Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

23 luglio 2012

«Sanatoria immigrati, serve una task force per gestire l'ondata di domande»
Vertice tra Comune e Prefettura. «Va evitata l'emergenza». Cgil: a Milano tempi di attesa troppo lunghi per i ricongiungimenti
Alessandra Coppola
Corriere della sera, 23-07-2012
MILANO - Dipendenti del Comune e della Prefettura insieme, per smaltire le pratiche accumulate dei ricongiungimenti familiari e soprattutto affrontare la nuova «sanatoria». È la proposta delle Politiche sociali che sarà discussa oggi in corso Monforte. «Meglio intervenire subito - dice l'assessore Pierfrancesco Majorino -, altrimenti tra qualche settimana la situazione rischia di diventare ingestibile». Già è una piena allo sportello unico per l'immigrazione: scrivanie sovraccariche di richieste di colf peruviane che attendono di portare qui i figli; lavoratori egiziani che aspettano la moglie; imprenditori cinesi che vorrebbero far trasferire i nonni. A Milano si registrano i tempi di attesa più lunghi per i ricongiungimenti, denuncia la Cgil, peggio che a Roma: si arriva a un anno e mezzo, anche due per una risposta.
A metà settembre si prevede un'ulteriore ondata di carte da ricevere, vagliare, timbrare: le istanze di regolarizzazione per i dipendenti in nero. Una finestra di un mese (dal 15 settembre al 15 ottobre) per datori di lavoro e famiglie che hanno assunto senza contratto, per evitare sanzioni (dopo che lo Stato ha recepito la direttiva comunitaria in materia). Si parla di 40 mila posizioni da «sanare». «Avrei molto da eccepire sulle modalità di questa regolarizzazione - osserva Majorino -, ma l'obiettivo è importante: l'emersione del lavoro nero. E penso anche che il Comune debba dare una mano, non per buonismo, ma per evitare alla città code smisurate e disagi». Come? «Mettiamo a disposizione uomini e uffici, e proponiamo di coinvolgere anche terzo settore e sindacati».
Una task force congiunta, il nucleo formato da Prefettura-Comune, che potrebbe entrare in funzione già nei prossimi giorni, essere rodata sui ricongiungimenti, e quindi mettersi in marcia già oleata a metà settembre. Quante persone «sacrifica» l'assessorato di largo Treves? «È ancora da vedere», ma presumibilmente si conteranno sulle dita di una mano. Quali locali potrebbero essere adatti alla missione congiunta? «Anche questo è da stabilire, inevitabilmente sarà coinvolto il nostro ufficio stranieri».
Il nuovo gruppo di lavoro funzionerà per Palazzo Marino anche come sperimentazione dell'Immigration Center, polo unificato di servizi agli stranieri annunciato per il 2015. E gestito dal Comune. «In prospettiva vogliamo rafforzare l'idea che di questi temi dovrebbero occuparsi direttamente gli enti locali - sottolinea Majorino -, naturalmente con mezzi adeguati. Ne abbiamo appena discusso a Roma in una riunione dell'Anci. Anche da questa angolazione la task force mista può essere un primo test importante».
nuovitaliani.corriere.it



