Morire nel Mediterraneo

 

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                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 dicembre 2010

Immigrazione: 60 clandestini sbarcano a Barletta
Sono uomini, dicono di essere palestinesi della Striscia di Gaza
(ANSA) - BARLETTA, 27 DIC - Sessanta immigrati clandestini che affermano di essere palestinesi residenti nella Striscia di Gaza sono sbarcati all'una della notte scorsa sul litorale di Barletta, a circa 60 chilometri a nord di Bari. Gli immigrati sono tutti uomini (tra loro vi sono anche alcuni ragazzi) e dicono di essere giunti in Puglia a bordo di un gommone sul quale vi erano 90-100 persone. I clandestini hanno raccontato alla polizia che per raggiungere la costa barlettana sono stati trasbordati su un gommone a gruppi di dieci persone per volta.



Ancora sbarchi sulle coste pugliesi  60 extracomunitari soccorsi a Barletta

la Repubblica, 27-12-2010
Si tratta di cittadini palestinesi, notati sulla spiaggia. Sono tutti uomini (tra loro anche alcuni ragazzi), dicono di essere arrivati con un gommone sul quale vi erano però 90-100 persone
Sessanta immigrati clandestini che affermano di essere palestinesi residenti nella Striscia di Gaza sono sbarcati all'una della notte scorsa sul litorale di Barletta, a circa 60 chilometri a nord di Bari. Gli immigrati sono tutti uomini (tra loro vi sono anche alcuni ragazzi) e dicono di essere giunti in Puglia a bordo di un gommone sul quale vi erano 90-100 persone. I clandestini hanno raccontato alla polizia che per raggiungere la costa barlettana sono stati trasbordati su un gommone a gruppi di dieci persone per volta.
I clandestini sono assistiti dalla polizia, che si è avvalsa della collaborazione di carabinieri, guardia di finanza, capitaneria di porto, della Caritas (che ha fornito abiti asciutti) e del sindaco di Barletta (che ha fornito alimenti). Ora si trovano tutti a Bari per le procedure di identificazione. Le loro dichiarazioni saranno verificate dagli investigatori. Al momento, del gommone e del barcone non è stata trovata alcuna traccia, anche perché l'allarme è stato dato alla polizia da un cittadino che ha notato i clandestini lungo la costa, quindi diverso tempo dopo lo sbarco.
Si tratta dell'ennesimo sbarco sulle coste pugliesi. L'ultimo, tragico approdo, costò la vita a un uomo arrivato su un gommone insieme ad altri 28. Il 14 dicembre scorso, gli immigrati arrivarono in località “Ciolo” al Capo di Leuca in Salento. Erano stati fatti scendere da un gommone in acqua: l'uomo, 29 anni, ha probabilmente sbattutto contro uno scoglio. Soccorsi mentre vagavano scalzi e infreddoliti, furono trasportati in ospedale e nel centro di prima accoglienza di Otranto. Dall'inizio dell'anno sono 1.100 gli extracomunitari che hanno raggiunto le coste della Puglia. Solo il 18 novembre scorso altri 27 afghani furono trovati nella stessa zona. Anche in quell’occasione gli scafisti riuscirono a scappare.
Ma oltre all'allarme c'è un aspetto che preoccupa e inquieta. Una storia che gira da settimane tra i pescatori e le capitanerie di porto, confermata anche da fonti di polizia. Capita da tempo che i pescatori, in particolare nella zona del Gargano, davanti a Zapponeta e in un alcuni tratti della costa adriatica del Salento, tirino su insieme con le reti da pesca non pesci ma uomini. Stranieri, quasi sempre di
colore. È sempre accaduto, ma ultimamente il fenomeno si sta verificando sempre più spesso.



