Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Procura della Repubblica di Roma

Procura della Repubblica di Roma


Atto di denuncia:

Il sottoscritto Luigi Manconi nato a Sassari il 21/02/1948 e domiciliato per il presente atto in Roma via Pasubio 15 presso lo studio dell’avv. Alessandro Gamberini, nella sua qualità di Presidente e rappresentante legale dell’associazione “A Buon Diritto Onlus” con sede in Roma, via Lima 22

                        espone:
Intendo rappresentare a codesta Procura la necessità di indagare sulla morte di quattro bambini - Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile - avvenuta il giorno  6 febbraio 2011 nel territorio del Comune di Roma e cagionata da un incendio della piccola baracca nella quale erano precariamente alloggiati, ponendo attenzione alle responsabilità di chi avrebbe avuto il compito istituzionale di intervenire a garantire la loro incolumità.
Dico subito che la presente denuncia non consegue a una valutazione del cd. piano nomadi e della sua gestione, sulla quale si possono formulare molte critiche, ma che non potrebbero mai tradursi, di per sé, nell’attribuzione di una responsabilità penale; e neppure a una valutazione delle scelte politiche in materia da parte di chi, nel corso di molti anni, avrebbe avuto il compito di intervenire, garantendo alle famiglie, come quella dei bambini vittime di questa tragedia, soluzioni abitative compatibili con la dignità della persona umana, e non lo ha fatto. Considerazioni sulla base delle quali potrei comunque desumere gravi responsabilità morali, ma che fungono solo da cornice alle condotte che in questa sede pongo all’attenzione del magistrato del Pubblico Ministero.
E, invece, la mia denuncia ha come oggetto, e in modo molto più concreto, la necessità che l’indagine penale stabilisca con precisione se la tragedia poteva essere evitata e nel caso come e da chi, valutandone appieno la condotta attraverso la lente esclusiva del nostro ordinamento penale.
Esiste pendente, certo, avanti al vostro Ufficio un’indagine relativa all’eventuale responsabilità dei familiari dei bambini morti. Ai genitori incombe, com’è noto, un compito di protezione dei minori rispetto alla salvaguardia della loro vita e della loro incolumità e si tratterà di verificare se, compatibilmente con l’estremo disagio della loro condizione sociale, a costoro possa essere attribuita una responsabilità per la tragedia che pure li ha così duramente colpiti nei loro affetti.
Ma il nostro sistema giuridico, accanto a tali obblighi di protezione, conosce anche obblighi di controllo che impongono di neutralizzare eventuali fonti di pericolo, attribuendo a determinate categorie di soggetti una funzione di garanzia rispetto agli eventi dannosi che potrebbero scaturire da tali  fonti.
E’ il caso di coloro che vantano un potere di organizzazione e di disposizione relativa a tali situazioni. E tra costoro certamente va considerata la figura del Sindaco, per i compiti a lui attribuiti come ufficiale di Protezione civile, di cui dirò, rispetto a situazioni di rischio per l’incolumità degli abitanti del territorio nel quale riveste detta funzione pubblica.
L’attribuzione al Sindaco di tali funzioni di garanzia è risalente e ha le sue radici nella L. 996/1970 e nel regolamento esecutivo di tale legge che, emanato oltre dieci anni dopo (D.P.R. 6 febbraio 1981 n. 66),  ha espressamente individuato nel sindaco, all’art. 16, “l’organo  locale di protezione civile” attribuendogli il compito, laddove vi sia il pericolo di un evento calamitoso, “di intervenire immediatamente con tutti i mezzi a disposizione, dandone notizia al Prefetto”. Ma la norma decisiva nella materia si rinviene nella legge 225/1992, che individua per la prima volta autonomi poteri del Sindaco non più come ufficiale locale del governo, ma come “autorità comunale di protezione civile” (art.15), con indiscutibili conseguenze sul piano delle responsabilità, perché è il sindaco che, in prima persona, si deve fare carico degli interventi necessari rispetto al rischio di un avvenimento pericoloso dell’incolumità dei cittadini. Ovviamente nella scala delle possibili calamità l’intervento del Sindaco sarà diretto ed esclusivo, se si tratta di un intervento che rientra nelle sue competenze, mentre anche ad altri spetterà il compito di intervenire se i fatti assumeranno una dimensione che va al di là di quella locale, sempre però nell’ambito di responsabilità concorrenti. Fermo restando che potrà farsi carico al garante solo l’omissione di poteri da lui esigibili, intendendosi con ciò peraltro anche lo svolgimento doveroso di poteri di sollecitazione e di controllo dell’intervento altrui, sempre se diretti ad impedire l’evento (si veda, in proposito, sulla ricostruzione dei doveri del Sindaco una recente decisone del giudice di legittimità illuminante sull’ampiezza dei doveri del garante e del Sindaco in specie. Vedi Cass., sez. IV, 12 marzo 2010 n. 16761, rel. Brusco).
