Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 gennaio 2013

«Ho 15 anni, non m'hanno ascoltato». I ragazzini respinti
Corriere della sera, 22-01-2013
Alessandra Coppola
Testimonianza di Ali M.: «Ho detto loro che avevo 15 anni, non mi hanno ascoltato. Mi hanno messo in biglietteria e poi sulla nave», rimandato indietro. Ahmed S., minorenne, diciotto ore di viaggio incastrato tra gli assi di un furgone: «Non c'era nessun traduttore, raccontavo gesticolando, e con alcune parole in inglese. Loro parlavano e io non riuscivo a capire». Mohammed e Hassan A., 16 e 13 anni, fratelli, la polizia li ha trovati nascosti in un camion frigorifero: «Andatevene ad Atene, ci hanno detto». Respinti.
Succede nei porti italiani sull'Adriatico. Non quattro casi isolati, una prassi: «I minori migranti non accompagnati e gli adulti richiedenti asilo vengono sottoposti a procedure di screening inadeguate o inesistenti che non considerano l'età o non garantiscono tutte le informazioni sui loro diritti». E qui è il punto: «In violazione di norme del diritto nazionale e internazionale». Il dossier dell'organizzazione Human Rights Watch — Restituiti al mittente —, diffuso oggi, accusa funzionari e agenti di polizia di frontiera: «Le riconsegne sommarie verso la Grecia violano i diritti umani». Quarantacinque pagine, con la testimonianza di 29 migranti e le interviste ad esperti, operatori umanitari, rappresentanti del governo. Per una conclusione allarmante.
Certo, ammette HRW, «Grecia e Italia affrontano particolari pressioni migratorie essendo alle frontiere esterne dell'Unione Europea, pressioni esacerbate dal regolamento di Dublino II»: la richiesta d'asilo va esaminata nel primo Paese Ue in cui lo straniero approda. Una norma che diventa una trappola, spiegano da tempo le organizzazioni per i diritti umani, a cominciare dall'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati. Il 67 per cento dei migranti, spesso profughi, dall'Afghanistan, dall'Eritrea, adesso anche dalla Siria, arriva in Europa attraverso la Turchia. E resta bloccato in Grecia. Un milione di irregolari (su dieci milioni di abitanti) con scarse possibilità di fare domanda d'asilo («la Direzione di polizia per gli stranieri di Atene ne accetta solo 20 a settimana», annota HRW). E l'incubo di finire in centri di detenzione che anche Bruxelles ha definito «terribili». Situazione insostenibile che lascia campo alla xenofobia e agli abusi degli agenti, abbondantemente documentati. L'unica speranza è un varco nella recinzione del porto di Patrasso per infilarsi sotto un camion diretto a Bari. «La Grecia è l'inferno», dice Mohammed. Al punto che diversi Paesi Ue (sulla scorta di numerose sentenze) hanno sospeso i trasferimenti di Dublino verso Atene.
L'Italia, invece, solo nel 2011 ha rispedito 2.334 stranieri; 1.232 nei primi dieci mesi del 2012. In molti, minori compresi, hanno raccontato di viaggi di ritorno sui traghetti commerciali «rinchiusi in stanze senza bagno, o detenuti in sale macchine e parcheggi, senza cibo nè bevande». Mohammed B., 30 anni, afghano: «Era peggio di una prigione galleggiante. Era qualcosa di stretto, come un corridoio. Niente acqua per 17 ore».
Non si tratta di «respingimenti», precisano le autorità italiane, ma ne hanno tutta l'apparenza sottolinea HRW, perché queste donne, uomini e bambini toccano terra e subito riprendono il mare, senza che nessuno abbia verificato se sono minorenni o richiedenti asilo, e se quindi hanno diritto a tutele e protezioni. «In ogni città portuale — Ancona, Bari, Brindisi e Venezia — c'è una Ong sotto contratto governativo che deve fornire informazioni e assistenza alle persone fermate», è scritto nel dossier: eppure il lavoro di queste Ong viene ostacolato. Liiban F., 22 anni, somalo: «Mi hanno dato un foglio, non so quello che c'era scritto sopra, mi hanno detto di mettere la mia impronta digitale e l'ho messa. Ho pensato: questa carta dice "è un rifugiato e ci accingiamo a portarlo al campo". Ma nessun campo... Quando ho visto Patrasso, il mio cuore si è spezzato».



