Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 aprile 2014

Alfano: «Allarme sbarchi, 4 mila arrivi in 48 ore»
Il Messaggero, 10-04-2014
Carlo Mercuri
ROMA L’allarme lanciato da Alfano è altissimo: c’è una ripresa in grande stile degli sbarchi di immigrati e il futuro non promette nulla di buono. Martedì in tarda serata il ministro ha convocato i vertici delle Forze di Polizia, della Marina militare e delle Capitanerie di porto per fare il punto della situazione. «Nelle ultime 48 ore sono stati soccorsi 4.000 migranti – ha detto Alfano – Sono oltre 15 mila gli immigrati arrivati dall’inizio dell’anno. Non c’è uno stop agli sbarchi e l’emergenza è sempre più grave: due navi mercantili stanno soccorrendo due barconi con 300 e 361 persone e c’è almeno un cadavere a bordo». Nello stesso tempo, ha detto ancora Alfano, «dalla Libia sono pronti a partire tra 300 e 600 mila migranti ed è una stima per difetto». Poi l’affondo: «L’Europa deve prendere in mano la situazione, non può dire che, avendo dato 80 milioni di euro a Frontex, ha risolto il problema».
L’ASILO
«Ormai in Italia – ha continuato Alfano – la grande parte dei migranti sbarcati sono richiedenti asilo. C’è stato un cambiamento del profilo: non c’è prevalenza dei migranti economici, ma di richiedenti asilo che neanche vogliono stare in Italia. L’Europa deve consentire a chi vuole andare fuori dall’Italia di farlo. Noi siamo campioni del mondo di accoglienza, ma l’Europa deve capire che non possiamo accogliere tutti. Serve – ha detto ancora – una più seria difesa della frontiera dell’Europa; Frontex ha pochi soldi e va potenziata».
I CAMPI
«Ci sono centinaia di migliaia di stranieri che aspettano di prendere il largo – ha affermato il ministro – E’ indispensabile che la comunità internazionale attrezzi campi profughi e un sistema bilaterale di controllo su coste e partenze». Anche perché all’allarme della grande ondata di migranti che sta per riversarsi sulle nostre coste si aggiunge l’allarme, tutto interno stavolta, dei prefetti siciliani che hanno sventolato bandiera bianca avvertendo che in tutta l’isola non ci sono più centri in grado di garantire l’assistenza per i profughi, tanto che hanno invocato la discesa in campo della Protezione civile, per mettere a disposizione tende o strutture da campo. Alfano, per tutta risposta, ha inviato una circolare a tutti i prefetti affinché si attivino nella ricerca di strutture per accogliere le migliaia di migranti in arrivo.
In coda c’è da registrare un batti e ribatti polemico tra il leader della Lega Nord, Matteo Salvini e lo stesso Alfano.
LA POLEMICA
Ha esordito Salvini che, in un post su Facebook, scrive: «Caro Alfano, ti pagano lo stipendio per difendere i confini, non per farci invadere da migliaia di disperati e delinquenti. Clandestino è reato! Pronti a raccogliere 500.000 firme?». Ha risposto Alfano: «Non accetto chi dice che preferiamo salvare 15mila vite; sarebbe meglio avere 15mila morti? Lo dico a gente, come i leghisti, che fa campagna elettorale sull’immigrazione. Ricordo – ha concluso Alfano – che il record di migranti si è registrato nel 2011, dopo che era stato approvato il reato di immigrazione clandestina».



Se Alfano "dà i numeri" sull'emergenza clandestini
Il ministro dell'Interno conta i 4mila migranti sbarcati nelle ultime 48 ore: "Eventi allarmanti". Ma il vero allarme è un governo sordo a possibili soluzioni
il Giornale, 10-04-2014
Gian Micalessin
Angelino Alfano ormai ha cambiato mestiere. Non fa più il ministro dell'Interno, ma il grande ragioniere dell'immigrazione.
Una settimana fa raccontava di 600mila migranti pronti a lasciare la Libia. Ieri dopo aver enumerato i «1.040 migranti sbarcati nelle ultime 24 ore», i «1.300 sulle navi della Marina Militare» e i «16 avvistamenti di barconi con richiesta di soccorso» parlava di «progressione di eventi che allarma». Bella scoperta vien da dire. Ma non è neppure una scoperta.
