Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

19 aprile 2011

«Fratelli in Italia», per la cittadinanza ai 18enni può bastare una lettera
l'Unità, 19-04-2011
In Italia la cittadinanza è regolata dalla legge 91 del ’92. Una legge che è stata scritta, oltretutto, per fornire una risposta concreta ai nostri connazionali che tornavano in Italia, dopo aver vissuto in paesi come Argentina e Brasile, dove le condizioni economiche sociali politiche cominciavano a rivelarsi critiche. La legge 91/92 rispetto a quella precedente rimane saldamente ancorata al principio della trasmissibilità per discendenza (ius sanguinis), e prevede solo in maniera marginale l’acquisizione dello status di cittadino secondo il principio dello ius soli (nascita in un determinato territorio). Ovvero la possibilità, per i neo diciottenni stranieri nati e cresciuti in Italia, di presentare domanda di cittadinanza entro il 19° anno. Un anno di tempo per sentirsi figli italiani di una generazione di persone immigrate e non più giuridicamente stranieri. Ma come fare per non perdere l’appuntamento? Oltre al promemoria sul calendario fissato per il giorno prima del compleanno, Andrea Sarubbi ed Emiliano Boschetto, sostenuti da diverse associazioni e organizzazioni (tra cui Sant’Egidio, A Buon Diritto e Centro Astalli) hanno promosso «Fratelli in Italia». Si tratta di un appello rivolto ai consigli comunali affinché inviino automaticamente una lettera ai neodiciottenni di origine straniera, invitandoli a non perdere l’occasione di presentare la domanda di cittadinanza. Certo, non può essere la sola iniziativa su questo fronte, ma finché non saranno approvate nuove proposte di legge in materia di cittadinanza fondate esclusivamente sullo ius soli, è bene applicare al meglio la normativa esistente.
 


Mal d'Africa
Rivolte, egoismi, immigrazione: ultima occasione di fare l'Europa
Libero, 19-04-2011
ANTONIO PANZERI
La situazione determinatasi domenica a Ventimiglia, con il blocco dei treni verso la Francia da parte del governo di Sarkozy, è grave perche mette in luce la difficoltà in cui versa oggi l'Europa stritolata, come sembra, da soli calcoli politici dei propri governanti.
Paradossalmente , mentre sarebbe opportuno costruire un progetto europeo unitario per far fronte ai nuovi problemi che la storia ci consegna, immiseriamo tutto in conflitti tra Paesi. Uno spettacolo davvero poco edificante. Del resto però questa sembra la tendenza prevalente oggi nel vecchio continente. Basti vedere l'esito delle elezioni, l'altro ieri, in Finlandia, dove i populisti anti-Ue, guidati da Timo Soini, hanno avuto un sorprendente esito elettorale che peserà non solo in quel Paese, ma per l'intera Europa.
Le difficoltà economiche e i sommovimenti nord-africani, con le loro conseguenze migratorie, stanno condizionando l'opinione pubblica europea. Bisogna averne consapevolezza. Subito. Le paure che stanno attraversando l'Europa producono profondi cambiamenti nei comportamenti politici, sociali ed elettorali dei Cittadini. Da qui l'esigenza delle classi dirigentidi comprendere appienole conseguenze che potranno determi¬narei, se si continuerà a perse- guire 1'idea dei rinchiudersi ognuno in casa propria.
Cosi si potranno soddisfare a breve le pulsioni populistiche nascenti, ma si fará un grandíssimo danno inprospettiva. Senza Europa non saremo in grado di governare alcuno dei problemi che agitano oggi le popolazioni europee. Non potremo farlo sul piano economico e sociale, dirmanzi a competitor del calibro di Cina- índia- Brasile- Usa- Russia e non potremo farlo sul piano dei governo dei processi migratori. Su questi due versanti il nostra Paese è trai piü interessati al che vi sia un governo vero europeo. Per questo mi auguro che, al di là delle polemiche spicciole, ci sia un sussulto che veda l'ltalia protagonista di una nuova stagione europea. Prima che sia troppo tardi.

 

Immigrati, l'Ue boccia ancora l'Italia.  "La Francia ha il diritto di bloccare i treni"
Frattini insiste: "Non c 'era motivo ". Parigi: basta tensioni
la Repubblica, 19-04-2011
ANDREA BONANNI
BRUXELLES — La Francia era «nel suo diritto» quando domenica ha sospeso temporaneamente i treni provenienti dall'Italia al valico di Ventimiglia. La sentenza della Commissione europea arriva come l'ennesima doccia fredda per il governo Berlusconi-Maroni e la sua gestione degli immigrati irregolari, ai quali le autorità italiane hanno dato un permesso temporaneo per favorire il loro espatrio Oltralpe. Intanto altri Paesi hanno istituito o si preparano ad istituire controlli sui viaggiatori provenienti dall'Italia.
La Farnesina aveva «protestato fermamente» contro il governo francese per la decisione di bloccare alla frontiera alcuni treni provenienti dall'Italia, tra cui uno carico di tunisini irregolari e di manifestanti. Ma evidentemente il governo di Roma sapeva di avere torto, tanto è vero che alla Commissione non è mai arrivata nessuna denuncia italiana di violazioni dei protocolli di Schengen da parte della Francia. A Bruxelles è arrivata invece puntualmente in mattinata una lettera da Parigi, che segnala il provvedimento «temporaneo», e lo giustifica con ragioni di ordine pubblico. E cosi ieri la commissaria europea responsabile per gli affari lnterni e per le questioni dell'immigra- zione, Cecilia Malmstrom, ha spiegato che il governo francese ha esercitato un diritto che gli viene riconosciuto dalle regole europee sulla libera circolazione alle frontiere.
La Commissaria ha anche ricordato che i barconi carichi di gente proveniente dal Nord Africa, «non possono essere respinti in mare», come avrebbero voluto alcuni esponenti leghisti e come aveva suggerito lo stesso primo ministro francese Francois Fillon.Le regole europee in materia sono abbastanza chiare. Chi arriva deve essere aiutato in mare e accolto a terra. Se si tratta di un immigrato irregolare deve essere rispedito nel Paese di provenienza. Se invece è un profugo a cui viene riconosciuto il diritto di chiedere asilo, deve essere ospitato fino a che le autorità competenti non si siano pronunciate sulla sua richiesta di asilo. II fatto che il governo italiano abbia dato permessi di soggiorno temporaneo a immigrati irregolari per facilitare il loro espatrio verso altri Paesi europei, come pure è suo diritto fare, ha suscitato l'irritazione dei nostri partner europei che han¬no definito il provvedimento «contrario alio spirito di Schengen». L'ex ministra delia giustizia francese Rachida Dati, ora parlamentare europeo, ha espresso una critica molto dura verso l'Italia dicendo che il permesso temporaneo «è un segnale di incoraggiamento mandato alle mafie, alla criminalità e ai trafficanti di esseriumani».
Ieri intanto, sulla scia delia Francia, anche il Bélgio ha comunicato di aver instaurato controlli «sporadici» agli aeroporti sui voli provenienti dall'Italia per bloccare eventuali irregolari tunisini prowisti di unpermesso temporaneo rilasciato dal governo italiano. In applicazione delle regole di Schengen, chi arriva in Bélgio dovrà avere il passaporto in ordine e dimostrare di potersi mantenere per la durata dei soggiorno disponendo di almeno sessanta euro al giorno per il proprio sostentamento. I controlli vengono effettuati all'uscita dell'aereo e chi non avrà i requisiti non potrà sbarcare sul suolo belga. Anche l'Austria ha fatto sapere di avere in preparazione controlli non siste- matici aile frontiere con l'Italia.
«Trecento o forse anche meno simpatizzanti no global che inscenano una protesta non sono un grandíssimo problema di ordine pubblico», ha dichiarato ieri il ministro degli esteri Franco Frattini. La Farnesina ha anche respinto le criti- che di quanti osservano come l'Italia sia isolata in Europa sulla questione immigrazione. Ma il ministro degli Interni francese, Claude Guéantnonsembraconvinto.«Non vogliamo tensioni con l'Italia», ha detto. «Ma la Francia rispetta la lettera e lo spirito degli accordi di Schengen, secondo cui tocca al Paese di ingresso il compito di gestire i migranti».