Integrazione degli immigrati, la Regione stanzia i fondi

La Provincia, 27-12-2010
Finalmente la Regione Lazio ha sbloccato i fondi, destinati alla Provincia di Latina, per la promozione delle politiche di integrazione degli immigrati. Grazie a questa iniziativa la giunta provinciale guidata dal presidente Armando Cusani (Preso atto che le risorse complessivamente destinate dalla Regione Lazio, relativamente agli interventi in favore di cittadini stranieri immigrati ammontano, per l'esercizio finanziario 2009 e per l'intero territorio regionale ad 1.200.557,50 euro, e per la sola Provincia di Latina a 150.043,30 euro), ha deliberato il programma triennale degli interventi per l'integrazione dei cittadini stranieri immigrati al fine di attuare le politiche regionali e di individuare in particolare, tra gli altri, gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei piani annuali provinciali riguardanti interventi e servizi a valenza sovra distrettuale. Considerato che la Regione Lazio ha provveduto, al fine di garantire la continuità dei servizi già attivati sul territorio, anche a seguito del mancato finanziamento degli interventi in favore degli immigrati sia per l'annualità 2008 che per l'annualità 2009, alla ripartizione delle risorse tra le Province del Lazio. Stabilito, quindi, le linee guida e i criteri da seguire in ordine alla predisposizione dei programmi provinciali riguardanti interventi e servizi a valenza sovra distrettuale, (precisando tra l'altro le aree di intervento e le priorità, in coerenza con gli obiettivi indicati nelle linee guida) e preso atto della tipologia prevista dalla richiamata normativa ai fini dell'ammissibilità a finanziamento di progetti ed attività a favore dello straniero e delle modalità da seguire per l'assegnazione dei fondi, la verifica delle inizia-
tive, la rendicontazione e quant'altro disciplinato dal "regolamento d'attuazione", si è stabilito di rendere ammissibile a finanziamento per il 2009 (per le attività da realizzare nel 2011), le proposte fatte pervenire da Comuni ed Associazioni.
La Provincia di Latina, tenuto conto dell'esiguità delle risorse regionali assegnate ha ritenuto di dover accogliere tutte le proposte fatte pervenire dai soggetti richiedenti escludendo quindi intervenire a carattere sovra distrettuale jossia a gestione diretta ed assegnando contributi in proporzione percentuale rispetto all'importo da ciascun soggetto richiesto, fino alla concorrenza della somma resa disponibile dalla Regione Lazio. Inoltre l'ente di via Costa si è riservato di procedere ad ulteriori ripartizioni di risorse, integrando quindi proporzionalmente il contributo in assegnazione in virtù del presente provvedimento, solo in presenza di accertate ed eventuali economie di spesa a valere sugli esercizi pregressi o anche, in presenza di risorse aggiuntive regionali.
Si è infine stabilito che le attività comprese nei singoli progetti approvati, potranno essere riformulate alla luce del contributo assegnato, dal momento che lo stesso risulta parziale rispetto alla richiesta di finanziamento, fermo restando però che gli interventi dovranno comunque essere attivati entro e non oltre tre mesi a far data dalla comunicazione di ammissione a finanziamento, dando atto che eventuali economie che potrebbero verificarsi per minor spesa sostenuta (anche con riferimento ad esercizi precedenti) o per mancata realizzazione delle iniziative programmate, verranno ridistribuite nel modo seguente; in favore di progetti che in sede di approvazione sono stati solo parzialmente ammessi a finanziamento; a sostegno di attività che potrebbero comportare in sede di rendicontazione maggiori spese; per il finanziamento di progetti aventi valenza, in termini di realizzazione, pluriennale. Infine, la Provincia ha dichiarato la deliberazione immediatamente eseguibile.



