Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 gennaio 2011

Legge Bossi-Fini Milano ricorre alla Corte europea
Corriere della Sera, 26-01-2011
Luigi Ferrarella
MILANO — Il tribunale di Milano manda la legge Bossi-Fini alla Corte di giustizia dell'Unione europea: gli articoli che puniscono con pene da 1 a 5 anni lo straniero irregolare che resti in Italia nonostante un provvedimento di espulsione e un ordine di allontanamento del questore, per la prima sezione penale del tribunale svuotano la direttiva europea 2008/115/CE perché aggirano «le condizioni tassative in presenza delle quali gli Stati possono lecitamente privare della propria libertà personale lo straniero sotto rimpatrio», e che «lo Stato è libero di derogare solo in senso più favorevole allo straniero, e mai più sfavorevole». Con la legge Bossi-Fini, invece, lo straniero può essere arrestato e condannato al carcere «in conseguenza della pura e semplice inosservanza, da parte dello straniero, dell'ordine di allontanamento emanato da un'autorità amministrativa nella procedura di rimpatrio». Ma così finisce «per eludere completamente le garanzie imposte dalla direttiva europea,  consentendo in pratica che lo straniero possa essere privato della propria  libertà personale in forza di un titolo formalmente distinto dal "trattenimento", per periodi in ipotesi più lunghi di quelli massimi consentiti dalla direttiva (18 mesi), e a condizioni diverse da quelle tassativamente prescritte». Giudici di Torino e pm di Firenze nei giorni scorsi avevano direttamente disapplicato la legge italiana per contrasto con la direttiva europea. Ma questa strada pare piuttosto ardita al tribunale milanese, «dal momento che tale valutazione di incompatibilità non discende tout court dal dato letterale della direttiva, bensì da un'argomentazione che fa leva sul principio dell'effetto utile (tutela della libertà personale dello straniero) perseguito dalla direttiva». Perciò il tribunale preferisce sospendere il processo a un senegalese e spedire gli atti alla Corte di giustizia dell'Unione europea, affinché chiarisca se sia corretta questa interpretazione della direttiva.



Immigrazione, scoperto traffico clandestino. Arresti anche in Calabria

NtaCalabria.it 26 gennaio2011
I poliziotti della squadra Mobile di Brescia in collaborazione con quelli di Milano e Crotone, stanno eseguendo numerosi arresti tra la Calabria e la Lombardia nell’ambito di un inchiesta dedita a smantellare il traffico internazionale di clandestini.
Le indagini sono coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia e hanno consentito di scoprire un’organizzazione criminale irachena attraverso la quale arrivavano in Italia centinaia di clandestini iraniani d’etnia curdi ed iracheni, tra cui anche minorenni in condizioni disumane.



Immigrazione, notte di sbarchi sulle coste siciliane

SiciliaInformazione.it 26-01-2011
Otto migranti sono sbarcati, all'alba, al porto di Sciacca. I nordafricani sono stati sorpresi dai militari della guardia costiera che hanno sequestrato la piccola imbarcazione usata per la traversata. I migranti sono stati portati tutti nell'ospedale di Sciacca. Alcuni hanno un principio di assideramento. Quattordici extracomunitari inoltre sono arrivati nella notte, con due distinte imbarcazioni, a Lampedusa. Sulla prima barca, giunta poco dopo mezzanotte, vi erano 9 uomini. Gli altri cinque sono invece arrivati all'alba. I migranti verranno trasferiti a Porto Empedocle con il traghetto.