 
Roma e Parigi trovano una tregua sugli immigrati alla frontiera
Italia e Francia difendono le loro politiche, l'Ue lascia fare. Molti temono per il futuro di Schengen
Il piano di Parigi e Berlino
Il Foglio, 19-04-2011
Bruxelles, Ieri è rientrata la crisi tra Francia e Italia sui migranti tunisini: l'Europa ha detto che entrambi i paesi hanno ragione, il trattato di Schengen prevede misure di emergenza, come quelle applicate da Parigi durante il fine settimana. E la politica dei permessi provvisori adottata dal governo italiano ha lo stesso diritto a esistere. Secondo la Commissione, la Francia ha tutto il "diritto" di chiudere la frontiera ferroviaria, come ha fatto domenica per alcune ore. Il blocco è stato effettuato "per motivi di ordine pubblico", è stata "una sospensione molto temporanea" e "ora il traffico è ripreso", ha spiegato il commissario all'Interno, Cecilia Malmstrôm, dopo aver ricevuto una lettera da Parigi sulle ragioni della sospensione di Schengen. II ministro dell'Interno francese, Claude Guéant, ha dichia- rato che sta applicando "alla lettera" le regole, Parigi non critica più la concessione da parte dell'Italia di permessi di soggiorno temporanei ai tunisini: la Commissione ha certificate che ogni paese può fare ciò che vuole con i migranti sul suo territorio. Guéant nota che la decisione "è stata contestata da molti paesi dell'Ue", ma precisa che la Francia "non vuole" tensioni con l'Italia. Per circolare in altri paesi, oltre a documenti validi, i tunisini devono dimostrare di avere risorse finanziarie sufficienti. II ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha ribadito che "i permessi italiani sono legittimi, che rispecchiano le norme europee e tutti i paesi europei devono rispettarli". II ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha spiegato: "Procediamo con l'accordo della Tunísia al rimpatrio di tutti i tunisini che arrivano.
Molti temono che il conflitto franco-italiano sui migranti abbia innescato una guerra di trucchi e cavilli giuridici che mette a repentaglio una ,delle conquiste più tangibili dell'Unione europea: gli accordi di Schengen e la fine delle frontiere fisiche. "Ci sono ragioni per éssere vigili - ha ammesso per la prima volta la stessa Malmström - Sarebbe molto molto pericoloso se fosse la fine di Schengen, perché è uno dei trattati fondamentali nella libera circolazione dell'Ue". L'interruzione dei traffico ferroviário da parte delia Francia è soltanto l'ultimo dei molti provvedimenti presi da diverse capitali per controllare gli ac- cessi dall'Italia. Oltre all'iniziativa francese, il ministro dell'Interno belga, Melchior Wathelet, ha disposto controlli doganali rafforzati negli aeroporti di Bruxelles e Charleroi per i voli in provenienza dall'Italia. Áustria e Germania hanno annunciato misure analoghe. Ma Bruxelles non può dire nulla, perché le maglie legali di Schengen consentono agli stati membri ampio margine per reintrodurre le frontiere.
II vertice italo-francese del 26 aprile
II "códice frontiere Schengen" è formato da quasi trecento pagine di regolamenti e allegati che permettono alcune eccezioni all'Europa senza frontiere. In occasione di grandi eventi sportivi a rischio, gli stati notificano regolarmente la reintroduzione dei controlli ai confini per motivi di "ordine pubblico". L'Italia lo usò nel 2002, quando gli organizzatori dei Teknival spostarono il loro rave annuale da Montpellier alle montagne piemontesi confinanti con la Francia. Ma i migranti sbarcati dalla Tunisia non sono una minaccia all'ordine pubblico. E cosi diversi stati membri usano altri cavilli giuridici, come la possibilita di effettuare controlli "non sistematici" entro venti chilometri dal posto di frontiera. Cosa vuol dire "non sistematici"? Per il francese Guéant, basta spostare le pattuglie di polizia ogni sei ore. Per il belga Wathelet, è sufficiente evitare di controllare alcuni aerei. La commissaria Malmstrôm si limita a incoraggiare "le autorità italiane e francesi a risolvere il conflitto fra loro". "Quel che manca in Europa oggi è leadership e solidarietà", ha detto Malmstrôm.
Diversi paesi stanno strumentalizzando l'emergenza per tentare di modiücare le regole di Schengen. "Il problema non è l'Italia, ma c'è da tempo", spiega al Foglio una fonte dell'Ue. Dalla Grecia passa gran parte dell'immigrazione illegale, Francia e Germania hanno posto il veto all'ingresso di Romania e Bulgaria nell'area Schengen perché le loro frontiere sono troppo porose. Ora - dice la fonte europea - Parigi e Berlino chiedono "un emendamento a Schengen per reintrodurre le frontiere". Il 26 aprile a Roma è previsto un vertice italo-francese che, si augura Frattini, rilan- cerà la collaborazione tra i due paesi, dopo le divisioni di queste settimane.



"Hanno riaperto, è il momento"
Sulle carrozze dirette a Cannes con i tunisini che attraversano il confine "La segreteria telefonica è in francese, il mio amico è di là. Ora tocca a me"
La Stampa, 19-04-2011  
Reportage
MASSIMO NUMA INVIATO A CANNES
Schengen si, Schengen no. La ruota gira e ieri il patto europeo sulla libera circolazione - dopo il blocco di do- menica per motivi di ordine pubblico - è tornato di nuovo in vigore. Piazza della Stazione, Ventimiglia. Alle 11.30 due ragazzi tunisini che hanno ricevuto il permesso di soggiorno temporaneo dalle autorità italiane, un libretto simil-passaporto dalla copertina verde, piü una card con foto e dati anagrafici completi, devono decidere che fare del pro- prio destino. Le voei si inseguono: «Li stanno rimandando indietro (quelli partiti alla mattina presto, ndr), ma qualcuno è passato». Sono momenti di grande tensione, e di paura anche. Sbagliare, adesso, pregiudicherebbe per un po' la Speranza di iniziare non una vita migliore, ma almeno qualcosa che ci assomigli. Si prova a contattare via telefono gli amici, ma nessuno risponde. «E andata bene - dice Khaled, 20 anni, di Tunisi - vuol dire che sono in Francia, c'è stato il cambio di gestore telefonico». II treno locale diretto a Cannes parte tra una decina di minuti. Si prova a piccoli gruppi e soprattutto senza T«aiuto» degli attivisti dei centri sociali, ieri usati come pretesto per chiudere la linea, e disperdendosi nei treni dei pendolari, non addensandosi tutti assieme negli stessi settori, per non attirare l'attenzione dell'occhiuta Gendarmerie. Altri giovani preferiscono invece aspettare il treno della sera per Nizza, per vedere come si mette la situazione.
In coda per il biglietto per Mentone, per scaramanzia andata e anche il ritorno, costo 5 euro e 60 cent. Khaled e Ashraf contano i soldi che hanno in tasca: non più di 30,40 euro, comprese le monetine e un pugno di dinari tunisini.
Salgono assieme a un paio di reporter francesi; se ne stanno lontani, perché la polizia, quando interviene, non vuole testimoni. Gli zainetti dei tunisini li hanno presi i giornalisti, tanto per dar loro 1'aria dei turista per caso. Gli danno da leggere cataloghi di un'agenzia di viaggi, Khaled vi posa sopra una piccola copia dei Corano e la tiene aperta, proprio sulla foto di una spiaggia tropicale affollata di belle ragazze in minicostume. Il treno procede a bassa velocità, imbocca il tunnel che divide Italia e Francia, poi sfila lentamente nella prima stazione, Menton-Garavan. Turisti veri, inglesi, osservano curiosi i giornalisti che nascondono le videocamere, allungando le maniche delle giacche, per occultare la lucetta blu. Gli altri cacciano le reflex nelle borse, smontano in fretta i flash, pronti a usare mini-digitali. I gendarmi se ne stanno sul binário, immobili, le mani dietro la schiena. Poi Mentone. Eccoli. Divisa blu, anfibi, capo scoperto. Atletici. Salgono e iniziano i controlli. I due tunisini sono immediatamente individuati. Li fanno alzare, a uno dicono: «Togli le mani dalle tasche!». Dai giubbotti, timidamente, spuntano fuori il libretto verde, con il simbolo in oro della Repubblica Italiana e la card con la foto. II capo pattuglia li osserva attentamente. Due minuti di attesa, il tempo di verificare un paio di dati via radio. I reporter francesi sono pronti a scattare le foto, ma i tre gendarmi voltano le spalle e se ne vanno. Khaled e Ashraf corrono a prendersi gli zaini, ce 1'hanno fatta. Mostrano i documenti italiani ai cronisti. Infine, uomini liberi sulle banchine delia stazione di Mentone. Liberi di telefonare agli amici di Nizza, che verranno a prenderli in auto, il piü presto possibile: «Grazie Italia, incubo finito».
Per tutta la giornata notizie confermano il nuovo corso deciso delle prefetture d'Oltralpe; Ventimiglia ora dopo ora si svuota, anche la piazza delia stazione. Nell'atrio, a tarda sera, ci sono ancora persone che dormono per terra, altre che continuano tristi ad aggirarsi nella zona. Sono i «sans papiers», non hanno documenti, niente di niente. E da ieri il commissariato di Ventimiglia non consegna più i permessi. Terminali bloccati su ordine di Roma. Troppe pratiche ancora da smaltire, dopo i primi 150 documenti già consegnati. Chi vuole, può rivolgersi ad altre questure, Savona, Genova, Cuneo o Torino. L'ennesimo viaggio, questa volta a ritroso.
Molto inquieti i commercianti della locale Confcommercio. Parole dure: «Basta con i clandestini, l'immagine della città su tutti i media è quella di un centro alio sbando invaso da tunisini, squadre anti-sommossa, militanti dei centri sociali. Bivaccano ovunque, c'è sporcizia. C'è già un calo dei 40 per cento delle prenotazioni, il turismo è in ginocchio». Insomma, chiudere subito il centro di accoglienza. Sennò, «via a una raccolta di firme per protesta», promette Anna Bonzano, presidente Confcommercio. Infine, avvertimento al ministero dell'Interno: «E non ce ne mandate mai più». Di tunisini.