La devastante progressione del fenomeno che tra lunedì e ieri ha portato in Italia 4.000 nuovi migranti era chiara fin da febbraio quando il Giornale raccontò la drammatica situazione creatasi in Libia. Una situazione fuori controllo per ammissione degli inascoltati funzionari del ministero dell'Interno mandati a fronteggiare il fenomeno. Una situazione figlia di due cause di cui gli organismi governativi erano già a conoscenza. La prima è il totale collasso del sistema di sicurezza e di controllo dei confini meridionali della Libia. Le frontiere con Sudan Niger e Chad sono confini aperti e senza legge dove nessuno controlla il contrabbando di armi, droga ed esseri umani. A Sud di Saba, come rivelato da il Giornale, il traffico di uomini è nelle mani della milizia alqaidista di Ahmed Asnawi, padrona assoluta del traffico di uomini dall'Africa sub sahariana. I nostri servizi segreti lo sanno, ma né il ministro dell'Interno Angelino Alfano, né il ministro degli Esteri Federica Mogherini, così stupefatta dalla scarsa disponibilità dei Paesi europei ad accogliere i clandestini ripescati dalle nostre navi, hanno pressato la Nato e l'Unione Europea esigendo un'azione in grado di contenere il fenomeno.
Un fenomeno che inevitabilmente porterà in Italia e in Europa non solo immigrati, ma anche potenziali terroristi. Ad amplificare il problema si è aggiunta la missione Mare Nostrum. Quella missione, come confermavano in via riservata a il Giornale i funzionari del ministero dell'Interno presenti a Tripoli, si è rivelata una vera calamita capace di «attirare immigranti clandestini perfino da zone dell'Estremo Oriente totalmente estranee un tempo alla rotta libica». Una verità emersa con drammatica evidenza durante la visita de il Giornale ad un rifugio di clandestini.
In quell'antro devastato l'unica certezza era quella d'una sicura traversata. Una sicurezza esibita mostrando il numero, registrato su tutti i cellulari, della capitaneria di porto italiana da chiamare in caso di mala parata. Grazie a Mare Nostrum, insomma, le navi della nostra Marina sono diventate comodi traghetti a costo zero messi a disposizione da un governo totalmente inerte. L'inerzia però genera inerzia e il governo non può, a questo punto, neppure permettersi di cancellare la calamità Mare Nostrum. Farlo equivarrebbe a condannare a morte le migliaia di immigrati già arrivati in Libia e finiti nelle mani di organizzazioni pronte a tutto pur di non perdere i propri incassi. Organizzazioni proliferate come funghi e pronte ormai ad utilizzare anche bagnarole di fortuna pur di spedire a destinazione la merce. La soluzione ovviamente ci sarebbe. Da mesi i funzionari presenti a Tripoli suggeriscono di contribuire alla rapida creazione di una guardia costiera libica addestrata al soccorso dei migranti. Una soluzione che ci permetterebbe di metter fine al costoso impiego delle nostre navi (300mila euro al giorno), bloccare i migranti all'interno delle acque territoriali di Tripoli ed evitare nuove stragi in alto mare. Ma a Roma invece di ascoltare preferiscono contare.



«I rifugiati crescono: aiuti non bastano»
Avvenire, 09-04-2014
Laura Badaracchi
Circa 21mila richiedenti asilo e rifugiati si sono rivolti lo scorso anno ai presidi ro­mani del Servizio dei gesuiti per i ri­fugiati ( Jrs) presenti in Italia, usu­fruendo dei servizi di accoglienza: sono la maggioranza dei 37mila migranti forzati assistiti nel 2013 dall’associazione Centro Astalli – costola italiana del Jrs – presso le sue otto sedi territoriali, da Trento a Catania.
