Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 marzo 2012

Immigrati, in 54 sbarcano a Lampedusa. A Trapani salvati 5 magrebini attaccati a boa
Palermo, 16 mar. - (Adnkronos) - Nuovo sbarco di immigrati sull'isola di Lampedusa. Poco dopo le due della notte un barcone con a bordo 54 migranti, tra cui quattro minori, è arrivato direttamente in porto senza essere notato da Guardia costiera o Guardia di Finanza. I 54, che sostengono di essere libici, sono stati notati al loro arrivo e subito soccorsi. L'ultimo sbarco sulla maggiore delle Pelage risaliva a due settimane fa.
Nella notte la Guardia Costiera ha poi soccorso un gruppo di immigrati magrebini aggrappato a una boa a poca distanza dalla costa di Marsala (Trapani). I cinque immigrati erano a bordo di una piccola imbarcazione rimasta incastrata sul basso fondale e così si sono aggrappati alla boa. A dare l'allarme alcuni cittadini che nella tarda serata di ieri hanno avvertito le forze dell'ordine. Gli altri migranti che erano sulla barca, non si sa quanti, hanno raggiunto la riva a nuoto e sono adesso ricercati.



Immigrazione: in migliaia a Lampedusa senza problemi sanitari
(ANSAmed) - PALERMO, 15 MAR - Nel 2011, a fronte di 49 mila migranti sbarcati a Lampedusa, sono stati soltanto 203 quelli ricoverati negli ospedali siciliani: 112 uomini e 91 donne. Una percentuale bassissima, che dimostra come le condizioni di salute degli extracomunitari fossero buone. Se n'e' discusso a palazzo dei Normanni, a Palermo, nella conferenza dal titolo 'Multiculturalita': di necessita' virtu'', finanziata dall'assessorato regionale della Famiglia delle politiche sociali e del lavoro, patrocinata dal presidente dell'Ars, Francesco Cascio. A realizzarla l'Associazione Eupsiche di Palermo.
I dati sui tassi di ospedalizzazione dei migranti sono stati forniti da Linda Pasta, responsabile medico dei migranti dell'azienda ospedaliera 'Villa Sofia-Cervello'. ''Esiste nell'immaginario collettivo un pensiero - ha detto Pasta - secondo cui si tratta di persone con diverse malattie: questa e' un'immagine sbagliata. I dati dimostrano che sono persone sane''. Sempre in tema di immigrazione, si e' discussione dei processi d'integrazione. Tanto che Massimo Rizzuto, assessore provinciale alle Politiche sociali e giovanili, ha spiegato che ''i fondi europei sono una grossa opportunita' per avviare politiche d'integrazione. Queste risorse possono essere utilizzate insieme con i finanziamenti degli enti locali. Grazie a un finanziamento Pon - ha aggiunto Rizzuto - il Palazzetto Orlando diventera' un centro d'incontro tra le istituzioni e le diverse etnie presenti in citta'''. Nel corso della conferenza diversi cittadini provenienti da altri Paesi hanno parlato della propria esperienza di immigrati ormai integrati a Palermo e della loro attivita' di sostegno all'integrazione degli immigrati. (ANSAMED).



