Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 settembre 2013

Immigrati: altri due barconi soccorsi nel canale di Sicilia
(AGI) - Palermo, 10 set. - Due barconi con a bordo in totale 187 immigrati sono stati soccorsi durante la notte nel Canale di Sicilia. Il primo, su cui si trovavano 92 eritrei, tra cui 71 uomini, 3 bambini e 18 donne, e' stato avvistato da un elicottero della Guardia di finanza e poi raggiunto da una motovedetta della Guardia costiera che ha imbarcato i profughi petr trasportarli a Lampedusa. Sul secondo c'erano 95 persone, tra cui 82 uomini, 5 bambini e 13 donne una delle quali incinta. La centrale operativa delle Capitanerie di porto ha dirottato nella zona un mercantile per prelevare i profughi, anche questi in maggioranza eritrei e di altri Paesi dell'Africa.



Siracusa, i racconti dei profughi: «Noi a Damasco sotto le bombe»
Dentro il centro d'accoglienza per richiedenti asilo Umberto I di Siracusa dove «si fa quel che si può»
Corriere della sera, 10-09-2013
Gianluca Russo
SIRACUSA - Non vogliono apparire in video. Hanno paura che a Damasco qualcuno possa riconoscerli e vendicare l’odio sulle loro famiglie. Quasi terrorizzati, raccontano del bombardamento con le «presunte» armi chimiche, perché oltre ai «rumori in cielo e ai cadaveri per terra», nessuno ricorda bene cosa sia successo. In una stanza al primo piano del centro Umberto I di Siracusa, ci sono alcuni uomini siriani con i loro figli che intanto dormono. Uno di loro ripete a voce bassa «tutti morti, tutti morti...» in una continua cantilena. «Dopo l’attacco con le armi chimiche, la gente scappava dalle case e per strada era l’inferno» ricorda un ragazzo. Non dice il suo nome, racconta però senza esitare che a Damasco «quelli del governo» hanno sparato colpi di pistola sulla gente in fuga sotto le bombe. «Combattono con armi potentissime e distruggono tutto!» puntualizza un altro.
VITTIME DI TORTURE - Gli sbarchi dei profughi in fuga dalla guerra continuano. Dalla Siria, dall'Eritrea, dalla Somalia e dall'Egitto, scappano dalla fame e dalla disperazione dei loro paesi senza futuro. Al secondo piano, nel reparto femminile, una ragazza eritrea racconta il suo viaggio verso Siracusa: «Ho pagato settecento dollari prima di partire». Anche lei, ragazza madre, in mare aperto per cinque giorni e cinque notti, senza capire bene dove fosse diretta, senza una meta. Ricorda ancora «il mare agitato e le tempeste in corso durante la traversata» e continua: «ho creduto di morire, mi sembrava impossibile arrivare viva». Un'altra ragazza parla di torture: «Sono stata in carcere in Libia, la polizia mi faceva del male ogni giorno senza motivo». Proprio il ricordo del carcere libico le riempie gli occhi di paura: «I detenuti sono quasi tutti somali ed eritrei continuamente torturati in qualsiasi modo» conclude.
SITUAZIONE PRECARIA - Il centro d'accoglienza per richiedenti asilo (C.a.r.a.) di Siracusa è un luogo di passaggio per alcuni dei profughi sbarcati al porto Grande ai primi di settembre. «Arrivano, si rifocillano e il giorno dopo fanno le valigie» racconta il direttore del centro, Giampiero Parrinello: «La situazione qui è precaria, ma si fa quel che si può». Gli «ospiti» sono schedati con un numero identificativo fornito dalla polizia al momento dello sbarco, accanto ad ogni nome, è scritta la nazionalità e il motivo della fuga dal paese d'origine. «È squallido identificarli con un numero» spiega Parrinello e fa il conteggio degli sbarchi avvenuti da marzo a settembre: «Sono stati in tutto sessantanove». E poi aggiunge amaro: «Si può parlare di uno al giorno».
IL CENTRO - Il centro Umberto I offre una stanza, un letto e pasti caldi. Un grande cortile, tre piani con lunghi corridoi, veri e propri settori-dormitorio. Le condizioni igieniche non sono scadenti nonostante sia un luogo di continuo passaggio, ma c'è tra gli attivisti in visita al centro, chi ricorda di alcune giornate in cui «la pulizia era scarsa». Gli uomini da una parte e le donne dall'altra. I siriani in un piano, gli eritrei in un altro. Stanzoni di cinque o sei posti disponibili in base all'emergenza, nei bagni alcune donne intanto, si occupano del bucato e provano a condurre quella vita che «non è più normale». Non tutte le famiglie accettano di farsi foto segnalare al Cara, alcune scelgono di proseguire il viaggio verso il nord Europa, forse da parenti o alla ricerca di una tranquillità fortemente desiderata. I maggiorenni egiziani invece, sono accompagnanti nei Cie e poi rimpatriati alla svelta.
L'ASSISTENZA - Alcuni siriani preferiscono spostarsi in altri centri e avanzare richiesta di aiuto internazionale. Secondo la prefettura di Siracusa, la spesa di mantenimento per il centro Umberto I, si aggira intorno ai 500.000 euro solo per l'anno in corso. Non poco insomma. Al centro arrivano nuclei familiari e difficilmente minori non accompagnati. Una delegazione di Save The Children, in collaborazione con Unhcr, Oim e Croce Rossa, grazie al progetto «Presidium» è impegnata in consulenze legali agli immigrati fin dal momento dello sbarco. L'attività di monitoraggio degli standard d'accoglienza è rivolto soprattutto ai minori non accompagnati, ma anche a quelli accompagnati dalle famiglie. «Se queste persone restano pochi giorni va bene, altrimenti servono strutture adeguate alle loro esigenze» spiega l'attivista di Save The Children, da mesi attivo al centro.
L'ULTIMA VITTIMA - Nel piazzale dell'Umberto I è quasi ora di pranzo, c'è uno sbarco in corso. In arrivo altri novantaquattro siriani: nuclei famigliari che si aggiungono agli altri centocinque del giorno prima, arrivati su quel barcone«maledetto» che ha riconsegnato l'ennesimo cadavere. Intanto la Polizia distribuisce il pasto ma nel cortile si respira un'aria tesa, drammatica. Ci si organizza per l'ultimo saluto alla donna siriana morta durante l'ultimo sbarco. Il suo corpo giace presso l'obitorio dell'ospedale Umberto I di Siracusa. Il marito e i due figli sono pronti ad andare e versare l'ultima lacrima per lei, per quella madre e donna che ha trovato la morte, e grazie alla donazione dei suoi organi, ha ridato la vita.