Altro che fine dell’emergenza, sem­brano gridare le cifre snocciolate dal Rapporto 2014 stilato dal Cen­tro Astalli, che conta oltre 480 vo­lontari. «La crisi economica conti­nua a colpire in modo particolare i più vulnerabili. Anche persone che da tempo avevano intrapreso un percorso di autonomia sono state costrette a rientrare nel circuito dell’assistenza. Sempre numerose, tra le persone incontrate, le vitti­me di tortura: ne sono state indivi­duate e assistite 713, per la mag­gior parte provenienti da Paesi a­fricani », ha riferito ieri mattina il gesuita padre Giovanni La Manna, presidente dell’associazione, pre­sentando il volume nella gremita Sala Squarzina del Teatro Argenti­na. «I servizi del Centro Astalli so­no molti, ma certo non sono suffi­cienti. Nella comunità dove vivo abbiamo deciso di ospitare un ri­fugiato.
Abbiamo poi esteso a tutti un invito semplice: accogliamo un rifugiato in ogni comunità religio­sa o laica, come testimonianza au­tentica del desiderio di riportare la persona al centro della società». Un’idea sostenuta da papa France­sco lo scorso 10 settembre, duran­te la sua visita al Centro Astalli. Ma gli appelli del Pontefice non basta­no: «Il 3 ottobre 2013 abbiamo as­sistito impotenti al naufragio di Lampedusa. Le proporzioni ecce­zionali di quella tragedia (366 eri­trei morti, tra i quali donne e bam­bini) potevano essere l’occasione per un cambiamento. Invece dopo l’emozione, c’è stato di nuovo in­differenza e silenzio. Erano passa­ti appena tre mesi dalla visita di pa­pa Francesco a Lampedusa e dal suo monito: “Neanche più un mor­to nel Mediterraneo”. Continua la silenziosa strage nel mare e nel de­serto, le cui vittime sono uomini, donne e bambini colpevoli sola­mente di cercare un posto sicuro dove vivere», ha denunciato padre La Manna.
Lo scorso anno le domande di asi­lo presentate in Italia hanno regi­strato «un incremento del 60% ri­spetto al 2012: sono state 27.830», ha riferito Berardino Guarino, di­rettore dei progetti del Centro A­stalli, che ha distribuito oltre 400 pasti al giorno nella sua men­sa, per un totale annuale che su­pera quota 102mila. «Tutti i nostri servizi hanno registrato una forte domanda di accesso, a dimostra­zione del fatto che i bisogni primari dei rifugiati restano immutati, spesso anche a distanza di anni dall’arrivo in Italia, a causa di una cronica mancanza di programma­zione: siamo ancora lontani dall’a­vere un sistema nazionale per l’ac­coglienza di richiedenti asilo e ri­fugiati unitario, integrato e com­misurato ai flussi di arrivo», ha ri­levato. Da parte sua, il sindaco di Roma capitale Ignazio Marino ha assicurato: «Il Bilancio di previsio­ne 2014, nelle prossime settimane, proteggerà i servizi sociali. Voglio impegnarmi moltissimo perché gli spazi a disposizione dei rifugiati so­no
insufficienti».



Immigrazione. Vendola (Sel): "Governo impreparato, gestione allarmistica"
"Quelli che devono essere soccorsi sono quelli che rischiano di essere travolti e affogati nel nostro mare Mediterraneo''
stranieriinitalia.it, 10-04-2014
Roma, 10 aprile 2014 - ''Ho l'impressione che stiamo per assistere alla replica di un film che troppe volte ha significato per la politica italiana chiacchiera, retorica, esibizione muscolare e per tanta povera gente ha significato naufragio e morte, a fronte di una stagione che si preannuncia molto calda alle nostre frontiere nel mar Mediterraneo''.
Lo afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Liberta', parlando a Bari con i cronisti a margine di un incontro pubblico, a proposito dell'emergenza sbarchi in Italia.
''Il Governo italiano ogni anno - prosegue il leader di Sel - giunge completamente impreparato all'appuntamento, gestisce in maniera allarmistica ed emergenziale la questione dell'immigrazione e poi lancia vacui appelli all'europa affinche' si venga soccorsi. Quelli che devono essere soccorsi sono quelli che rischiano di essere travolti e affogati nel nostro mare Mediterraneo''.
