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Saleh Zaghlou
“Niente tasse senza rappresentanza – dice il sindaco di Venezia Massimo Cacciari – qualsiasi liberale in questo paese deve fare proprio questo slogan”.
Non si tratta soltanto di superare una discriminazione nei confronti di cittadini che risiedono e lavorano regolarmente nelle nostre città contribuendo al 10% del PIL, al 7% dei contributi INPS e che versano 6 miliardi di euro in tasse e imposte, si tratta soprattutto della qualità della nostra democrazia. Possono essere considerate democratiche elezioni dove è vietata la partecipazione al 10-15% dei cittadini residenti, come è già capitato alle ultime amministrative?

Con il diritto di voto, i migranti diventano soggetto politico interessante per la politica e sarà più difficile per i politicanti rincorrere le esigue minoranze razziste. Così il diritto al voto avrà la funzione di un antidoto contro il razzismo: un male che reca gravi danni a chi lo subisce ma anche a chi lo esercita come è avvenuto col nazismo. Ora l’immigrazione viene usata come capro espiatorio di tutti i mali, per distrarre i cittadini dalle questioni vere ed urgenti. Se l’attenzione di chi vota tornasse a concentrarsi, ad esempio, sulla perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni e sulla disoccupazione, si potrebbe sperare in un ritorno di questi temi al centro delle campagne elettorali, si potrebbe sperare che vengano finalmente affrontati. Il diritto al voto dei migranti è una conquista per tutti, il nostro paese diverrebbe più sicuro, vivibile e soprattutto più democratico e civile.

Nei 17 paesi dell’Unione Europea, dove gli immigrati residenti già votano alle amministrative, il loro voto inizialmente ha premiato i partiti, di destra, di sinistra o di centro, che hanno introdotto tale diritto, successivamente è stato distribuito a sinistra, destra e centro. Non è un voto scontato, lo avranno i partiti che per primi tessereranno gli immigrati e che riusciranno a rappresentarli in maniera proporzionale alla loro presenza nei gruppi dirigenti. 



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