L’ANCI chiede chiarezza sull’accesso dei lungosoggiornanti all’assegno INPS per le famiglie numerose
CIRDI, 22-01-2013
L’ANCI interviene sulla vicenda dell’accesso dei cittadini di Paesi terzi lungo soggiornanti all’assegno INPS a favore dei nuclei familiari numerosi. Si tratta di un assegno annuale che i Comuni concedono alle famiglie che hanno almeno tre figli minori e un reddito basso e che poi viene erogato dall’INPS. La domanda per l’erogazione del beneficio deve essere presentata al Comune di residenza da uno dei due genitori, entro il termine perentorio del 31 gennaio dell’anno successivo a quello per il quale è richiesto il beneficio. I Comuni sono dunque titolari del potere concessorio del beneficio, il quale tuttavia viene successivamente erogato dall’INPS sulla base degli elenchi dei nominativi trasmessi dai Comuni.
La normativa italiana riserva tale assegno ai soli cittadini italiani o di altri Paesi membri dell’Unione europea, ma tale assegno spetterebbe anche ai cittadini extracomunitari titolari di una carta di soggiorno o del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, sulla base del principio di parità di trattamento in materia di prestazioni sociali previsto dall’art. 11 della direttiva europea n. 109/2003, così come hanno affermato diverse sentenze di tribunali italiani. Tuttavia, l’Inps e le autorità ministeriali continuando a sostenere che questa prestazione assistenziale è riservata unicamente ai italiani e comunitari, dando dunque istruzioni ai Comuni di non concedere l’assegno ai cittadini di Paesi terzi anche se lungosoggiornanti. Con una lettera inviata dal suo presidente, Graziano Delrio, al sottosegretario Maria Cecilia Guerra, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani chiede al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di fare chiarezza. La lettera richiede al Governo “l’emanazione di una specifica direttiva del ministero che possa dare espressamente agli Enti locali l’indicazione sulla concessione dell’assegno familiare anche ai cittadini non comunitari ‘soggiornanti di lungo periodo”’.
Delrio richiama le normative che stabiliscono la concessione dell’assegno a favore dei nuclei familiari composti da cittadini italiani, estese poi anche ai nuclei ”nei quali il richiedente sia cittadino di un Paese facente parte dell’Unione Europea”. E quindi evidenzia i contenuti della Direttiva europea n. 109/2003 che prevede ”che il ‘soggiornante di lungo periodo’ goda dello stesso trattamento del cittadino nazionale per quanto riguarda le prestazioni sociali”. “Tutto cio’ premesso – sottolinea il presidente dell’ANCI – i Comuni si trovano a tutt’oggi di fronte al dilemma se riconoscere la provvidenza anche ai cittadini non comunitari ‘soggiornanti di lungo periodo’, in assenza di una formale direttiva del ministero competente e rischiando eventuali responsabilita’ erariali, o negare la concessione basandosi sul mero dato testuale della normativa interna, pagando con ogni probabilita’ le spese legali di soccombenza per comportamento discriminatorio assunto in violazione della Direttiva UE sopra citata”.
Da qui la richiesta di una direttiva ministeriale ”per evitare che i Comuni incorrano nelle spese legali legate ad eventuali contenziosi in relazione ad azioni giudiziarie anti-discriminazioni promosse da cittadini stranieri oppure, in caso di concessione del contributo, in possibili procedimenti dinnanzi alla Corte dei Conti per asseriti danni erariali”.