La ricetta del Fli: più immigrati contro il declino

Libero, 26-01-2011
«Dare cittadinanza al milione di giovani immigrati registrati in Italia significa rilanciare un Paese sempre più vecchio. Un milione di giovani sono una risorsa in un momento di declino dell'identità nazionale». E quanto ha evidenziato il deputato Fli Fabio Granata nel corso di un convegno organizzato alla biblioteca del Senato dall'associazione Cittadinanzattiva e dall'ambasciata degli Usa in Italia. Per Granata, «è necessario superare la legislazione del 1992», basata rigidamente sullo ius sanguinis, anche perché ci sono «grande spunti per una cittadinanza attiva da parte degli immigrati più giovani». Tema centrale del convegno è stato proprio l'eventuale superamento dell'acquisto della cittadinanza italiana sulla base dello ius sanguinis, che, di fatto, esclude gli immigrati di seconda generazione. Oggi in Italia sono «4,5 milioni gli stranieri regolarmente registrati. Tra questi, 1 milione sono minori, il 17% dei quali nati in Italia», ha spiegato il presidente dell'Istat Enrico Giovannini.



Immigrati, Cittadinanzattiva: diritti precari

Help Consumatori, 26-01-2011
Gli immigrati in Italia si trovano spesso in condizione di precarietà dei diritti laddove si scontrano con i ritardi della burocrazia nell'accesso al servizio sanitario, alla giustizia, alla pubblica amministrazione. Lanciata una class action contro la PA per ritardi nei permessi di soggiorno.
Sono parte attiva della società italiana, fanno aumentare l'occupazione, aprono imprese, alimentano un "welfare alternativo" che sostiene le famiglie italiane. Ma sono anche in condizione di "precarietà dei diritti" laddove si incontrano e si scontrano con i ritardi della burocrazia nell'accesso al servizio sanitario, alla giustizia, alla pubblica amministrazione. Sono i migranti in Italia, verso i quali è necessario "abbattere i luoghi comuni che spesso accompagnano gli immigrati per considerarli parte attiva della nostra società, elevando il fenomeno stesso dell'immigrazione a 'bene comune'". È il principale messaggio lanciato oggi a Roma, dove si è svolto il convegno internazionale "I nuovi cittadini. Dai luoghi comuni ai beni comuni: l'immigrazione tra diritti, responsabilità e partecipazione", promosso da Cittadinanzattiva e Ambasciata degli Stati Uniti d'America in Italia, sotto l'Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e con il Patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.
Fra le criticità che diventano diritti negati ci sono i lunghissimi tempi di attesa per il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno, frutto spesso di disorganizzazione degli uffici e della complessità della macchina burocratica, con la conseguente lesione di diritti fondamentali come quello di circolare, di lavorare e di studiare. Per questo Cittadinanzattiva, " sulla base delle numerose segnalazioni ricevute, ha promosso un'azione collettiva contro la PA, nell'interesse dei cittadini immigrati che subiscono questi pesantissimi disservizi".
"Il rilascio dei permessi di soggiorno", afferma Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva, si pone "come paradigma di un'Italia fatta di standard di qualità non rispettati e paradossi diffusi: nonostante la legge prescriva in relativi pochi giorni il tempo massimo per la conclusione dei procedimenti di rilascio, rinnovo e conversione dei permessi di soggiorno, spesso la risposta arriva dopo più di un anno con il risultato che il permesso, al momento della consegna, risulta già scaduto".
Le storie raccolte dall'associazione comprendono una vasta gamma, per così dire, di "precarietà dei diritti" e situazioni di palese difficoltà: c'è la violazione dei termini da parte delle questure per il rilascio, il rinnovo e la conversione del permesso di soggiorno e c'è l'attesa fino a tre anni per il riconoscimento o l'acquisto della cittadinanza italiana. Ci sono le disparità di trattamento rispetto agli italiani sul versante sanità, per le prestazioni sanitarie e per la continuità della cura, e sono stati denunciati atteggiamenti discriminatori a danno di stranieri inabili da parte delle commissioni mediche, e interpretazioni erronee della normativa in materia di riconoscimento della invalidità civile.
Sul versante giustizia non va meglio: si segnalano provvedimenti di espulsione affetti da palesi vizi di illegittimità, come la mancata traduzione nella lingua dell'interessato, la difficoltà di accesso al patrocinio a spese dello Stato, il negato accesso al patrocinio gratuito a svantaggio dei richiedenti asilo.
Commenta Petrangolini: "Le quotidiane difficoltà che denunciano gli stranieri sono spesso una diretta conseguenza di politiche di accoglienza e di governo dei flussi migratori non più al passo con i tempi. Per questo abbiamo ritenuto utile, da un lato, sostenere un confronto con la realtà statunitense, e dall'altro ricercare esempi positivi di modelli di integrazione presenti nel nostro stesso tessuto sociale, a dimostrazione di come sia possibile un'alternativa alla politica reclusiva dei Centri di Identificazione ed Espulsione".
Durante il convegno è stata inoltre presentata da Fondaca, Fondazione per la cittadinanza attiva, un'indagine in tema di integrazione degli immigrati di prima e/o seconda generazione nelle organizzazioni di cittadini operanti in Italia. La ricerca è stata fatta su 31 organizzazioni della società civile iscritte nel registro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e impegnate principalmente sul versante dell'immigrazione, e altre 90 organizzazioni che svolgono attività non focalizzate sul tema dell'immigrazione. Ebbene: nelle organizzazioni "generiche", la presenza degli immigrati si attesta al 26%, anche se nella maggioranza dei casi (più del 70%) il loro numero non supera il 5% del totale degli affiliati; solo 8 organizzazioni dichiarano di coinvolgere gli immigrati in ruoli di leadership. Nelle organizzazioni che si occupano di immigrazione, invece, la presenza degli immigrati sale al 90%. In media, ci sono più di 8 immigrati per organizzazione e c'è un rapporto di 4 a 1 tra donne e uomini. Inoltre, gli immigrati che svolgono mansioni retribuite (principalmente di mediazione culturale e orientamento, oltre ad attività legati a progetti specifici) sono il triplo dei volontari.