Emma Bonino
«Con la sanatoria immigrati primo passo per la legalità»
Notizie Radicali, 23-07-2012
*Intervista a Emma Bonino a cura di Karima Moual per “Il Sole 24 Ore”
Emma Bonino, vicepresidente del Senato e storica esponente radicale, è da sempre attenta alle dinamiche profonde della società. E per questo sensibile al tema immigrazione. Anche nei risvolti economici che questo comporta. Risvolti fondamentali, come dimostra l’ultimo provvedimento sull’emersione dei lavoratori in nero (si veda “II Sole 24 Ore” del 18 luglio).
Per il nuovo decreto legislativo sull’immigrazione si è parlato di sanatoria. È così?
Chiamarla sanatoria è giuridicamente improprio. E per di più trasmette un messaggio
non corretto. Si tratta piuttosto di un'emersione dal nero individuale. Tanto è vero che ci devono essere nome e cognome del datore di lavoro e del prestatore di lavoro. Se poi i numeri saranno molto grandi, questo è dovuto all’enorme illegalità precedente.
Non c'è il rischio che non si centri ancora una volta l'obiettivo di fondo, ristabilire legalità e diritti?
La mia preoccupazione è che i datori di lavoro italiani non colgano questa opportunità. Non si deve perdere questa ennesima occasione di legalità. Io avrei voluto molto di più: noi radicali abbiamo presentato 11 proposte in tema di immigrazione e questa è una delle nostre idee.
Teme che sia troppo poco?
Il mio appello è agli italiani: usate questa direttiva, perché la legalità conviene. So che magari molti penseranno che mille euro, più gli arretrati, sono troppi e che quindi proseguire in nero. Ma si deve capire che è un comportamento illegale e che bisogna mettersi in regola, anche per evitare di essere denunciati. Solo così il provvedimento potrà dare il meglio di sé evitando un conflitto tra datore e lavoratore.
Perché è cosi difficile toccare il tema immigrazione in Italia?
Veniamo da anni in cui la cultura vera era quella del "dagli all’immigrato". È una reazione
tipica di tutti i popoli, specialmente nei momenti critici dove è facile trovare il capro espiatorio. Peccato che tutti i dati economici dicano esattamente l’opposto: lo sanno tutti che senza immigrati si fermano i mercati generali di Milano. L’Italia e l’Europa hanno bisogno dell'immigrazione.
Il rischio è che, anche dopo l’ultimo provvedimento del Governo, resti molta illegalità. Ma questa non è una miopia politica?
Totalmente. Si preferisce il nero, l’illegalità. Si dice proibizione, ma in realtà si tollera il nero. Come si tollera sulla droga. La linea politica del proibire è la più facile da vendere, ma si sa che non funziona mai, perché tu proibisci l’aborto ma poi ce l’hai clandestino, la marijuana e poi ce l’hai clandestina. I fenomeni sociali, per una cultura liberale, vanno legalizzati e regolati in un quadro di diritti e doveri. Ma è chiaro che politicamente richiede maggiore sforzo. L’applicazione del proibizionismo è dunque la tolleranza del nero, questa è la verità. E sugli immigrati è successo uguale uguale. Diritti e doveri: può essere un’indicazione che vale più in generale per il fenomeno immigratorio. Un modello, anche se poi modelli di successo su questo fenomeno non ce ne sono in giro per il mondo. E' il disegno complessivo che esce dalle nostre 11 proposte, ma in Italia sembra che se gli italiani cogliessero il beneficio di questa iniziativa sarebbe già una buona cosa. Serve però una campagna della stampa, perché la finestra per applicare le nuove norme è dal 15 settembre al 15 ottobre: date vicinissime, c’è il rischio che non lo saprà nessuno. Abbiamo bisogno di una campagna di stampa di pressione, di una vera e propria formazione degli italiani, per spiegare che far emergere questi lavoratori conviene, sia individualmente che al paese stesso. Se non ci sarà questa campagna di informazione, certamente il "trend di illegalità" degli italiani non cambierà.
Invece sarebbe utile, anche per permettere finalmente una maggiore integrazione.
Infatti, come integri un irregolare? Rimarrà senza diritti e doveri. Sottoposto a qualunque ricatto.
A proposito di ricatti, cosa pensa della possibilità per l'immigrato di denunciare?
Il vero passo lo devono fare gli italiani, l’immigrato irregolare è in una condizione di fragilità. Eppoi la denuncia dell’immigrato implica una tensione nei rapporti sociali. Tanto più che la direttiva italiana esclude che sia possibile farsi rappresentare da sindacati, cosa che la direttiva europea prevedeva. Il recepimento italiano è più restrittivo. In ogni caso, penso che l’immigrato sia troppo debole per denunciare. Eppoi come fa a lavorare con chi ha denunciato? Perciò faccio il mio appello agli italiani: legalizzate, vi conviene.
Resta però il problema che, soprattutto in questo momento di crisi, sono in molti a credere che mille euro all’Inps, più i contributi di sei mesi, siano una tassa eccessiva da pagare.
Credo che si possa pensare a una rateizzazione. Spero che i decreti interministeriali che
debbono ancora uscire, abbiano due correzioni: la rateizzazione, perché magari uno ne ha
cinque di dipendenti; l’estensione del periodo perché, nella disinformazione totale, pochi
saranno pronti il 15 settembre.
E per quelli che saranno tagliati fuori da questa regolarizzazione?
Intanto facciamo questo che sennò rischiamo anche di non farlo. La politica dell'immigrazione
non ha soluzioni miracolistiche. Ci sono tanti settori che attendono risposte: una legge organica sul diritto d’asilo, il nodo della cittadinanza e poi ancora gli immigrati che arrivano e non hanno lavoro. Poi dobbiamo assolutamente togliere il reato di clandestinità: se una persona non ha i documenti è semmai un irregolare e non clandestino perché io lo vedo. Questi signori che sono irregolari li abbiamo fatti diventare dei criminali perché ci siamo inventati il reato di clandestinità. Ma noi dobbiamo toglierci dalla testa che esista una unica ricetta meticolosa.
Oggi ci sia già un clima diverso nell’approccio al tema. Sarebbe utile tentare di fare informazione anche agli stessi cittadini sulla buona immigrazione.
Serve tempo. Il governo ha fatto questo passo, la politica dovrà farne molti altri, ma anche
i cittadini dovranno fare la loro parte. In una società ognuno deve fare la sua parte: i media,
Confindustria, il sindacato, i cittadini. È una bella sfida, ma è ora di cominciare.