Natale, cena sotto i portici per i senzatetto

la Provincia, 27-12-2010
«Cosa si deve fare per richiamare l'attenzione dei Palazzi del potere sulla condizione degli ultimi?»
Cena di Natale sotto il co-lonnato di piazza del Popolo a Latina. Vi hanno partecipato circa cento senzatetto e poveri. In maggioranza immigrati.   L'iniziativa, organizzata da  Rifondazione Comunista,   ha raccolto il sostegno di commercianti e singoli cittadini, che hanno portato   panettoni,   frutta,   piatti pronti e caldi. Alcuni sono venuti con le pentole ancora fumanti e sono rimasti per distribuire i piatti. Oltre ai senzatetto già conosciuti, al popolo dei cassonetti e ai clochard oramai familiari, hanno partecipato alla cena immigrati di varie nazionalità. Ne sono state conta¬te una ventina. L'ospite più piccolo, il figlio di una ambulante nigeriana: sei mesi. Avvertito all'ultimo momento è venuto anche un ragazzo di venti anni dello Sri Lanka che , di solito, staziona al distributore di benzina per dare una mano in cambio di spiccioli. Non mangiava da 24 ore. Un clochard rumeno, che vive in periferia, dentro un'automobile abbandonata, è stato accompagnato alla mensa perché non riesce più a camminare bene. Un gruppo di immigrati magrhebini, riuniti dentro la stazione delle autolinee, ha raggiunto la mensa per ultimo. C'era da mangiare in abbondanza. Quello che è avanzato è stato portato a famiglie con bambini che vivono in condizioni di povertà e agli ospiti del dormitorio. «E' la terza cena in piazza che abbiano organizzato nel giro di venti giorni -dice Sergio Sciandone, segretario di Rifondazione Comunista - per il nostro gruppo è stato un grande sforzo, ma la risposta è stata al di la delle aspettative. Ieri, la sera di Natale, erano presenti tanti nostri militanti. Ci ha incoraggiato la partecipazione dei cittadini, simpatizzanti e non, che ci hanno dato una mano.»



Il 28 e 29 Dicembre un presidio antirazzista a Trapani

marsala.it, 26-12-2010
Undici anni, ma sembra ieri. La strage dell’allora Centro di Permanenza Temporanea “Serraino Vulpitta” – (istituito con la legge Turco-Napolitano) in cui sei migranti persero la vita in seguito a un tentativo di fuga – continua a essere attualissima nella sua tragicità.
Le rivolte, le fughe, gli atti di autolesionismo e le vibranti proteste dei migranti continuano a caratterizzare la quotidianità di questa struttura come di tutti i Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) in Italia. Negli ultimi mesi, da Torino a Milano, da Bologna a Bari, da Gradisca d’Isonzo a Crotone, tutti questi lager del terzo millennio, impermeabili a qualunque forma di controllo dall’esterno, sono diventati polveriere in cui è scoppiata la rivolta dei reclusi.Sempre e soltanto per chiedere quello che spetta a tutte e tutti, a prescindere dal luogo in cui si è nati: libertà e diritti.
A Trapani è stato praticamente ultimato un nuovo e più grande Centro di Identificazione ed Espulsione in contrada Milo, all’estrema periferia della città.
L’inasprimento della repressione si misura drammaticamente nelle norme contenute nel cosiddetto pacchetto-sicurezza in cui non solo si dispone la costruzione di nuovi centri di internamento per migranti, ma anche il prolungamento della detenzione fino a sei mesi e il carattere penale del reato di clandestinità.
Ottenere il permesso di soggiorno è sempre più difficile e, così, la mancata regolarizzazione serve a creare un’enorme massa di manodopera a basso costo alla mercé degli sfruttatori, esposta al ricatto della clandestinità, delle mafie e dei trafficanti di esseri umani. E quando non riescono ad approdare sulle coste italiane, i migranti vengono respinti in mare dalle motovedette libiche (con la complicità del governo italiano) per poi essere reclusi nei centri di detenzione di Tripoli o mandati a morire nel deserto.
• Per ricordare Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti, Nasim morti nel rogo del 1999 e tutti i migranti annegati in mare, morti lavorando nelle campagne o nei nostri cantieri.
• Per la chiusura del Centro di Identificazione ed Espulsione “Serraino Vulpitta” e contro l’apertura del nuovo CIE di contrada Milo.
• Per la chiusura di tutti i CIE, per l’abolizione delle leggi razziste (Bossi-Fini e pacchetto-sicurezza).
• Per l’eliminazione del legame obbligatorio tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno.
• Per il riconoscimento dei diritti fondamentali per tutti, immigrati e non.
• Per la libertà di movimento di tutte e tutti, in Italia e nel mondo.
• Per la solidarietà e la giustizia sociale, contro il razzismo e la repressione.
Coordinamento per la Pace, Circolo "aMalaTesta", Emergency di Trapani,orgnaizzano un presidio per i giorni del 28 e 29 Dicembre.