Media e immigrazione: intervista al sociologo Mario Morcellini, responsabile dell’Osservatorio sulla “Carta di Roma”.

Diminuisce l’attenzione dei media all’immigrazione, notizie che rimangono confinate alla cronaca nera.
Immigrazione Oggi, 26-01-2011
Con la fine degli sbarchi è diminuita l’attenzione dei media sull’immigrazione, fenomeno che purtroppo rimane confinato nella maggior parte dei casi nella cronaca nera.
Ad approfondire il rapporto tra media e immigrazione ai microfoni di ImmigrazioneOggi è Mario Morcellini, sociologo e preside della Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Roma “La Sapienza” che cura l’Osservatorio della Carta di Roma.
La Carta di Roma, ossia il Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti è stata adottata nel 2008 dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dalla Federazione della stampa italiana, d’intesa con l’Unhcr, per sollecitare i giornalisti italiani a un impegno per “una informazione accurata, responsabile e non sensazionalistica” sull’immigrazione e sui singoli migranti.
Collegato al Protocollo è nato anche l’Osservatorio quale strumento per monitorare l’informazione sull’immigrazione e per realizzare attività di sensibilizzazione e formazione. L’Osservatorio presenta ogni anno rapporti semestrali sui media italiani e sul loro modo di trattare il fenomeno migratorio. La nuova pubblicazione uscirà nelle prossime settimane.