Serve una lotta culturale al razzismo
l'Unità, 10-09-2013
Khalid Chaouki
“È in atto una recrudescenza xenofoba, razzista e neonazista che percorre l’ Europa, da Est a Ovest. Credere che si tratti di un fenomeno spontaneo è peggio che un’ingenuità, un inconsapevole omaggio alla recrudescenza della violenza, razzista e antisemita che l’umanità europea ha già conosciuto e sofferto. […] Stiamo perciò studiando un’ iniziativa di legge che crei questi presupposti a partire dalla definizione dei delitti e dei crimini ispirati dal razzismo e dalla xenofobia”.
Queste parole, dure e analitiche, che fotografano con precisione la realtà odierna, non sono di un Ministro di questa traballante XVII Legislatura; queste parole le ha pronunciate Claudio Martelli nel 1992, in qualità di Ministro di Grazie e Giustizia.
Il 19 luglio scorso, su twitter, la ministra Cécile Kyenge dichiarava: “Stiamo studiando nuovi strumenti legislativi per prevenire e reprimere l’istigazione all’odio razziale anche su internet e i social network”, e ancora: “l’istigazione all’odio sta aumentando soprattutto attraverso Internet e i social network: serve un cambio culturale per sgomberare il campo da paure e pregiudizi”.
Le date sono importanti: l’Italia del 1992 non era ancora il Paese multiculturale e meticcio che conosciamo oggi, eppure, anche allora, si studiavano strumenti legislativi per intervenire e reprimere, laddove fosse necessario, il fenomeno razzista.
Siamo nel 2013 e ventun anni di Lega e di ideologia razzista hanno peggiorato le cose: il popolo italiano, che si è sempre pensato immune all’orribile virus razzista, si ritrova con eurodeputati e deputati che dileggiano e offendono ripetutamente un ministro per il suo colore della pelle e a causa del suo Paese di nascita.
Il linguaggio dell’offesa e dell’odio adottato dalla Lega non ha fatto altro che legittimare, negli anni – ma in questi ultimi mesi con maggiore evidenza -, un clima razzista e sessista che affonda le sue radici nei periodi più bui della storia dell’uomo e fa pensare a certi discorsi dei sudisti americani in difesa della schiavitù.
È ora di far circolare quindi parole nuove, è ora che torni ad essere di moda il rispetto e la solidarietà, che si punisca con decisione chi sfrutta gli immigrati, chi sulle sofferenze altri costruisce imperi economici, e non le vittime.
È ora che, insieme al razzismo, il governo inizi a colpire i suoi frutti più marci, come il caporalato, orribile piaga del lavoro nero, che vede tra gli sfruttati soprattutto i braccianti, arricchisce pochi criminali e danneggia anche l’economia del settore agricolo.
La lotta al razzismo, per essere efficace, deve contrastare innanzitutto i sistemi malati che il razzismo stesso genera, ma per questo la politica ha bisogno anche della società civile, perché la rivoluzione, prima che normativa, dev’essere culturale. E la cultura del nostro Paese purtroppo negli ultimi anni ha prodotto orrori come la Bossi-Fini e giustificato vergogne come il respingimento in mare aperto di profughi, donne e bambini in fuga da miserie e guerre.