Ius soli, l’Italia ha già scelto
Europa, 16-03-2012
Andrea Olivero
Sono 109.268 le firme raccolte per concedere la cittadinanza ai figli degli immigrati che nascono in Italia (da almeno un genitore legalmente residente da 1 anno), 106.329 quelle per estendere il diritto di voto nelle elezioni amministrative agli stranieri residenti da almeno 5 anni.
In tutto, oltre 200mila firme per i diritti di cittadinanza consegnate nei giorni scorsi alla camera dei deputati. Sono i risultati conclusivi della campagna “L’Italia sono anch’io” promossa dalle Acli con altre 18 organizzazioni della società civile, di area laica e religiosa, di orientamenti anche diversi: dall’Arci alla Caritas, dalla Cgil all’Ugl, dalla fondazione Migrantes della Cei alla Federazione delle evangeliche in Italia.
Un risultato straordinario e per certi versi inatteso, su un tema difficile e delicato, destinato necessariamente a riaprire il dibattito politico sull’immigrazione e la cittadinanza, rilanciato in maniera autorevole e incalzante, all’inizio di quest’anno, dal presidente della repubblica Giorgio Napolitano.
Un dibattito incappato recentemente in uno spiacevole incidente di percorso, di cui Europa ha dato opportunamente conto, che ha coinvolto persino un leader di sicuro profilo riformista come Francesco Rutelli. Nessuna delle proposte in campo prevede la concessione automatica della cittadinanza italiana “a chiunque nasca, magari casualmente, sul nostro territorio nazionale”. Tutti i progetti di riforma presentati in parlamento, compresa la proposta della campagna “L’Italia sono anch’io”, prevedono – quale più, quale meno – il requisito della stabilità di residenza di uno o di entrambi i genitori.
Il dibattito va dunque sgomberato da equivoci e falsità, soprattutto in questa nuova stagione politica che chiede a tutti un di più di responsabilità e lungimiranza, la capacità di guardare al futuro con uno sguardo aperto alle grandi trasformazioni che stanno attraversando il paese. Forse la spinta dal basso da parte dei cittadini italiani, rappresentata da questa campagna di sensibilizzazione, può offrire la chiave di volta per orientare la discussione sul giusto binario.
Si registra da più parti, nel paese, il bisogno di aprire una nuova fase di segno riformista, orientata al riconoscimento del diritto di ogni donna e di ogni uomo di sentirsi appieno cittadino italiano. Il bisogno e l’attesa di una ripartenza sui grandi temi, non solo economici, che interrogano il futuro dell’Italia. Tra cui, appunto, il tema dell’immigrazione.
Se esiste una via di uscita dalla grave crisi che stiamo attraversando, non può che passare dalla valorizzazione delle spinte innovative, creative e anche imprenditoriali presenti nel nostro paese e provenienti da culture diverse. È la promozione del valore aggiunto dei cittadini di origine straniera presenti in Italia, che già oggi contribuiscono alla sua crescita economica e sociale, che con i loro figli – le cosiddette seconde generazione – contribuiscono alla sua crescita umana e culturale.
Per questo crediamo che la discriminante del diritto di cittadinanza non può più essere solamente la condizione di nascita (lo ius sanguinis), ma deve essere la condivisione e l’accettazione di un comune patto etico e sociale. Qualcosa di più anche del semplice ius soli, che è forse lo ius culturae di cui parla il ministro Andrea Riccardi. Il paese è pronto per questo cambio di passo. Oggi più di ieri ci sono le condizioni per cui il parlamento sia all’altezza delle attese dei suoi cittadini.
La legge sulla cittadinanza ha 20 anni esatti di vita. È giunto il tempo di cambiarla, con lo sguardo rivolto al futuro.



A Fîrenze i senegalesi fanno nero Renzi: ci ha difesi per avere consensi, poi è sparito
ItaliaOggi, 16-03-2012
ANTONIO CALITRI
La comunità senegalese di Firenze va all'attacco di Matteo Renzi. Che tre mesi fa, quando vennero uccisi due ambulanti africani da un militante dell'estrema destra cittadina si impegnò per la difesa e l'integrazione dell'intera comunità di immigrati, convoco un consiglio comunale straordinario, apri loro il Salone dei Cinquecento e annunciò tante altre initiative contro il razzismo. E che dopo tre mesi, allontanatasi l'eco di quell'episodio del 13 dicembre 2011 si sarebbe dimenticato di tutte le promesse e avrebbe perfino negato un incontro al leader della comunità Papa Diaw. Il senegalese che nei momenti caldi seguiti agli omicidi riusci a tenere a freno i suoi che minacciavano proteste violente, trasformando il tutto in una marcia di pace. E che in occasione della commemorazione dei due ha deciso di denunciare il comportarmento del sindaco, che nei giorni caldi si è impegnato più per la sua immagine politica e magari per sfondare a sinistra, dove di solito non lo votano, che per il vero interesse dei senegalesi che vivono a Firenze. «In questi tre mesi abbiamo più volte cercato di contattare il sindaco Matteo Renzi per avviare insieme a lui una piattaforma di iniziative contro il razzismo, tutt'altro che sopito in città dopo la strage avvenuta nel dicembre scorso», ha detto Diaw, «Avremo voluto anche proporgli l'apertura di un centro per promuovere la cultura dell'antirazzismo ma nemmeno con una lettera formale a lui spedita dalla nostra comunità è stato possibile avere risposte o fissare un incontro. Dall'amministrazione è arrivato solo silenzio». I senegalesi accusano quell'eccesso di impegno, dal lutto cittadino al consiglio comunale straordinario nei Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio aperto agli immigrati seguito dal nulla. A cercare di difendere il sindaco che ha preferito non intervenire direttamente nella polemica ci ha provato l'assessora alla legalità Rosa Maria Di Giorgi con una nota che nega il disinteresse ma che non ha convinto per nulla i senegalesi.



