Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

29 marzo 2011

Istituzioni, giornali e non solo: vedete alla voce clandestino
l'Unità, 29-03-2011
Macché profughi! Sono tutti clandestini». Così il titolo a tuttapagina de il Giornale di qualche giorno fa, da una dichiarazione del Ministro Roberto Maroni. E di seguito un profluvio di «emergenza clandestini», «esodo di clandestini», «pericolo clandestini». Non si tratta, però, solo di sciatteria giornalistica; valga per tutti il Presidente della Regione Veneto, quando si dichiara «disponibile ad accogliere profughi e non clandestini», né si distinguono dall’uso debordante del termine suoi colleghi sottosegretari, parlamentari, funzionari pubblici. Chi s’immaginava, fino a ieri, file di clandestini che passavano le frontiere clandestinamente e di notte, magari appesi al fondo di un tir, per poi immergersi nella clandestinità delle nostre città e dei nostri cantieri, deve ora modificare la propria percezione. E chiamare clandestino chi arriva a bordo di carrette stracolme, rimorchiate dalla nostra Marina, accolte dai saluti di altri “clandestini”, alla luce del sole o di grandi riflettori, assediati da una folla di giornalisti e di telecamere. Mai si era visto un fenomeno di clandestinità così lampante e così visibile, determinata da cause altrettanto evidenti e conclamate. Va da sé, poi,che l’uso del termine così “improprio”, genericamente sinonimo di immigrato irregolare, serva a conferire almeno un pizzico di buon senso all’indisponibilità propria e della propria istituzione. In ogni caso, per il vocabolario, “clandestino” è sinonimo di «nacosto» o di «segreto»; l’etimologia, poi, indica nel clandestino «chi si nasconde di giorno, chi s’intrufola» o persino, in età contemporanea, «chi sta in agguato». Come, per dirne una, il piccolo Yeabsera, partorito in mare.

 

Intervento Pronto il piano del governo
Avvenire, 29-03-2011  
DA ROMA LUCA LIVERANI

Consiglio dei ministri straordinario domani, per affrontare il fronte tunisino dell'emergenza sbarchi. Un nodo che impegna il governo in una partita difficile, tutta interna alla maggioranza. Il pressing quotidiano dela Lega spinge infatti i capigruppo del Pdl di Camera e Senato a sottoscrivere un documento di sostegno all'operato dell'esecutivo, ribadendo la distinzione tra irregolari e profughi. Il tutto sotto il fuoco di fila delle opposizioni che accusano Palazzo Chigi di gestire Lampedusa in modo «inefficace», «disumano», «contraddittorio».
All'ordine del giorno della riunione del consiglio dei ministri di domani alle 11 c'è dunque l'accordo con la Tunisia. L'appuntamento dovrà tradurre in azione di governo gli elementi raccolti venerdi scorso a Tunisi dai ministri degli esteri Frattini e dell'interno Maroni, che avevano incontrato il primo ministro Caid Essebsi sulla gestione dei rimpatri. Incontro che non ha dato i frutti aspettati. Anche Ignazio La Russa dice che «la strada da
seguire è quella di un'intesa con i governi degli stati da cui partono troppo facilmente i barconi con i clandestini». Perché, spiega, «per chi fugge da una realtà di guerra abbiamo già approntato un piano, ma quelli che vengono dalla Tunisia non fuggono da una realtà di guerra». «Abbiamo accolto un gran numero di rifugiati veri, come eritrei o somali - aggiunge il ministro Frattini - ma i tunisini non sono rifugiati».
Il neo-ministro delle Politiche agricole Romano ribadisce che «di fronte ad una emergenza immigrazione cosi grande come quella che ha colpito in modo particolare Lampedusa e la Sicilia, il presidente Berlusconi ha già agito in prima persona e attraverso il ruolo dei ministeri per far fronte al piü presto ad una situazione che non può ricadere sulla spalle delia sola Italia, ma che deve investire tutta l'Unione Europea, sia da un punto di vista gestionale che di finanziamenti». Insomma, aiutare chi fugge dalla guerra, ma i clandestini «vanno messi sulle navi e riportati
a casa il piü presto possibile», sottolinea il capogruppo dei Pdl al Senato Gasparri, «Un conto - spiega- sono i profughi, un conto sono i clandestini che arrivano dalla Tunisia o da altri paesi dove non ci sono piü dittatori o conflitti». Assieme al capogruppo alla Camera Cicchitto e al vice Quagliariello e Corsaro, in una nota congiunta chiede al governo che «pretenda la collaborazione dell'Europa» e «una equaripartizione fratutte le Regioni». Una puntualizzazione che ha tutta l'aria di una risposta agli alleati leghisti che, dal governatore veneto Zaia in giù, non vogliono strutture di accoglienza. Le opposizioni hanno gioco facile. Per Casini (Udc) l'azione dei governo «è sotto gli occhi di tutti, preferisco non dare risposte». E anche se invita a superare le divisioni su un'emergenza del genere, dice anche che «i tunisini non hanno alcun titolo a essere trattenuti nei centri». Bersani dei Pd sottolinea le «posizioni contraddittorie tra Frattini e Bossi» sui rimpatri volontari. E critica Tremonti quando dice che «gli immigrati bisogna aiutarli a casa loro ma taglia tutti i fondi per la cooperazione».



L'inferno di Lampedusa, altri 450 arrivi Rischio di rivolta, occupato il municipio
Piano del Viminale: 6 navi per evacuare l'isola, 13 siti in varie regioni per ospitare i migranti. Offerte del governo a Tunisi per arginare gli sbarchi. Gli isolani: siamo minacciati, abbiamo paura di uscire
Il Mattino, 29-03-2011
ROMA - Sono quasi mille i migranti sbarcati durante la notte sulle coste italiane: non solo a Lampedusa, dove sono arrivati in 454, ma anche sulle spiagge di Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove è approdato un peschereccio con 500 persone a bordo. Le proteste sull'isola continuano: occupato il consiglio comunale. I trasferimenti sono cominciati e stamani è arrivato a Taranto il primo traghetto con 827 persone destinate alla tendopoli di Manduria. Mercoledì mattina il Consiglio dei ministri esaminerà il piano del Viminale per arginare l'emergenza e l'ipotesi d'accordo raggiunta con la Tunisia. Lampedusa sarà evacuata e i migranti saranno distribuiti in alcuni dei 13 siti messi a disposizione dalla Difesa in diverse regioni italiane. Per quanto riguarda il fronte tunisino, l'Italia offre uomini e mezzi per il controllo dei porti, 150 milioni per il rilancio dell'economia e 2.500 dollari per ogni tunisino che decide di rientrare nel proprio Paese.
Sono 454 i migranti giunti a Lampedusa nella notte. I primi 190 sono sbarcati poco prima della mezzanotte: si tratta per lo più di eritrei, tra cui molte donne e bambini, soccorsi dalle motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza, coordinate dalla Capitaneria di porto. Dal secondo barcone sono arrivati 149 tunisini, scortati in porto da un guardacoste, altri 115 sono sono stati soccorsi, da due guardacoste, e giunti in porto alle 3.25.
Tra le tante donne che si trovavano sul barcone soccorso ieri notte a circa 30 miglia da Lampedusa c'è anche una puerpera incinta di sette mesi trasferita nel poliambulatorio subito dopo giunta nell' isola. Nel barcone anche diversi bambini, tra cui cinque neonati, il più piccolo di due mesi. I migranti sono stati trasbordati sulle motovedette della guardia costiera e della finanza in condizioni difficili, col mare mosso. Eritrei, somali ed etiopi sono stati trasferiti nell'ex base Loran, dove ci sono già un centinaio di minori e donne tunisine.
«Quello che ho visto a Lampedusa è veramente desolante: i tunisini hanno occupato l'isola. I migranti sono dovunque e cominciano ad entrare nelle case ed a minacciare la gente che sta tappata dentro perchè ha paura di uscire». Lo ha detto il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, stamattina collegato al telefono con Mattino cinque in onda su Canale 5. «I lampedusani - ha aggiunto - hanno paura di imbattersi in questi uomini di 20 e 30 anni che finora non hanno manifestato intenti aggressivi ma domani quando dovessero capire che siamo intenzionati a riportarli a casa potrebbero innescare qualche rivolta o anche qualcosa di peggiore».
È stata occupata l' aula del consiglio comunale a Lampedusa. Alcuni abitanti, che chiedono il trasferimento in altri posti dei 5 mila migranti presenti nell'isola, hanno affisso striscioni di contestazione al governo. «Non è razzismo, ma sopravvivenza» c'è scritto in un grande manifesto sopra la tribuna del consiglio comunale. In un altro si legge «State distruggendo il nostro futuro» mentre in uno striscione all'ingresso del municipio è disegnato un barcone con la scritta: «governo» e poi «arrivera???». Nell'aula è in corso un'assemblea con decine di studenti che oggi non sono andati a scuola. Alcune madri propongono la chiusura del polo didattico per paura che i loro figli possano venire a contatto con i tunisini che bivaccano nella zona. Una donna ha raccontato che davanti la sua abitazione, vicino la Casa della Fraternità ci sono circa 500 migranti che fanno i bisogni fisici per strada.
Sei navi per evacuare l'isola e almeno altre due tendopoli, a Trapani e in provincia di Pisa, per accogliere le migliaia di migranti sbarcati in questi giorni: prende finalmente corpo il piano per liberare Lampedusa allo stremo e invasa da oltre cinquemila tunisini. Un'accelerazione dovuta alla situazione ormai fuori controllo sull'isola e che prevederebbe anche l'ipotesi di riportare in Tunisia i migranti con le navi civili. Il piano, su cui stanno lavorando i tecnici dell'unità di crisi del Viminale, sarà mercoledì sul tavolo del Consiglio dei ministri, assieme all'intesa raggiunta da Maroni e Frattini venerdì scorso a Tunisi per bloccare le partenze. Accordo, di fatto, completamente ignorato dalle autorità tunisine. L'Italia si è impegnata a fornire uomini, mezzi e e apparecchiature per il controllo dei porti, ad addestrare le forze di polizia e a mettere sul piatto 150 milioni per il rilancio dell'economia.
Riprendono i trasferimenti degli immigrati da Lampedusa in altri centri di accoglienza italiani. Sono previsti infatti per oggi sei ponti aerei per trasferire 550 extracomunitari e una nave civile che dovrebbe trasportarne alti 800. L'annuncio è stato dato dal sindaco dell'isola Bernardino De Rubeis.
Oltre ad una dote di 2.500 dollari, nonostante le critiche della Lega, per ogni tunisino che volontariamente decide di rientrare nel proprio paese. Ma tutto ciò è condizionato ad un impegno delle autorità per bloccare i flussi migratori. «Se non ci sarà un segnale concreto dalla Tunisia per fermare i flussi migratori, procederemo con i rimpatri forzosi. Abbiamo già predisposto gli strumenti necessari per procedere dopo il Cdm» ha minacciato il ministro dell'Interno. L'ipotesi su cui si sta lavorando è quella di riportare direttamente in Tunisia, con delle navi civili, le migliaia di migranti arrivati a Lampedusa. Ma si tratta di un percorso in realtà di difficile realizzazione: la maggior parte dei migranti arrivati a Lampedusa non sono stati ancora identificati e, dunque, non possono essere rimpatriati. È molto probabile dunque che l'ipotesi serva a far pressione sul governo di Tunisi, affinchè rispetti l'accordo. Nel frattempo è necessario svuotare Lampedusa al più presto. Mercoledi dunque arriveranno nell'isola cinque navi passeggeri e la San Marco della Marina Militare, per un totale di diecimila posti. L'obiettivo è quello di portare via tutti i migranti, sperando che non ne arrivino altri. Per ospitare gli oltre cinquemila tunisini, il Viminale ha deciso di individuare una serie di aree dove allestire le tendopoli e utilizzare alcuni dei 13 siti messi a disposizione dalla Difesa che, nelle intenzioni del governo, avrebbero dovuto accogliere soltanto i profughi provenienti dalla Libia: tra caserme e aree dismesse ci sono Trapani, Marsala (Trapani) e Torretta (Palermo) in Sicilia, Manduria (Taranto), Carapelle (Foggia) e San Pancrazio Salentino (Brindisi) in Puglia, Boceda (Massa Carrara) in Toscana, Monghidoro (Bologna) in Emilia Romagna, Cirè e Front (Torino) in Piemonte, Castano Primo (Milano) in Lombardia, Clauzetto (Pordenone) e Sgonico (Trieste) in Friuli Venezia Giulia.
Due campi sono di fatto già in funzione: la tendopoli di Manduria, dove ci sono circa 600 migranti e domani ne arriveranno con nave Grimaldi altri 827, e quella nell'ex aeroporto di Chinisia a Trapani, dove si sta predisponendo l'accoglienza per 500 persone. Il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ha assicurato che a Manduria andranno al massimo 1.500 migranti, anche se le tende presenti sono 350 e, dunque, consentono di portare il campo da un minimo di 2.100 a un massimo di 2.800-3.000 posti. In ogni caso troppo pochi per i numeri di Lampedusa. Per questo verrà realizzata almeno un'altra tendopoli, con ogni probabilità a Coltano in provincia di Pisa. E non è escluso che se ne faccia una anche al nord. «È intenzione del governo - ha confermato Mantovano - far sì che il carico di questa situazione venga distribuito su tutto il territorio nazionale». Subito dopo il Cdm, infatti, è in programma l'incontro al Viminale con Regioni, Province e Comuni: sarà quella l'occasione per ribadire che per superare l'emergenza serve il contributo di tutti, nessuno escluso.



