Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 giugno 2014

Immigrati: in 33 sbarcati nel Salento
(AGI) - Lecce, 27 giu.- Un gruppo di 33 migranti di nazionalita' somala e siriana e' sbarcato nella tarda serata di ieri sul litorale di Gagliano del Capo, in localita' "Ciolo nel Salento". Il gruppo, tra cui nove donne ed un minorenne, e' giunto a riva con una imbarcazione che ha poi ripreso il largo e non e' stata piu' rintracciata. I migranti, che stanno tutti bene, sono stati soccorsi dai carabinieri della Compagnia di Tricase e dai sanitari del 118 e successivamente trasportati nel centro di accoglienza "Don Tonino Bello" di Otranto.
 
 
 
“Paradiso Lampedusa” Lo spettacolo dei profughi 
La Stampa, 27-06-13 
Sandro Cappelletto
Sui barconi di profughi che attraversano il Mediterraneo si cantano, in tante lingue diverse, inni a Lampedusa. La si paragona al Paradiso, al luogo dove vive la Madre di Dio, che saprà accogliere. Nell’immaginario di chi sfida la morte per raggiungerlo, questo avamposto d’Italia verso il sud del mondo non è più un’isola: è la terra promessa, un mito universale che strega milioni di persone.
Animisti, cristiani, musulmani, africani, asiatici, uomini e donne che appartengono a popoli ed etnie che si combattono, dimenticano i loro odi e si scoprono soltanto esseri umani, stretti uno all’altro, alla bottiglietta d’acqua consegnata dallo scafista, al figlio che un’onda rischia di travolgere, alla corda che, quando arriva l’ondata, impedirà forse di venire travolti. Più tenace della loro disperazione c’è soltanto la certezza che un Paradiso esiste: si chiama Lampedusa ed è lì, davanti a te, alla fine del mare.
Galghi, nella lingua Wolof dell’Africa occidentale, significa «barca». Ma Galghi ora è anche il nome di uno spettacolo. L’idea è di Badarà Seck, un griot, un cantastorie senegalese che da anni vive nel nostro Paese. A Roma, ha raccolto uomini e donne che il mare lo hanno attraversato e a partire dalle loro vicende ha costruito un racconto parlato, cantato, suonato e danzato che possiede la semplicità inviolabile della verità. Sono in dodici – il numero certo non è scelto a caso – sopra e attorno alla sagoma di una barca collocata nel fondo dei Giardini della Filarmonica Romana, dove Galghi ha debuttato. Sarà replicato il 2 luglio e da settembre dovrebbe iniziare una tournée destinata in particolare ai ragazzi delle nostre scuole.
I dodici stanno sopra la barca, ondeggiano e raccontano, in italiano, perché la nostra lingua è diventata la loro lingua comune, la sola che tutti conoscono: mia madre è orgogliosa di me perché delle quattro mogli di mio padre è l’unica ad avere un figlio che manderà i soldi a casa; quanti anni impiegherai per restituire alla famiglia il denaro anticipato per il tuo viaggio? Ho sentito dire che durante la traversata molti, spesso per la sete, proprio come accade nel deserto, impazziscono e vogliono tuffarsi perché pensano che l’acqua sia una strada, un sentiero. Dopo che sei arrivato in Paradiso, di notte qualche volta vengono a trovarti i demoni e ti fanno rivivere quello che hai già conosciuto: le migliaia di chilometri percorsi, le rapine e le violenze subite, le minacce di morte. Lo sai che i funzionari della mia ambasciata mi hanno negato il visto e sono stati loro a mettermi in contatto con gli scafisti? Avresti mai immaginato che un curdo potesse dormire accanto a un siriano di Aleppo, un marocchino musulmano appoggiarsi ad un burkinabé cristiano?
Non abbiate paura, seguite i miei ordini, intima lo scafista. Il mare si gonfia e prima che una tempesta faccia naufragare tutti, una voce di donna legge i versi della Divina Commedia che chiudono il Canto di Ulisse: «Tre volte il fé girar con tutte l’acque; / A la quarta levar la poppa in suso / E la prora ire in giù, com’altrui piacque, / Infin che il mar fu sovra a noi richiuso».
 