Decreto flussi: Il 2 febbraio le domande per assumere assistenti familiari e colf
Badanti, in arrivo l0mila click
Nel Lazio saranno un terzo delle richieste di lavoratori stranieri
il sole, 26-012-2011
Daniela Mecenate
Tutto è pronto per i"click day", i giorni in cui sarà possibile per circa 98mila  lavoratori stranieri entrare in ltalia grazie ad una domanda inviata in formato elettronico. L'appuntamento è fissato per il 31 gennaio, il 2 e il 3 febbraio, quando a partire dalle 8 del mattino i datori di lavoro potranno chiedere di assumere dipendenti extracomunitari in base alle quote programmate dal decreto "flussi" (Dpcm 30 novembre 2010). E sarà proprio il 2 febbraio, dedicato a colf e badanti, il giorno più atteso nella capitale, già protagonista, a settembre 2009, del "decreto emersioni" varato per sanare la posizione dei collaboratori domestici in Italia: su 295mila domande totali, e 35mila provenienti dal Lazio, ben 32mila erano concentrate a Roma. «Una percentuale elevatissima - spiega Teresa Benvenuto, segretario nazionale di Assindatcolf, l'associazione che rappresenta i datori di lavoro dei collaboratori familiari -che pone la capitale al vertice in Italia. Purtroppo non tutte le domande sono state ancora evase: siamo arrivati all'80%, ne restano da completare quindi ancora circa 7mila. Ma
siamo certi che entro i prossimi mesi questo delicato compito sarà portato a termine. Anche perché, col "click day" del 2 febbraio, si prevede l'arrivo di almeno 10 mila richieste nel Lazio per il solo settore di colf e badanti».
Intanto, alla Direzione provinciale del lavoro di Roma attendono di conoscere le quote provinciali. Se a livello nazionale, infatti, i numeri si conoscono già (ad esempio: 5mila permessi saranno riservati a lavoratori egiziani, 5.200 a moldavi, 4.500 ad albanesi e così via), alivello locale saranno stabiliti più avanti: «Stavolta la modalità sarà più flessibile - spiega il direttore della Dpl di Roma Marco Esposito - si aspetta di vedere quante domande arrivano sul territorio e da quali nazionalità, per poi ripartire in modo aderente alla realtà». Ovviamente sempre rispettando la regola delle "nazionalità  riservatarie": le quote sono cioè destinate ai paesi che hanno stipulato con l'Italia degli accordi per la regolamentazione dei flussi. In attesa dei "click", si fanno già alcune previsioni: si stima che dalla regione Lazio (e soprattutto dalle province di Roma e Latina)  arriveranno nei tre giorni stabiliti non meno di 33mila domande e ai primi posti per numero di richieste saranno i lavoratori del Bangladesh, delle Filippine e della Moldavia.
In attesa di conoscere l'esito delle tre giornate che po¬trebbero cambiare la vita a migliaia di lavoratori stranieri,  la Regione Lazio si è organizzata per il settore di colf e badanti, una categoria giunta ormai, nella regione, a superare i nomila lavoratori, per il 95% di nazionalità straniera. «Stiamo attivando il registro degli assistenti familiari del Lazio-dice Aldo Forte, assessore regionale alle Politiche sociali -che sarà operativo entro breve: sarà sufficiente collegarsi al portale della Regione e specificare le proprie esigenze. Per questo progetto, che nasce per favorire l'incontro tra domanda e offerta, abbiamo previsto un investimento di 370mila euro per il primo anno e di 100mila euro su base triennale: ci crediamo molto e pensiamo che sia importante aiutare soprattutto gli anziani ad avere la corretta assistenza familiare anche per non gravare sulle strutture ospedaliere della regione».