Sanatoria a rischio flop
Troppi 1000 euro di forfait più sei mesi di contributi
Il Messaggero, 22-07-2012
Corrado Giustiniani
Dal 15 settembre al 15 ottobre andrà in scena la prima regolarizzazione generale da 10 anni a questa parte, quando venne approvata la maxi-sanatoria della legge Bossi-Fini. La chiamo generale, perché quella del 2009 era limitata a colf e badanti: camerieri, operai manifatturieri, muratori e altre categorie non erano evidentemente simpatici al governo allora in carica. Il provvedimento, approvato con decreto legislativo il 6 luglio scorso (ma il testo che circola è considerato ufficioso) era ovviamente necessario, se l’istituto di ricerche Ismu stima in 500 mila i lavoratori immigrati clandestini del nostro paese. Tuttavia, se le regole sono quelle annunciate, si rischia un grande flop.
Il governo ha deciso infatti che, contestualmente alla dichiarazione di emersione da effettuare tra settembre e ottobre, il datore di lavoro debba versare un contributo forfettario di 1000 euro. Somma esageratamente alta. Molti preferiranno continuare a rischiare tenendosi il lavoratore in nero e “clandestino”.  Anche perché all’atto della regolarizzazione, bisognerà versare 6 mesi di contributi. Quindi il conto totale sarà ben più vicino ai 2 mila che ai 1000 euro.  In questi tempi di gravissima crisi economica, in cui apparirebbero troppi i 500 euro chiesti per le colf nel 2009, non credo di sbagliarmi se sostengo che pochi coglieranno questa opportunità. E nemmeno a dire che sotto sotto saranno gli immigrati a fornire il contante: chi ha la candida disponibilità di una somma del genere?
Vero che il decreto legislativo aggrava le sanzioni per chi impiega irregolari, e concede al lavoratore di denunciare il datore di lavoro e ottenere il permesso di soggiorno, ma questo varrà soltanto nei casi di grave sfruttamento (tipo raccolta delle arance a Rosarno, per intenderci). Il ministero dell’Interno e quello del Lavoro dovranno tradurre in norme concrete la dichiarazione di emersione.  Un consiglio (e nemmeno è detto che funzioni) è di ammettere una rateizzazione del contributo forfettario e dei contributi arretrati.
Ma vediamo altri aspetti del provvedimento. Per evitare che la sanatoria richiami clandestini dell’ultima ora, è stato previsto che il lavoratore da regolarizzare debba dimostrare di essere in Italia almeno dal 31 dicembre 2011, e ciò attraverso “documentazione proveniente da organismi pubblici”. Per esempio il pronto soccorso di un ospedale, o il bollo in entrata su un passaporto. Un sistema già adottato nel 1998, che però non funzionò.
Potranno fare domanda di emersione i datori di lavoro con reddito al di sopra di un certo tetto (lo fisseranno i due ministeri) tanto italiani quanto stranieri con per messo CE per soggiornanti di lungo periodo, a patto che non siano stati già condannati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il rapporto di lavoro, però, dovrà essere a tempo pieno e già in piedi dai tre mesi precedenti al 6 luglio. Per colf e badanti, invece, potrà essere regolarizzato anche un lavoro a tempo parziale. Ma quando mai i diversi datori di lavoro di una ragazza – poniamo – ucraina si metteranno d’accordo per sborsare 1000 euro più sei mesi di contributi?      