Due anni fa eravamo 40mila, adesso siamo pochi. Perché lo sciopero degli immigrati è fallito?
Coprriere della sera, 16-03-2012
Jean Claude Mbede

Due anni fa, la polizia comunicava -quasi sorpresa- i numeri della prima edizione di “una giornata senza di noi”. Circa 40 mila persone erano in piazza Duca d’Aosta a Milano per la prima edizione dello sciopero degli immigrati battezzato “una giornata senza di noi” (nella foto). Secondo Francesca Terzoni, l’allora coordinatrice nazionale, l’evento aveva un obbiettivo: “La lotta per l’inversione delle tendenze culturali in Italia, dalla chiusure verso l’apertura degli italiani nei confronti degli stranieri”. Perché -spiegava- “è assurdo mantenere in uno stato di inferiorità giuridica e sociale quasi 6 milioni di cittadini stranieri che convivono con noi”. Gli immigrati regolarmente residenti in Italia ritengono di essere vittime delle “politiche sbagliate, razziste e xenofobe del governo che incidono sul loro quotidiano”. Due anni dopo, lo scorso primo marzo, sulla stessa emblematica piazza di Milano, appena qualche centinaia di persone sono venute alla manifestazione.
Francesca Terzoni ne parla con nostalgia: “Del primo marzo, quest’anno si è sentito poco e niente,-scrive sul blog personale-. La terza edizione è stata un fallimento totale”, sentenzia. Francesca è stata costretta a lasciare poco dopo il gran successo di 2010 oppure di condividere l’organizzazione con i tanti sindacati che si vedevano soppiantati dal singolo comitato sul loro terreno. Una serie di lotte che hanno finito per infastidire gli stessi immigrati pertanto accusati di non voler partecipare:”Non è vero che gli immigrati non vogliano partecipare”, dice Saidou Moussa Ba, leader del comitato Immigrati auto-organizzati di Milano. “Il discorso è il coinvolgimento anche perché l’iniziativa di oggi è stata fatta per fare una festa, non uno sciopero come all’origine del “primo marzo”. Ma la festa la possiamo fare a casa”, conclude. Alcuni sindacati non negano l’esistenza di “un problema organizzativo”, secondo l’opinione di Stefano Bettera di Legambiente Milano.”Alcuni immigrati non ottengono i permessi al lavoro per venire alla manifestazione”, dice, poi ”credo che il problema sia sopratutto la mancanza di un impegno sia dalla parte delle istituzioni che della politica che non hanno ancora capito la necessità di governare l’immigrazione”. Dentro le immunità straniere, voci si fanno vive per criticare l’atteggiamento degli stessi immigrati colpevoli di auto-discriminazioni che “non fanno bene” all’integrazione.