Cie di Milano, nove immigrati arrestati con l’accusa di incendio doloso
Gli ospiti della struttura originari del Nord Africa e America Latina hanno appiccato le fiame al Cie di via Corelli due volte durante il weekend. Dopodiché le autorità hanno dovuto spostare gli ospiti dal Cie dichiarato inagibile in un altro sito
il Fato Quotidiano,09-09-2013
Un’ennesima rivolta di immigrati clandestini rinchiusi nei Cie (centri di identificazione ed espulsione), in attesa dell’espulsione dall’Italia, è scoppiata lo scorso fine settimana a Milano. Stavolta si tratta del famigerato Cie di via Corelli. Nove persone sono state arrestate per i disordini avvenuti sabato e domenica all’interno della struttura. Si tratta di 9 uomini tra i 21 e i 45 anni originari del Senegal, del Brasile, del Perù, del Marocco, di Cuba e di Gabon. Lo rende noto la Polizia.
L’accusa è di incendio doloso in concorso. Nel pomeriggio di sabato 7 settembre alcuni ospiti del Cie hanno dato alle fiamme materassi e altri mobili. I due settori interessati dall’incendio, pur non presentando danni strutturali, sono risultati inutilizzabili. Così gli occupanti del Cie sono stati allocati presso gli altri settori rimasti illesi. Però non è finita lì. Nel corso della giornata di domenica gli episodi si sono ripetuti rendendo il Cie parzialmente inagibile. L’amministrazione è stata costretta a trasferire i 47 ospiti in un centro di un’altra provincia. In mattinata del 9 settembre è stato effettuato un sopralluogo per la verifica dei danni.
A breve, avvisa la prefettura, verranno assunte le iniziative necessarie per il ripristino della funzionalità dei settori danneggiati. Non è la prima volta che il Cie di via Corelli viene messo a ferro e fuoco dagli immigrati. A gennaio 2012, 27 nordafricani sono stati arrestati per avere causato un incendio nella struttura, reagendo a un ordinario controllo.



Permessi di soggiorno di lunga durata per attrarre gli studenti stranieri.
È una delle novità contenute nel decreto legge “L’Istruzione riparte” approvato ieri dal Governo.
Immigrazioneoggi, 10-09-2013
Ieri, 9 settembre, il Consiglio dei ministri ha approvato, su proposta del presidente del Consiglio, Enrico Letta e del ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Maria Chiara Carrozza, un decreto legge dal titolo L’Istruzione riparte che punta a garantire un miglior avvio del nuovo anno scolastico e accademico. Ma anche a gettare le basi per la scuola e l’università del futuro, restituendo ai settori della formazione centralità e risorse.
Sono previsti interventi sul personale scolastico (dai dirigenti, ai docenti di sostegno), sui libri di testo (nell’ottica di un maggiore risparmio, ma anche dell’innovazione), misure a favore del welfare studentesco (borse per trasporti e mensa, accesso al wireless a scuola). Centrali anche la lotta alla dispersione scolastica, la formazione dei docenti, il potenziamento e l’innovazione dell’offerta formativa e il rilancio dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica.
Riguardo il sistema universitario e la ricerca il decreto legge prevede alcune misure di semplificazione tra le quali il superamento dell’attuale limite annuale della durata del permesso di soggiorno degli studenti stranieri che ora viene allineata a quella del loro corso di studi o di formazione, nel rispetto della disciplina vigente sulle certificazioni degli studi e dei corsi formativi.
Grazie a questa modifica legislativa lo studente universitario non dovrà più rinnovare annualmente il permesso di soggiorno che avrà una durata corrispondente al corso di studi frequentato.

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