In Italia non si trova più l'America

Sempre più stranieri tornano in patria. O emigrano altrove
ItaliaOggi, 23-07-2012
Duilio Lui
La crisi economica che sta investendo l'Italia ormai da diversi anni, e che rischia di trascinarsi a lungo, muta l'atteggiamento degli immigrati    verso il nostro paese. Per il momento si stanno avvertendo solo dei segnali, ma gli analisti segnalano che il fenomeno potrebbe presto as- sumere livelli piú importanti, creando buchi nel mercato dei lavoro per tutte quelle professioni che oggi non sono piú prerogativa degli italiani, ma degli extracomunitari.
Ritorno in Africa per gli immigrati in Lombardia.
«Stiamo completando l'analisi relativa al consuntivo 2011, ma la sensazione è di un ulteriore rafforzamento delle evidenze già emerse in precedenza», spiega a ItaliaOggi Sette Alessio Menonna, ricercatore di Ismu, fondazione che ha istituito l'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità, uno studio condotto periodicamente sul territorio lombardo, la regione che più ha sperimentato in questi anni la tematica dell'immigrazione (il 23,7% del totale nazionale).
Il riferimento è ai dati fino a luglio 2011, quando 125 mila immigrati pari al 10% del totale presente in regione, ha dichiarato l'intenzione di cambiare paese. «Alla fine delle scorso anno il dato è salito di qualche punto decimale», aggiunge l'esperto. La destinazione non è univoca: alcuni puntano a tornare in patria, altri invece guardano con interesse ad altri paesi europei. I meno «affezionati» all'Italia sono i senegalesi: il 16% manifesta la volontà di abbandonare la penisola. «Il primato non è un fatto totalmente nuovo», commenta
Menonna. «Tradizionalmente la comunità senegalese ha un forte attaccamento alla patria e la volontà, anche dopo diversi anni di permanenza nel nostro paese, di tornare a casa». Seguono gli egiziani (15%) e i marocchini (13%) per un podio interamente dominato da nazionalità africane. Con la particolarità, tra questi ultimi, della volontà prevalente di non tornare in patria, ma emigrare in un paese terzo. «Probabilmente la lingua francese, che è la seconda piú diffusa nel paese nordafricano dopo l'arabo, spinge molti Cittadini marocchini a progettare la migrazione Oltralpe», aggiunge l'autore della ricerca. Aí piedi dal podio, ma su valori comunque importanti, ci sono i romeni (il 12% di loro valuta il ritorno), seguiti dagli indiani e dagli ucraini (entrambi poco sopra il 10%). «Nei caso degli asiatici, la destinazione piú suffragata è probabilmente la Gran Bretagna, per gli stessi motivi di vicinanza linguistica», aggiunge Menonna. Non intendono trasferirsi invece filippini (5,5%), albanesi (5%) e, soprattutto, i cinesi (2%). Quest'ultimo dato per l'esperto smentisce un luogo comune: «Non è vero che i cinesi sono poco integrati nel nostro paese; sarebbe piú corretto dire che lo sono a modo loro, con un forte legame alle comunità create nelle nostre città».
Tornando alla ricerca, il 21,7% di chi dice di volersene andare vive da solo o con amici e conoscenti, mentre solo il 3,5% di chi ha famiglia cambierebbe vita. Inoltre il 21,9% è pensionato, il 20,4% è in mobilità, mentre il 14,2% è lavoratore irregolare e il 10,1% è disoccupato. Solo lo 0,9% è titolare di un'impresa. Il 13,2% sono uomini e il 7,8% donne.
In Veneto resistono i capifamiglia. Una conferma di questa tendenza arriva dal Veneto, come dimostrano le parole di Valeria Benvenuti della Fondazione Leone Moressa di Venezia. «Se si mettono a confronto i dati delle anagrafi con quelli dell'ultimo censimento emerge chiaramente che quest'ultimo ha rilevato un numero inferiore per circa un milione di unità degli immigrati presenti in Italia», spiega. «Anche considerando che qualcuno non ha compilato il formulário, è forte la sensazione di un numero crescente di ritorni in patria». In questo caso il sovrannumero delle anagrafi «sarebbe dovuto al mancato aggiornamento in tempi recenti delle stesse». Secondo l'analisi della Fondazione «sono soprattutto i padri di famiglia a resistere in Italia, anche nei casi in cui perdono il lavoro e faticano a trovare un'altra occupazione perché sanno che da loro dipende il sostentamento dell'intero nucleo familiare. Tra gli altri, invece, cresce la voglia di tornare in patria».
Un fenomeno, quest'ultimo, in netta controtendenza con quanto emerso negli anni precedenti alla crisi, caratterizzati da un numero sempre crescente di ricongiunzioni familiari, fenomeno visto positivamente anche in ottica di maggiore integrazione nella società italiana.
Anche se questi sono i dati che emergono dalla due regioni piú ricche, e quindi piú attrattive per chi arriva dall'estero in circa di lavoro, occorrerebbero dati su tutto il territorio nazionale per comprendere se il fenomeno dei rimpatri è di portata nazionale. Tuttavia non è facile arrivare a questa risultanza, considerate le differenti tempistiche di aggiornamento dei dati statistici e anche l'elevato numero di immigrati irregolari presenti nella Penisola. Sono infatti loro piú di altri, magari proprio per le difficoltà legate alia regolarizzazione, a essere tentati dal ritorno.
 