La videoconferenza e il caos immigrati L'Italia resta da sola
Corriere della Sera, 29-03-2011
Massimo Franco  
La riunione straordinaria dei Consiglio del ministri di domani è la fotografia fedele di un governo investito dall'emergenza dell'immigrazione; e costretto a prevedere misure che sperava di non dover prendere. Si può anche criticare il Víminale di imprevidenza, come fa l'opposizione, di fronte alie ondate di clandestini che si riversano sull'isola di Lampedusa. Ma la solitudine deintalia rispetto al resto dell'Europa è palpabile. L'ultima eonferma è arrivata ieri sera con la videoconferenza del leader di Germania, Francia e Gran Bretagna insieme col presidente Usa, Barack Obama: l'ufficializzazione della marginalità italiana sulla questione libica, e la smentita bruciante di un asse italotedesco.
Al governo di Roma rimane soltanto il costo crescente dela missione: gli sbarchi a ripetizione, e le tensioni sociali. Il tema diventa quello di evitare proteste clamorose della popolazione di Lampedusa, già in incubazione; distribuire il carico degli immigrati nelle regioni; e rimandare dall'altra parte del Mediterraneo le barche cariche di disperati: se non altro per ricevere l'attenzione dell'Europa. Il governo italiano sta maturando la convinzione che oltre confine l'emergenza lasci indifferenti.
In piü, cresce la consapevolezza che svuotare una Lampedusa al collasso e attuare la politica dei respingimenti non basterà. Il Consiglio dei ministri di domani cercherà di valutare se e come funzioni l'accordo con la Tunisia per limitare le partenze dal Nord Africa; e accelererà lo smistamento dei clandestini oggi a Lampedusa. Si parla di tredici possibili soluzioni. Il Viminale spera di creare nuovi centri in Campania, Liguria, Veneto, Toscana: operazione osteggiata dagli enti locali che temono scelte definitive, con il voto amministrativo alie porte.
È miope e perfino pericoloso ricorrere a quelle che il presidente delia Repubblica ha definito ieri all'Onu «soluzioni sbrigative». Giorgio Napolitano ha difeso l'intervento contro Gheddafi e ricordato che l'Italia per anni ha «esportato» e non accolto immigrati. Ma appare impossibile risolvere il problema senza un coordinamento europeo; e senza un piano di aiuti ai Paesi del Maghreb, che scoraggi l'esodo. «È un'illusione piantonare le coste di un continente intero», ha spiegato ieri il capo dei vescovi, cardinale Angelo Bagnasco. «Oltre che dell'apporto generoso delle regioni d'Italia, c'è bisogno dell'Ue».
In realtà, lo scontro fra il ministro dell'Interno, Roberto Maroni e il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, dice che la generosità regionale è in bilico. L'ipotesi di «tendopoli in Val Padana» si aggiunge alio scontento dei governatore dei- la Puglia, Nichi Vendola, per quella creata a Manduria. L'esigenza di distinguere fra profughi da tenere e clandestini da rimpatriare è facile solo sulla carta. E l'emergenza di Lampedusa viene bollata dalle opposizioni come «uno spot elettorale delia Lega». Eppure, Maroni e il leader lumbard Umberto Bossi, ieri sera a Milano a parlare di immigrati, confermavano solo la sensazione della drammatica impotenza italiana.



