Istituzioni, giornali e non solo: vedete alla voce clandestino

Italia-razzismo
l'Unità, 29-03-2011
Macché profughi! Sono tutti clandestini». Così il titolo a tuttapagina de il Giornale di qualche giorno fa, da una dichiarazione del Ministro Roberto Maroni. E di seguito un profluvio di «emergenza clandestini», «esodo di clandestini», «pericolo clandestini».

Non si tratta, però, solo di sciatteria giornalistica; valga per tutti il Presidente della Regione Veneto, quando si dichiara «disponibile ad accogliere profughi e non clandestini», né si distinguono dall’uso debordante del termine suoi colleghi sottosegretari, parlamentari, funzionari pubblici. Chi s’immaginava, fino a ieri, file di clandestini che passavano le frontiere clandestinamente e di notte, magari appesi al fondo di un tir, per poi immergersi nella clandestinità delle nostre città e dei nostri cantieri, deve ora modificare la propria percezione. E chiamare clandestino chi arriva a bordo di carrette stracolme, rimorchiate dalla nostra Marina, accolte dai saluti di altri “clandestini”, alla luce del sole o di grandi riflettori, assediati da una folla di giornalisti e di telecamere. Mai si era visto un fenomeno di clandestinità così lampante e così visibile, determinata da cause altrettanto evidenti e conclamate. Va da sé, poi,che l’uso del termine così “improprio”, genericamente sinonimo di immigrato irregolare, serva a conferire almeno un pizzico di buon senso all’indisponibilità propria e della propria istituzione. In ogni caso, per il vocabolario, “clandestino” è sinonimo di «nacosto» o di «segreto»; l’etimologia, poi, indica nel clandestino «chi si nasconde di giorno, chi s’intrufola» o persino, in età contemporanea, «chi sta in agguato». Come, per dirne una, il piccolo Yeabsera, partorito in mare.

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