Frattempo, si moltiplicano le iniziative di singoli Comuni, i quali, per evitare di incorrere in procedimenti legali antidiscriminatori promossi da cittadini stranieri, concedono espressamente la prestazione sociale, comunicando i relativi dati all’INPS per l’erogazione. E’ il caso ad esempio del Comune di Pordenone che ha deliberato in tal senso con determina n. 19 dd. 09 gennaio scorso, ed iniziative analoghe sono state assunte da altri Comuni (Ravenna, Monfalcone,…). L’ASGI sta assistendo diversi nuclei familiari stranieri nella presentazione di ricorsi anti-discriminazione avverso provvedimenti di diniego all’accesso all’assegno INPS assunti da Comuni italiani. Il 6 aprile 2011 l’ASGI ha presentato pure un esposto alla Commissione europea chiedendo l’apertura di un’indagine dell’organo europeo sulla questione al fine dell’eventuale avvio di un procedimento di infrazione del diritto UE dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Fonte: Asgi.it



Meno soldi per gli immigrati rimpatriati
West, 22-01-2013
Letizia Orlandi
Tra i tanti tagli che, a causa della crisi, i governi UE stanno operando, ci sono anche quelli per gli immigrati irregolari che decidono di rientrare nel paese d’origine. Esempio ultimo e lampante, la Francia. Dove dal prossimo 1° febbraio gli assegni per il rimpatrio volontario e assistito dei sans-papiers saranno notevolmente ridotti. L’ordinanza ministeriale pubblicata questo fine settimana sulla Gazzetta ufficiale stabilisce, infatti, che: 1) sarà diminuito il cosiddetto contributo per gli aiuti umanitari. Creato nel 2006, a favore esclusivamente dei cittadini europei, ha interessato più di 10.600 persone nel solo 2011, la maggior parte di origine rom. L’importo di € 300 per gli adulti e 100 per i bambini sarà ridotto rispettivamente a € 50 e 30. 2) Limitato anche l’assegno per il ritorno volontario assistito, meccanismo a disposizione dei non europei oggetto di un procedimento di espulsione. La cifra, diminuita di quattro volte per essere in linea con gli altri paesi UE, raggiunge quota € 500 per gli adulti e 250 per i minori. Nel 2011, 4.726 persone, tra cui molti richiedenti asilo, hanno beneficiato del suddetto contributo statale. Postilla del Ministro dell’Interno Valls: rimangono a carico delle autorità francesi le spese di viaggio.



Riservato solo ai cittadini italiani il bando straordinario per la selezione di giovani volontari nel Servizio Civile Nazionale
CIRDI, 22-01-2013
E’ stato pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e del Servizio civile nazionale, il bando straordinario per 350 posti per lo svolgimento del servizio civile nelle zone colpite dal terremoto del maggio scorso.
Nel bando è nuovamente inserito il requisito della cittadinanza italiana accompagnata dalla precisazione che, secondo un parere dell’Avvocatura Generale reso in data 24.7.2012, tale requisito non sarebbe in contrasto con i principi comunitari in quanto conforme “all’art. 3, comma 1 del D. lgs. 5 aprile 2002, n.77, essendo quest’ultima norma in vigore ed efficace, non in contrasto con i principi comunitari e non manifestamente contrastante con i parametri costituzionali” .
Il Ministero per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione, pur evidentemente consapevole della questione, finge dunque di ignorare completamente che la Corte d’Appello di Milano, con sentenza emanata nel dicembre scorso, ha confermato l’ordinanza di primo grado dd. 9 gennaio 2012, che aveva dichiarato illegittimo e discriminatorio il requisito della cittadinanza italiana, affermando che proprio alla luce “dei principi comunitari e dei parametri costituzionali” la norma invocata dal Ministero non può ritenersi una norma di esclusione degli stranieri.