«Noi emigrati senza visto siamo la regola»
il Sole, 19-04-2011  
Karima Moual
"Pronto Karima, ho appena ordinato il tuo caffè». Chi sei? «Il ragazzo tunisino di Lampedusa, non ti ricordi?». Veramente eravate intanti. «Sono Chafik, ti avevo promesso che ti avrei offerto presto un caffè da Parigi».
Ritorna in mente la sua faccia. Eccolo uno dei tanti, tra i primi giunti a Lampedusa. «Sono arrivato in Italia - mi diceva a Lampedusa un mese fa - ma tra poco saro a Parigi, vedrai. E allora ti chiamerò, e t'invitero per prender e un caffè con me, e rideremo tanto». Con tono sicuro, una voce che tradisce la sua schizofrenia evidente. Un cocktail di disperazione e frustrazione misto aun'ostinazione e una certezza che il suo viaggio, il suo obiettivo, deve a qualsiasi costo concretizzarsi. Lui deve arrivare a destinazione. Un sentimento che può essere scambiato anche con aggres- sività, che s'intravede negli occhi di tutti i ragazzi tunisini di Lampedusa. Non sembrano elemosinare un permesso per restare in Italia, sanno quello che vogliono, la Francia, e fanno di tutto per ottenerlo.
Lui me lo disse inaspettatamente a voce alta quasi gridando, aggressivo, sotto i riflettori della telecamera, dietro la rete dei centro di Lampedusa mentre si allontanava sorridendo orgoglioso ma con gli occhi lucidi tra le grida, le risa e gli applausi degli altri ragazzi del centro.
La scenata quasi teatrale a cui assistemmo tutti è dovuta a un botta e risposta che sembrava innoquo.
Lui, uno dei tanti ragazzi tunisini di Lampedusa si racconta. La Tunisia lasciata dietro al mare, com'è arrivato clandestinamente in Italia, perché e quali sono le sue aspettative. «Io ho tutti i miei parenti in Francia, a Parigi. Tutti. Sono rimasto solo io in Tunisia. A Parigi ci sono mio padre, mio fratello e i miei cugini». «Io a 28 anni non ho trovato nessun modo per poterli raggiungere, perché non ho nessun mezzo per raggiungerli. Sono maggiorenne e non ho più un lavoro da anni, per cui non posso garantire un conto corrente in banca, non posso garantire niente. Ma ci sto arrivando a Parigi, Ci sto arrivando».
Oggi la voce al telefono non sembra più quella aggressiva di un mese fa. Forse ha trovato la cura: è Parigi ad averlo rasserenato. «Sto bene ora - mi racconta - è stata dura se penso alla reclusione nei centri in Italia, credevo di impazzire, era peggio di stare nel mare in barca. Pensavo davvero di non farcela ma ora finalmente sono tra i miei parenti, finalmente sono a Parigi, ed è più di quel che mi aspettavo, dai racconti o dalle foto o dai film che vedevo in televisione».
Il viaggio è quello di tanti in questi giorni. «Alla fine sono scappato, per modo di dire -, accenna una risata - insieme ad altri che volevano raggiungere parenti ed amici in Francia. Con il treno. E ppoi, una volta varcata la frontiera di Ventimiglia, mi sono fatto venire a prender è dai miei a Nizza con l'auto». E i documenti? «Niente documenti per noi purtroppo, siamo scappati prima del vostro permesso temporaneo, ma non credo che gli altri siano messi meglio. Ora vedremo - dice - certamente si troverà una soluzione. Prima di me e di noi, sono passati in molti per la nostra strada. Non siamo l'eccezione o l'emergenza come ci rappresentano. Siamo la regola. Persone che emigrano in Paesi migliori per poter lavorare. E di noi, fidati, c'è bisogno. Ho già trovato un lavoretto come manovale, inshal- lah. Ciao Karima».



Mille tunisini assistiti dalle Regioni
il Sole, 19-04-2011  
ROMA -Sono oltre un migliaio i tunisini con permesso di soggiorno temporaneo che, da venerdi fino a ieri pomeriggio, avevanó avuto assistenza dal sistema messo in piedi dalla Protezione civile con le regioni. Oggi il commissario straordinario all'emergenza, Franco Gabrielli - capo delDipartimento delia protezione civile - sarà sentito in audizione davanti al comitato parlamentare Schengen. Ieri il prefetto ha illustrato l'ordinanza di protezione civile ai prefetti impegnati sul territorio e ai rappresentanti di regioni, Anci (Associazione nazionale comuni d'ltalia) e Upi (Unione delle province italiane).
Lamacchina dell'assistenza è già in movimento: i tunisini con permesso di soggiorno, consegnato dagli uomini dei dipartimento di Pubblica sicurezza, sono indirizzati, se vogliono, a usufruire dei siti individuati dalle Regioni. Un migliaio di tunisini ha già ricevuto, dunque, vitto, alloggio e assistenza sanitaria. La cifra è destinata a salire nei prossimi giorni, fermo restando che gli interessati hanno comunque libertà di circolazione sul territorio e, dunque, non sono vincolati a rimanere nelle strutture loro messe a disposizione. Le presenze di coloro che hanno avuto il permesso di soggiorno, dunque, potrebbero essere molto variabili, proprio per il diritto alia libertà di circolazione. Le regioni, comunque, hanno l'obbligo di nominare subito «un soggetto attuatore» dell'emergenza umanitaria, una figura, cioè, sorta di braccio operativo che realizzi in tempi immediati tutte le necessità sopraggiunte per l'accoglienza, tenendo conto che è il Viminale a comunicare spostamenti e quote di tunisini in arrivo. I prefetti sul territorio, inoltre, possono essere «soggetti attuatori» per la gestione dell'accoglienza.
Sui fondi le Regioni hanno per ora conferma del primo acconto di 30 milioni. Le spese sostenute fino a oggi dall'inizio dell'emergenza - con il commissario Giuseppe Caruso, prefetto di Palermo - ammontano più o meno a una cifra simile, che avr à analogo stanziamento. Rimane la grande incognita dei profughi: l'accordo Stato-regioni prevede un'accoglienza fino a 50mila persone. E nessuno può escludere una ripresa degli sbarchi dalla Libia. In quel caso i 30 milioni si esaurirebbero in un batter d'occhio.
M.Lud.