stat: immigrati triplicati in 8 anni In Italia sono più di 4,5 milioni
ultimo aggiornamento: 16 marzo, ore 09:36
Roma - (Adnkronos) - Il presidente dell'Istituto di statistica Enrico Giovannini: ''Superano i 5 milioni se si considerano gli irregolari. I lavoratori stranieri "inviano rimesse verso i Paesi di provenienza per lo 0,5% del Pil''. Emerge tuttavia una forte disparità di trattamento economico tra un lavoratore straniero e uno italiano: il reddito medio del primo è infatti pari al 56% del secondo
In 8 anni il numero di stranieri residenti in Italia si è triplicato, superando i 4,5 milioni di presenze. A questi vanno aggiunti i circa 600.000 stranieri senza permesso di soggiorno stimati dalla Caritas. Lo afferma il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, durante un incontro su 'Etica e immigrazione'.
"Certo, sul conteggio incide la regolarizzazzione intervenuta in questi anni -sottolinea Giovannini-, ma anche i numerosi ricongiungimenti famigliari, soprattutto dai Paesi europei". I lavoratori immigrati "inviano rimesse verso i Paesi di provenienza per lo 0,5% del Pil, dato in notevole crescita, visto che nel 2000 era pari allo 0%". Un dato preoccupante per l'integrazione, indica Giovannini, è però la disparità di trattamento economico di un lavoratore straniero rispetto a uno italiano: l'Istat rileva che il reddito medio del primo è pari al 56% del secondo.
Ulteriore preoccupazione viene dal tasso rilevato di abbandono scolastico: se il 13% dei giovani italiani lascia la scuola per il lavoro, il dato schizza a "più del 40% per i giovani stranieri: magari anche perché le loro famiglie sono tornate nei Paesi di provenienza, ma è comunque un dato altissimo, che potrebbe esporre a un rischio criminalità, come dimostra il recente fenomeno delle gang giovanili" di stampo etnico.



Lombardia: crescono gli immigrati, aumenta l’integrazione, continuano a farsi sentire gli effetti della crisi economica.
Presentato il rapporto dell’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità.
ImmigrazioneOggi, 16-03-2012
Oltre 1,3 milioni gli immigrati presenti in Lombardia originari di Paesi a forte pressione migratoria, aumentati del 7% nell’ultimo anno, mentre continuano a farsi sentire gli effetti della crisi economica con un tasso di disoccupazione della popolazione straniera raddoppiato rispetto al 2008.
Sono i dati diffusi ieri del rapporto Immigrazione in Lombardia curato dall’Osservatorio regionale per l’integrazione e la multietnicità (Orim). Il rapporto stima come, al 1 luglio 2011, la popolazione straniera proveniente da Paesi a forte pressione immigratoria (Pfpm) presente in Lombardia ammonti a 1 milione e 269 mila unità (numero che comprende anche gli immigrati irregolari), 81 mila in più rispetto al primo luglio del 2010 (+7%) quando le presenze stimate erano pari a 1 milione e 188mila.
Gli immigrati in Lombardia rappresentano il 23,7% del totale nazionale valutato in poco meno di 5 milioni e 187 mila immigrati provenienti da Pfpm. Nella Regione si contano 13 stranieri ogni 100 residenti. In cima alla classifica ci sono i rumeni con 172,2mila unità (+7,3% rispetto al 2010, in cui erano 160,5mila), seguiti dai marocchini con 131,8mila e dagli albanesi con 118,6mila unità.
La crisi economica, tuttavia, si ripercuote anche sulla manodopera immigrata, al punto da far raddoppiare i tassi di disoccupazione: nel 2011 il livello di disoccupazione tra gli immigrati con età superiore ai 14 anni presenti in Lombardia è del 12%, quasi il doppio rispetto al 2008 quando era al 6,9%. Le assunzioni di lavoratori immigrati sul territorio lombardo nel 2011 sono tra le 18 e le 20 mila unità, meno della metà rispetto al 2007 quando gli assunti erano a quota 40mila. Rimane stabile invece la componente irregolare: i soggetti privi di un valido titolo di soggiorno sono stimati in 116 mila unità, tremila unità in più rispetto al 2010.
Il rapporto dell’Orim mostra inoltre come gli immigrati presenti in Lombardia siano sempre più integrati. L’indicatore che ne misura l’intensità (e che vale 0 in caso di assenza di integrazione e 1 in caso di massima) è passato da un valore medio di 0,40 nel 2001 a 0,65 nel 2011. Merito dell’istituzione familiare che secondo l’Orim rappresenta un forte elemento di coesione sociale. Tanto che in Lombardia uno straniero su tre vive in un nucleo familiare completo, con coniuge e almeno un figlio, mentre sono oltre 67 mila gli stranieri sposati o con partner italiano.