Clandestini, conto da dieci miliardi
Il Mattino, 29-03-2011
Oscar Giannino
L' emergenza umanitaria nordafricana gonfia le sue onde ogni giorno, ed è attraversando le onde mediterranee che riversa ormai migliaia di nuovi arrivi al giorno a Lampedusa. Evitare respingimeníi in mare è imperativo per la coscienza civile, prima che codificato dal diritto internazionale. Tuttavia non possono che destare profondi e giustificati interrogativi, le immagini sotto i nostri occhi dela protesta dei Cittadini di Lampedusa, delle ronde organizzate dai Cittadini di Manduria intorno alla modesta recinzione posta al nuovo centro di prima accoglienza pugliese, le proteste del sindaco di Trapani per l'analoga struttura predisposta in un'area militare dismessa.
Intanto, il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha già messo nero su bianco che 400 minori approdatí a Lampedusa si sono adeguati, e che i referenti - ha detto - potrebbero essere organizzazioni criminali. L'unità d'emergenza dei Viminale e il commissario straordinario, prefetto Caruso, hanno predisposto misure aggiuntive che saranno approvate in Consiglio dei ministri domani, per affiancare da subito navi civili alla San Marco militare, e sgomberare Lampedusa dei 10mila che vistazionano.
L'emergenza mette non solo lo Stato, ma la coscienza di ciascuno alla frusta. Perché è evidente che l'Europa assiste ma non si adopera, contando sulfatto che è la geografia a rendere le cose italiane sponda obbligata dell'esodo. Ed è altrettanto evidente che i vent'anni alle nostre spalle ei hanno insegnato qualcosa, al di là delle polemiche che qui in Italia continuano a infuocare un dibattito altrove in Europa invece assai piíi coeso. L'esperienza ci ha dimo- strato almeno tre cose. La prima è che disperdere migliaia di sopraggiunti in strutture create in poche ore, non adeguatamente attrezzate e invigilate, - la soluzione che a molti sembra lapiù insensata, per rendere minore l'impatto - accresce esponenzialmente il numero di coloro che sfuggono al controllo, si danno alla macchia e restano come clandestini «diffusi» nel territorio. La seconda, è che la dispersione rende ancora piíi improbabile ogni tentativo di accertare identità, alfine di stilare una credibile lista dei pochi che avranno davvero diritto allo status di proíiighi politici e dunque all'asilo, rispetto a chi invece va espulso.
La terza, per quanto amara possa apparire, riguarda i costi. Che sono molto elevati. Se si somma la prima accoglienza, il costo delle strutture permanentí e straordinarie, il primo kit di soprawivenza dignitosa offerto a chi sbarca, il successivo mantenimento alimentare, via via sommando il costo degli straordinari dei personale di sicurezza pubblico impegnato, su su risalendo fino ai costi dei trasporto interno ai nostri confini e infine alie impegnative procedure di rimpatrio, il conto pagato dal contribuente italiano dacchè siamo alie prese con il fenomeno supera largamente i 10 miliardi di euro.
Solo per quest'anno, l'ammontare di spesa previsto prima dell'attuale emergenza per gestire i Aussi migratori, il controllo delle frontíere, l'identificazione dei clandestini e la loro espulsione, era di 460milioni di euro: a questi si sono sommati subito oltre 20 milioni m poche settimane, tra spese aggiuntive dei Viminale, impegno delia Croce Rossa, utilizzo straordinario dimezzi e organici militari. L'Europa, per capirsi con due cifre, ci dà 12 milioni ogni due anni p er i rimpatri e 3 milioni e 300mila euro per i profughi con diritto d'asilo.
Se il costo di ogni migrante ospitato nei Centri di identifica- zione ed espulsione è cifrato per lo Stato in circa 45 euro al giomo, comprensivi di vitto, alloggio, e assistenzasanitaria, 50 mila profughi comportano due milioni e mezzo di euro al giorno. Ma è una stima che non dà l'idea. Perché adessavanno ag- giunti tutti gji oneri di servizio per le forze e i mezzi impegnati nella gestione dei fenomeno. Tempo fa, i sindacati delle forze dipoliziafacendomediadeico- sti e dei servizi diversi non solo nei Cie ma estendendoli a tutti i Cpt, dove servizi come il vitto so-
noinappalto esterno, hanno stimato un costo medio fino a 180 euro al giorno. Per i soli clande-stini che restano nei Cie, dove il soggiomo medio negli ultimi due anni è stato di almeno 150 giomi prima dell'espulsione, la stima dei costo procapite medio fino a espulsione inclusa, tenendo conto delle spese per il volo di rientro e la scorta degli agenti impiegati nei rimpatri, si aggira sui l0mila euro. A que- sto va poi aggiunto il costo degli accordi internazionali coi diver¬si Paesi di provenienza, senza la cui collaborazione - Tunisia docet, in questi giomi - non c'è rimpatrio possibile. L'intesa con la Tunisia prevede una serie di aiuti dal turismo alla formazione, oltre alia proposta di un contributo di 1.500 dollari a clandestino riportato a casa. La cooperazione e l'amicizia delia Iibia per il rimpatrio immediato dei barconi diretti in Italia era stata ottenuta in cambio di un'offertadi 177 milioni di euro l'anno, per un totale di 5 miliardi di dollari in 20 anni, per nuove infrastrutture. L'ltalia si era poi impegnata a sostenere il 50% dei costi di pattugliamento, con mezzi tecnici e uomini: un altro paio di miliardi. Se aggiungete a tutto questo il fatto che l'assistenza sanitaria agli stranieri irregolari sta in un altro bilancio, ma non per questo non è pagata dal contribuente, e che si stima che annualmente abbia superato i 200 milioni di euro, ecco come si arriva ai 10 miliardi. Oltre, con ogni probabilità.
È il costo della solidarietà umana, si dirá. Per molti versi, no. Quasi tutti igrandi Paesi eu- ropei da anni «scelgono» gli immigrati da regolarizzare per qualità del capitale umano, con quote che non sono solo per Paese di provenienza ma per numero di fisici e ingegneri. Quei 10 miliardi sono esattamente ciò che, oltre alia geografia, motivano i flussi verso Lampedusa. Flussi che non sono solo figli delia disperazione verso cui essere solidali, ma di traffico criminale che va sventato con forza e determinazione. Non incoraggiato.



Il Cav. affronta l'emergenza migranti con un catenaccio navale
Il Foglio. 29-03-2011  
Roma, Le idee di Silvio Berlusconi più un piano d'emergenza di Roberto Maroni: cosi domani il Cdm affronterà l'emergenza immigrazione in un vertice che non s'annuncia interlocutorio, Dovrà essere verificato e ratificato l'accordo con la Tunisia per il controllo dei flussi, bisognerà stabilire come coinvolgere la comunità europea, dovrà essere pronto un piano per accogliere e distribuira sul territorio la massa di disperati che raggiungono i confini italiani dai porti tunisini e libici, Secondo i dati del ministero dell'Interno a Lampedusa sono sbarcati duemila migranti negli ultimi due giorni, quattromila nel fine settimana, diciottomila dall'inizio dell'anno. L'isola, do¬ve ieri sono arrivati gli ispettori sanitari dell'assessorato regionale siciliano per il timore di epidemie, dev'essere rapidamente svuotata. "I trasferimenti saranno completati entro mercoledi", ha garantito il commissario straordinario per l'emergenza Giuseppe Caruso. Dovrebbero essere mobilitate sei navi, cinque civili e una militare,
per trasportare diecimila persone. Da alcuni giorni sono partiti, a singhiozzo, i primi trasferimenti verso centri di accoglienza di Mineo, nei pressi di Catania, e di Manduria, in Puglia (zone nelle quali si sono verificate tensioni tra . immigrati e locali). "Il problema è che l'intensità con cui arrivano rende difficoltose le sistemazioni", ha ammesso il ministro dell'Interno Maroni.
"Tutta l'Europa deve farsi carico dei profughi", ha ribadito il ministro dai microfoni di Radio Padania. •Anche di questo si occuperà il governo domani mattina nel corso del Cdm, che potrebbe avere ripercussioni sull'atteggiamento italiano nei confronti delia missione in Libia. E' la Lega a chiederlo, per ora solo riservatamente. E' stato infatti il partito di Umberto Bossi a pretendere enfasi sull'aspetto migratorio all'interno della risoluzione con la quale il Parlamento ha definito, la settimana scorsa, i limiti e lo scopo della partecipazione italiana alla missione militare. Ha detto Maroni: "L'Italia è stata lasciata sola, C'è resistenza da parte di singoli stati, in particolare quelli del nord". Berlusconi immagina un sistema di pattugliamento di Lampedusa, una sorta di catenaccio navale che, una volta svuotata l'isola, impedisca nuovi sbarchi e dirotti le masse di disperati immediatamente verso i centri di accoglienza che nei prossimi giorni dovranno essere individuati con l'aiuto delle regioni. Il ministro dell'Interno ha invece la- vorato a un accordo con la Tunisia che non ha tuttavia ancora sortito gli effetti sperati, tanto che Maroni ha minacciato di procedera a rimpatri forzosi qualora il governo di Tunisi non dovesse dare seguito agli impegni presi con l'Italia.
Tutto precipita in un clima di scontro politico dal sapore pre elettorale, malgrado gli auspici del Quirinale. Il Pd, pur riconoscendo la gravità délia situazione, accusa il governo di non fare abbastanza e non pare voglia assumere un atteggiamento collaborativo. Pdl e Lega sembrano farsi concorrenza in una gara a chi interpreta Ia linea più dura; mentre Maroni polemizza con il governatore siciliano Raffaele Lombardo, deve affrontare la grana tunisina e costrin- gere l'Europa a dargli una mano.