 
 
Un rifugiato su tre ha subito torture
Avvenire, 27-06-14
Paolo Lambruschi
Un dramma nascosto accompagna un rifugiato su tre accolto in Italia. Sono le torture e le violenze estreme scolpite nel corpo e nella psiche. Su circa 15.000 persone cui l’Italia ha accettato la domanda di protezione nel 2013, si stima che almeno 5.000 abbiano subito gravi abusi durante il viaggio dalle gang di trafficanti o dai persecutori nel Paese di origine.
Lo testimoniano gli africani passati dall’inferno libico o i siriani. E lo confermano le statistiche diramate ieri in un convegno organizzato dal Consiglio italiano per i rifugiati a Roma per la giornata internazionale per le vittime di tortura, secondo le quali il 30% dei rifugiati ha provato esperienze di tortura e violenza estrema. Sono forse di più, come ha ricordato Romano Prodi: «Distinguere un profugo da un migrante economico è sempre più difficile, in molte città e villaggi africani la gente ha solo l’alternativa tra morire di fame o migrare».
Il Belpaese non ha ancora introdotto il reato di tortura nel Codice penale. Ieri il ministro degli Esteri Mogherini ha sollecitato al Parlamento l’approvazione definitiva del disegno di legge licenziato il 5 marzo dal Senato. Altra lacuna è la mancata riapertura di una rete nazionale all’avanguardia nella cura e riabilitazione dei torturati, il Nirast, eccellenza europea.
Due anni e mezzo fa la Regione Lazio non rifinanziò l’ambulatorio dell’ospedale San Giovanni sostenuto da Cir e Acnur e diretto dallo psichiatra Massimo Germani. Dal 2002 era capofila del network di 10 ambulatori che ha avuto riconoscimenti nazionali e internazionali. Il centro romano ha assistito e offerto terapie a oltre 1.200 rifugiati da tutto il mondo con gravi patologie.
La chiusura avvenne in barba alla direttiva europea sugli standard minimi di accoglienza dei richiedenti asilo, recepita dall’Italia e che raccomanda la tutela delle persone che hanno subito torture, stupri o forme gravi di violenza psicofisica.
«I disturbi post-traumatici complessi – spiega Germani – presentano notevoli difficoltà diagnostiche, possono a volte non essere riconosciuti o scambiati per schizofrenia o psicosi croniche. In mancanza di una precoce diagnosi e di una terapia specifica tendono a peggiorare. Se non si interviene, i costi umani e sociali sono elevati». Perciò gli specialisti del Nirast a marzo hanno presentato a Copenaghen uno strumento innovativo per l’identificazione precoce delle vittime, l’Etsi. Ma l’ambulatorio romano resta chiuso.
Tuttavia la Regione pare averci ripensato. Rodolfo Lena, presidente della commissione Politiche sociali e salute del Consiglio regionale ha definito «grave» la persistente chiusura parlando di «atto privo di qualsiasi motivazione sia dal punto di vista delle esigenze di budget, sia da quello sanitario. Il costo dell’ambulatorio è minimo, visto che il personale è in carico all’Azienda ospedaliera e i locali sono all’interno dell’ospedale Britannico».
Restano le perplessità della burocrazia perché esistono altri centri ospedalieri per immigrati e rifugiati. «Ma – ribatte Germani – la necessità di un centro specialistico in un territorio vasto come Roma è testimoniata dal continuo incremento dell’afflusso. Negli ultimi anni era cresciuto, fino a raddoppiare nel 2011 rispetto al 2010, con un aumento di invii da altre strutture di casi gravi o ritenuti intrattabili». Resta da percorrere l’ultimo miglio per riaprire il centro dopo 30 mesi. Sarebbe una risposta importante a sofferenze in crescita, come gli sbarchi.
 
 
 
Salvini (Lega): "Con gli immigrati sbarcano le malattie''
"Renzi dorme mentre con sbarchi aumentano clandestini"
stranieriinitalia.it, 27-06-14
Roma, 27 giugno 2014 - ''Mentre perfino Obama rafforza i controlli dei confini americani contro l'immigrazione clandestina, il governo Renzi dorme. Oggi altri 500 sbarchi a Messina: ma cosa cavolo deve succedere perche' Renzi e compagni si sveglino e intervengano?
Così il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, su Facebook, a proposito degli ultimi sbarchi in Sicilia.
Troppa gente guadagna sulla pelle dei clandestini - ha sottolineato Salvini - e intanto con gli immigrati sbarcano le malattie''.
 
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