"Brutti, Sporchi e Cattivi. L’inganno mediatico sull’immigrazione a Bisceglie"
La presentazione del libro del biscegliese Giulio Di Luzio
Bisceglielive.it, 16-03-2012
Mimì Capurso
Riceviamo e volentieri pubblichiamo un articolo a firma di Mimì Capurso sul convegno organizzato nei giorni scorsi a Bisceglie sul delicatissimo tema dell'immigrazione e sull'integrazione degli extracomunitari presenti sul territorio cittadino.
«In questo momento di gravi crisi economica e disoccupazione, l’immigrazione straniera in Italia si somma ad un disagio sociale già profondo; soprattutto nelle zone in cui l’immigrazione è massiccia, la popolazione locale vede messo in discussione il proprio tradizionale modo di vita e le proprie abitudini. Solidarietà e accoglienza paiono a prima vista più difficili.
A Bisceglie fino al gennaio 2012 erano presenti 1.004 stranieri, 414 maschi e 590 uomini. I dati sono quelli del nostro Comune.
“Cosi pochi?”, domanderete voi lettori di BisceglieLive.it. Beh, è evidente, va da sé, ci sono di sicuro stranieri non censiti, praticamente clandestini. Il problema degli immigrati in attesa di asilo va affrontato con razionalità e non con emotività, causa, quest’ultima, del pericoloso diffondersi di vischiose “campagna di terrore” che oltre a demonizzare gli immigrati - clandestini e non - li descrivono addirittura come terroristi.
E da noi, qual è la situazione? “La struttura privata dell’Opera Don Pasquale Uva ( ex Villa san Giuseppe) sta ospitando attualmente 80 immigrati richiedenti asilo. Il richiedente asilo è colui che fugge dal proprio Paese di origine perché perseguitato. Lo status del richiedente è tutelato dalla Convenzione di Ginevra; noi come Stato italiano abbiamo sottoscritto questa convenzione e dobbiamo rispettarla accogliendo chi è perseguitato nel proprio Paese. La locale sezione di Forza Nuova, movimento politico italiano di estrema destra, presente a Bisceglie da poco più di un anno, monta la polemica politica sulla presenza degli extracomunitari in casa nostra.
“E’ una questione di ordine pubblico. Una questione legata agli immigrati (probabilmente anche clandestini) che ‘padroneggiano’ in prossimità dei supermercati e delle attività commerciali, richiedendo somme di denaro a ‘titolo oblazione’. Sollecitiamo il locale Comando di Polizia Municipale affinché provveda con i suoi uomini ed i suoi mezzi a ripristinare l’ordine e la disciplina, nonché a censire questi immigrati”, scrive in una nota Valeria Losciale, giovane coordinatrice di Forza Nuova.
E Vincenzo de Pinto, ex Consigliere Comunale, oggi responsabile della sicurezza urbana de “La Destra” afferma: “ Saremo invasi da centinaia di clandestini a Bisceglie!”.
Ora cedo la parola al  giovane Cappellano del Monastero di san Luigi, don Domenico Savio Pierro: “Dio non fa preferenze di persone, poiché tutti gli uomini hanno la stessa dignità di creature a Sua immagine e somiglianza. A partire da questa base su cui tutti, credenti e non, uomini di tutte le fedi e credenze, dovremmo concordare possiamo ammettere il valore positivo ed edificante dell’accoglienza e, direi di più, della giusta valorizzazione degli immigrati. Poiché sul volto di ogni uomo risplende qualcosa della gloria di Dio. La Chiesa non può che incoraggiare a vedere in coloro che lasciano la patria, gli affetti, la propria casa e la terra delle persone da accettare e da far sentire incluse in un progetto ad ampio respiro che si chiama solidarietà e senso della giustizia sociale”.
A metà gennaio scorso, le locali sezioni della “Fabrica di Nichi” e di “Sinistra Ecologia e Libertà”, hanno promosso un incontro-dibattito, nella sede della Fabbrica di via Tupputi 23, sul tema “Uno sguardo sull’immigrazione a Bisceglie”. Nell’occasione è stato presentato il nuovo libro del concittadino, Giulio Di Luzio, dal titolo: “Brutti, Sporchi e Cattivi- L’inganno mediatico sull’immigrazione “.
Relatori, oltre all’autore del libro, il Superiore dei religiosi Vincenziani  della “Casa della Missione” di via Imbriani , Padre Biagio Falco; Rufina Di Modugno, storica membro della Caritas cittadina. Autorevoli interventi del Consigliere Comunale, ing. Giovanni Papagni ( SEL) e del dr. Domenico Storelli (PDL), Consigliere e Vicepresidente Vicario del Consiglio comunale. Coordinatore e conduttore  dell’evento, Silvia La Franceschina (nella foto con la storica vincenziana, Suor Luisa),  erudita giornalista pubblicista.
Promotore dell’incontro, Maurizio Monopoli, Dirigente politico della sezione biscegliese della SEL.
“Dall’incontro - ha detto Silvia La Franceschina - è emerso come l’opinione pubblica sia strumentalizzata dalla scorretta informazione che diffondono i media, che demonizzano ingiustamente la figura degli immigrati, facendoli apparire come una minaccia per noi quando piuttosto rappresentano un enorme valore aggiunto”.