Un’emergenza lunga che sfida e sfiderà ancor più Italia ed Europa
Il «mare nostrum» di Lampedusa e il principio dei vasi comunicanti
Avvenire, 29-03-2011
Giorgio Paolucci
Lampedusa scoppia. "Basta, siamo pieni", recitava uno degli striscioni issati ieri nel porto. Comprensibile l’esasperazione degli abitanti: in pochi giorni sono diventati "minoranza numerica" nella loro terra, la sindrome dell’invasione cresce e la prospettiva di un esodo dal Nordafrica che sembra solo all’inizio non è certo rassicurante. Ieri è arrivato l’annuncio del commissario straordinario per l’emergenza, Giuseppe Caruso, che ha promesso per domani l’invio di sei navi al fine di svuotare l’isola dai migranti. Probabilmente l’effetto-annuncio non basterà a calmare tutti gli animi, perché dopo le promesse che si sono succedute i fatti sono attesi al varco.
Quanto accade è la testimonianza plastica e insieme drammatica che l’immigrazione, se non è governata, viene subìta. E che in questa vicenda tutto si tiene, come insegna il principio dei vasi comunicanti. Non si può certo imputare ai lampedusani una mancanza di sensibilità nei confronti di quanti arrivano dal Nordafrica: da anni, pur dovendo fare i conti con la carenza di servizi e strutture, testimoniano capacità di accoglienza e generosità, ma l’esasperazione a cui sono arrivati in questi giorni ha spinto a gesti estremi come è accaduto ieri, quando un gruppo di pescatori si è impadronito dei barconi da cui erano scesi i migranti, li ha collegati tra loro con cavi d’acciaio e li ha schierati all’imboccatura del porto. Un piccolo "blocco navale" che ha trasformato i mezzi utilizzati per arrivare sulla sponda nord del Mediterraneo in altrettanti ostacoli per bloccare nuovi sbarchi.
Tutto si tiene, dicevamo, come insegna il principio dei vasi comunicanti. I migranti evacuati da Lampedusa verranno smistati in tendopoli, caserme e aree dismesse disseminate sul territorio nazionale, chiamando in causa le autorità locali, sfidate a sostenere un esame di maturità. Provocatoriamente (ma non troppo) si potrebbe considerare la vicenda come una cartina di tornasole delle dichiarazioni risuonate in occasione della recente festa dell’unità nazionale, quando un sentimento di "appartenenza" e coesione – per certi versi inaspettato – sembrava avere pervaso l’Italia. L’emergenza con cui ci dobbiamo misurare mette alla prova il reale spessore di una parola come "responsabilità", sulla quale pesa il rischio della retorica ma che rimane quantomai indicativa della statura morale di una società, come ha avvertito ieri il cardinale Bagnasco nella prolusione al Consiglio permanente della Cei.
Peraltro gli accadimenti che premono da oltremare ci dicono che l’ora della responsabilità è suonata anche per la Ue, finora troppo latitante e generica nell’assumere impegni concreti che affianchino il nostro Paese, destinato dalla geografia a recitare il ruolo di porta d’ingresso in Europa. Gli impegni che l’Unione deve assumere non possono limitarsi a co-finanziare il colossale apparato di prima accoglienza che l’Italia deve mettere in campo (le previsioni sugli arrivi causati dalle crisi che si stanno consumando in Nordafrica variano da 50mila a 350mila unità), ma rimandano alla necessità di una politica di cooperazione allo sviluppo che è il vero volano capace di drenare nel medio periodo i flussi migratori. È evidente che se non si metterà in movimento questo volano, Italia ed Europa faranno la magra figura di chi pretende di svuotare il mare con un bicchiere.
Gli scenari in continuo mutamento che si susseguono nella sponda meridionale del Mediterraneo riportano d’attualità l’immagine del Mare nostrum, anche se in una prospettiva assai diversa da quella dell’epoca romana: oggi non siamo più i padroni di quelle acque, ma nondimeno esse sono "nostre", ci riguardano molto da vicino, rendono sempre più interdipendenti i destini dei popoli che su quelle acque si affacciano. Gli abitanti di Lampedusa l’hanno capito da tempo sulla loro pelle, gli italiani lo stanno faticosamente capendo. È tempo che anche l’Europa impari a fare suo il principio dei vasi comunicanti.



CLANDESTINI COME NOI
Il Fatto Quotidiano, 29-03-2011
Maurizio Chierici
Le ragazze rom che a Treviso allungavano la mano dela carita con un bambino accasciato fra le braccia, venivano portate via dai poliziotti del sindaco Gentilini: sfruttamento di minore a fine di lucro. Bisogna dire che la Lega ha imparato la lezione e la rigioca a Lampedusa col cinismo dei suoi ministri. Ogni giorno, un giorno dopo l'altro, arrivano barche di disperati. L'isola è un fazzoletto, chi la abita soffoca eppure noi popolo di navigatori, traghetti vacanze, ammiraglie da crociera, persettimane non riusciamo a tmvare qualcosa che galleggi in modo da trasferire i fuggitivi in un posto decente. Solo annunci per calmare le rabbie: la San Marco parte da Augusta e fra poche ore è li. Ma la partenza scivola dal mattino al pomeriggio, dal pomeriggio ai giorni dopo. Intanto gli sbarchi continuano. Dormono fra le immondizie mentre le TV di mezzo mondo accendono le luci per documentare l'atrocità dei foro cammino delia Speranza. Maroni e Frattini non aprono bocca fino a quando l'Europa si arrende aile immagini e apre la borsa, ecco i danè: in un lampo le navi saltan fuori. Otto anni fa la Spagna aveva accolto 160 mila profughi senza battere cassa a Bruxelles e senza piangersi addosso. Insomma, sfruttare i bambini come li sfruttano certi clochard funziona nella politica di certi nostri politici. Noi del G8 abbiamo preso l'isola in ostaggio perla commedia di una solidarietà che i popoli del nord non vogliono pagare. Adesso l'Europa tira fuori i soldi anche peril viaggio di ritorno perché chi scappa è clandestino e i clandestini devono essere rimpatriati, truffaldina dimenticanza d'aversaltato il timbro dei consolati italiani nella fuga da Tripoli: 75 mila tunisini vengono da fi. Criminali per le burocrazie e come criminali giustamente respinti. "E la legge", sussurrano le capinere dei Cavaliere. Legge che esaudisce gli interessi di chi la scrive. Come la legge Mussolini che strappava dai banchi i ragazzi ebrei indegni di studiare assieme ai ragazzi ariani. Nelle carrette che attraccano a Lampedusa i ragazzi sono tanti. Nasce perfino un bambino. Bebé clandestino o bebè come gli altri? La furbizia dei politici brianzoli seppellisce la memoria di quando i lombardo-veneti giravano l'Europa come maghrebini. Figli di frontalieri fino a quindici anni fa clandestini nella Svizzera che pmibiva la riunione delle famiglie. 15 mila, 22 mila piccoli italiani nascosti alia perfídia dei vicini di casa e a poliziotti che bussavano aile porte. Gli psicologi di Berna ne hanno studiato I'evoluzione, adulti labili e taciturni: an che I'insegnamento dei volontari che ne proteggevano la clandestinità li ha fatti crescere come razza a parte. Qualche tempo fa ho ricordato la storia di due fratellini italiani trapiantati a Winterthur da gen/tori bresciani. Nascosti nef portabagagli come cioccolata. Una spiata, scoperti: ordine di "deportazione" in Lombardia, parola implacabile di una lingua che non sfuma. Ecco che arriva la lettera di un signore delia Val Camonica. Era uno dei bambini deportati e si commuove ritrovando quel dolore. Ma ringrazia per una cosa più importante; perché non ne ho ricordato il nome. "Sono vice sindaco leghista del mio paese e lei capisce che sarebbe imbarazzante". Dopo l'imbroglio di Lampedusa ho l'impressione che Bossi and company non si imbarazzano ormai di niente. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
 


RESPINGIMENTI
Cosi la Francia furbetta ci rimanda i clandestini
La polizia di Sarkò li aspetta a Nizza e infila nelle loro tasche scontrini di Ventimiglia. Per rifilarceli nel rispetto di Schengen
Libero, 29-03-2011
ALESSANDRO DELL'ORTO
I Quando li prendono, che sia subito dieci metri dopo la frontíera di San Ludovico o quella piü giü di San Luigi, o ancora sul treno a Menton o nei vicoli di Nizza, li guardano con odiosa arroganza. Cosi, tanto per chiarire subito che, parbleau, qui siamo in Francia e niente a che vedere con i soliti italiani cialtroni e inconcludenti. Poi, borbottando qualcosa di poco capibile, chiedono al povero clandestino «oü etesvous», da dove vieni, e si fanno consegnare il biglietto dei treno, prova fondamentale per dimostrare che lo stra- niero senza documenti viene dall'Italia e là va ri- spedito - secondo l'accordo di Chambery (1997) -, dunque non c'è bisogno diportarlo a Marsiglia e imbarcarlo con il foglio di via verso il proprio paese di origine, che sarebbe un'operazione fa¬stidiosa e pure costosa. Come dire, un modo perfetto per fregarsene e lasciare il problema a noi italiani che tanto siamo allenati con Lampedusa.
Già, ma come fare se il ragazzo tunisino lo becchi che è ormai per le vie di Nizza e non ha con sé un biglietto ferroviário? Se non ti confessa da dove proviene? Si, insomma, se non c'è modo di scoprire - anzi dimostrare - che sta arrivando proprio dal nostro confine? A quel punto rischie- resti di dovertelo accollare, di dovercipensare tu, povero francese che per anni ce l'haimenata con la moralità e ci hai deriso - a noi italiani - per non saper gestire i clandestini. Insomma sarebbero guai. Beh -oplà- i gendarmi di Menton e di Nizza hanno il trucco. Che magari non è proprio elegante e raffinato, ma sicuramente è comodo e utile (per loro). E soprattutto funziona. Quando quelli della Gendarmerie fermano un clandestino e non sanno come dimostrare da dove proviene, taaac, con un gesto furtivo gli infilano in tasca uno scontrino del bar dei centro di Ventimiglia, una ricevuta delia Standa di San Remo o qualcosa di simile rimasto "casualmente" in tasca dall'ultimo viaggio nella vicinissima liguria e poi, a meta perquisizione, lo fanno comparire per magia. E cosi il gioco è fatto, anzi les jeux sont faits. Il ragazzo viene rimbalzato in Italia a bordo di un furgone e lasciato alla Polizia italiana (spesso, invece, di notte - clandestinamente - per Strada), che se si azzarda  aprotestare viene zittita con lo sventolio dei biglietto che la incastra. E poi i furbetti saremmo noi.
«Si, non mi stupirei più di tanto. I francesi sono rigidi e se le studiano tutte» racconta Gaetano Scullino, sindaco di Ventimiglia «pur di non affrontare il problema. Però i nord africam non si arrendono. Negli ultimi 40 giorni da noi sono transitati più di 3000 clandestini e ogni giorno in stazione ce ne sono solo un centinaio compresi i nuovi arrivi. Significa che molti riescono a fregare i francesi e i loro controlli». II sindaco, per gestire meglio la situazione ed evitare che i sottopassi si trasformassero in accampamenti, ha fatto aprire i bagni pubblici della stazione e ha alle- stito una salaconpostiper dormire. Tra un treno che parte e uno che arriva, dunque, ad ogni ora dei giorno e dellanotte c'è un via vai di nord africani. Ragazzi giovanissimi, tutti under 30, che hanno qualche soldo in tasca e un unico bagaglio: il telefono cellulare, la loro salvezza. Tramite sms e chiamate veloci tengono aggiornati i parenti, ma soprattutto comunicano con chi ce l'ha fatta e si fanno dare le dritte giuste per capire dove e quando entrare in Francia. Certo, non è sempre facile. Said ha 24 anni e viene dalla Tunisia. È disteso sul marciapiede ed è scalzo. Ha provato a passare la frontiera per quattro volte, per cercare di andare a in Bélgio dal fratello. Per quattro volte è stato preso, gli hanno strappato il biglietto dei treno (la prima volta era un tagliando per Bruxelles, le altre per Nizza) el'hanno obbligato a tornare a piedi. Trentacinque km. «Ora ho male dappertutto, non riesco a camminare» racconta grazie all'amico Sofien che sa un po' di italiano «ma appena mi ristabilisco ci riprovo. Cosa ho daperdere?». Kalid annuisce. Si toglie le scarpe, mostra le calze rosse di sangue. Rimbalzato tre volte, costretto a rientrare, anche lui, camminando. «Sono arrivato a Lampedusa 15 giorni fa. Mio fratello è morto in viaggio. Ho pagato 1500 dollari per venire in Italia dalla Tunisia e voglio raggiungere mia sorella a Parigi. Tra poco ci riprovo, la polizia francese è cattiva, ma non violenta. Questa volta ce la farò perché starò molto attento». Sorride, Kalid. E mostra le tasche dei pantaloni vuote.