Il permesso solo con il test di italiano  Ma non ci sono corsi per imparare

la Repubblica, 25-12-2010
VLADIMIRO POLCHI
Dal 9 dicembre scorso il rilascio del documento per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento di un esame di conoscenza della linuga. La prenotazione si può fare online. Però non esiste un piano per l'insegnamento. E le procedure aggravano e allungano il lavoro dell'amministrazione pubblica, creando problemi a chi ha la carta in scadenza
ROMA - Sai distinguere la pubblicità di un aspirapolvere da quella di un divano? Sei in grado di dare o comprendere delle indicazioni stradali? Se la risposta è no, scordati la carta di soggiorno. La novità risale al 9 dicembre scorso: da quel giorno, infatti, il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo (ex carta di soggiorno) è subordinato al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.
Come funziona la nuova procedura. I cittadini stranieri possono prenotare online la prova d'esame attraverso la pagina dedicata 1 sul sito del ministero dell'Interno. La richiesta viene acquisita dal sistema e trasferita alla prefettura competente. Se la domanda risulta regolare, la prefettura convoca l'immigrato entro 60 giorni, sempre per via telematica, indicando giorno, ora e luogo del test. Le prime prove d'esame non si dovrebbero dunque tenere prima di febbraio 2011. Il test richiede una conoscenza elementare della lingua italiana e in caso di bocciatura si può rifarlo, presentando una nuova domanda. Dove viene svolta la prova? Presso i Centri Provinciali per l'Istruzione degli Adulti, presenti sul territorio nazionale.
Chi è esentato. Non deve sostenere la prova d'esame chi ha degli attestati che certifichino la conoscenza dell'italiano
a un livello non inferiore all'A2 del Quadro comune di riferimento europeo; chi ha titoli di studio o titoli professionali (diploma di scuola secondaria italiana di primo o secondo grado oppure certificati di frequenza relativi a corsi universitari, master o dottorati); chi è affetto da gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico.
Tempi lunghi. "Di fatto questo test - avverte il responsabile del servizio immigrazione del Patronato Acli, Pino Gulia - aggrava il lavoro già oneroso dell'amministrazione pubblica e rischia di prolungare ulteriormente le procedure per il rilascio dell'ordinaria documentazione necessaria ai cittadini stranieri, creando problemi a quanti hanno oggi in scadenza il permesso di soggiorno e sono in possesso dei requisiti per richiedere il permesso per lungo-soggiornanti".
Test senza corsi. "L'anomalia di questa procedura - aggiunge Antonio Russo, responsabile immigrazione per le Acli - è quella di istituire una prova della conoscenza della lingua, senza aver prima previsto e progettato un piano articolato per l'insegnamento della lingua italiana. Chiediamo cioè agli immigrati di fare i test senza avergli mai fatto fare i corsi, se non quelli affidati all'iniziativa dei soggetti di volontariato".