Immigrazione: due sbarchi in Salento, bloccati 54 mediorientali
il PaeseNuovo.it, 23-07-2012
OTRANTO (Lecce) - Circa 54 immigrati mediorientali sono stati bloccati dai carabinieri della Compagnia di Tricase, tra Corsano e Patù. Ad allertare i militari sono stati numerosi cittadini che hanno segnalato la presenza di migranti arrivati a terra presumibilmente in seguito a sbarchi clandestini nel sud Salento.
I carabinieri sono stati impegnati in due distinti interventi: il primo in località Guardiola, marina di Corsano, dove sono stati rintracciati 20 migranti (19 uomini ed una donna) sedicenti egiziani, irakeni e pakistani. Il secondo gruppo di 34 uomini pakistani, è stato bloccato in località Ciardo, marina di Patù. I migranti, privi di documenti, in discrete condizioni fisiche, dopo avere ricevuto una prima assistenza ed essere stati rifocillati, sono stati trasferiti nel centro don Tonino Bello di Otranto per le procedure di identificazione da parte della Polizia di Stato.



"Non prendo ordini da una donna" E il Danieli aiuta il facchino musulmano
Un dipendente islamico del prestigioso hotel di Venezia ha rassegnato le dimissioni non accettando che il suo superiore fosse una governante. È però tornato sui suoi passi quando gli è stato affiancato un uomo
la Repubblica, 23-07-2012
VENEZIA - Non accettava di prendere ordini da una donna. Forse per le sue rigide convinzioni religiose. Così un facchino egiziano, musulmano, che lavorava del prestigioso hotel Danieli di Venezia, si è licenziato non riuscendo a subire l'onta che il suo diretto superiore fosse una governante. Ne dà notizia il Gazzettino
"Quando ha fatto presente il suo problema, la direzione gli ha spiegato che certo non poteva cambiare mansioni a chi era lì da anni, svolgendo adeguatamente i suoi compiti, e che dunque, se avesse voluto lavorare in quell'albergo - dove soggiornano illustri ospiti, compresi capi di Stato e celebrità del cinema e della musica - avrebbe dovuto accettare di adattarsi alle modalità lavorative italiane".
Dopo aver rassegnato le dimissioni, però, l'uomo deve essersi reso conto che in questo momento di forte crisi lasciare un posto sicuro poteva essere un azzardo troppo grosso, Così è tornato sui suoi passi, trovando dall'altra parte anche un direttore ben disposto a riaccoglierlo, probabilmente per l'affidabilità del dipendente, e anche ad andargli incontro per farlo lavorare senza doversi sentire "sottomesso" da una donna.
Così l'amministrazione del Danieli ha deciso di affiancargli un collega maschio che farà da tramite fra la governante e il dipendente, comunicandogli le mansioni da svolgere. Dunque un accordo. Resta da capire la reazione della donna in merito alla vicenda.