Le circostanze a mia conoscenza, che di seguito enuncerò, inducono a ritenere che il Sindaco di Roma abbia omesso completamente  lo svolgimento dei suoi doveri, tanto da prospettare a codesta Procura che egli debba rispondere ai sensi dell’art.40 cpv c.p. dell’omicidio colposo dei bimbi morti nell’avvenimento tragico che ho indicato, essendo egli rimasto inerte nonostante fosse stato avvertito dei pericoli concretamente incombenti sugli abitanti di quell’insediamento abusivo.
A dimostrazione di quanto detto vale riferire ciò che segue:
1.    In data 4 maggio 2010 il Comandante Vincenzo Senatore della Legione Carabinieri Lazio comunicava a vari indirizzi (all. 1) tra i quali “ il Gabinetto del Sindaco” e “Il IX Municipio” “di avere rilevato un insediamento abusivo composto da 25 persone tutti di origine romena suddivisi in sette uomini e dieci donne e otto bambini, e come rifugio la presenza di otto baracche create con materiale ligneo e di fortuna”.
2.    Lo stesso Comandante comunicava altresì che era “alto il rischio di incendio, perché gli occupanti utilizzano fornelli da campeggio alimentati da bombole di GPL, posizionati nei pressi delle costruzioni in materiale ligneo”.
Prospettando direttamente il rischio di quell’evento che si verificherà alcuni mesi più tardi.
Aggiungeva in quella relazione il com. Senatore che “le condizioni sanitarie erano pessime” e in merito a quanto riferito si dichiarava “in attesa delle determinazioni che si riterrà opportuno adottare”: attesa vana perché alla sua relazione non conseguì alcun effetto e non valse a smuovere l’inerzia assoluta del Sindaco cui competeva in primo luogo l’iniziativa.
3.    A seguito della relazione dei carabinieri citata, il ricevente gabinetto del Sindaco si limitò, in data immediatamente successiva il 10 maggio 2010, a darne notizia  (all.2) a varie figure istituzionali, tra i quali il direttore della protezione civile di Roma, dott. Tommaso Profeta, dando implicitamente conto di aver compreso il significato inequivocabilmente allarmante  di quella comunicazione, ma senza farne discendere iniziativa operativa alcuna. Sarà compito dell’indagine verificare in cosa sia consistito, dopo aver appresa la notizia descritta nel rapporto dei carabinieri, il comportamento del dott. Profeta e vagliarne eventuali responsabilità concorrenti con quelle del Sindaco.
4.    In data 13 maggio 2010 l’arch. Mirella Di Giovane del IX Municipio con una missiva (all. 3) indirizzata agli stessi destinatari (tra i quali lo stesso dott. Profeta), dopo “avere verificato direttamente la gravità della situazione” ribadiva “ la pericolosità della situazione … per la sicurezza dei suoi stessi occupanti” e chiedeva “la bonifica dell’area”,  “dopo avere provveduto all’assistenza  alloggiativa per le famiglie e i minori presenti”.
5.    In data 21 maggio 2010 la Polizia municipale di Roma con lettera corredata di fotografie inviata tra gli altri al Gabinetto del Sindaco e al direttore della Protezione civile effettuava un ulteriore accertamento, che confermava appieno la situazione di allarme indicata già dal rapporto dei Carabinieri e dal sopralluogo dei funzionari del IX Municipio. Oltre alle drammatiche carenze igieniche si tornava a sottolineare il pericolo “per la sicurezza delle persone” (all. 4). La lettera veniva indirizzata anche a Co. tra. l. spa, proprietaria dell’area, per sollecitare la sua diretta iniziativa: iniziativa peraltro resa impossibile dall’opposizione degli abitanti dell’insediamento e rimasta senza perciò esito, cui seguì una denuncia inoltrata alla Procura della Repubblica di Roma (notizia dettagliata fornita dal Messaggero del 9 febbraio 2011 con un articolo a firma di  Claudio Marincola  dal titolo “Il Cotral chiese il sequestro dei campi Rom”).  
6.    A queste note il gabinetto del Sindaco si limitava a replicare in data 26 maggio 2010, con una missiva a firma della dirigente Annamaria Manzi, il cui contenuto rivela un corto circuito che abdica al compito di garanzia spettante al primo cittadino: ci si limitava, infatti, a rispondere a coloro che avevano segnalato quella drammatica urgenza di intervenire che i vari uffici erano già stati avvertiti (ciascuno per quanto di “ sua competenza”) e invitati ad adottare gli opportuni provvedimenti. Provvedimenti che a tutt’oggi ignoro, ma che non furono risolutivi visti gli esiti drammatici della vicenda.