Albania, la forza del pregiudizio

Alessandro Leogrande
Vi racconto una piccola avventura pre-natalizia, che però è specchio della Puglia e dell’Italia odierne. Sabato scorso mi sono imbarcato su un traghetto Red Star Valona-Brindisi. Il traghetto sarebbe dovuto partire alle 12,30 dall’unico molo della città albanese e arrivare a Brindisi alle 17,30. Ma il mare era molto agitato, e per molte ore il comandante non è riuscito ad attraccare. Così le operazioni di imbarco sono iniziate solo intorno alle 15,00. Siamo partiti alle 18,00, ed è stata una traversata a dir poco epica, con il mare a forza sei, in piena burrasca.
Io e la mia compagna, Ornella, eravamo gli unici italiani a bordo. Per il resto, il traghetto era pieno di famiglie albanesi in viaggio, per le vacanze natalizie, verso i propri famigliari che vivono e lavorano in Italia. A vent’anni dai primi sbarchi, dal 15 dicembre scorso gli albanesi non hanno più bisogno del visto per entrare in Italia (e in generale nell’Ue). Basta il passaporto biometrico. Ciò segna una piccola rivoluzione nelle relazioni tra i due paesi, e ha il potere di uno spartiacque storico che prelude a una sempre maggiore integrazione dell’Albania in Europa. Tuttavia nella vita delle singole persone e delle famiglie che vivono sulle rimesse degli immigrati (cioè la stragrande maggioranza) ciò ha significato un altro cambiamento. A Natale (cioè ora) e in agosto, in futuro, non ci sarà più un unico flusso di ritorno per le ferie da Bari e Brindisi verso l’Albania. I viaggi saranno pieni nei due sensi di marcia. Tanta gente andrà in Albania, passando per i porti pugliesi, per tornare dalle proprie famiglie. Altrettante famiglie (laddove possano permetterselo) verranno in Italia, passando per i porti pugliesi, per toccare con mano la “nuova vita” dei propri parenti.
Questo Natale è il banco di prova. Io e Ornella abbiamo fatto tutto il viaggio con una famiglia di Lushnje (Albania centrale): madre, padre, zia, e tre ragazzi, che intendevano raggiungere il figlio maggiore che vive a Latina con la moglie e fa il muratore. Viaggiavano insieme ad altre famiglie simili alla loro su una corriera Lushnje-Fier-Valona-Brindisi-Latina-Roma-Firenze (con viaggio in mare incluso). Erano partiti alle 7,00 del mattino e sarebbero arrivati a destinazione solo nel corso della giornata successiva.
Non erano mai stati in Italia, e solo uno dei ragazzi parlava correntemente in italiano. Insomma, quella che si sta mettendo in viaggio in questi giorni (munita di passaporto biometrico) è l’Albania rurale, quella delle città e dei villaggi dell’interno, l’Albania degli anziani che vengono a trovare i propri figli, ancora carichi di arance, mandarini, formaggi, come gli immigrati meridionali di un tempo. (Ogni volta che ho preso un traghetto da o per l’Albania mi sono tornate in mente le pagine di “Conversazioni in Sicilia” di Vittorini che raccontano il ritorno in traghetto verso l’isola, gli immigrati a bordo, e un vecchio che sbuccia lentamente un’arancia…) Per farla breve, siamo arrivati a Brindisi a mezzanotte, dopo interminabili ore di saliscendi, con onde alte oltre tre metri che hanno costretto quasi tutti a rimettere in bianche buste di plastica distribuite dall’equipaggio.
Nonostante il maltempo e il ritardo nella partenza, le operazioni di check-in al porto di Valona erano state molto rapide. Insieme al nostro, partiva per Brindisi anche un altro traghetto della Agoudimos, ma tutte le operazioni di controllo passaporto, per oltre 500 persone, erano state sbrigate in 15-20 minuti. Al porto di Valona ci sono quattro sportelli (uno per i cittadini stranieri, tre per i cittadini albanesi) e le file sono indicate da nastri avvolgibili disposti parallelamente. Tutto si svolge ordinatamente.
Al porto di Brindisi, invece, questa massa umana scesa dai traghetti, e spossata dal mare in burrasca, si è trovata davanti il niente. Non un indicazione, non un messaggio. Solo una porticina con su scritto “Dogana”, e delle transenne disposte in modo pericoloso, disordinatamente. Per mezz’ora non si è fatto vivo nessuno. Poi sono spuntati due poliziotti, e le operazioni di controllo sono iniziate con una lentezza insopportabile, e indecente per qualsiasi porto o aeroporto del primo e del secondo mondo.
Io e Ornella siamo riusciti a uscire dal porto solo alle 2,30 del mattino, ma in quelle ore abbiamo potuto assistere a uno spettacolo indecoroso. Non essendo indicate delle file da rispettare, uomini donne vecchi e bambini (molti in fasce) sono rimasti accalcati al freddo sul molo, davanti a quel pertugio. Per tutta risposta, un ispettore di polizia urlava contro quella massa inerme e fin troppo rispettosa del disordine, per gli standard nostrani: “Che cazzo spingete! Bestie eravate, e bestie siete rimasti…”
Sono rimasto allibito: una palese inefficienza di un porto italiano è stata tramutata in una questione di ordine pubblico, e tranquilli passeggeri che viaggiavano (con biglietto e passaporto) immediatamente trasformatati in irregolari o “selvaggi” appena sbarcati da un gommone del passato. Quando mi sono presentato come giornalista italiano, mi è stato risposto che d’estate è pure peggio, che col caldo qualcuno sviene, e nessuno finora si è impegnato perché le cose mutassero davvero. “Lo scriva, così forse cambia qualcosa…” E speriamo davvero che qualcosa cambi. Ma in attesa che lo scalo di Brindisi raggiunga standard non dico europei, ma almeno valonesi, gli insulti razzisti lasciamoli da un'altra parte.



