Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri
L’impresa “meticcia” ci salverà
Luigi Manconi
Ci salveranno gli immigrati? Viene da pensarlo se consideriamo che il segmento “straniero” del sistema produttivo italiano è quello che sembra resistere meglio alla crisi economico-finanziaria.
Per la verità, è più corretto definirlo “meticcio”, quel settore, costituito da migliaia e migliaia di imprese individuali che hanno come titolare un immigrato e che operano nel mercato italiano. La tendenza alla crescita di questo settore è costante da un decennio, ma ciò che più conta è che esso ha resistito alla tempesta finanziaria del 2008. Proprio nella seconda metà di quell’anno, quando più brutale è stato l’impatto della crisi sulle economie nazionali, questo settore ha presentato un saldo positivo così riassumibile: +1,55% nel terzo trimestre e +1,17% nel quarto, mentre il complesso di quelle imprese (con titolari sia italiani che stranieri) subiva un rallentamento. Dunque, nel secondo semestre 2008 è solo grazie all’incremento di imprese “straniere” se il saldo negativo tra quelle nuove e quelle cessate risulta meno rilevante di quanto sarebbe se considerassimo le sole imprese con titolare italiano. In ogni caso,  anche i dati più recenti confermano una serie storica perfettamente coerente: si pensi che dal 2000 al 2005 la crescita è stata del 170%; e che le ultime statistiche parlano di oltre 6000 nuove imprese nate nel corso del primo semestre del 2009. Il fenomeno ha molti significati. Innanzitutto fa giustizia di tanti stereotipi che vedono la presenza straniera in Italia oscillare prevalentemente tra attività marginali ed extralegali e l’inserimento negli interstizi del mercato del lavoro, per svolgere mansioni che la manodopera italiana tende ad abbandonare o a trascurare (l’attività manifatturiera più pesante e “sporca”, la raccolta della frutta e degli ortaggi, l’allevamento…). Qui abbiamo, invece, lo sviluppo di una diffusa iniziativa imprenditoriale (spesso micro-imprenditoriale),   a bassissima intensità di capitale che risponde ad alcune domande e altre ne crea o ne rinnova (in particolare, nella piccola manutenzione edilizia, nel commercio al minuto, nel facchinaggio e nei trasporti…). È indubbio che lo sviluppo di questo settore si affidi, tra l’altro, a fattori contradditori o decisamente negativi e si basi, anche, sulla disponibilità a orari lunghissimi e a paghe bassissime, e sulla frequente elusione dei controlli previdenziali e sindacali. Ma si tratta di uno sviluppo “disordinato” che, oggi, appare in qualche misura inevitabile. A questo fenomeno si collega un’altra novità, che ha ancora gli immigrati come protagonisti. In un sistema produttivo che tende a diventare sempre più segmentato e friabile, la promozione di strumenti destinati a incrementare l’imprenditorialità individuale risulta decisiva. Qui interviene, tra l’altro, la questione del microcredito: ovvero del sostegno creditizio a chi voglia “fare impresa” senza disporre di adeguati capitali. Balza agli occhi lo scarto tra quel rilevantissimo numero di imprese individuali con titolare straniero e la scarsa disponibilità di credito per gli aspiranti imprenditori e per coloro che, già titolari di un’azienda di minime dimensioni, la vogliano ampliare. Su questo piano, grazie al cielo, comincia a manifestarsi una qualche esile sensibilità nel sistema bancario e tra le agenzie istituzionali, in particolare quelle dipendenti  dalle regioni. Ma, certo, siamo ancora ai primi, primissimi passi. E, invece, il discorso è cruciale e i suoi possibili effetti non sono limitati alla sfera economica. Attraverso l’erogazione di credito si contribuisce ad attivare un circuito di fiducia nella persona e nelle sue risorse; e, infine, grazie al sistema delle garanzie personali e non patrimoniali, si rafforzano valori quali l’onorabilità, la reputazione, il rispetto degli altri e del proprio lavoro. Si inizia a comprendere, così, come possa risultare produttivo un approccio basato sulla valorizzazione dello spirito di iniziativa e della volontà di confrontarsi col mercato. Qui qualche novità, ancorché fragile, va segnalata: alcune banche cominciano a elaborare programmi tesi a ridurre l’“esclusione finanziaria” degli stranieri (fino a qualche anno fa considerati – con termine orripilante - non “bancabili”). Oggi si inizia, finalmente, a comprendere la loro importanza, anche perché spesso si tratta di soggetti giovani, con livello di istruzione medio o medio alto, economicamente attivi e con una grande attitudine al risparmio. Se tutto ciò è vero, come non comprendere che - con parole diverse e attraverso itinerari specifici - stiamo parlando né più né meno che di integrazione? 

Unità del 27 novembre 2009
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