Immigrati, a febbraio i primi test d’italiano

Il 5 del prossimo mese prime prove per la conoscenza della lingua. A chi passa l’esame permesso di soggiorno. Circa 250 le domande. Critiche tra gli stranieri
la Repubblica Parma.it,  26-01-2011
RAFFAELE CASTAGNO
I test per la conoscenza della lingua italiana debuttano anche a Parma. In prefettura sono arrivate circa 250 domande. Si comincia il prossimo 5 febbraio nel Ctp di via La Spezia. Primi esami anche in provincia: il 2 febbraio tocca a San Secondo, il 10 Fornovo e Montechiarugolo. A Parma, dove si concentra il maggior numero di stranieri, oltre al 5 sono state già messe in calendario altre tre prove, così da rispettare i 60 giorni dalla presentazione della domanda previsti dalla legge. I successivi test si terranno il 12, 19 e 26 febbraio.
Il superamento della prova consentirà agli stranieri di poter richiedere il permesso di soggiorno, il cui rilascio, sulla base della nuova normativa avverrà solo dopo la certificazione della conoscenza linguistica. I primi test si sono svolti a Firenze ed Asti (LEGGI). Ora dal 5 si comincia anche a Parma. L'esame si terrà nel Ctp (Centro territoriale permanente) di via La Spezia. I quiz sono stati messi a punto dall'Ufficio scolastico provinciale, sulla base delle linee guide tracciate dal ministero della Pubblica istruzione.
LE PROVE - Il test (della durata di un'ora) si articola in 3 prove: una di comprensione orale, una di comprensione scritta (cioè un testo) e infine una prova d'interazione scritta. La prova orale della durata di 25 minuti prevede l'ascolto di due brevi testi, così da valutare la capacità dello straniero di utilizzare la lingua per compiere azioni quotidiane e la sua abilità nel comprendere dialoghi sul luogo di lavoro, all'interno di un ufficio. La comprensione scritta (durata 10 minuti) certifica la capacità dell'immigrato di leggere un manuale d'istruzione, come quello dei macchinari che usa sul luogo di lavoro, comprendere un avviso in un ufficio pubblico, e così via. Infine la terza parte del test è la cosiddetta prova d'interazione scritta. In questo caso verranno prese in esame l'abilità dello straniero nel redigere una mail, appuntare una nota, rispondere a un messaggio. Il test viene superato si raggiunge l'80% del punteggio complessivo.
GLI STRANIERI  -  Più di qualche dubbio serpeggia tra le comunità cittadine. L'associazione albanese Scanderbeg non condivide l'idea di legare il permesso di soggiorno alla conoscenza della lingua, tanto più che la prova interessa anche immigrati che da molti anni lavorano e risiedono in Italia. "Non tutti sanno parlare  -  dice il presidente Durim Lika  -  ma non vuol dire che non devono avere il permesso di soggiorno. Alcuni sono grandi lavoratori, ma che hanno difficoltà con la lingua. Si dovrebbe trovare una formula diversa, non legando il permesso di soggiorno alla conoscenza della lingua".
Dubbi che attraversano anche la comunità indiana, come spiega Ambros Laudani: "Posso essere d'accordo sul fatto che si debba conoscere la lingua, ma per il permesso di soggiorno andrebbe tenuto conto dei meriti sociali, premiando chi lavora, che può avere difficoltà nell'apprendimento della lingua". Un fatto che si somma all'assenza di servizi sociali per gli stranieri, che rendono difficile sostenere la spesa per un corso di lingua. "Le prove di lingua ci sono in Norvegia e Finlandia, ma lì  -  continua  -  vengono dati anche strumenti, in Italia no. Sarei d'accordo con l'esame se ci fossero anche dei presupposti per sostenerlo. Bisogna portare avanti una politica di diritti non solo di ostacoli". Chiude con una provocazione: "Perché non fare un test per tutti, anche gli italiani?".