Nuovo sbarco a Lampedusa Parigi-Roma, segnali di distensione
Avvenire, 19-04-2011
Dopo quattro giorni di tregua, anche a causa delle cattive condizioni del tempo, sono ripresi gli sbarchi di migranti verso Lampedusa. Un barcone con 50 extracomunitari, tra cui due donne e due minori, che hanno detto di essere tunisini, è stato soccorso in nottata da una motovedetta della Guardia di Finanza a 12 miglia dall'isola. Gli immigrati sono stati accompagnati nel centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola dove si trovano ancora 24 minori che dovrebbero essere trasferiti nelle prossime ore verso altri centri italiani. Per i tunisini dovrebbe invece scattare il rimpatrio, in base all'accordo bilaterale stipulato il 5 aprile scorso.
L'ultimo sbarco a Lampedusa risaliva a venerdì scorso: un barcone con 221 profughi partiti dalla Libia.
Un altro barcone è stato avvistato al largo di Lampedusa. Il comandante della Guardia Costiera, Cosimo Nicastro, ha detto che "è stata segnalata un'unità con centinaia di persone di origine sub-sahariana a bordo a Sud-Est di Lampedusa"
I PERMESSI TEMPORANEI
Sui permessi temporanei "c'è ancora da mettere a punto qualche aspetto giuridico; l'Italia emette documenti validi, i francesi stanno applicando regolarmente le regole europee": lo ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini a proposito delle questioni riguardanti i consistenti flussi migratori che l'Italia ha dovuto affrontare nelle ultime settimane.
Secondo Frattini, per il presidente della Commissione europea "Barroso, i segnali sono positivi e il presidente francese Sarkozy ha confermato che nel vertice di Roma del 26 aprile le questioni saranno affrontate in spirito amichevole". "Italia e Francia - ha concluso il ministro - hanno interesse comune domani gli immigrati che oggi arrivano in Italia potrebbero giungere in Corsica a livello bilaterale credo che la questione sia finita".
LA FRANCIA E I TRENI DA VENTIMIGLIA
La Francia aveva il diritto di bloccare i treni se la decisione, spiega l'Ue, era motivata da problemi di ordine pubblico. Ma anche se questa 'motivazionè non convince fino in fondo l'Italia - "secondo me non c'era", fa sapere il ministro degli Esteri, Franco Frattini - lo scontro tra Roma e Parigi, almeno per ora, rientra: i vagoni sono tornati a viaggiare regolarmente e da Ventimiglia, diretti oltralpe, sono passati anche quegli immigrati che, documenti e visti concessi dall'Italia in tasca, possono dimostrare di essere in regola con Schengen.
La 'querellè che domenica ha rischiato di tradursi in un nuovo strappo e in un caso diplomatico tra Roma e Parigi sembra così archiviata. "L'episodio è stato chiarito e risolto, non c'è nessuna escalation di tensione", spiega la Farnesina dopo 24 ore di alta tensione, di botta e risposta tra Roma e Parigi triangolati da Bruxelles. Ma con dei distinguo. "La Francia aveva diritto di bloccare i treni 'per motivi di ordine pubblicò", fa sapere infatti il commissario agli Affari Interni dell'Ue, Cecilia Malmstrom, spiegando che tale motivazione rende possibili misure di interruzione della circolazione. Una ragione, quella addotta da Parigi che da settimane cerca di fare 'barrierà in ogni modo al flusso di immigrati che tentano di varcare le Alpi, che però non convince fino in fondo: Parigi "ha motivato con un problema di ordine pubblico che secondo me non c'era", ha detto ieri mattina Frattini spiegando la dura presa di posizione di Roma. "La nostra protesta è stata particolarmente ferma e il traffico è ripreso". Anche perchè - fanno notare fonti della Farnesina - quello di un blocco unilaterale della circolazione ferroviaria era un passo "non coerente e non conforme con i principi della libera circolazione. Ed è quello che abbiamo rappresentano anche alla Commissione".
In ogni caso, ha aggiunto il capo della diplomazia italiana, "la Francia non può bloccare l' ingresso dei tunisini e ha compreso bene che tutti debbono rispettare le regole Schengen: i nostri permessi sono legittimi, rispettano le regole Ue e devono essere rispettati da tutti", ha insistito ribadendo che i tunisini con i visti temporanei e i documenti di identificazione "non possono essere bloccati alla frontiera". E infatti, al di là delle prese di posizione, oggi i migranti - sotto gli occhi dei gendarmi francesi che effettuano 'discretì controlli - la  Francia li fa passare, rispettando "alla lettera" Schengen, ammette il ministro dell'Interno francese Claude Gueant.
Riprende così il 'viaggiò di avvicinamento tra Italia e Francia: un percorso segnato negli ultimi mesi da diversi 'intoppì (dall'immigrazione al comando delle operazioni in Libia passando per querelle economiche-finanziarie) che a fine mese vedrà il premier Silvio Berlusconi incontrare a Roma il presidente francese Nicolas Sarkozy. In occasione del consueto vertice annuale italo-francese (che si svolge, alternativamente, nelle due capitali) che vedrà volare in Italia Sarkò con i suoi ministri degli Esteri, Interni e Economia.
Dal "vertice del 26 aprile uscirà un messaggio di rilancio della collaborazione e non di divisioni tra Italia e Francia" e "confidiamo che si possano risolvere amichevolmente questioni che non ha senso che continuino a permanere", hanno sottolineato Frattini ed il collega degli interni, Roberto Maroni, mentre da Parigi a smorzare i toni riaccesisi ieri sono arrivare le parole di Gueant: Parigi non vuole avere tensioni con Roma sulla questione immigrati. Parole, quelle rimbalzate da oltralpe, che Frattini ha commentato come "concilianti" dicendosi certo che, anche in occasione del vertice, si troverà una "strada comune" perchè "non possiamo scontrarci": "dobbiamo lavorare insieme".
E l'Italia non è affatto isolata in ambito Ue sul fronte immigrazione, fa intanto notare il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, ricordando che "sui permessi temporanei la Commissione ha dato ragione all'Italia, così come le più alte istituzioni europee si sono espresse a favore della solidarietà invocata dall'Italia nella gestione de problema".



Lampedusa, ricominciano gli sbarchi: 50 migranti arrivati dalla Tunisia
Frattini: «L'accordo con Tunisi regge, sta funzionando»
Il Messaggero, 19-04-2011
ROMA - Dopo quattro giorni di tregua, anche per le cattive condizioni climatiche, sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa. Un barcone con 50 tunisini, tra cui due donne e due minori, è stato soccorso in nottata da una motovedetta della Guardia di Finanza a 12 miglia dall'isola.
Gli immigrati sono stati accompagnati nel centro di prima accoglienza di Imbriacola dove si trovano ancora 24 minori che dovrebbero essere trasferiti verso altri centri italiani. Per i tunisini dovrebbe scattare il rimpatrio, in base all'accordo bilaterale stipulato il 5 aprile. L'ultimo sbarco a Lampedusa risaliva a venerdì: un barcone con 221 profughi partiti dalla Libia.
«L'accordo con la Tunisia regge, sta funzionando - ha detto il ministro degli esteri Franco Frattini a Mattino 5 - Gli italiani per ora continuano la loro azione da soli ma si augura presto di lavorare con le forze del Frontex . Le nostre navi stanno pattugliando le acque antistanti il mare territoriale della Tunisia e se ci sono barconi che si avvicinano vengono avvertite subito le motovedette tunisine per riportarli indietro... se pattugliamo al limite delle acque territoriali i porti più vicini sono proprio quelli tunisini».