Immigrati: rissa al centro accoglienza Foggia tra afghani e ghanesi, due denunce
la Repubblica, 23-07-2012
Foggia, 23 lug. (Adnkronos) - E' tornata alla normalita' la situazione nel Centro di accoglienza richiedenti asilo di Borgo Mezzanone, alla periferia di Foggia, dove sabato notte per futili motivi si e' scatenata una sassaiola tra due gruppi di immigrati di etnie diverse: afghani e ghanesi. Per quattro stranieri (due per ciascuna nazionalita') e' stato necessario il ricorso alle cure mediche, sebbene nessuno versi in pericolo di vita, ne' in prognosi riservata. Agenti della Questura di Foggia hanno individuato e denunciato due cittadini ghanesi, uno di 27 e l'altro di 43 anni, regolarmente domiciliati presso il Cara, quali autori delle lesioni. Inoltre sono stati sequestrati alcuni bastoni, sassi, mattoncini e un coltello da cucina.



Biciclette ai braccianti per combattere i caporali, iniziativa della Migrantes di Manfredonia.
Nell’accampamento ai piedi del Gargano verrà allestito un servizio di bike sharing con un centinaio di biciclette, per permettere ai migranti di spostarsi.
Immigrazioneoggi, 23-07-2012
Cento biciclette e un servizio di bike sharing per combattere il caporalato in Capitanata. È l’iniziativa promossa a Rignano, in provincia di Foggia, dall’Ufficio Migrantes di Manfredonia, Vieste e San Giovanni Rotondo.
L’iniziativa, è un’idea del missionario scalabriniano padre Arcangelo Maira, che coordina anche il campo di lavoro “Io ci sto”, rivolto a giovani volontari. Il servizio verrà realizzato grazie al supporto dell’associazione Ciclo Amici di Foggia, e permetterà ai migranti di avere maggiore autonomia e, per quanto possibile, di slegarsi dal giogo dei caporali per quanto riguarda lo spostamento verso i luoghi di lavoro. “Abbiamo preventivato un centinaio di biciclette – spiega Maira – ma inizieremo con una ventina per volta per vedere come va già dalle prossime settimane. Poi ne aggiungeremo delle altre, in base a quel che serve”.
L’idea di prestare biciclette ai migranti non è nuova, ma spesso si è trattato di donazioni quasi simboliche da parte degli enti locali ai vari centri di accoglienza. Anche la Regione Puglia, a cui Maira dice di essersi ispirato per l’idea, lo scorso maggio ha consegnato cento biciclette ai migranti, sparse poi su tutto il territorio pugliese. Al “ghetto” di Rignano invece, ci sarà una vera e propria ciclo-officina con diverse biciclette a disposizione.
“L’autonomia nello spostamento è una cosa importante – spiega il missionario – sia per il risparmio sui costi dei trasporti, perché i migranti guadagnano una miseria, sia perché il bracciante è legato agli altri per trovare il modo di spostarsi, affidandosi spesso ai caporali”.
Il progetto prenderà il via quest’estate, per la prima volta. “Presteremo le biciclette per la giornata intera – spiega padre Arcangelo –. Ma la sera bisogna riconsegnarla, in modo da creare anche un contatto con i volontari. Nella gestione del servizio, poi, impiegheremo anche due migranti e insieme all’associazione Ciclo Amici lavoreranno anche nell’officina”.