Fonte: Asgi



Rosarno, la vita normale degli africani "equi"
Dal sito Terre LIbere abbiamo tratto questo articolo che racconta come lo stereotipo dell'africano schiavizzato e bisognoso soltanto di assistenza, pur essendo ancora una realtà purtroppo assai diffusa, non sia di fatto l'unica possibile rappresentazione della condizione di tutti gli immigrati
la Repubblica, 21-01-2013
ANTONELLO MANGANO
ROSARNO - È arrivato in aereo, ha la residenza a Treviso, vive in appartamento, scrive poesie in francese e usa quotidianamente Facebook. Ibrahim Diabate è lontanissimo dallo stereotipo creato dai media sull'africano di Rosarno, lo "schiavo invisibile" bisognoso di interventi caritatevoli. Qual è la differenza tra Diabate e gli oltre mille ospiti della baraccopoli di San Ferdinando, uno spaventoso insieme di capanne di fortuna, fango e liquami? La risposta è semplice: un salario normale. Il bracciante che viene dalla Costa d'Avorio è stato infatti assunto regolarmente nell'ambito della campagna "Sos Rosarno", un progetto che si ispira al commercio equo e mette insieme produttori locali calabresi, gruppi di acquisto prevalentemente del Nord e braccianti africani assunti secondo le tariffe sindacali.
Una goccia nel mare, finora. Ma anche la prova che si può cambiare. Abbiamo trascorso 24 ore assieme a loro. E abbiamo capito che emarginazione e sfruttamento non sono solo una violazione dei diritti umani, ma anche una mancata occasione di arricchimento reciproco. Prendete Ousman, in Senegal faceva il fotografo. In Veneto lavorava ai magazzini della Geox. Con la crisi ha trovato occupazione nelle campagne. Adesso condivide un normale appartamento con altri sei colleghi. L'effetto è di una normale casa di studenti o lavoratori, come quelli che in tutte le grandi città sono ormai costretti a condividere spese e affitto. Mi offrono un'aranciata, noto dall'etichetta che è imbottigliata in Lombardia. C'è il router Internet e ognuno di loro ha un portatile con Windows in francese. Tutti hanno un profilo Facebook per stare in contatto con i parenti ma anche con gli amici sparsi per l'Italia. La tv è sintonizzata sul notiziario di France 24 e poi sul canale senegalese "2 Si Racines", che trasmette i concerti del "festival delle culture africane". Senza l'assillo del permesso di soggiorno, sembrano più giovani della società globale che "schiavi invisibili". "Abbiamo incominciato ad amare questa terra", dice Lamine Bodian, anche lui senegalese. "Vogliamo l'incontro, non la paura. La crisi coinvolge anche gli italiani. Insieme possiamo rilanciare l'economia".
Il ritorno a casa. Sono le 18 e piano piano i suoi compagni tornano dai campi. Quasi tutti in bicicletta, in una cittadina senza neanche marciapiedi e con le strade generalmente al buio. Li chiamano invisibili ma sono gli unici a non muoversi in automobile. Si vedono eccome. Anche Ibrahim è tornato a casa. Ama scrivere poesie in francese, firmandosi Combattant de la justice. Pazientemente, manda i versi per sms a un'amica italiana che glieli gira tradotti in italiano. "Piango / quando vedo i miei fratelli vivere in un ghetto / in situazioni inaccettabili per l'umanità". Nel corso dei suoi viaggi per le campagne italiane ha raccolto 104 foto col telefonino. Accende il suo portatile. Sta creando un progetto con Pinnacle Studio, un programma che trasforma le foto in video. Una straordinaria testimonianza ma anche uno spaccato dell'Italia, da Nord a Sud.
A Saluzzo, l'esperienza peggiore. A Saluzzo, provincia di Cuneo, forse l'esperienza peggiore da quando è in Italia. Dormiva sotto un tendone a strisce chiamato ironicamente la maison blanche, una sistemazione di fortuna ai piedi delle Alpi. "Ci avevano messo tra la spazzatura e il cimitero", protesta. Lì affittare casa era impossibile, prezzi proibitivi, diffidenza e condizioni dure, come caparre fuori portata. In Calabria non è semplice, ma insieme ad altri colleghi senegalesi è riuscito a dividere un appartamento nel centro del paese. A Cassibile (Siracusa) e Rignano (Foggia), invece, c'è stato da attivista politico e sindacalista.