Immigrati/ Maroni: oggi vertice a Cipro senza Francia e Spagna
"Risposta dell'Europa finora è stata troppo lenta"
Lecco, 19 apr. (TMNews) - Al vertice dei ministri dell'Interno fissato per oggi a Cipro "non ci sarà la Francia, non ci sarà la Spagna". Lo ha detto il ministro dell'Interno Roberto Maroni a margine della sigla del Patto per la sicurezza per la provincia di Lecco.
"Ci sarà una riunione dei ministri Italia, Grecia, Cipro e Malta per tenere al centro dell'attenzione dell'Europa il Mediterraneo, non solo per la sicurezza ma per gli sviluppi geopolitici - ha spiegato Maroni - Credo che l'Europa abbia tutto l'interesse a investire nell'area del Mediterraneo, nello sviluppo dell'economie di quei Paesi in crisi, di investire in una svolta democratica di quei Paesi, che vuol dire aumentare la sicurezza. E' ciò che ci ostiniamo a chiedere all'Europa. Purtroppo - ha concluso - la risposta è sempre troppo lenta, o per lo meno lo è stata finora".
Sull'emergenza immigrazione, comunque, Italia e Francia troveranno "una strada di lavoro comune": è la certezza che ha espresso il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini. "Oggi le dichiarazioni francesi sono concilianti, avremo un vertice bilaterale italo-francese martedì 26 aprile dopo Pasqua", ha ricordato Frattini conversando con il direttore Emilio Fede, "Il presidente Sarkozy verrà a Roma per incontrarsi con il presidente Berlusconi e con alcuni ministri italiani insieme ad alcuni ministri francesi, sono certo che troveremo una strada di lavoro comune".
"Una cosa è certa", ha puntualizzato il titolare della Farnesina, "i permessi italiani sono permessi legittimi, che rispecchiano le norme europee e che tutti i Paesi europei devono rispettare".
Italia e Francia, aveva detto in precedenza Frattini, "non possono scontrarsi ma devono lavorare insieme perchè il problema dell'immigrazione è un problema europeo, non è soltanto siciliano e neanche l'intera Italia da sola può farcela. Ovviamente la Francia, che è Paese come noi fondatore dell'Europa, deve lavorare insieme all'Italia".


 
Dove ci porta l'isolazionismo leghista

Europa, 19-04-2011
GIORGIO TONINI

La Lega sta imponendo al governo la sua visione di politica estera. È una visione "pacifista", ma di un pacifismo che è la negazione dell'articolo 11 della Costituzione. «L'ltalia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», recita il primo periodo di quello storico articolo. Ma il secondo, distinto dal primo da un semplice punto e virgola, si affretta ad aggiungere: «consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Dunque, il pacifismo della Costituzione è un pacifismo "interventista": l'Italia è impegnata a promuovere un ordine internazionale basato sulla giustizia e sulla pace. E lo strumento per realizzare questo fine è la limitazione delia sovranità degli stati, la sua devoluzione a organizzazioni internazionali come 1'Onu, su scala planetaria, e TUnione europea, su scala regionale.
Una devoluzione graduale, a favore di organizzazioni imperfette e perfettibili, ma operata nella convinzione che questa sia Tunica via sicura, proprio perché lungimirante, perla stessa difesa e affermazione del nostro interesse nazionale.
Il pacifismo delia Lega è invece un pacifismo neutralista e isolazionista. Non è il pacifismo attivo dei "costruttori di pace", di chi, come il padre Cristóforo,
ripudia la violenza in nome della forza della giustizia, ma quello rinunciatario di chi, come don Abbondio, chiede solo di essere "lasciato in pace"; di chi pensa che dalle relazioni internazionali possano derivare al nostro paese solo problemi, se non pericoli e minacce, e che Tunica politica estera utile sia quella strettamente necessaria a negoziare misure di chiusura e di protezione dei nostri interessi da un mondo ostile.
La politica estera che la Lega sta imponendo al governo è tuttavia non solo moralmente discutibile (e, almeno dal mio punto di vista, riprovevole), ma è anche e soprattutto una politica estera contraria all'interesse nazionale delT Italia. In un mondo sempre piu interdipendente, chi pensa di isolarsi, nelTillusione di meglio proteggersi, finisce per diventare marginale e quindi per subire le decisioni (e gli interes¬si) altrui: un principio che vale per le grandi potenze, a maggior ragione per le potenze medie come T Italia.
La politica estera isolazionista che la Lega sta imponendo al governo sta provocando e alimentando tensioni con en- trambe le comunità internazionali con le quali e nelle quali T Italia si trova a vivere e tra le quali la storia e la geografia le suggerirebbero di esercitare una funzione di ponte, di preziosa (e potenzialmente assai redditizia) mediazione: il Mediterrâneo e l'Europa.
Sul dossier mediterrâneo, capitolo Libia in testa, la Lega guida il fronte dei rimpianto e dei risentimento. Rim- pianto perun ancien régime che si sta sgretolando e che rappresentava una stabilità funzionale ai nostri interessi immediati: geopolitici, perché quelli ora entrati in crisi erano tutti regimi "moderati", cioè filo-occidentali, ostili al fondamentalismo e al terrorismo; economici, perché ci garantivano forniture energetiche certe; e di sicurezza, perché avevano posto una barriera, non importa quanto rispettosa dei diritti umani, al flusso migratorio verso le nostre rive. Il rimpianto genera risentimento nei riguardi di chi è accusato di aver minato quella stabilità: le organizzazioni internazionali, le culture politiche democratiche (a cominciare dalla dottrina Obama) e in definitiva i popoli arabo-islamici come tali. Si tratta di sentimenti comprensibili. Ma si tratta anche, in definitiva, di sentimenti irrazionali e irragionevoli. Ammesso e non concesso che sia da rimpiangere, Iancien régime arabo-islamico sta morendo e non tornerà più. È quindi nostro preciso interesse nazionale schierare ïltalia in prima fila tra le nazioni impegnate per la costruzione di un nuovo ordine di pace e di giustizia nel Mediterrâneo, dal Marocco al Médio Oriente, e poi nel Golfo fino alïAfghanistan: facendo leva sulla legalità internazionale e sulle organizzazioni che operano per promuoverla e sostenendo i movimenti che rivendicano libertà e democrazia per i popoli. È infatti nostro interesse nazionale che il Mediterrâneo diventi una vasta area di pace e di sviluppo, nella giustizia e nella demo- crazia: per evidenti ragioni economiche (pensiamo agli effetti positivi sulla crescita dei nostro Mezzogiorno) e politiche (in termini di crescita di ruolo dell'ltalia in un quadro di nuova centralità dell'area mediterranea).
Ma la politica estera isolazionista che la Lega sta imponendo al governo sta facendo pagare un prezzo salato anche nel rapporto dell'ltalia con l'Europa. Dati i trend demografia consolidati, per mantenere gli attuali livelli di crescita economica, l'Europa avrà bisogno, entro il 2050, di altri 20 milioni di immigrati in età da lavoro, da aggiungere ai 20 milioni attuali. Si tratta di una sfida tanto gigantesca quanto ineludibile, dinanzi alla quale il problema dei 20 mila migranti tunisini di queste settimane impallidisce fino ad apparire ridicolo. È evidente che Tattuale quadro normativo-istituzionale e politico-culturale europeo è dei tutto inadeguato a sostenere un'impresa di questa portata: il quadro normativo-istituzionale, perché distingue in modo difficilmente gestibile i rifugiati richiedenti asilo dai migranti economici e affida solo i primi alle istituzioni comunitarie, mentre lascia agli stati nazionali la competenza esclusiva sui secondi; e il quadro politico-culturale, perché in ogni paese europeo l'immigrazione
attuale e la paura di quella futura stanno ingrossando i consensi a formazioni di destra xenófoba che fmiscono per condizionare, intermini di cMusura, di respingimenti, di riaccompagnamenti, le politiche di tutti i governi.
LItalia dovrebbe essere uno dei paesi maggiormente interessati alíevoluzione di un quadro europeo tanto inadeguato a gestire una sfida cosi grande e importante. E dovrebbe quindi proporsi come capofila di un fronte di paesi impegnati per una sua coraggiosa e concreta riforma. Sul piano normativo-istituzionale, procedendo ad una effettiva comuni- tarizzazione di tutta la materia delle frontiere esterne e dell'immigrazione. E sul piano politico-culturale, passando dalla cultura delia chiusura, che alimenta la clandestinità e di nuovo la chiusura, in una spirale regressiva, ad una cultura della integrazione nella sicurezza, attraverso la mobilità organizzata: tra i paesi europei e con i paesi di origine.
Ancora una volta, il nostro interesse nazionale coincide, non  con la difesa gelosa di una so-vranità da esercitare in solitudine, ma con la sua devoluzione ad un ordine internazionale piú definito e strutturato. II parlamento europeo ha cominciato a muoversi in questa direzione, approvando all'unanimità, il 5 aprile scorso, una importante risoluzione, della quale è stato relatore un italiano: Fiorello Provera, uno degli uomini migliori della Lega Nord. È la prova che una rotta diversa è possibile, per l'Europa e per l'ltalia. E forse perfino per la Lega.