''Speriamo - conclude Vendola - che il governo Renzi si accorga che non e' sufficiente togliere di mezzo una volgarita' e una incivilta' come era il reato di immigrazione clandestina, ma che oggi bisogna mettere mano alla Bossi-Fini, bisogna cambiare radicalmente politica dell'immigrazione, bisogna sapere che c'e' una produzione scientifica dei drammi su cui talvolta spandiamo le nostre lacrime e questa produzione e' figlia di una legislazione completamente sbagliata. Capovolgere l'impostazione, capovolgere lo sguardo, provare a diventare noi un Paese che fa dell'immigrazione una risorsa''.



Tomano a crescere gli immigrati ma gli irregolari sono sempre meno
La Repubblica, Milano, 10-04-2014  
ALESSANDRA CORICA
RACCONTA di una città e di una regione che cambiano. Di una ripresa di quel fiusso migratorio che, un anno fa, sembrava essere in calo, e di una scuola in cui si accorciano le distanze tra gli alunni italiani e quelli stranieri nati in Italia, aumentati in quattro anni del 148,6 per cento alle medie e del 173,8 alle superiori. E la fotografia dell'immigrazione che è stata scattata dall'Orim, l'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità: il rapporto, aggiornato al 2013, prende in esame le abitudini, l'occupazione, lo status economico degli immigrati in Lombardia. Ovvero, piú di 1,2 milioni di persone, la cui presenza, scrivono i ricercatori, è «sempre più radicata sul territorio lombardo». Tanto che, rispetto al passato, è in atto un'inversione di tendenza: in un anno a fronte della diminuzione dei contratti di affitto, è aumentata — seppur di poco, l'1,3 per cento — la percentuale degli stranieri che decidono di comprare un'abitazione. E di stabilirsi, in via definitiva, in Lombardia.
La «lieve ripresa». La definiscono cosi i ricercatori dell'Osservatorio, che hanno stabilito che i flussi migratori in Lombardia nel 2013 sono aumentati del 4,4 per cento rispetto all'anno precedente. Secondo l'0rim, è a Milano che c'è la presenza maggiore di immigrati: gli stranieri sono venti ogni cento residenti, un quinto degli abitanti della città, contro i tredici ogni cento registrati a livello regionale. Numeri elevati, che fanno della Lombardia la regione dove si concentra oltre un quarto degli immigrati presenti in Italia. E che vedono in diminuzione la quota degli irregolari: nel 2013 gli stranieri che vivono in Lombardia senza permesso di soggiorno sono calati di 10mila persone. In tutto, secondo lo studio, gli irregolari sono 87mila, con una flessione rispetto al passato da attribuire sia alle iniziative decise a livello statale, che hanno incentivato l'emersione dall'irregolarità e la regolarizzazione, sia alla crisi economica. Che ha determinate un crollo dei flussi e un aumento delle difficoltà per gli immigrati di trovare lavoro e assicurarsi un reddito fisso in Italia. Il tasso di disoccupazione degli immigrati in Lombardia nel 2013 si è assestato intorno al 15 per cento, contro il 14,3 per cento dell'anno precedente. In diminuzione anche gli importi delle buste paga: gli stipendi medi degli immigrati che lavorano nella regione sono passati dai 1.500 euro mensili del 2011 ai 1.300 del 2013. Una flessione che ha determinato, di conseguenza, anche il calo delle "rimesse", i soldi che ogni mese i lavoratori stranieri inviano alla famiglia d'origine: secondo l'Osservatorio, il flusso di denaro (oltre 540 milioni di euro dalla Lombardia all'estero nel 2013) è diminuito del 5,9per cento in un anno, e di oltre il 30 rispetto al 2006.