"In Italia sono arrivato in aereo", racconta. "Ho dovuto abbandonare la Costa d'Avorio per gli scontri tra nord e sud, quest'ultimo più sviluppato e aggrappato al potere dell'intera nazione. Poi sono stato a Crotone per la domanda di asilo politico". Con il documento in tasca arriva a Treviso, dove lavora in una vetreria. Licenziato a causa della crisi, trascorre un periodo a Roma per poi lavorare in agricoltura. Ora frequenta un corso per mediatore culturale a Gioia Tauro. La vita in campagna non si regge a lungo, oggi è andato a farsi visitare al Polibus di Emergency. Arrivano i primi acciacchi. Ibrahim dovrebbe avere accesso ai servizi sanitari e al welfare perché è un normale lavoratore dell'agricoltura. Dopo 52 giornate (vere) gli spetterebbe l'indennità di disoccupazione, la stessa che incassano gli italiani dopo altrettante giornate (false). L'economia della truffa, dalla "Padania" delle quote latte al Meridione degli imbrogli europei e all'Inps, è un elemento caratterizzante dell'agricoltura. Ma a pagare sono ancora una volta i migranti.
Un particolare fastidioso. Quell'appartamento è pulito, per darvi un'idea somiglia a una casa di studenti. È tenuto bene, nonostante i tanti inquilini. Non sarebbe neanche il caso di aggiungere questa notazione, se non per rispondere ai tanti che dicono: "Al loro paese sono abituati così". Dopo aver visto decine di accampamenti e luoghi degradati, sembra quasi normale associare gli africani alle bidonville delle campagne italiane. E qualcuno finisce col pensare che gli africani non siano in grado di vivere in normali appartamenti. Niente di più falso. La causa viene scambiata con l'effetto. Al nord, la maggior parte di queste persone viveva in case normalissime in cui tornava al termine dell'orario di fabbrica. L'impoverimento per loro è stato brutale, ma non diverso dal peggiore dei nostri incubi. Immaginate un welfare sempre più indebolito; genitori che invecchiano e non sostengono più i figli; padroni che allargano le braccia e sostengono di essere a loro volta sfruttati; pregiudizi che vi colpevolizzano. È quello che sta accadendo al lavoro italiano, un processo di lenta e progressiva "rosarnizzazione". In tante città del centro nord c'è chi lavora solo per pagare l'affitto. I prezzi si abbasseranno, si dice da anni. Per ora si sono abbassati solo gli stipendi.



Padova - 24 gennaio: ancora rifugiati in mobilitazione
Dalle ore 10.00 presidio in Piazza Antenore sotto la Prefettura
Melting Pot Europa, 22-01-2013
Due anni di colpevole inerzia non si cancellano, non si ripagano, non si comprano._ Solo dopo il 20 dicembre, giornata di "assedio del Comune di Padova, e la rivolta della Casa a Colori dello scorso 7 gennaio, Prfefettura, Questura, enti gestori hanno iniziato a prendere in considerazione le richeste di chi, da due anni invece, era inascoltato, abbandonato, inserito in un circuito di accoglienza "parcheggio", inadeguato e senza futuro.
Eppure la colpa non è di nessuno. O forse è di tutti.
Di chi ha scelto di affidare l’accoglienza ad un circuito governato dalla Protezione civile, di chi pur avendo tutto il tempo per farlo, non ha modificato la situazione e ha concesso in ritardo il rilascio dei permessi di soggiorno umanitari, di chi ha deciso di entrare nella gestione di questo sistema vergognoso per spartirsi fette di quel miliardo e trecento milioni di euro stanziati per l’emergenza, di chi ha pensato che accogliere i richiedenti asilo volesse dire dare loro un pasto ed un tetto senza invece costruire per loro le codizioni di "provarce a costruirsi un futuro", di chi non ha monitorato le attività di accoglienza.
Non ci sono soldi ci dicono, così da costringerci a ragionare sulle briciole che a fatica vengono oggi messe a disposizione.