Stranieri: CGIA Mestre, disoccupazione in aumento oltre media italiana
la Repubblica, 18-04-2011
(Teleborsa) - Roma, 18 apr - Vengono pagati meno degli italiani (mediamente 319 euro al mese), ma il livello di disoccupazione ha toccato l’11,4% (contro una media nazionale presente in Italia che si attesta all’8,4%). La CGIA di Mestre, dopo le dichiarazioni rilasciate dal ministro Tremonti, ha analizzato il livello retributivo ed occupazionale degli stranieri regolarmente presenti nel nostro Paese. Da questa analisi emerge che gli immigrati percepiscono mediamente 965 euro netti al mese; 319 euro in meno rispetto agli italiani.
"Questo differenziale – segnala il segretario della CGIA di Mestre Giuseppe Bortolussi – è dovuto al fatto che l’esperienza lavorativa tra gli immigrati è mediamente molto inferiore di quella maturata dagli italiani. Pertanto, i primi hanno scatti di anzianità più contenuti dei secondi."
Il tasso di disoccupazione degli stranieri regolarmente presenti in Italia, invece, ha raggiunto l’11,4% (contro una media della disoccupazione nazionale pari all’8,4%).
A livello territoriale è la Basilicata la Regione che presenta la percentuale di stranieri disoccupati più elevata (18,9%). Seguono il Piemonte/Valle d’Aosta (15,4%), la Liguria (13,8%), l’Abruzzo (13,6%) e il Friuli V.G. (13,2%).
Dall’inizio della crisi ad oggi, sono quasi 110.000 gli stranieri che hanno perso il posto di lavoro. Il numero complessivo degli immigrati alla ricerca di un posto di lavoro si attesta attorno alle 265.800 unità.



Ma davvero gli italiani non vogliono fare i lavori che fanno gli immigrati?
Panorama.it, 18-04-2011
Massimo Morici

Ci sono posti di lavoro per gli immigrati in Italia? Dall’esecutivo, questa volta, arrivano due risposte di segno opposto: una positiva (i ministri del PdL Tremonti e Sacconi), l’altra negativa (il leghista Maroni). Chi ha ragione?
Dopo gli sbarchi a Lampedusa delle scorse settimane e il braccio di ferro tra Italia e Francia sulla possibilità per i 21.000 tunisini regolarizzati dal nostro governo di viaggiare all’interno della Ue, i riflettori sono stati puntati sulla situazione occupazionale degli stranieri nel nostro Paese. Sono previsti, difatti, nuovi arrivi nei prossimi mesi, soprattutto provenienti dai porti libici, e il Viminale ha stimato l’ingresso quest’anno di circa 50 mila migranti e forse più. Fra poche settimane, inoltre, si andrà al voto per le amministrative e il contrasto all’immigrazione irregolare è uno dei cavalli di battaglia del Carroccio (come lo è Oltralpe per Sarkozy che teme di perdere voti in favore dell’estrema destra).
E la domanda, alla fine, è una sola: i migranti che vogliono rimanere in Italia, riusciranno in poco tempo a inserirsi nel mercato del lavoro, condizione necessaria per un soggiorno regolare nel nostro Paese? Il ministro dell’Economia Tremonti è ottimista, perché l’Italia ha accolto negli ultimi anni 4 milioni di immigrati che lavorano. Gli ha fatto eco il ministro Sacconi: gli stranieri si orientano su occupazioni rifiutate dagli italiani e la loro disponibilità non ha affatto abbassato il livello complessivo dei salari. Non la pensa così il titolare del Viminale: non tutti gli immigrati lavorano, dice, e dalle aree di maggiore integrazione e occupazione,come il Veneto, «arrivano segnali di crisi» e anche lì «molti perdono il lavoro».
Ma al di là delle dichiarazioni, cosa dicono in realtà i numeri? Da una parte Maroni ha ragione: le elaborazioni della Fondazione Leone Moressa su dati Istat mostrano come il tasso di disoccupazione tra gli stranieri sia salito nell’ultimo biennio del 3,1%, arrivando all’11,4% contro una media dell’8% degli italiani. Un campanello d’allarme che dovrebbe far riflettere la politica sulla gestione dei flussi verso il nostro Paese: chiudere i rubinetti, alla fine, permetterebbe di riassorbire proprio quegli stranieri che hanno perso il lavoro nell’ultimo anno e che rischiano di perdere i requisiti per risiedere in Italia.
Tuttavia in una prospettiva di lungo periodo è difficile dar torto all’accoppiata Tremonti - Sacconi: dal 2007 al 2010, infatti, l’occupazione in Italia è diminuita di 400 mila unità, ma contemporaneamente gli immigrati hanno conquistato 600 mila posti in più. Come è possibile? Perché gli italiani ne hanno persi 1 milione. E secondo il sociologo Luca Ricolfi questi numeri indicano una tendenza precisa: ossia che gli italiani, in particolare i giovani, «pur non essendo molto più istruiti degli stranieri regolarmente residenti in Italia, non sono disposti a fare tutta una serie di lavori che gli stranieri invece accettano». Ma questa non sarebbe una novità.
Il dato allarmante, invece, è che la crisi non riesce a produrre posti di lavoro «appetibili» (Ricolfi dice «accettabili») per gli italiani, i quali di conseguenza, secondo Tremonti, dovrebbero «adeguarsi» al mercato del lavoro, anche se in realtà in pochi lo fanno: meglio fare il bamboccione che un lavoro usurante. Ma di camerieri, pizzaioli, fattorini, autisti, badanti, artigiani e muratori l’Italia avrà sempre bisogno. La richiesta di mano d’opera straniera è destinata a crescere.

    