«MARE CHIUSO» Segre, film choc sui respingimenti
Avvenire, 15-03-2012
Luca Pellegrini
?C’è la Terraferma, ed è un miraggio per i migranti che Emanuele Crialese ha raccontato addolcendo la tragica realtà. Attorno, un Mare chiuso, il Mediterraneo, solcato da carrette stipate di corpi. Il fato, che spesso nasconde la nemesi agli oltraggi della storia, ha voluto che nel 2009, all’indomani del trattato siglato dagli allora governi di Italia e Libia, su uno di questi precari vascelli della speranza, poi diventati della vergogna, insieme ad un gruppo di somali ed eritrei ci fossero anche due giornalisti francesi di Paris Match. Non avrebbero mai immaginato che sarebbero diventati testimoni, filmando con i loro cellulari, del primo caso di respingimento di migranti in acque internazionali. Sfruttando quelle precarie immagini, come le vite che vi si specchiano, Stefano Liberti e Andrea Segre hanno deciso di scrivere un documentario che nella sua stringata durata, appena un’ora, contrapponesse le testimonianze terrificanti di molti dei respinti alle dichiarazioni dei politici, confrontandole con la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo che nel febbraio scorso ha condannato l’Italia per aver violato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Spiega Stefano Liberti: «Abbiamo recuperato molte testimonianze non solo per rivendicare una giustizia personale, ma anche per assicurare che una vergogna del genere non accada mai più». «In questo episodio non può più nascondersi la responsabilità della politica – dichiara il deputato di colore Jean Léonard Touadi, presente ieri all’anteprima romana del film - perché era stata dichiarata una vera e propria guerra all’immigrato». Le cose non sembrano essere cambiate di molto sull’altra sponda del Mediterraneo. Dopo la guerra civile e la caduta del regime libico, su quel paese gravano ancora ombre cupe: «Non ci sono garanzie sul rispetto dei diritti umani – ricorda Riccardo Noury, responsabile della comunicazione di Amnesty International Italia – rappresaglie e torture sono all’ordine del giorno in Libia». Spiega Laura Boldrini portavoce dell’UNHCR: «Il dramma non si ferma: migliaia di somali continuano ad entrare in quel paese e la situazione sta peggiorando. E se anche il documentario ricorda una bruttissima pagina della politica migratoria italiana, nulla è ancora certo sulla sorte di questi nuovi profughi e su quello che potrà accadere».
«Stavamo andando verso un paese migliore, l’Italia» confessa Semere Kahsay, eritreo e cristiano. Non è accaduto, ma il sorriso e le lacrime che accompagnano il ricongiungimento con la moglie e la bambina in Italia, dopo oltre due anni di attesa e di dolore, immagini con le quali termina il film, sono il segno più bello e la denuncia più chiara. Mare chiuso, distribuito da ZaLab, inizia ora la sua difficile strada: oggi esce al cinema Farnese di Roma, poi in alcune città del Veneto, il 22 marzo verrà presentato a Milano al Festival del cinema africano e il 27 marzo al Bif&st di Bari. L’11 aprile, infine, verrà proiettato alla Camera dei Deputati. Chissà che effetto farà.