Così a Padova per "liberarsi" del problema, vengono offerti 700 euro ai rifugiati che decidano di abbandonare i centri stremati da due anni di attesa e preoccupati per l’imminente scadenza del 28 febbraio.
Una miseria.
E mentre Questura e Comune si affrettano, dopo 2 anni, a rilasciare permessi di soggiorno, titoli di viaggio e carte d’identità, vengono messi insieme anche questo dopo 2 anni i fondi per offrire borse lavoro.
Circa 40 mila euro che Caritas, Comune, fondazioni e associazioni, hanno reso disponibili per cercare di far fronte in extremis alla mancanza di percorsi di inserimento lavoratori degli enti gestori.
Ma dove sono finiti i 46 euro al giorno che il soggetto attuatore ha sborsato ha sborsato ai firmatari delle convenzioni?
Tra Padova e Provincia i migranti ospitati erano circa 260.
Ciò significa che ogni giorno venivano distribuiti tra gli enti gestori circa 12 mila euro, più o meno 358 mila euro al mese, cioè 4 milioni di euro nell’arco di un anno.
Eppure non tutti hanno potuto fruire neppure dell’insegnamento della lingua italiana, l’assistenza legale, completamente assente prima dell’audizione in Commissione, è stata "retribuita" agli Avvocati che inizialmente si erano resi disponibili volontariamente la vicenda, solo in sede di ricorso e dopo la pressione di Avvocato di Strada ed altre associazioni. Un pocket money di 65 euro al mese, niente tessere telefoniche, niente abbonamento dei mezzi pubblici, abbigliamento fornito da Caritas, nessuna traccia di inserimento lavorativo, se non in sparuti casi.
Forse con 1.200 euro al mese per ogni rifugiato era davvero impensabile costruire percorsi di inserimento veri?
Certo è che se a gestire l’accoglienza sono affittacamere, alberghi o cooperative del settore delle pulizie a ben vedere non è strano che sia finita così.
Giovedì, dalle ore 10.00 saremo insieme ai rifugiati davanti alla Prefettura di Padova per chiedere trasparenza, per avere una risposta ad una domanda che si fanno anche molti cittadini italiani: dove sono finiti i nostri soldi


Usa, il giuramento di Obama Diritti gay, donne, immigrati
Obama, secondo mandato    
l'Unità, 22-01-2013
Davanti a una folla di centinaia di migliaia di persone stipate al di fuori del Campidoglio a Washington, Obama ha prestato il giuramento con il quale inizia il suo secondo mandato alla Casa Bianca. Con la mano destra alzata e la sinistra poggiata sulla Bibbia che fu di proprietà di Martin Luther King e Abraham Lincoln, ha pronunciato il rituale impegno a «preservare, proteggere e difendere la Costituzione», dando l'impressione di essere molto più rilassato rispetto alla prima volta quattro anni fa e invitando l'America a superare le divisioni che accompagnano temi come l'educazione e le infrastrutture sociali. «Ora più che mai, dobbiamo fare queste cose insieme, come una sola nazione e un solo popolo», ha detto Obama. sul palco allestito per l'occasione erano presenti gli ex presidenti del partito democratico Jimmy Carter e Bill Clinton, oltre al segretario di Stato Hillary Clinton.
OBAMA CITA LA COSTITUZIONE, UNITA' E DEMOCRAZIA
«Ogni volta che ci riuniamo per l'inagurazione di un presidente testimoniamo la forza duratura della nostra Costituzione». Così Barack Obama ha aperto il suo discorso inaugurale dopo il giuramento, con un appello a rilanciare i valori della democrazia e dell'unità.
È dato per probabile il riferimento a due leader statunitensi amati dal presidente: Abraham Lincoln e Martin Luther King. D'altra parte, il suo secondo mandato inizia nell'anno del 150simo anniversario della proclamazione di emancipazione voluta da Lincoln - quella che ha messo fine alla schiavitù negli Stati confederati- e del cinquantesimo anniversario della Marcia su Washington di King.