"Non sposerò uno che non conosco voglio studiare e diventare italiana"
Brescia, Jamila torna a scuola: "I fratelli però mi accompagnano sempre". Occhi scuri e viso perfetto, fa fatica a destreggiarsi tra la sua verità e quella della famiglia
la Repubblica, 19-04-2011
PAOLO BERIZZI
BRESCIA - "Sceglierò io chi sposare, e sarà un pakistano. Adesso però, dopo stò casino, voglio avere finalmente la cittadinanza italiana". È bella davvero Jamila. Anche quando dice pota (intercalare sospensivo-esclamativo in dialetto bresciano). Gli occhi larghi e scuri, il viso perfetto, le mani lunghe, affusolate, curatissime. Impacchetta il suo metro e ottanta di altezza seduta su un divano. Indossa un completo blu e celeste e uno scarf in tinta che le copre la testa ma lascia cadere sul volto una ciocca ramata dei capelli scuri e lisci. Sembra la Jasmine di Aladin, il cartone di Walt Disney.
Diciannove anni, pachistana, costretta dai fratelli a restare a casa perché troppo bella, Jamila è tornata a scuola ieri. Dopo il clamore, le polemiche, la lettera di uno dei professori dell'istituto professionale dove è iscritta al primo anno, dopo l'intervento decisivo della questura e dei mediatori sociali: la Cgil di Brescia e il console pachistano in Italia. Nel salotto di casa, intorno a lei, ci sono la madre, uno dei tre fratelli che ha 21 anni, il nipotino di un anno e mezzo, il console, due volontari di un'associazione per cittadini italo-pachistani e Damiano Galletti e Silvia Spera della Cgil. Jamila - non è il vero nome - appende le parole a un filo sottile: è sveglia e veloce ma deve destreggiarsi, un po' a fatica, tra la verità "sua" e dei fratelli (che sembra concertata in famiglia) e quella, più plausibile, della storia che negli ultimi giorni
l'ha portata in cima alle cronache. Minimizza molto e, senza volerlo, ammette qualcosa.
Come sta?
"Benissimo, a parte i fotografi che mi inseguono ovunque e che stamattina (ieri per chi legge) erano fuori da scuola. Non ne posso più".
Come è andato il rientro? E i suoi compagni come l'hanno l'accolta?
"Erano contenti, qualcuno si è anche commosso. Ma non era successo niente, niente di quello che è stato detto e scritto".
Vuole dire che non è vero che i suoi fratelli l'hanno costretta a stare a casa da scuola e a non uscire da sola?
"Qualcuno ha persino detto che mi volevano vendere in Pakistan, è assurdo".
Veramente, dopo che lei è mancata da scuola per molti giorni, era venuto fuori che la sua famiglia voleva che lei andasse nel suo paese per sposarsi.
"Non è vero neanche questo. La gente in giro parla, è pettegola, e lo sono soprattutto le pachistane e le indiane. Sceglierò io chi sposare, di certo sarà un pachistano ma non una persona che non conosco (si dice che oggi abbia un interesse per un ragazzo, ndr). Anche se la mia cultura prevede che l'uomo chieda la mano al padre della sposa (quello di Jamila è morto cinque anni fa mentre era al lavoro in fabbrica, ndr). Funziona così".
Lei è musulmana. Il Corano dice che le donne hanno gli stessi diritti degli uomini. Non è strano che i suoi fratelli le abbiano detto di stare in casa perché è troppo bella? Qualcuno a scuola le aveva fatto magari dei complimenti pesanti?
"Può essere che qualcuno abbia detto qualcosa ai miei fratelli. Ma i complimenti li accetto, non sono un problema. E poi a scuola vado quasi sempre accompagnata: o da mia madre o da uno dei miei fratelli. Non vado nemmeno alle feste delle mie compagne. La mia cultura prevede che una donna non esca mai da sola".
Interviene il fratello ventunenne, disoccupato in cerca di lavoro, italiano fluente. Con una spiegazione un po' acrobatica espone la sua versione dei fatti. "Figuriamoci se noi vendiamo nostra sorella. O se non la facciamo andare a scuola. La verità è che Jamila doveva andare in Pakistan con mia madre perché c'è nostro nonno che sta male. Perché è rimasta a casa da scuola? Perché in quei giorni stavamo cercando di comprare i biglietti per il viaggio. Lo avevamo deciso tutti assieme, come facciamo sempre per ogni decisione. Adesso dopo tutta questa storia non ci andrà più".
Jamila, a sollevare il suo caso è stato uno dei suoi professori. Ha scritto una lettera e si è rivolto alla questura. Diceva esattamente quello che è stato poi riportato dai giornali e dalle televisioni. Che cosa ne pensa?
"La lettera ha sollevato un clamore che non mi ha fatto certo piacere. Io non avevo problemi, ero e sono amica di tutte a scuola. Nessuno mi ha mai dato fastidio".
La sua storia è stata accostata a quella di Hina Saleem, la ragazza uccisa dal padre perché era fidanzata con un italiano.
"La mia storia non c'entra niente con quella".
Se la ricorda la storia di Hina? Che effetto le aveva fatto?
"Non voglio dire niente, c'erano dei problemi in famiglia e dopo quel fatto la situazione è anche peggiorata visto che il padre adesso è in carcere".
Soprattutto Hina è stata sgozzata e seppellita in giardino.
"Ehhhh, è così".
Che cosa vuole fare adesso della sua vita?
"Voglio continuare a studiare. Mi piacerebbe diventare stilista (nella sua scuola si insegna moda, ndr). Ma continuerò a crescere seguendo la mia cultura. Non voglio cambiare. Se un domani starò in Italia o andrò in Pakistan questo lo deciderò. Adesso però vorrei che finalmente mi dessero la cittadinanza".
Perché dice finalmente?
"L'avevamo chiesta ma ero ancora minorenne. Poi mio padre è morto e ci hanno detto che non potevano darcela perché nel suo testamento non aveva fatto nessuna richiesta per fare diventare i figli italiani".
Adesso però lei è maggiorenne.
"Infatti. Visto che mi hanno sputtanato, vorrei almeno avere la possibilità di diventare italiana".



"Comunità chiusa, l'integrazione è lontana"
la Repubblica, 19-04-2011  
BRESCIA — I pachistani e Brescia, storia di un rapporta ancora da costruire. Quella di cui fa parte Jamila e la sua famiglia è la seconda comunità straniera più numerosa delia província bresciana (che già detiene il primata in Italia per il numero di stranieri, oltre il 16% della popolazione). I Cittadini pachistani sono 16 mila, di cui il 36% donne. «È una comunitàmolto chiusa — spiega Damiano Galletti, segretario della Camera del lavoro — le donne stanno sempre tra loro, quasi sempre in casa. C'è una scarsa socializzazione conil resto delia popolazione e purtroppo l' ammini- strazione non muove un passo per l'integrazione». Impiegati per lo più nel settore dei tondino, la maggior parte dei pachistani —i piü numerosi dopo i marocchini — stanno muovendo lentamente i primi passi anche nell'apprendimento dell'italiano. Che è uno dei problemi. «Molti sono in Italia da anni ma non conoscono nemmeno una parola», dice Silvia Spera delia Cgil. II sindacato ha promosso due corsi, gratuiti. Uno, riservato alie donne, con servizio di babysitteraggio, dura da piü di due anni ed è frequentato da una quarantina di straniere. Da 20 giorni ne è partito un altro, in collaborazione con il consolato pachistano inltalia: è aperto auomini e donne ed è tenuto da ragazzi pachistani che hanno studiato nel nostro paese.
(p.b.)