7.    In data 31 maggio 2010 il IX Municipio, con lettera a firma del Presidente Susana Fantino,  indirizzata direttamente al Sindaco Gianni Alemanno sottolineava l’inerzia (“a tutt’oggi non è stato fatto nulla” ) deplorando l’assenza di qualsivoglia iniziativa atta a porre riparo a una situazione definita “drammatica”. La indicata lettera non mi risulta avere avuto alcuna risposta da parte del Sindaco.
8.    Il 7  dicembre 2010 veniva indirizzata, tra gli altri al gabinetto del Sindaco, una relazione della polizia municipale relativa agli esiti di un sopralluogo effettuato nell’insediamento, se ne ribadiva l’esistenza “dando conto di un manufatto realizzato con materiali provvisori tavoli e teli di plastica……si notavano i segni inequivocabili della presenza di persone anche minorenni (più esplicitamente avrebbe potuto precisare: di bambini, vista la natura delle cose rinvenute ndr)…..giocattoli usati.. varie vettovaglie e bevande ad uso alimentare”. Veniva, ancora una volta, sottolineata la pericolosità del luogo sotto vari profili,  e veniva sollecitata l’adozione urgente di misure di bonifica rese più facili, stante il fatto che le abbondanti piogge dei giorni precedenti avevano provocato il temporaneo allontanamento degli abitanti, ma le condizioni del sito lasciavano ben intendere la possibilità che sarebbe stato presto rioccupato “in condizioni climatiche più favorevoli”. Ancora una volta non mi risulta che sia stata presa alcuna misura a seguito di questa (ennesima) segnalazione.
Quanto ho descritto mi appare indicativo in modo univoco della responsabilità del Sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Dopo la notizia a lui ripetutamente data, e frutto di convergenti verifiche da parte di organi di polizia e amministrativi, della pericolosità dell’insediamento di fortuna per l’incolumità dei suoi abitanti, il Sindaco era divenuto, fin dal maggio 2010, il primo garante che quella situazione non dovesse produrre danni ai suoi abitanti.
L’ampiezza del tempo, ben nove mesi,  che è intercorso fra quelle segnalazioni e la tragedia lascia intendere che era certamente esigibile dal Sindaco stesso un’iniziativa volta a impedire quanto è avvenuto. Né la materia ammette deleghe di funzioni che spoglino il delegante di un dovere di controllo e di iniziativa nell’ambito di un’organizzazione complessa della quale conserva il ruolo apicale sul piano organizzativo, gestionale e operativo. Da questo punto di vista pochi dubbi sembrano esserci sull’inerzia del Sindaco, del suo staff e delle sue strutture operative, rispetto a quanto da lui certamente appreso fin da quella data. Dell’omissione dei suoi doveri è conferma indiretta, ma decisiva, l’ulteriore relazione della polizia municipale del dicembre 2010, nella quale si dava conto della persistente esistenza di un nucleo abitativo in condizioni di estremo pericolo  nello stesso luogo: mesi dunque nei quali nulla era avvenuto, né nulla verrà fatto in quelli successivi fino a che il 6 febbraio 2011 il rogo di Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile ricorderà a tutti, e anche al Sindaco Gianni Alemanno, immemore dei suoi doveri di garante della loro incolumità, la loro esistenza, ma solo nel momento in cui quella stessa esistenza veniva tragicamente a mancare.
Le ragioni esposte supportano la presente denuncia del Sindaco di Roma Gianni Alemanno per il delitto di omicidio colposo di Fernando Mircea, Patrizia Mircea, Sebastian Mircea e Raul Vasile, avvenuta in Roma il 6 febbraio 2011.
Nomino fin d’ora difensore l’avv. Alessandro Gamberini del Foro di Bologna con studio in Roma via Pasubio 15. Tra le  finalità statutarie dell’associazione che rappresento si legge, all’art 4:  “Sempre allo scopo di conseguire la tutela e la promozione dei diritti civili e dei diritti fondamentali della persona, A Buon Diritto persegue (…) la tutela e promozione dei diritti relativi all’ingresso e alla permanenza sul territorio italiano di migranti e richiedenti asilo privi di qualunque forma di garanzie sociali e di tutele economiche” (all. 5).
In tal senso considero anche l’associazione “A Buon Diritto” parte offesa di quel delitto e chiedo di essere avvertito nell’eventualità di una richiesta di archiviazione.

Roma 22 febbraio 2011                    
Luigi Manconi

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