OBAMA: NOMINE UFFICIALI NUOVI MINISTRI
Dopo la cerimonia e il discorso per l'insediamento al suo secondo mandato alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama consegnerà in Senato i documenti per la nomina ufficiale dei suoi nuovi ministri. Lo rende noto la Casa Bianca spiegando che, nel corso della tradizionale firma delle nomine che segue il giuramento in Campidoglio, Obama ufficializzerà gli incarichi per John Brennan alla direzione della Cia, quindi quelli dell'ex senatore Chuck Hagel a segretario alla Difesa, del senatore John Kerry a segretario di Stato e di Jack Lew a segretario del Tesoro. La Casa Bianca ha aggiunto che Obama firmerà anche una proclamazione che commemorerà il suo insediamento e che avrà il titolo 'National day of hope and resolve, 2013' (Giornata nazionale della speranza e della risolutezza, 2013).
OBAMA: DIRITTI GAY, DONNE, IMMIGRAZIONE
Le questioni dei diritti dei gay, delle donne e dell'immigrazione sono stati esplicitamente affrontati nel discorso inaugurale del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. «Fratelli e sorelle gay devono avere gli stessi diritti», ha ammonito Obama nell'intervento che segna il passo del suo secondo mandato.Spetta alla nostra generazione portare avanti ciò che i nostri padri fondatori hanno iniziato», ha detto Obama dopo aver citato la Costituzione americana. «Il nostro viaggio non sarà finito fino a quando i nostri fratelli e le nostre sorelle gay saranno trattati come gli altri davanti alla legge - ha rimarcato - perche se siamo stati creati tutti uguali allora anche l'amore con cui ci impegnamo verso l'altro deve essere lo stesso». Sul frotne dell'immigrazione «il nostro viaggio non sarà finito - ha proseguito - fino a quando non avremo trovato vie migliori per accogliere esuli provati pieni di speranza che vedono nell'America la terra delle opportunità». Tra le priorità della sua agenda per il secondo mandato, anche le pari opportunità per le donne perchè «il nostro viaggio non sarà finito - ha concluso - fino a quando i risultati da loro ottenuti non saranno commisurati ai loro sforzi».
OBAMA: DEMOCRAZIA GLOBALE IN NOME LIBERTA'
Gli Stati Uniti appoggeranno la democrazia in tutto il mondo, agendo «a nome di coloro che anelano alla libertà».
OBAMA: FRATELLI GAY DEVONO AVERE STESSI DIRITTI DI TUTTI «Noi tutti uomini siamo creati uguali» e «il nostro viaggio non sarà finito finché i nostri fratelli gay non avranno gli stessi diritti degli altri».
OBAMA: PRIORITÀ È RIDURRE DEFICIT
Il presidente americano per il suo secondo mandato tra le sue priorità elenca la necessità di fare dure scelte per ridurre il deficit e i costi della salute e ha ricordato che «la prosperità dell'America» si fonda «sulle larghe spalle di una classe media forte».
OBAMA: «POSSIBILITÀ AMERICA SONO INFINITE»
«Continuiamo oggi un viaggio senza fine» e «possiamo farcela, finché siamo uniti», ha detto il presidente Barack Obama, durante il discorso che sta pronunciando sulla scalinata del Campidoglio dopo avere presto giuramento per iniziare il suo secondo mandato alla Casa Bianca. «Crediamo che la prosperità dell'America debba poggiare sulle spalle di una classe media in crescita. Questa generazione di americani è stata messa a dura prova da crisi che hanno rafforzato la nostra resistenza. Un decennio di guerra sta finendo, la ripresa economica è cominciata, le possibilità degli Stati Uniti sono senza limiti», ha detto ancora.
OBAMA: OBBLIGHI ANCHE SU CAMBIAMENTO CLIMA
«Abbiamo degli obblighi come americani, non solo per noi stessi, ma anche per i posteri. Noi risponderemo della minaccia del cambiamento climatico, sapendo che questo minaccerà le generazioni future».
OBAMA: SICUREZZA E PACE NON GUERRA PERPETUA
«Noi crediamo che la sicurezza e la pace non richiedano una guerra perpetua». Così il presidente degli Usa.