Patriarca Kirill: limitare l’immigrazione inasprisce le tensioni interetniche

Asianews, 27-12-2010
Nina Achmatova
Il Patriarcato di Mosca interviene sul clima di crescente xenofobia a Mosca. Contro le violenze tra nazionalisti e caucasici si mobilita la società civile.
Mosca – L’intolleranza interetnica a Mosca continua a essere uno dei problemi in cima all’agenda politica e religiosa. Mentre il Cremlino cerca di tenere sotto controllo le spinte xenofobe contro la popolazione dal Caucaso e la rappresaglia degli immigrati - che l’11 dicembre scorso hanno dato vita a una vera e propria guerriglia urbana al centro della capitale - anche il Patriarca di Mosca interviene per placare gli animi.
“I fedeli ortodossi – ha detto Kirill in occasione dell’Assemblea diocesana del clero moscovita – devono farsi pionieri del superamento delle tensioni interetniche. Siamo chiamati a essere esempio della benevolenza cristiana verso tutti coloro che hanno bisogno del nostro aiuto, cura e compassione, senza eccezione”. Il Patriarca russo-ortodosso ha sottolineato che “l’idea della superiorità nazionale (portata avanti da gruppi nazionalisti spesso spalleggiati dal potere, ndr) è aliena all’ortodossia, come pure l’ostilità nei confronti di rappresentanti di altre religioni”.
Kirill ha ricordato che criminalità e violenze tra gli immigrati nascono non dal male insito in ogni persona, ma spesso “da disperazione e ingiustizie subite”. Ha poi condannato l’inasprimento delle regole per frenare l’immigrazione come strumento per combattere le tensioni interetniche: “In questo modo le questioni più dolorose rimangono senza risposta e generano solo nuovi problemi”.
Intanto, all’escalation di xenofobia vissuta nelle ultime due settimane da Mosca, ha risposto la società civile. Intellettuali, gente comune, artisti e attivisti per i diritti umani si sono radunati in una manifestazione dal titolo “Mosca per tutti” nella centralissima piazza Pushkin il 26 dicembre. 

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