Ventimiglia invasa dai clandestini respinti da Sarkozy alla frontiera
il Giornale, 29-03-2011
Federico Marchi
Da febbraio Parigi deporta oltre cento irregolari al giorno in Italia. La cittadina ligure, al confine con la Francia, è vicina al collasso. Magrebini senza documenti caricati su treni diretti nel nostro Paese o portati alla frontiera
In prima fila quando c’è da mostrare i muscoli a Gheddafi e bombardare la Libia. Nascosta dietro l’angolo quando i profughi arrivano dalle nostre parti e addirittura pronta a cacciarli in malo modo, sperando che se ne faccia carico solo l’Italia. È la fotografia della Francia in questi giorni. E Ventimiglia, terra di frontiera fra i due Paesi, è il perfetto fermo immagine di questa surreale situazione.
Basta passeggiare per le vie del centro di Ventimiglia, a meno di dieci chilometri dal confine con la Francia, per capire i riflessi che sta provocando la situazione del nord Africa. La cittadina è ormai da circa un mese assediata da immigrati diretti nel nord Europa, ma riportati in Italia dalle autorità francesi. «Loro fanno le guerre per il petrolio e noi dobbiamo pagare le conseguenze - spiega un edicolante vicino alla stazione, mentre osserva il via vai di nordafricani -. Ormai sono giorni e giorni che viviamo assediati da migliaia di magrebini che vivono per terra in attesa di chissà che cosa».
Una Francia che quindi fa da imbuto e che riporta in Italia tutti i clandestini che trova sul suo territorio, approfittando magari di questa situazione per fare un po’ di pulizia interna: alcuni dei riammessi provenivano infatti da Parigi. È capitato che alcuni extracomunitari siano stati condotti entro i nostri confini solo perché trovati con uno scontrino fiscale italiano in tasca. I primi sono arrivati il 15 febbraio e, fino a oggi, la polizia ne ha identificato 3300 con una media di circa un centinaio al giorno, anche se nelle ultime 24 ore se ne sono contati duecento. A questi bisogna poi aggiungere tutte le riammissioni effettuate nel nostro Paese dalle autorità francesi, ufficiali e no. Sembra infatti che spesso gli immigrati fermati in Francia vengano «informalmente» fatti salire su treni diretti in Italia o addirittura portati fisicamente e lasciati a pochi metri dal confine. Persone che vengono identificate e poi espulse, ma che in realtà, vista la saturazione dei vari centri d’accoglienza italiani, divengono potenziale manovalanza a basso costo per la criminalità.
A Ventimiglia la situazione più difficile si sta vivendo alla stazione, divenuta ormai un dormitorio, con condizioni igieniche al limite, tanto che il sindaco Gaetano Scullino ha dovuto allestire i locali inutilizzati dell’ex dogana per evitare che la città si trasformi in un bivacco a cielo aperto. «Anche se siamo molto impegnati con le attività legate alla riammissione - spiega il dirigente della polizia di frontiera Pierpaolo Fanzone - in questo momento non tralasciamo i controlli anche in entrata nel territorio nazionale e le attività investigative, legate alla commissione di reati specifici come quello dei passeur, che portano le persone da un lato all’altro. Solo in questi ultimi 10 giorni, infatti, ne abbiamo arrestati otto con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Passeur, anche loro di nazionalità tunisina, che chiedono fino a 150 euro a viaggio per un passaggio oltre confine. «Sono cinque giorni che vivo qui a Ventimiglia per strada - dice Hamed - io voglio solo raggiungere la Francia dove ho alcuni amici che mi possono ospitare. Siamo bloccati qui, senza sapere cosa mangiare e dove andare a dormire». «Credevo che qui ci fosse lavoro, ma invece non è così - prosegue Jamel -, sono andato in Francia ma mi hanno riportato in Italia e adesso non so cosa fare». Il sistema rischia di andare in tilt, con la polizia di frontiera che, nonostante abbia già ricevuto rinforzi, conta solo 80 uomini. «Anche se c’è stata una tendenza generale a sminuire il problema, questo sta diventando un’emergenza dalle prospettive incerte, ingestibili e lasciate al caso» racconta Nicola Colangelo, segretario provinciale del sindacato «Nfa Autonomi di Polizia», che chiede un aumento di organico per fronteggiare la situazione.
«Abbiamo anche proposto l’utilizzo di militari dell’esercito, come a Lampedusa, in ausilio alle forze di Polizia con esclusivi compiti di vigilanza». I sindacati ora sono preoccupati anche per i possibili problemi sanitari per gli agenti, a rischio di contagio di tubercolosi e scabbia come già avvenuto in alcune carceri italiane e nei centri di accoglienza. E si ribella anche Sanremo: «Sia chiaro che noi libici e tunisini non li vogliamo - mette le mani avanti il sindaco Maurizio Zoccarato -. Se li tengano altrove, qui da noi non c’è spazio. Io devo pensare ai miei cittadini e al turismo di cui vive questa città». Il timore è che questo sia solo l’inizio.



La visita di Marine Le Pen a Lampedusa
La Francia non vuole immigrati dall'Italia
l'Occidentale, 29-03-2011  
Bernardino Ferrero
La visita-lampo del leader della estrema destra francese Marine Le Pen a Lampedusa, accompagnata dall'europarlamentare leghista Mario Borghezio, è stata venduta come un gesto di solidarietà con gli abitanti dell'isola, che negli ultimi giorni hanno visto praticamente raddoppiare la popolazione con l'arrivo di migliaia di immigrati dalle coste tunisine.
Marine si è fatta un giro sull'isola nell'auto messa gentilmente a disposizione dal sindaco, rilasciando una serie di dichiarazioni - niente di nuovo a dire la verità - sull'impotenza dell'Europa nell'affrontare il problema dell'immigrazione. Ha poi annunciato la sua soluzione personale per evitare l'arrivo di altri immigrati sull'isola siciliana: fermarli in mare e dargli cibo e acqua. Non ha specificato però il passo successivo, che evidentemente i lampedusani aspettavano con ansia vista la difficile situazione che si trovano a vivere in questi giorni.
Infine, sempre in barba alla Ue, la Le Pen ha detto che Francia e Italia devono darsi una mano e pensare seriamente di prendere accordi con i Paesi sull'altra sponda del mediterraneo per risolvere il problema. Marine è espressione di una destra che ha perso i tratti più duri del lepenismo paterno e corteggia l'elettorato moderato spaventato dalla crisi economica e dalla questione migratoria. Non sempre, però, riesce a mantenersi equilibrata come vorrebbe, per esempio quando ha detto che la presenza di musulmani che pregano sul territorio francese è da considerarsi una "occupazione" della patria come avvenne nella Seconda Guerra mondiale. Provocazioni, si dirà. Più in generale il frutto del protezionismo e dell'autarchismo della estrema destra francese, nemica della globalizzazione.
Naturalmente Marine è libera di venire nel nostro Paese per offrirci il suo aiuto e la sua solidarietà, anche se sinceramente non abbiamo bisogno di lei per capire quanto l'Europa possa essere una casa vuota quando si tratta di affrontare i problemi insieme. Proprio per questo, ci permettiamo di suggerire alla leader politica francese di fare un'altra tappa in Italia, ma stavolta non a Lampedusa ma a Ventimiglia, a una manciata di chilometri al confine tra Francia e Italia. Scoprirebbe che qui il numero degli immigrati aumenta non perché sbarcano dalle coste tunisine ma perché il presidente Sarkozy ha messo in pratica una dura politica di respingimenti per tenere i clandestini e gli immigrati lontani dalla Francia e al di là del confine con l'Italia. In barba, appunto, a ogni concetto di unità europea.