Un quadro economico, quello tracciato dalla ricerca, che ha fatto scoppiare la polemica politica: «I dati dicono che le offerte occupazionali in Lombardia sono terminate e che dobbiamo fare di tutto affinché non ci siano ulteriori arrivi sul nostro territorio — dice la leghista Simona Bordonali, assessore regionale all'immigrazione — Dobbiamo dare risposte ai iombardi e agli stranieri regolari rimasti senza lavoro, prima cli pensare ad accogliere nuove persone». La posizione ha fatto insorgere il Co- mune di Milano: «L'assessore Bordonali, oltre a preoccuparsi dei prossimi arrivi di immigrati, dovrebbe spiegare cosa fa la Regione per aiutare i Comuni che nei mesi scorsi sono stati abbandonati di fronte ai problemi connessi all'emergenza immi- grazione — dice l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino — Nonostante gli appelli, stiamo ancora attendendo una risposta concreta». E se l'assessore regionale replica che «il governo ha tagliato alla Regione oltre 300 milioni di euro: l'assessore Majorino dovrebbe rivolgere l'appello all'esecutivo», Riccardo De Corato di Fratelli d'Italia attacca invece la gi unta Pisapia: «Negli Ultimi due anni i milanesi sono stati vessati da una valanga di tasse, mentre gli immigrati sono stati aiutati in ogni modo». A stretto giro la replica di Ines Patrizia Quartieri, capogruppo di Sel in Comune: «Si smetta di strumentalizzare in modo indegno un fenomeno che dipende da fattori sociali ed economici, non certo da c hi governa oggi e che ha preferito politiche di integrazione piú lungimiranti, efficaci e rispettose della dignità delle persone".



Anche i giovanissimi rinchiusi nel Cie: le storie di Ronny e Kayoum
Due racconti dal Centro di Bari. “Se mi mandano in Albania, quello per me è un paese straniero” dice un ventenne cresciuto in Italia dall’età di tre anni. “Piango tutti i giorni” racconta un bengalese di 18 anni il cui fratello vive a Tarquinia
Redattore sociale, 09-04-2014
BARI – Ronny e Kayoum sono due ragazzi giovanissimi. Il primo ha 21 anni ed è un “seconda generazione”, un italiano di fatto, figlio di migranti cresciuto in Italia ma con passaporto albanese. Il secondo ha 18 anni e mezzo ed è un migrante di prima generazione, arrivato in Italia dal Bangladesh nel 2012 da minore e da solo. Ronny è spigliato, diretto, parla con un accento del centro Italia. Kayoum riesce a dire a stento due parole di italiano e afferra le sbarre del cortile con lo sguardo sperso e gonfio di sofferenza.
Entrambi sono trattenuti nel Cie di Bari, dal quale dovrebbero essere rimpatriati nei rispettivi paesi d’origine. Storie differenti che mostrano come nel Cie si possa finire per un’applicazione alla lettera della normativa che non tiene conto delle storie individuali.
Agenzia giornalistica
Immigrati, Alfano: "Noi campioni del mondo del soccorso in mare"
Processo al Cie di Bari, l’associazione di Manconi si unisce alla class action per la chiusura
Cie, De Magistris: "Sono una vergogna, mai a Napoli"
www.agenzia.redattoresociale.it
“Mi chiamano tutti Ronny e sono in questo paese dal 1996 – dice il ragazzo con gli occhi azzurri, i capelli rasati e il fare deciso – avevo tre anni e arrivai dall’Albania con i miei genitori e mia sorella. Andavamo a Giulianova in Abruzzo dove vivevano da tempo dei nostri parenti, qui ho studiato, dall’asilo fino alla licenza media”. Ronny è finito nel Cie perché ha perso il diritto al permesso di soggiorno a causa di reati commessi da minore. Non dice di quali precedenti penali si tratta. “Sono pulito da cinque anni, ho scontato tutto e da un anno e mezzo sono fuori dal carcere, senza altri problemi”, racconta. “Senza contratto non mi danno il permesso di soggiorno, ma senza permesso non posso avere un lavoro” è la sintesi perfetta della legge Bossi Fini che fa. “La mia famiglia è qui – continua - i miei cugini sono sposati con italiani, ho uno zio che ha il bar a Lucca e uno che fa il tecnico informatico a Milano. Sono cresciuto qua, se mi mandano in Albania mi mandano in un paese straniero, sono sette anni che non ci metto piede. Mio fratello è cittadino italiano”.
