatia maggiore e senso di necessita'. Nel quotidiano questa simpatia c'e', con la badante, con il rapporto diretto. C'e' piu' simpatia che razzismo in Italia. Ma cio' deve diventare un fatto culturale''. A suo avviso, ''bisogna riflettere su questi bambini se non hanno diritto ad avere subito la cittadinanza. Non e' pero' un fatto del governo, deve maturare nella societa' e nel Parlamento, c'e' chi e' d'accordo e chi no''. Sono difficili i rapporti con la Lega? Gli e' stato chiesto. ''Con la lega non ho ancora parlato'' ha risposto Riccardi.
Gli arrivi dei barconi carichi di migranti sono un ''dramma''. Queste persone ''hanno il diritto di approdare''. E' la posizione del ministro della cooperazione ed integrazione Andrea Riccardi intervenuto questa sera ad 'Otto e mezzo' su La7.
La questione degli arrivi dei migranti, per il ministro, riguarda l'intero Mediterraneo e i paesi che vi fanno riferimento: ''la sfida – ha detto – e' cercare di coinvolgere l'Europa''. Rispetto alle competenze dei ministri in materia, Riccardi ha ricordato che la politica sull'immigrazione spetta alla collega dell'interno Cancellieri che – ha precisato – ''oltre ad essere attenta alla legge ha una sensibilita' all'aspetto umano''.
Secondo Riccardi, ''la presenza di immigrati in un paese e' una questione capitale, cosi' come lo e' stata nel passato quella dei confini di un paese. Bisogna lavorare al di la' della politica gridata''.
 
 
 
Giovani, soffrono per lo più di malattie respiratorie e conoscono poco il Ssn: sono i profughi che vivono a Roma in insediamenti precari secondo Medici per i diritti umani.
Presentati i dati socio-sanitari raccolti attraverso il progetto “Un camper per i diritti dei rifugiati a Roma”.
Immigrazione Oggi, 02-12-2011
Maria Rita Porceddu 
Sono circa 1.500 i profughi che vivono nella città di Roma in strada o in insediamenti precari (baraccopoli, tende, case occupate ecc.). Per loro l’associazione Medu (Medici per i diritti umani) ha realizzato dal 2004 una unità mobile (un camper attrezzato ad ambulatorio) dove una equipe formata da mediatori, antropologi, operatori sociali e volontari cerca di migliorare le loro condizioni di salute, di accoglienza e di integrazione e di favorire l’accesso e la fruizione dei servizi sanitari. Lo scorso 30 novembre, in una conferenza stampa presso il Consiglio regionale del Lazio, l’associazione ha presentato i dati raccolti da aprile a settembre 2011 attraverso il progetto “Un camper per i diritti dei rifugiati a Roma” e posto l’attenzione sulle criticità riscontrate e sulle proposte avanzate per superarle.
Dai dati presentati sui pazienti visitati, risulta che per la quasi totalità (95%) si tratta di persone di nazionalità afgana, quasi tutti uomini, giovani (il 54% ha una età tra i 18 ed i 30 anni, nessuna più di 50), in Italia da meno di un mese (71%). Il 75% non ha alcun documento, il 5% è richiedente asilo, il 15% è in possesso di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria o per motivi umanitari, il 2% è titolare dello status di rifugiato. Per quanto riguarda la copertura sanitaria, solo il 17% dei 388 pazienti visitati per la prima volta (tot. visite 483) sono iscritti al SSN (spiegabile con l’altissima percentuale di persone in transito prive di permesso di soggiorno), percentuale che aumenta al 67% nel caso di richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione internazionale. Anche in quest’ultimo caso, però, la barriera linguistica e le scarse informazioni sul funzionamento del Ssn fanno sì che pochi usufruiscano del medico di base. Le principali malattie sono quelle dell’apparato respiratorio (32%) causate dalle precarie condizioni di vita, seguite dalle malattie infettive e parassitarie e dai traumatismi (12%) procurati in molti casi durante il viaggio dalla Grecia all’Italia. Si tratta quindi di una popolazione giovane e in partenza sana che vede compromettere il proprio stato di salute soprattutto per le precarie condizioni di vita.
Tra le maggiori criticità riscontrate, Medici per i ditti umani indica l’insufficienza e l’inadeguatezza di servizi e di percorsi di accoglienza ad hoc per chi vive ai margini della società. Per superarle numerose le proposte: la creazione di un centro di accoglienza per i profughi in transito presso la stazione Ostiense al fine di tutelare la salute di tutti i migranti forzati e in particolar modo delle persone più vulnerabili; il potenziamento e la diffusione capillare e uniforme del modello Sprar per garantire una pianificazione strategica aldilà di interventi emergenziali e di progettualità estemporanee; il potenziamento delle risorse interne ai servizi (in particolar modo la medicina di base) e l’implementazione di modelli di integrazione tra servizi sociali e servizi sanitari; la creazione e condivisione di protocolli di intervento e di servizi di riferimento rivolti a rifugiati in condizioni di vulnerabilità.
 