Allo studio «respingimenti di massa»
Il piano alternativo se non si fermano gli sbarchi. Individuati 13 siti per gli immigrati
Corriere della Sera, 29-03-2011
Fiorenza Sarzanini
ROMA - Le aree per l'allestimento dei centri provvisori dove trasferire i migranti sono state individuate in tutta Italia. Sono tredici «siti» messi a disposizione dal ministero della Difesa e gestiti direttamente dal Viminale. Ma soltanto domani, al termine del Consiglio dei ministri, si saprà se davvero ospiteranno i tunisini portati via da Lampedusa. Perché il piano alternativo del governo prevede il respingimento di massa e dunque - se fino a domani non ci sarà un blocco degli sbarchi - la nave San Marco e quelle della flotta Grimaldi potrebbero fare direttamente rotta su Tunisi.
Sono numerosi i dettagli che si stanno mettendo a punto in queste ore, anche per superare le numerose difficoltà giuridiche soprattutto per quanto riguarda il diritto internazionale. E per evitare - questo è il rischio più temuto - che gli stranieri si rifiutino di lasciare l'isola. Il piano studiato con il prefetto Giuseppe Caruso, commissario straordinario per l'emergenza immigrazione, prevede che gli stranieri approdati sull'isola siciliana senza permesso vengano portati altrove. Tra le città individuate oltre a Taranto, ci sono Caltanissetta, Pisa e Potenza. Ma la linea che il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha già illustrato al presidente del Consiglio e agli altri esponenti di governo prevede un'azione di forza se le autorità di Tunisi decidessero di non dare seguito all'impegno preso venerdì scorso di intensificare i controlli sulle proprie coste per fermare le partenze.
«Procederemo con i rimpatri forzosi», ha affermato due giorni fa il titolare del Viminale. E poi ha predisposto questo piano alternativo partendo dal presupposto che i migranti si trovano ancora in una zona di frontiera dove sono sottoposti alle procedure di identificazione e dunque possono essere «respinti». Un avvertimento alla Tunisia, ma anche una sfida nei confronti dell'Unione Europea che non ha fornito alcuna risposta agli appelli dell'Italia. Un'iniziativa che - come avvenne per i respingimenti concordati con la Libia - rischia di provocare nuove e durissime polemiche a livello internazionale. Anche perché si tratterebbe di una decisione presa senza l'assenso del Paese d'origine.
Il primo ostacolo da affrontare riguarda la guida delle navi, perché si tratta di mezzi civili e dunque è difficile che si possa obbligarli non soltanto a entrare in acque internazionali, ma soprattutto a sconfinare in quelle tunisine. E poi bisogna stabilire a chi spetti il compito di effettuare le scorte.
Non meno complicato da risolvere è il problema dell'ordine pubblico che vedrà impegnati la polizia, i carabinieri e la Guardia di Finanza già chiamati a tenere sotto controllo la situazione di Lampedusa.
Il potenziamento dei contingenti è già stato predisposto in vista dello «sfollamento» e riguarderà anche i servizi di vigilanza nei Cie temporanei perché, a differenza dei profughi, gli extracomunitari irregolari non sono liberi di muoversi ma possono essere trattenuti fino a diciotto mesi. Una situazione pesante che già provoca la reazione allarmata dei sindacati di polizia.
È Nicola Tanzi, segretario del Sap, a mettere in guardia sulla «necessità urgente di concordare una efficace strategia e mettere in campo una linea di comando chiara. E poi bisogna incrementare il numero di personale in servizio, oltre ai mezzi, perché con le forze a disposizione non siamo in grado di controllare nel miglior modo possibile gli immigrati e di impedire fughe, tenendo anche conto che la maggior parte di loro è costituita da uomini e giovani, pochissime donne».
Preoccupazione forte per le conseguenze che questa emergenza può avere viene espressa anche da Claudio Giardullo, segretario del Silp Cgil che parla di «piano alternativo irrealizzabile perché la condizione necessaria a rimpatriare un clandestino è l'accertamento della sua identità e dunque del Paese d'origine. Il rimpatrio forzoso rappresenta una torsione delle norme e degli indirizzi internazionali che rischia di far degenerare la situazione creando più problemi che soluzioni e che espone in maniera forte anche le forze dell'ordine chiamate a gestire la crisi».



Lo scandalo degli sbarchi e quello che è già qui
Perché questa miseria non diventi paura
Avvenire, 29-03-2011
Davide Rondoni
Rudolf è morto di freddo, in uno scantinato. Era di colore, ma nato in Italia. Non è successo nei meandri di una grande metropoli, Roma o Milano, dove l’anonimato della disperanza miete vittime con i suoi precisi missili, invisibili e fatali. È successo a Meldola, dolcissimo paese a dieci chilometri da Forlì in piena Romagna. È successo nella periferia. Nella parte migliore d’Italia, si dice, almeno per quel che riguarda la tenuta del cosiddetto Welfare. Delle relazioni di sostegno. Mentre gli occhi di tutti si puntano su Lampedusa, e sembra che quella ondata di corpi ci metta in difficoltà, rischiamo di non vedere la difficoltà che già è sbarcata.
Nessun posto è un’isola. Alcuni dicono che stiamo andando verso un medioevo della necessità. Sia a causa di fenomeni macroscopici che muovono da fuori dei nostri confini, sia per implosioni, per crisi interne. E interiori. Il Welfare non tiene, dicono. Problemi di tagli. Di nuove emergenze. Problemi legati alla bassa natalità, allo smembrarsi di quel Welfare naturale che sono le famiglie. E cresce un’aria di insicurezza. Come se ci aspettasse un’età più dura. Un’età dove saremo costretti a convivere con micidiali impotenze. Dove lo spettacolo della miseria, dell’accattonaggio, della vita precaria occuperà altro spazio sulle scene visibili e meno visibili della nostra società. Dove vedremo cose che non immaginavamo. Il povero ragazzo morto di freddo a Meldola, qualche tempo fa la morte di stenti, assurda, di un piccolo di pochi mesi, in piazza Maggiore a Bologna, città ex-vetrina della "buona" amministrazione.
Cose che non immaginavamo. E ci prepariamo a vedere quel che non ci lascerà tranquilli. Per niente tranquilli. A Lampedusa, a Meldola. Ovunque. Un medioevo che torna, dice qualcuno usando a vanvera parole e categorie. Perché il medioevo fu un tempo più duro di questo. Per certe cose. Francesco baciò il lebbroso. I mendicanti erano molti per città e campagne. Un tempo duro. Ma altrettanto dura della indigenza era la speranza tra gli uomini. E forte, all’ombra delle cattedrali che si ergevano per testimoniare il legame con il cielo e tra gli uomini, era l’azione della carità. Forte era in quel medioevo che abbiamo alle spalle (e davanti) la difficoltà alla sopravvivenza. E nelle vie delle nostre città era – e sarà – avvilente lo spettacolo dell’arte di arrangiarsi, l’arroganza dei malvissuti, la fastidiosa presenza del povero. Ma grande era anche lo spettacolo di una civiltà impegnata, con sodalizi, confraternite, iniziative di gente di ogni censo tese a rispondere con lo slancio di una carità operosa, ad abbracciare lo sventurato. Sarà ancora così?
Nei più domina un timore attonito. Ci si guarda attorno con sgomento. Si dice: che mondo lasciamo ai nostri figli. Si dice: qualcuno si muova. E si chiede che lo Stato, la politica, la polizia o chi... si attivi per sgombrare il campo dal nostro disagio. Da questa umanità ferita, non romantica, lacera, sperduta. E invece il campo si ingombra di più. E quel che non vediamo direttamente ce lo danno i media. Le istituzioni possono arrivare fino a un certo punto, la coperta è stretta e a volte cucita o tagliata male, E così il futuro sembra un assedio.
Il Vangelo ammoniva l’uomo presuntuoso che ritiene di poter eliminare lo scandalo della miseria dal mondo. Ma è lo stesso Vangelo che in molte epoche ha educato il cuore del popolo facendo sorgere miriadi di iniziative di carità e di sollecitudine. Ora, di fronte alle emergenze note come Lampedusa, sia a quelle ignote come Meldola abbiamo bisogno di istituzioni responsabili. Ma abbiamo soprattutto bisogno del Vangelo.
Senza l’annuncio del Dio che si fa carne per tutti avremo solo lo scandalo duro della miseria che diventa paura e non lo spettacolo della speranza che diviene carità mai domabile.