Ramadan nelle tendopoli emiliane  Rispetti i culti, senza chiese né moschee
Fino al 18 agosto la ricorrenza islamica nei luoghi di rifugio delle persone colpite dal sisma. Con l'inizio del  mese di digiuno cambiano regole e abitudini. Moltissimi sono gli stranieri di religione musulmana nelle strutture allestite dalla Protezione Civile. Si tratta di una percentuale che viaggia tra il 50 e l'80%. Per loro è già pronto un piano che prevede pasti serviti dopo il calar del sole organizzati al sacco e con i termos
la Repubblica, 20-07-2012
LIVIA ERMINI
ROMA - Tempo di Ramadan - dal 20 luglio al 18 agosto - nelle tendopoli dell'Emilia. Con l'inizio del  mese di digiuno cambiano regole e abitudini. Moltissimi sono infatti gli stranieri di religione musulmana ospitati nelle strutture allestite dalla Protezione Civile all'indomani del sisma. Si tratta, secondo le stime fatte "a braccio" da alcune assistenti sociali impegnate nel modenese e in altri luoghi colpiti dal sisma, di una percentuale che viaggia tra il 50 e l'80%. Per loro è già pronto un piano che prevede pasti serviti rigorosamente dopo il calar del sole. In alcuni casi saranno organizzati al sacco con termos per le bevande calde, in altri si terranno aperte le cucine in orari straordinari. Accordi anche con Federalberghi per la fornitura di cene notturne da parte degli hotel che hanno ospitato parte dei terremotati. "Anche questo sarà un test importante - ha  spiegato il numero uno della Protezione civile Franco Gabrielli - lo abbiamo avuto anche a L'Aquila ma l'incidenza e la proporzione dei cittadini di fede musulmana lì era molto limitata. Invece qui abbiamo campi in cui c'è addirittura una predominanza".
La programmazione. Territorio produttivo per eccellenza, quello emiliano ha un tessuto sociale composto in larga parte di lavoratori stranieri che spesso non hanno trovato sistemazioni alternative alla tenda o non hanno voluto allontanarsi dal luogo di impiego per paura di perdere radici e futura occupazione. La questione Ramadan era stata al centro di una riunione organizzata dalla direzione di comando e controllo allestita a Bologna: "Già nei giorni scorsi- spiegano dalla dicomac- avevamo diramato una circolare per invitare i capi campo a prendere contatti con i rappresentanti delle comunità musulmane locali: abbiamo evitato di dare indicazioni generali, per permettere a ciascuno di organizzare le attività del campo secondo le esigenze degli abitanti". La Protezione civile però non si è occupata strettamente del culto: "Così come non abbiamo realizzato chiese, - ha precisato Gabrielli - non abbiamo intenzione di realizzare moschee, per un discorso di equità, ma faremo tutto il possibile perché questa legittima e sacrosanta espressione del culto sia quanto più favorita o quanto meno non ostacolata".
Qualcuno però ha pensato alla moschea. A Bomporto in provincia di Modena, l'Ordine di Malta di Brescia che gestirà il campo nel mese di Ramadan, nonostante la croce che richiama le guerre per il Santo Sepolcro sulle magliette bianche dei volontari, ha costruito una moschea che guarda verso la Mecca. Così la preghiera potrà comunque avvenire al coperto. "Il 95% degli ospiti della struttura è musulmano - ha commentato il responsabile dei volontari Mario Carotenuto - e l'organizzazione della cucina e dei luoghi di culto interni al campo richiederà quindi qualche particolare accorgimento. Gli anni di convivenza e di rispetto reciproco con la comunità islamica ci fanno escludere che possano sorgere problemi". Intanto gli islamici hanno chiesto di poter allestire anche autonomamente proprie cucine all'interno dei campi. Dopo il calar del sole, infatti, è consentito mangiare per primi solo cibi prescritti, come zuppe,  brik, té verde, cous cous, biscotti, datteri e dolci. Menù particolari che, malgrado la buona volontà dei volontari bresciani, non sempre si è in grado di preparare seguendo pedissequamente la tradizione.
I cittadini ancora assistiti. Attualmente, In Emilia sono 9.884 i cittadini assistiti dopo il sisma, su 10.136 sfollati totali. Quasi 7.300 sono ospitati nei campi tenda. Per il periodo della ricostruzione si sta pensando di creare dei "percorsi di rimpatrio volontario assistito per gli stranieri, garantendo loro la continuità del permesso di soggiorno, affinché non venga negato in prospettiva il ritorno. Il rientro nei paesi d'origine, potrebbe coincidere con il periodo necessario a ripristinare le abitazioni e a consentire di trovare occupazioni stabili per le persone terremotate. Porterebbe "un doppio beneficio - sostiene Gabrielli - per loro e per noi, per non trovarci a dover sopportare per un tempo indefinito l'assistenza a persone che magari non hanno la possibilitá di trovare un'adeguata occupazione sul territorio nazionale".


 

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