Quei reclusi nei cie che la legge italiana chiama "ospiti"

Nella notte tra lunedì 29 e martedì 30 marzo  il Centro di Identificazione e di Espulsione di Ponte Galeria nei pressi di Roma, è stato teatro di scontri tra gli  “ospiti” (così vengono definiti i reclusi), e agenti di polizia.
Numerosi focolai di incendio, spari, violenze. All’origine ci sarebbe un tentativo di fuga andato a buon fine: infatti, tre marocchini e un algerino sono evasi. Altri reclusi, in tutto venti, sono stati  arrestati e processati per direttissima. A tre di questi è stato convalidato l’arresto. Le rivolte a Ponte Galeria sono frequenti: nel solo mese di marzo di quest’anno se ne contano tre. Altrettanto frequenti sarebbero gli abusi a opera di agenti di polizia. Tutto ciò avviene in un contesto di continua tensione, i cui  motivi vanno cercati nelle pessime condizioni igienico sanitarie, nella drammatica carenza di servizi, nell’abbandono psicologico e sociale nel quale vengono lasciati gli ospiti. A seguito dell’approvazione del “pacchetto sicurezza” (2009), la permanenza nel centro è stata prolungata fino a sei mesi, ed è destinata a concludersi, il più delle volte, con l’espulsione. Ragion per cui, dal 31 marzo, i trattenuti del Cie di via Corelli a Milano hanno cominciato l’ennesimo sciopero della fame. Inoltre si riscontrano difficoltà a monitorare quanto avviene all’interno dei centri e le informazioni che giungono all’esterno raccontano che è pratica estremamente diffusa la somministrazione di psicofarmaci, che aumentano lo stato di prostrazione degli stranieri, privi di qualunque assistenza legale e spesso tenuti all’oscuro della loro sorte futura. I Cie si confermano come luoghi dove il rispetto della legalità e la tutela dei diritti umani sono decisamente un optional.
l'Unita, 3 aprile 2010
Italia-razzismo
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