 
 
Sfrattata l'orchestra multietnica di via Padova
Il direttore dell'ensemble, Massimo Latronico: «Nessun preavviso, serratura cambiata, due particolari strumenti a corde spariti»
Corriere dellas era, 01-12-2011
Giacomo Valtolina
MILANO - L’Orchestra di via Padova, diventata simbolo dell’integrazione a Milano, è sotto sfratto da giovedì scorso. La sala prove del complesso multietnico in piazza Costantino 1 è stata infatti requisita, con all’interno anche numerosi strumenti dei 17 elementi del gruppo. Nessun preavviso, serratura cambiata, due particolari strumenti a corde spariti. Un atto di forza dei nuovi proprietari dell’immobile, un fondo immobiliare al 60% del Comune ma gestito dalla Property management del gruppo Bnp Paribas real estate, dopo la cartolarizzazione (da 400 milioni di euro) di una serie di proprietà pubblica avvenuta nel 2008.
NESSUN AVVISO - «Era una stanza inutilizzata sul retro dell’Anpi di Crescenzago da noi occupata – spiegano dall’orchestra –. Noi non vogliamo fare battaglie ma potevano almeno avvertirci. In questi casi ci vuole un’ordinanza del giudice e la presenza degli «occupanti» al momento dell’apertura della porta. Noi sapevamo della nostra situazione ma eravamo anche certi che ci fossero margini per trovare un accordo. Invece facendo così ci hanno impedito di usare i nostri strumenti per tre giorni». Il lunedì, inoltre, all’apertura della porta, la sorpresa. Oltre al danno, la beffa: spariti due rari strumenti del direttore Massimo Latronico (un bouzouki greco e un laud spagnolo). «Non potendo accusare nessuno, ho fatto denuncia contro ignoti», precisa il direttore del complesso. Ma soprattutto, ora, all’Orchestra manca un posto dove suonare, provare e continuare a fare musica oltre i confini etnici e territoriali. «Cerchiamo un luogo che sia per noi anche un riconoscimento – è l’appello di Latronico –. Confidiamo di riuscire a dialogare con questa giunta. Con la precedente era impossibile».
 
 
 
“Futuro insieme” lunedì a Roma si festeggia la Festa nazionale di Romania.
Concerto del Corul b?rb?tesc din Finteu?u Mare il 5 dicembre a Roma.
Immigrazione Oggi, 02-12-2011
Un concerto del Corul b?rb?tesc din Finteu?u Mare per festeggiare il quinto anniversario della fondazione dell’Associazione “Futuro insieme” Italia-Romania e per celebrare la festa nazionale romena della Grande Unione del 1 dicembre 1918.
La manifestazione si terrà lunedì prossimo, 5 dicembre, a Roma, presso il Teatro di Vigna Murata alle ore 20.45.
Il Corul b?rb?tesc din Finteu?u Mare diretto dal maestro prof. Andrei Drago? è giunto in Italia da Maramure?; formato da 35 voci maschili è conosciuto in Romania e nel mondo come uno dei cori romeni di più antica tradizione del folklore e del repertorio di musica sacra, popolare, patriottica. Nei costumi tradizionali, i cantori esaltano le virtù, le opere, la forza del tramandare l’essenza della quotidianità popolare, delle radici e del retaggio.
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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