Tunisia, il racconto dei profughi ricacciati in mare dall'Italia
Voci dal campo per rifugiati di Shousha, a pochi chilometri dal confine libico, dove sono finiti migliaia di persone, provenienti da diversi paesi dell'Africa, che tentarono di approdare in Italia in fuga dalla guerra in Libia. Le condizioni indescrivibili di vita nel campo
la Repubblica, 14-03-2012
CAMPO DI SHOUSHA (Tunisia) - Da maggio 2009 circa 2000 immigrati sono stati intercettati nel Mar Mediterraneo dalle navi italiane e respinti in Libia. La maggioranza di questi erano richiedenti asilo provenienti da paesi in guerra. Molti di loro sono finiti a Shousha, un campo profughi al centro del deserto tunisino. A poche settimane dalla condanna che la Corte Europea dei Diritti dell'uomo ha inflitto all'Italia per questi respingimenti,  le condizioni del campo di Shousha e delle migliaia di persone che vi risiedono sono oggi al centro di un'inchiesta pubblicata su FaiNotizia 1, il sito di citizen journalism di Radio Radicale.
Ospiti gli ex immigrati in Libia. Gestito dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati 2 (Unhcr), Shousha Camp, si trova a 7 chilometri dalla Libia: ospita più di 3300 persone ed è stato aperto il 24 febbraio 2011. E' cofinanziato dal governo italiano, in seguito agli accordi stipulati tra l'allora Ministro Dell'Interno Roberto Maroni e il governo provvisorio tunisino tra febbraio e aprile 2011. A Shousha, dopo lo scoppio della crisi libica, hanno trovato rifugio persone provenienti da Ciad, Nigeria, Iraq, Eritrea e Sudan che prima della guerra erano emigrate in Libia in cerca di lavoro.
Situazione agghiaccianti e cibo insufficiente. Le condizioni del centro sono agghiaccianti, come emerge dalle immagini di FaiNotizia. A mancare sono di frequente
anche l'acqua potabile e l'acqua calda, e ciò costringe la maggior parte dei profughi a fare a meno delle docce per giorni. Una situazione di forte disagio, dunque, ulteriormente peggiorata dalle tempeste di sabbia che spesso spazzano il campo.
Le accuse all'UNHCR. Shousha, nato come "Transit Camp", rischia di trasformarsi in un accampamento permanente anche per la presenza di chi ha ottenuto lo status di rifugiato e non ha i mezzi per andarsene. A ciò si aggiunge la denuncia dei profughi dalla Nigeria, che non possono tornare né nel paese d'origine né in Libia. Sebbene l'Unhcr avesse assicurato la segretezza delle loro dichiarazioni e dei dossier relativi, alcuni rappresentanti della comunità nigeriana raccontano di essere stati testimoni, nel settembre 2011, di una collaborazione tra l'ambasciatore nigeriano e l'Unhcr nell'analisi e valutazione dei casi. Nel loro appello, i nigeriani denunciano sia l'agenzia dell'Onu che l'ambasciatore il quale, essendo il rappresentante del paese da cui sono stati costretti a scappare, difficilmente darà mai credito alle loro testimonianze.
La replica dell'Alto Commissariato Onu. L'Unhcr nega però tutte le accuse: "Non siamo a conoscenza della visita di alcun ambasciatore nigeriano a Shousha - dichiara Rocco Nuri, funzionario responsabile di Shousha, interpellato da FaiNotizia - i nostri dossier sono sempre segreti e restano tali anche in caso di diniego". Alla luce delle immagini e delle testimonianze diffuse da FaiNotizia, i senatori Emma Bonino e Marco Perduca hanno già annunciato un'interrogazione al Ministro degli Esteri sulla gestione e i finanziamenti italiani a Shousha, che è anche il set del documentario "Mare Chiuso" di prossima uscita nelle sale.
 

 

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