Kayoum invece era appena maggiorenne quando la polizia è andata a prelevarlo direttamente nella casa in cui abita a Tarquinia con il fratello Sumon. A soli 16 anni Kayoum si è messo in mano ai trafficanti per arrivare dal Bangladesh e il viaggio, costato migliaia di euro, l’ha pagato la sua famiglia. L’ultimo tratto è stato quello che ha fatto nascosto in una nave dalla Grecia. A Tarquinia, dove il fratello Sumon lavora come muratore e giardiniere regolarmente con partita iva e ha una casa in affitto, anche Kayoum faceva gli stessi lavori ma in nero, perché non ha trovato nessun datore di lavoro italiano disposto a regolarizzarlo. Il fratello Sumon racconta che nonostante il lavoro e la casa in regola, la polizia andava a controllare i suoi documenti ogni settimana. “Tanto che ho avuto paura – dice Sumon al telefono – e ho pensato che ci fossero problemi per la casa e così ho cambiato anche casa per questo motivo. Ma gli agenti mi dicevano di stare tranquillo, che era tutto a posto”.
In uno di questi frequenti controlli dei documenti, in casa hanno trovato Kayoum, appena 18enne e l’hanno portato via. “E’ successo l’8 dicembre – racconta Sumon – poi lui è scappato e il 9 l’hanno ripreso e portato al Cie di Bari”. Kayoum sostiene che gli agenti lo avrebbero anche picchiato al momento del fermo nel Lazio. Poi è stato trasferito a Bari. “Sono qui da quattro mesi – dice il ragazzo – piango tutti i giorni”. (Raffaella Cosentino)



Sventò un tentativo di scippo, giovane nigeriano assunto all’aeroporto di Napoli
A febbraio Benjamin si era ribellato allo scippo di una donna anziana, trascinata per diversi metri nel centro storico di Napoli. Oggi lavora per la Gesac, la società che gestisce l’aeroporto. Fa rispettare le regole all’interno dell’area Parking
Redattore sociale, 09-04-2014
NAPOLI - Sventò un tentativo di rapina a un’anziana napoletana diventando un eroe, oggi lavora per la Gesac, la società che gestisce l’aeroporto di Napoli. Benjamin, il giovane nigeriano che a febbraio si è ribellato allo scippo di una donna anziana trascinata per diversi metri nel centro storico di Napoli nell’indifferenza generale, oggi è assunto con un contratto a termine di sei mesi, tramite una società interinale, come “addetto al controllo della viabilità” dell’aeroporto internazionale di Capodichino. Dopo essere stato immortalato dalle telecamere a circuito chiuso, il quarantenne si guadagnò la ribalta delle prime pagine cittadine e la partecipazione a diverse trasmissioni tv, oltre alla solidarietà di associazioni, commercianti e dei tanti cittadini che lo aiutavano quando viveva per strada.
Perfino l’allora ministro per l’Integrazione, Cècile Kyenge, in un tweet definì la sua azione “eroica”. Tra i primi a prendere a cuore la causa di Benjamin, appassionato di calcio, Antonio Gargiulo, presidente della squadra multietnica ed associazione sportiva Afro-Napoli United, che subito accolse il ragazzo in squadra. “È bello che un immigrato compia un gesto eroico: un modello di senso civico da seguire per tutti” aveva commentato Gargiulo, che si era anche attivato per la ricerca di un lavoro per il ragazzo. “Dopo il suo gesto, mi ha chiamato un mio amico che lavora per la Gesac – racconta il responsabile di Afro-Napoli – perché avrebbe voluto dare a Benjamin un’opportunità, se fosse stato possibile. Io li ho messi in contatto, ma non ho saputo più nulla”.
Ma si sa la popolarità dura poco. E così, dopo essersi allenato per un po’ insieme ai ragazzi dell’Afro, Benjamin era tornato a vivere per strada e a chiedere l’elemosina davanti alle chiese del centro. Nel frattempo, quelli che gli avevano promesso un lavoro erano spariti e il ragazzo si era ritrovato di nuovo solo. Poi, inaspettatamente la notizia: Benjamin viene convocato per un lavoro. Grazie all’interessamento dell’amministrazione comunale e della Prefettura, ora il permesso di soggiorno e il passaporto sono validi. Da simbolo della legalità per i napoletani, per i prossimi sei mesi il giovane migrante avrà il ruolo di far rispettare le regole all’interno dell’area Parking dell’aeroporto internazionale di Capodichino, ruolo che gli riesce anche bene vista la sua padronanza dell’inglese. (Napoli Città Sociale)

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