Gli abitanti in rivolta E i pescatori disperati bloccano pure il porto
Ma il tentativo di blindare l'isola è inutile. Ventimila i clandestini sbarcati soltanto dall'inizio del 2011
il Giornale, 29-03-2011
Mariateresa Conti
* Quella porta aperta, ai centro dei Mediterraneo, che dall'Africa vomita sulle sue coste migliaia e migliaia di immigrati - con gli arrivi delle ultime 24 ore, circa duemila, il totale da gennaio a oggi ha raggiunto quota 20mila - hanno tentato di sprangarla a modo loro. E non con i loro pescherecci, che nonostante tutto servono per vivere. No, per creare un «muro» e bloccare l'ingresso dei porto i pescatori di Lampedusa hanno usato il loro incubo, le carrette del mare vuote abbandonate e che in teoria sono sotto sequestro: le hanno prese con la forza, le hanno trainate all'ingresso dei porto con i loro pescherecci legandole l'una all'altra, in fila indiana, dodici in tutto. E le hanno usate come barriera per realizzare quello che non si riesce a fare a monte, da quando son caduti gli accordi che ire - navano le partenze: un blocco navale che smetta di riversare ogni giorno, nell'isola, almeno un migliaio di clandestini da ammassare non si sa piü dove, da nutrire non si sa piü come, visto che sono circa 6mila, piü degli abitanti dell'isola. È stato il giorno delia rivolta, ieri a Lampedusa. La rivolta dei pescatori, che hanno tenuto in piedi sino a sera il loro blocco di barche nel tentativo di fermare gli sbarchi. Tentativo vano visto che due barchette, con una cinquantina di clandestini ciascuna, in arrivo dalla Tunisia, sono riuscite a passare nonostante lo sbarramento, mentre in serata, a 30miglia dall'isola, è stato soccorso l'ennesimo barcone, a bordo 240 persone, anche minori e una donna incinta. La rivolta dei consiglieri comunali dei centrodestra, che si sono incatenati sul moio. E la rivolta, so- prattutto, delle donne. Loro, le mogli di pescatori, ristoratori, di persone impiegate nel settore alberghiero, non vivono piü: se i loro uomini non vanno a lavorare non guadagnano; ma se escono loro preferiscono restare barricate in casa, troppo rischioso andare in giro con tanti disperati pronti a tutto. Di qui la rabbia, culminata anche in blocchi stradali fatti di cassonetti rovesciati, di massi trascinati in mezzo alia Strada, e in un presidio sul moio sciolto solo nel tardo pomeriggio. Inevitabile. Inevitabile perché il grado di esasperazione cui i lampedusani sono ormai arrivati dopo settimane di assedio senza tregua non poteva che esplodere. Già lo scorso 18 marzo gli isolani avevano tentato il blocco dei moli d'attracco, minacciando di buttarsi in mare ogni volta che qualche carretta, anche scortata dalle motovedette, si avvicinava. Ieri la replica, in grande stile. Afare da detonatore una serie di eventi: intanto la notizia dei furto in una villetta, denunciato da una coppia di isolani (lui, anche se la ricostruzione è controversa, si sarebbe beccato anche un pugno); poi il timore di ritrovarsi messi in quarantena per il rischio epidemie, rischio che allo stato attuale, secondo l'Oms, non c'è; e poi una quasi-rissa scoppiata durante uno degli incontri tra gli amministratori comunali e il comitato delle donne.I toni si sono alterati, il presidente dei Consiglio comunale, accusato di scarso impegno, avrebbe urlato un «siete bestie!». È stato il putiferio. Tra lacrime e urla le donne esasperate si sono riversate sul moio. E li si sono unité ai consiglieri comunali dei centrodestra, che già si erano incatenati per chiedere che Lampedusa sia svuotata. Al grido di «siamo stato abbandonati da tutti, quando c'è daaiutare un popolo l'Italia si muove, e noi non siamo un popolo?», brandendo la bandiera della Sicilia con la Trinacria al centro e quella a scacchi di Lampedusa hanno presidiato per tutto il giorno la banchina, incitando i pescatori are- sistere. «Basta siamo pieni», lo slogan su un lenzuolo, piü eloquente di mille urla. Nemmeno la notizia che domani sei navi con diecimila posti per svuotare finalmente l'isola li ha calmati. «Mercoledi? E perché non oggi, perché nonsubito?», ribattono furiosi ilampedusani a chi dice loro che forse l'emergenza sta finendo. Furiosi. Perché non ce la fanno proprio piü. Il sindaco, Dino De Rubeis, ha proclamato lo sciopero generale. E proteste ci sono anche a Trapani, già aile prese con la chiusura dell'aeroporto per la guerra in Libia dove è stato deciso di allestire una tendopoli. I lampedusani sono allo stremo. Come dar loro torto, dei resto? Le scuole sono ancora aperte, ma moite mamme tengono i bimbi a casa per paura di infezioni. Gli isolani vanno in giro conle mascherine. Molti esercizi commerciali sono chiusi, quelli aperti, nel timore di assalti da parte dei disperati che occupano praticamente ogni angolo dell'isola, fanno entrare i clienti ad uno ad uno. Scoppia Lampedusa, e tra un po' scoppia anche Linosa. La piccola isola, appena sei chilometri quadrati, è usata come una sorta di dépendance, per evi tare problemi tra etnie diverse. Ma il sovraffollamento si fa sentire pure li, anche se l'esasperazione non è ancora oltre il livello di guardia, come nellamaggiore delle Pelagie. A Linosa, dove ci sono anche alcuni neonati, le donne hanno portato nelle loro case i piccoli per lavarli. Poi li hanno restituiti alie mamme. Piccoli gesti. Gesti di gente di mare generosa e da sempre abituata all'accoglienza. Gente che però, adesso, è sfinita. E che ricorda, all'Italia: «Loro sono vittime, ma lo siamo anche noi».



Italia - Lampedusa: tra risse e rivolte
Romagna Noi, 29-03-2011
In serata scoppia una rissa tra i migranti. Nel pomeriggio gli abitanti bloccano il porto con le barche, ma lasciano entrare altri 454 profughi
LAMPEDUSA - Sono in totale 454 i migranti arrivati la scorsa notte a Lampedusa, dove il flusso dal Nord Africa non si ferma e migliaia di persone restano ammassate in condizioni igieniche molto precarie. Il gruppo più numeroso, costituito da 190 eritrei e somali, tra cui molti bambini e donne, una delle quali incinta, era su un natante naufragato a 30 miglia dall'isola e salvato da guardia costiera e guardia di finanza. L'operazione si è conclusa dopo la mezzanotte. Le motovedette hanno raggiunto i naufraghi a 30 miglia dall'isola, dove lo scafo su cui viaggiavano è colato a picco in condizioni di mare forza tre. Altri due barconi, che trasportavano rispettivamente 149 e 115 immigrati, tutti tunisini, sono entrati invece in porto autonomamente.
Sale nel frattempo la tensione nell'isola. Ieri sera una decina di tunisini hanno dato vita ad una rissa, nel cosiddetto 'Villaggio della solidarieta'' di Mineo (Catania), dove si trovano duemila migranti, molti dei quali provenienti da Lampedusa. La zuffa avvenuta durante la cena, è stata subito sedata dalle forze dell'ordine. Sempre in serata un migrante è stato ricoverato nell'ospedale di Caltagirone per una sospetta malattia respiratoria, accertamenti sono in corso per accertare se possa essere di natura virale e contagiosa.
Esasperati gli abitanti, che ieri sono insorti scendendo in strada e bloccando con le barche l'imboccatura del porto. La protesta è terminata nella serata, dopo l'annuncio dato dal Prefetto Giuseppe Caruso, che ha garantito l'arrivo da mercoledì di sei navi per trasferire i migranti.



Lampedusa nel caos L'APPELLO / Salviamo gli italiani dell'isola...
Occupata dai lampedusani l'aula del consiglio comunale. Domani inizia  l'evacuazione: saranno utilizzate sei navi, tra cui la "San Marco" della Marina militare.
il Giornale, 29-03-2011
Cristiano Gatti
Lampedusa - E' iniziata un’altra giornata di emergenza in attesa del "D-day" in attesa che diventi realtà il piano per la mega evacuazione dei circa seimila immigrati presenti sull’isola delle Pelagie e che vivono ormai in condizioni al limite della crisi sanitaria. Domani, così come annunciato ieri dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, dovrebbe essere annunciato al termine del consiglio dei ministri il piano messo a punto dal Viminale che prevede la collaborazione delle Regioni, delle Province e dei Comuni per l’accoglienza degli immigrati che saranno trasferiti da Lampedusa. Il piano di evacuazione sarà attuato con l’utilizzo di sei navi, tra cui la "San Marco" della Marina militare che sta già facendo la spola tra l’isola e la terraferma per trasferire centinaia di immigrati.
Cittadini occupano il Municipio È stata occupata l’ aula del consiglio comunale a Lampedusa. Alcuni abitanti, che chiedono il trasferimento in altri posti dei 5 mila migranti presenti nell’isola, hanno affisso striscioni di contestazione al governo. "Non è razzismo, ma sopravvivenza" c’è scritto in un grande manifesto sopra la tribuna del consiglio comunale. In un altro si legge "State distruggendo il nostro futuro" mentre in uno striscione all’ingresso del municipio è disegnato un barcone con la scritta: "Governo" e poi "arrivera???". Nell’aula è in corso un’assemblea con decine di studenti che oggi non sono andati a scuola. Alcune madri propongono la chiusura del polo didattico per paura che i loro figli possano venire a contatto con i tunisini che bivaccano nella zona. Una donna ha raccontato che davanti la sua abitazione, vicino la Casa della Fraternità ci sono circa 500 migranti che fanno i bisogni fisici per strada
Nuovi sbarchi nella notte Sono continuati anche la notte scorsa gli sbarchi di immigrati nordafricani a Lampedusa. Sull’isola sono arrivate 454 persone. Alcuni minuti prima di mezzanotte due motovedette di Guardia costiera e Guardia di Finanza hanno portato sul molo un nutrito gruppo di 190 persone tra eritrei e somali. Fra loro c’erano anche donne, una incinta, e minori. Gli extracomunitari erano a bordo di una "carretta" del mare naufragata ad una trentina di miglia a sud di Lampedusa. Altri due natanti, infine, sono approdati direttamente sull’isola con a bordo, uno 149 e l’altro 115 migranti. Intanto è arrivata a Taranto la nave della Grimaldi che ieri aveva caricato a bordo 827 immigrati, destinati alla tendopoli di Manduria.
Donna incinta e 5 neonati Tra le tante donne che si trovavano sul barcone soccorso ieri notte a circa 30 miglia da Lampedusa c’è anche una puerpera incinta di sette mesi trasferita nel poliambulatorio subito dopo giunta nell’ isola. Nel barcone anche diversi bambini, tra cui cinque neonati, il più piccolo di due mesi.