OBAMA: AVANTI COME UNA SOLA NAZIONE
Gli Stati Uniti debbono superare le divisioni e «andare avanti (forward) come una sola nazione ed un solo popolo». Così Barack Obama subito dopo il giuramento davanti a Capitol Hill per il suo secondo mandato. Il presidente ha promesso che l'America di oggi «continua un viaggio che non avrà mai fine».
L'inno americano
È stato il cantante James Taylor a cantare l'inno americano, accompagnato solo dalla sua chitarra acustica, poco prima del giuramento di Barack Obama, che al termine dell'esecuzione l'ha ringraziato.
Parata di celebrità
Sono molte le celebrità e le figure del mondo dello spettacolo che partecipano alla cerimonia di insediamento del presidente Usa. La cantante Beyoncé e il rapper Jay-Z hanno preso i loro posti fuori dal Campidoglio, scambiando qualche parola con il reverendo Al Sharpton, attivista e politico molto in vista negli Usa. Presente anche l'attrice Eva Longoria, che in campagna elettorale ha tenuto discorsi a favore di Obama. Tra le altre celebrità ci sono anche la cantante pop Katy Perry e il compagno musicista John Mayer. Sul posto anche la cantante Kelly Clarkson e il cantautore James Taylor, che si esibiranno durante la cerimonia. Presente pure Bill Russell, ex stella Nba dei Boston Celtics anni '60, atleta di colore fra i più importanti negli Usa per il suo ruolo nel favorire l'integrazione razziale nello sport.
Le figlie e la moglie sul palco
Le telecamere inquadrano le figlie del presidente, Sasha e Malia, che stanno prendendo posto sulla scalinata del Campidoglio, dove si terrà la cerimonia ufficiale. Subito dopo è stata scortata fuori anche la first lady Michelle. Le due ragazze e la first lady hanno preso posto tra gli ospiti d'onore, insieme a Jill Biden, la moglie del vicepresidente Joe Biden. Sono stati inquadrati anche l'ex presidente Bill Clinton e il segretario di Stato uscente Hillary Clinton. Intanto Obama, come riferisce la Casa Bianca, sta salutando lo staff del Campidoglio: «mi è mancato questo posto», ha scherzato.
Le sue parole su twitter
«Sono onorato e grato di avere la possibilità di finire ciò che abbiamo iniziato. Il nostro lavoro comincia oggi. Partiamo». Così Barack Obama su Twitter, mentre si avvicina il suo giuramento pubblico per il secondo mandato alla Casa Bianca.
Sulle copie della Bibbia appartenute proprio a Lincoln e King, d'altra parte, giurerà per il suo secondo quadriennio alla Casa Bianca. Le questioni di politica, invece, resteranno quasi sicuramente in calendario per il discorso all'Unione del prossimo 12 febbraio.
Secondo molti media americani, lo 'speech' di oggi sarà breve, ma non quanto quello di Lincoln, che all'inaugurazione del suo secondo mandato usò soltanto 700 parole, pronunciate in sette minuti. Per lo storico Douglas Brinkley, che ha recentemente incontrato Obama, «corto è meglio».
Il punto è che il discorso di inaugurazione di qualsiasi presidente al secondo mandato è generalmente dimenticato molto rapidamente. Lo dimostra la storia americana, dicono gli esperti. È stato il caso di Ronald Reagan nel 1985. In quell'occasione il clima gelido forzò gli organizzatori dell'inaugurazione a spostare al chiuso la cerimonia pubblica. Non solo: fu la temperatura (-14 gradi circa) e non tanto quanto detto da Reagan ad aprire le pagine di tutti i giornali del giorno dopo.
Se c'è un discorso ancora vivido oggi è quello di Lincoln, pronunciato nel 1865 sei settimane prima del suo assassinio. Le frasi finali di quel discorso, in cui Lincoln invocava una «pace duratura», sono ora in tutte le sale cinematografiche grazie all'omonimo film di Steven Spielberg.

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