Lo straniero e la ragazza una storia d'amore e di poche parole
"La cura" è il romanzo d'esordio di Andrès Beltrami. Uno straniero che irrompe nell'esistenza di una donna. Un intreccio di due diverse storie di fuga dal mondo. L'autore: "Parole come immigrato o clandestino servono solo ad alimentare le nostre paure più ridicole. Quanto al nostro governo, non mi stupisce la gestione surreale dell'emergenza immigrazione"
la Repubblica, 18-04-2011
MARIO DE SANTIS
UN UOMO, una donna, un intreccio di due diverse storie di fuga dal proprio mondo. Lei vive in una casa isolata sul mare, cura il padre malato e i fiori da serra che vende al mercato, ha un cane, un'esistenza monotona e piena di incertezze. Lui è uno straniero che, una sera, si accascia ferito nel suo giardino. Sporco, cencioso, sembra sceso da uno di quei barconi di disperati che conosciamo bene. E proprio per questo qualcuno lo ha picchiato. In lei non scatta la paura, ma un istintivo senso di accoglienza. Gli apre la porta, se ne prende cura. Da questa apertura nasce una relazione, lui forse in fuga da un paese lontano, lei che si interroga sulla propria vita.
La cura (Fandango) è il romanzo d'esordio di Andrés Beltrami, italiano di Mantova poco più che trentenne che vive da anni in Francia. Una storia che, sul filo sospeso dell'assenza di riferimenti (nomi propri, luoghi) mette di fronte due esistenze opposte e mostra i sentimenti inespressi ed essenziali di quel momento intimo (benché oggi offuscato da una rumorosa polemica politica internazionale) che è sempre l'incontro con l'altro, con lo straniero.
Beltrami, il romanzo arriva in un momento particolare. Di stranieri malconci ne vediamo arrivare nel nostro Paese a centinaia, da giorni. Che riflessioni ha fatto in queste settimane in cui si sono mescolate accoglienza e rifiuto?
"Mi sono chiesto per l'ennesima volta perché mai un uomo dovrebbe pagare una somma, per lui esorbitante, per infilarsi fra centinaia di altri
corpi in una barca che rischia ad ogni onda di affondare. Una dimostrazione di coraggio, in fondo, alla quale noi europei rispondiamo sbandierando senza vergogna tutta la nostra codardia. Parole come immigrato, clandestino o rifugiato servono solo ad alimentare il fuoco delle nostre più ridicole paure. Bisognerebbe usare altre parole: magari solo "uomini, donne e bambini in viaggio", sono convinto che nessuno oserebbe chiudere loro la porta in faccia o trattarli come appestati o peggio ancora come merce indesiderata, al centro di trattative al ribasso fra gli Stati europei. Quanto al nostro governo, la gestione surreale del problema non mi stupisce. Le nostri leggi al riguardo sono in bilico fra l'inutile violenza e l'inapplicabile nel quotidiano, assomigliano più a degli spot televisivi che a delle vere emanazioni di un legislatore. Mi amareggia invece constatare che, anche in questo caso, l'Europa ha perso la possibilità di dimostrare di essere qualcosa di più di una bandiera e di qualche accordo economico".
Lei, invece, è proprio sul sentimento d'accoglienza che ha imperniato la la storia d'amore tra lo straniero e la ragazza...
"In realtà, più che come una storia d'amore l'ho intesa come una storia d'attrazione. La mia protagonista in apparenza è  già spinta verso la cura, perché si occupa del padre malato, forse perché è una donna. Ecco, sono partito da un'apertura immediata all'altro ma per ribaltare le posizioni e il luogo comune. La cura non appartiene solo alla donna, che invece si rivelerà inquieta, e attraverso piccoli smottamenti passerà gradualmente proprio allo straniero. Sarà lui a occuparsi di chi lo ha trovato".
Perché ha scelto di non mettere alcun luogo di riferimento, nessun nome di battesimo, lasciando una storia quasi in sospeso?
"Qualsiasi scelta l'avrebbe condizionata. Invece volevo l'essenziale di quel che accade a una persona che incontra uno straniero, non un turista. In sostanza è lo stesso meccanismo di quando impariamo una lingua e cerchiamo di appigliarci a qualcosa di conosciuto nel suono senza identificare ancora i significati".
Come mai ha deciso di lasciare l'Italia?
"Ho imparato a essere straniero da sempre, vivendo all'estero al seguito del lavoro di mio padre. Per assurdo, essere straniero è diventato una sorta di radice. Quando sono straniero, mi sento a casa. Quando nel 2006 sono arrivato a Parigi volevo soprattutto ritrovare questa radice. E credo sia un sentimento comune a molti altri italiani: i nostri connazionali all'estero sono una vera nazione oltre la nazione. In questo senso sono contento di essere italiano e di ritrovarmi in quella tradizione di migrazione e viaggi da sempre iscritta nella nostra storia. Non sono partito per motivi materiali ma è innegabile che, se non fossi partito, non avrei potuto beneficiare di quei diritti sul lavoro che ti consentono di costruirti una vita decente, diritti che ormai, per quelli sotto i trent'anni, in Italia sono diventati un'utopia".
Quindi in Francia non si è mai sentito straniero nel senso di emarginato?
"Direi di no, Parigi è una città fatta da stranieri, popolata da persone di origini diverse e lo spirito rivoluzionario della tolleranza soffia ancora. Spesso non ti chiedono se sei italiano, ti chiedono se sei 'di origine italiana'. Le prime volte non capivo, ma in realtà è un piccolo esempio di come la tolleranza sia radicata nella cultura. Quello che vogliono dirti, utilizzando la parola 'origine', è che non sei 'di altrove' perché sei qui, in questo momento, ma hai comunque una provenienza che ti caratterizza e che si chiama, appunto, 'origine'".
La Francia ha avuto una grande tradizione di accoglienza, ma ora le cose sembrano cambiate. Potremmo quasi parlare di razzismo?
"Razzismo no, anche se la mia esperienza è limitata a Parigi e certamente la realtà è diversa nelle zone più periferiche del Paese. Vi è certamente una chiusura crescente, in linea con il resto dell'Europa, c'è che si illude che l'unica soluzione sia quella di cristallizzare la situazione attuale. In Francia i partiti di destra e estrema destra che incarnano questo tentativo vengono, non a caso, votati anche dagli ex immigrati ormai integrati. Ma proprio la presenza di questi ultimi, con i legami che spesso hanno mantenuto con i Paesi d'origine, sono un freno, spero sufficiente, a qualsiasi deriva razzista del Paese".
E che cosa ne pensa, allora, della legge appena varata che vieta l'uso del burqa?
"Ci ho riflettuto molto, credo di non essere d'accordo. Lo Stato dovrebbe limitarsi a utilizzare l'istituzione scolastica non per imporre una cultura ma per far nascere il dubbio e dare la possibilità, vera e reale, alle ragazze che indossano il velo di scegliere da sole quali simboli, religiosi o non, indossare".



"Uccidi il boero", alla sbarra un leader Anc gli eredi di Mandela accusati di razzismo
la Repubblica, 19-04-2011
FRANCESCO MALGAROLI
CI AVEVA provato Bono, due mesi fa in Sudafrica per un concerto, a difendere Julius Malema dicendo che Shoot the boer ("Spara ai boeri", la parola afrikaans con cui vengono chiamati i proprietari terrieri bianchi) è un vecchio canto di rivolta. Ma, aveva aggiunto, «è ormai passato di moda». II canto zulu andava per la maggiore negli ultimi anni dell'Apartheid, era una sorta di ballo ipnotico per caricarsi, ma ora è sotto processo. O meglio lo è Malema, controverso leader del movimento giovanile dell 'African National Congress (Anc), uno degli eredi politici di Nelson Mandela, quello che si deve difendere in tribunale dall'accusa di "razzismo" per aver cantato l'anno scorso quello che una volta era uno degli inni della lotta dei neri del Sudafrica contro il dominio dei bianchi. AfriForum, un'organiz- zazione di boeri, l'aveva presa male e aveva chiesto inutilmente le scuse da Juju, come viene spesso chiamato Malema.
Malema è un capopopolo. Vicino a lui, nelle udienze del processo iniziato all'inizio della scorsa settimana, c'è sempre Winnie Madikizela, l'ex moglie di Mandela, la "pasionaria", insieme a Gwede Mantashe, segretario generale dell'Anc. E intorno, le guardie del corpo armate di fucili da precisione per difendere quel ragazzone  di trent'anni,per qualcuno un possibile presidente del Sudafrica che verrà.
Da una parte, quel canto "razzista" potrebbe stroncare la vita politica di Julius Malema. Dall'altra, però, le sue quotazioni potrebbero pure schizzare in alto. «Io lotto per l'emancipazione sociale ed economica dei neri», ha detto in tribunale. Vestito sempre a meta tra un gangster e uno sfruttatore, amante dello champagne, una casa a Sandton sulle colline più esclusive di Johannesburg, istruzione lasciata presto per la politica, senza padre con una madre che faceva la donna delle pulizie, Juju si era distinto nel Limpopo, la provincia al confine con lo Zimbabwe, come uno dei più agguerriti attivisti per i diritti nei neri. Ha cominciato da piccolo, come pioniere dell'Anc, staccandoimanifestidel vecchio National Party. Poi è arrivato alla testa dell'Unione studentesca, quindi l'approdo a Johannesburge nel 2008 l'elezione a presidente dei giovani dell'Anc. È molto furbo e sa come muovere la folia. Le sue frasi sono brevi, es- senziali, anche perché il suo vocabolario è quello che è, parole sempre pronte per un titolo di giornale o in tv per fare rumore. Con i giornalisti il conto è aperto. Jonah Fisher della Bbc, per dire, fu insultato e cacciato fuori durante una conferenza stampa: «Spia, bastardo. Va via di qua», lo aveva apostrofato Malema. Uscito dal tribunale il primo giorno ha spiegato subito che «è la rivoluzione alia sbarra».
Nell'Anc prefigurato da Nelson Mandela pochi si salvano. È diventato, si dice, un partito di affaristi e corrotti e Malema ci sguazza dentro. «Un bullo», ha detto tempo fa Max du Preez, editorialista, scrittore e afrikaner progressista, rincarando: «Fa paura e più fa paura, più diventa forte». Ma se si guarda ai giovani, disoccupati, senza casa né lavoro, è istintivo che si pensi a Malema come eroe. Le sue gaffe sono all'ordine dei giorno e, dalla sua proposta di nazionalizzare le miniere alia sua Campagna contro Twitter, ci si potrebbe scrivere su un libro. Il presidente sudafricano Jacob Zuma per due o tre anni l'ha tenuto al guinzaglio come un bambino capriccioso, ma Juju si è emancipate. Le sue frequentazioni vanno dal re dei locali notturni Kenny Kunene, amante di Porsche, sushi e Lamborghini, a Robert Mugabe, dittatore dello Zimbabwe che tutti i sudafricani odiano. Non è questione di "Spara ai boeri" o "Bacia i boeri", come lui stesso ha cantato facendone il verso. Il palco del tribunale dove adesso è imputato per razzismo è infatti perfetto per lanciare messaggi radicali e tenere insieme una société dove la distanza tra povertà e ricchezza è sempre più abissale.

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SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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