 

Immigrazione: isola Lampedusa, cittadini occupano municipio
In numerosi striscioni lanciate accuse al governo Berlusconi
(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 29 MAR - E' stata occupata l'aula del Consiglio comunale a Lampedusa. Alcuni abitanti, che chiedono il trasferimento in altri posti dei 5 mila migranti attualmente presenti sull'isola, hanno affisso striscioni di contestazione al governo. 'Non e' razzismo, ma sopravvivenza', c'e' scritto in un grande manifesto sopra la tribuna del Consiglio comunale. In un altro si legge 'State distruggendo il nostro futuro', mentre in uno striscione all'ingresso del municipio e' disegnato un barcone con la scritta: 'Governo' e poi 'Arrivera???'. (ANSA).



«Immigrazione, il governo ha fallito»
l'Unità, 29-03-2011
Simone Collini
«Sull’immigrazione c’è stato un completo fallimento del governo. Non gli consentiremo di tenere il piede in due staffe, non possiamo avere ministri che vogliono dare soldi e altri che vogliono dare sberle. O si chiariscono le idee, ci mettono la faccia e agiscono con razionalità e organizzazione, o non chiedano la nostra collaborazione». Pier Luigi Bersani apre la Direzione del Pd mettendo in fila tutti i fallimenti del governo e lasciando per la parte finale dell’intervento le questioni interne al partito. E anche la minoranza interna sceglie il basso profilo. Del resto, con le amministrative alle porte e un esecutivo forte soltanto sul piano dei numeri in Parlamento, «non ci si può distrarre dai problemi del paese», per dirla con Bersani.
Il leader del Pd parla del «disastro politico e diplomatico» sulla crisi libica, si domanda (quando viene a sapere della videoconferenza tra Obama, Sarkozy, Cameron e Merkel) «quanti anni ci vorranno per recuperare la credibilità internazionale perduta», attacca la Lega che «fa l’anima bella del federalismo e si siede al tavolo con Saverio Romano», dice che «la scossa all’economia è finita in un comunicato stampa e la riforma epocale della giustizia si è ridotta a processi e prescrizioni brevi». Ma proprio perché Berlusconi ha come unico obiettivo, dice citando Saverio Borrelli, quello di un rovesciato «resistere, resistere, resistere», proprio perché «l’Italia non ha governo» e «aumentano le responsabilità del Pd», sarebbe imperdonabile dividersi ora su questioni interne. E anche se non insiste troppo sulla strategia delle alleanze (invisa a Movimento democratico), fa sapere che manderà ai leader di tutte le altre forze di opposizione una lettera per iniziative comuni sull’informazione (un sistema di monitoraggio dei Tg e appuntamenti di mobilitazione) «perché non è più sopportabile che negli ultimi dieci giorni di campagna elettorale i tg siano invasi da Berlusconi e soci come neanche in Bielorussia».
La posta in gioco è alta e Bersani chiede a tutti di impegnarsi per mettere a punto il «progetto per l’Italia» da presentare poi ai possibili alleati per «una convergenza tra forze progressiste e moderate». E se nei giorni scorsi gli esponenti della minoranza hanno colto l’occasione dell’addio di alcuni consiglieri e dirigenti locali (ieri è toccato al vicesindaco di Catanzaro Antonio Argirò, in lista con Agazio Loiero) per sollevare la questione del «disagio» dei moderati (leggi ex-ppi), Bersani ha detto di non sottovalutare il problema, ma ha aggiunto, rivolgendosi senza citarli agli esponenti di Movimento democratico che nei giorni scorsi hanno battuto su questo tasto: «Vorrei che chi ci richiama ad avere attenzione ai problemi dica che hanno torto quelli che se ne vanno via».
Parole lasciate cadere nel vuoto dalla minoranza, che dopo le scintille dei giorni scorsi ieri ha scelto il basso profilo. Paolo Gentiloni non è intervenuto, Beppe Fioroni non ha partecipato per motivi personali, Walter Veltroni se n’è andato dopo aver ascoltato Bersani. Per Modem è intervenuto Giorgio Tonini, sottolineando che le amministrative «saranno decisive per sapere se siamo competitivi e se siamo in grado di recuperare i voti in uscita dal centrodestra». Lascia intendere che il confronto interno è solo rinviato alla seconda metà di maggio anche Gero Grassi: «Il partito inclusivo non bisogna solo enunciarlo ma costruirlo».
Bersani è ottimista sul voto: «Sappiamo che la situazione rispetto al 2006 è diversa, ma ci aspettiamo un incoraggiamento ad aprire la strada del cambiamento». Il Pd, dice, «è già pronto con candidati e liste a parte due o tre città». Una di queste è Cosenza. È stato convocato per domani a Roma un vertice con i dirigenti locali per sciogliere il nodo. La stragrande maggioranza del partito locale vuole l’avvocato cinquantenne Enzo Paolini, su cui sono pronti a convergere anche Sel e Idv. Le premesse perché domani sia formalizzata la sua candidatura ci sono.



Tra i cinquemila disperati l'ombra della mafia fai-da-te
IL Messaggero ,29-03-2011
NINO CIRILLO
Lampedusa ECCOLA qui la nostra Ellis Island, avvolta in una notte di vergogna e di paura, in mezzo a un mare in guerra. Magari un giorno cifaranno un monumento -proprio come sull'isolotto davanti a New York che vide il disperato sbarco di altri migranti, ma intanto quest 'isola è un piccola bolgia. Gli arrivi timidi e ordinati di un mesefq, quando si precipitarono per primi -a prenotare un sogno di democrazia e di libertà- medici, ingegneri, studenti universitari, la meglio gioventù che il Nord Africa poteva offiïre, beh, quegli arrivi sono sohanto un ricordo. Quièíuito un Selvag¬gio accamparsi, sono capanni improvvisati, coperte contese e anche giacigli sulla sabbia ancora fredda di questa primavera. Se nel centro di accoglienza si calcola chesiano rimasti in duemila -in un posto che potrebbe accoglierne 800- si calcola facilmente che gli altri Iremila sbarcati suU'isola si siano dovuti distribuire fra Cala Palme, la spiaggia dei Cavallo Bianco e anche il Porto Vecchio. E' una notte di vergogna perche non si può vivere cosi, perché cosi non possono vivere neanche i cinquemila isolani acquattati e impauriti nette /oro case, perche il loro tradizionale senso di solidarietà è stato fin troppo messo alia prova, perché il sospetto per il Diverso si è falto Strada in questi giomi di mare piatto, fin troppa strada, fino a immaginare rapine e stupri che in reahà non stanno ancora da nessuna parte.
E' una notte di paura perché i precari equilibri stanno velocemente mutando, perché fra i cinquemila onesti migranti stanno prendendo piede, stanno minacciando e ricattando, stanno disegnando perícolose gerarchie nel controllo della piazza, delle strane figure finora mai viste sull'isola. Ci si chiede, ad esempio, che ruolo abbiano, che potere abbiano quei due personaggi che si son conquis! a ti senza problemi una camera singola nella Stazione Marittima appena occupata, una Stazione Marittima che per il resto vede accampati alla meglio decine di altri tunisini.
Ci sono diversi segnali, cioè, che. indicano come questa realtà di
disperazione sia sul punto di essere íncanalata e controllata da una sorta di mafia faidate, una cosca spontanea nata e cresciuta in questi giorni di confusione e di disagio. Non solo quelle due stanze singole: è segnalato 1'arri- vo, al posto dei medici e degli ingegneri dei.primi di marzo, di ragazzi delle banlieues tunisine decisi atutto, gente bene addestrata agli incidenti  metropolitain. C'è la paura di una rivolta, questa è la verità, e non degli isolani che pregano aspettando le sei navi promesse dal Governo, ma una rivolta di chi aspetta dagiorni e invano un 'assistenza adeguata, di chi è rimasto anche senza acqua e sigarette -perché la prassi vuole che ogni tre clandestini sia distribuito un pacchetto al giorno-, una rivolta pilotata da- questi-piccoli boss che la situazione di. stallo ha fatto cresce e affermare. Ce ne sono di segnali. Lo sciopero della fame, ad esempio. è stato interpretato dai lampedusani più. accorti come il primo elemento di seria pressione, il primo "innocente" avvertimento. Poi sono arrivate le bottigliette d'acqua mineral e svuotate e riem pite di pipi, e piazzate beffardamente agli angoli delle strode. Come dire, ci siamo, e non abbiamo neppure un bagno dove andare.
Sembrafuori registro anche l'ordine pubblico. Ci sono quasi seicento uomini a controllare l'isola e per ora lo stanno facendo veramente bene, senza forzature ma anche senza concessioni. Quello che sembra mancare. è un lavoro di intelligence attorno a queste nuove gerarchie paramafiose.I nostri migliori investiga tori erano venuti a Lampe- dusa a cercare infiltrazioni terroristiche e invece di Al Qàeda non se ne sente neppure l'odore. Un altro tipo di malapianta è cresciuto tra le pieghe della Storia, e va estirpato subito. Prima ancora dell'arrivo delle navi.

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