Milano, 29 gennaio 2011: manifestazione per i profughi africani del Sinai

Roberto Malini
Tutti gli amici dei diritti umani sono invitati a partecipare al presidio di sabato 29 gennaio 2011 a Milano, presso la Rappresentanza a Milano della Commissione europea, corso Magenta angolo via Caradosso, dalle 10 del mattino.
Sabato 29 gennaio 2011, a partire dalle 10 del mattino, manifestazione pacifica per chiedere alle istituzioni dell'Unione europea, alle Nazioni Unite e ai governi democratici di interrompere il "silenzio assordante" riguardo ai profughi africani nelle mani dei predoni del nord del Sinai. E riguardo ai profughi africani che si trovano in Israele aspettando di essere rimpatriati verso i paesi da cui sono fuggiti, dove li aspettano il carcere, la tortura e spesso la morte. E riguardo ai profughi africani che - a centinaia -  languiscono nelle terribili prigioni egiziane, condannati a un anno di detenzione per "immigrazione clandestina", a maltrattamenti quotidiani e quindi alla tragica deportazione. E riguardo ai profughi africani che, fuggendo la persecuzione e le più drammatiche crisi umanitarie, vorrebbero raggiungere l'Italia, ma non lo possono fare a causa delle leggi razziali approvate nel nostro paese e del patto scellerato con il dittatore Gheddafi. E riguardo ai profughi africani che credono che la Convenzione di Ginevra e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani facciano parte della cultura dell'Unione europea, ma si accorgono, quando è ormai tardi, che sono "solo parole".
Il presidio di sabato mattina chiederà giustizia, civiltà, solidarietà, rispetto dei diritti umani. Numerosi gruppi antirazzisti, attivisti e cittadini solidali del capoluogo lombardo aderiscono all'iniziativa promossa dal Comitato Rifugiati Eritrei della Lombardia, dal Gruppo EveryOne e dal Gruppo Facebook "Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai".
Nonostante i numerosi appelli rivolti dalla società civile al governo egiziano, alle Nazioni Unite e alle istituzioni dell'Unione europea, non si è ancora giunti alla liberazione dei profughi africani  prigionieri dei trafficanti a Rafah ed El Gorah, nel nord del Sinai. I profughi sono di nazionalità eritrea, somala, etiopica e sudanese.
Molti di loro sono stati liberati per finire nelle carceri militari egiziane, in attesa di deportazione, o in Israele, dove hanno chiesto protezione umanitaria, consapevoli tuttavia di rischiare - anche lì - la deportazione, senza neanche avere la possibilità di incontrare il rappresentante locale dell'Alto Commissario Onu per i Rifugiati, a cui chiedere il rispetto della Convenzione di Ginevra.
Quando si sono affidati ai trafficanti, i profughi hanno pagato 2.000 dollari, ma nel deserto sono stati consegnati ad altre bande di predoni, che hanno preteso altri 8000 dollari. Nei campi di prigionia i migranti, tutti giovani, con donne anche incinte e bambini, sono stati imprigionati in container metallici interrati, incatenati mani e piedi. Hanno subito torture con ferri roventi e batterie collegate a cavi elettrici, coltelli e frammenti acuminati di vetro.
Le donne hanno subito stupri violenti, anche di gruppo. Hanno ricevuto cibo scarsissimo  e acqua sporca. Otto di loro sono stati uccisi, 4 trasferiti in una clinica clandestina per l'espianto dei reni. Cento profughi sono stati trasferiti in un campo di detenzione sconosciuto. Alcuni di loro si trovano attualmente nelle carceri egiziane, di altri si sono perse le tracce.
L'Agenzia Habeshia e il Gruppo EveryOne hanno fornito alle autorità competenti l’identità dei sequestratori e il luogo preciso della detenzione, grazie alle informazioni ottenute dagli ostaggi attraverso i cellulari.
A fronte di questa gravissima violazione dei diritti umani invitiamo tutti gli amici dei diritti umani a intervenire al presidio, così come alla fiaccolata di Roma del 1° febbraio, per chiedere:
* le opportune azioni per il rilascio immediato di tutti gli ostaggi;
* la messa in atto immediata di un piano di reinsediamento umanitario dei profughi liberati, che garantisca accoglienza nell'Unione europea e sostegno umanitario per il recupero psicofisico di tutte le vittime delle torture e degli abusi subiti in questi mesi di detenzione;
* l'inizio di un programma coordinato di lotta al traffico di esseri umani nei paesi coinvolti da questa tragico fenomeno, che preveda fra gli obiettivi principali l'identificazione, la cattura e l'avvio di procedimenti giudiziari contro i trafficanti, secondo le leggi egiziane e internazionali.
Nella consapevolezza che  non si tratta di un episodio isolato ma che le vittime di questi traffici coinvolgono migliaia di profughi ogni anno e che le reti dei traffici criminali sono alimentati da inique politiche sull'immigrazione messe in atto dai governi a livello locale, regionale ed internazionale chiediamo:
* misure, azioni e politiche di accompagnamento e sostegno di tutto il lungo processo migratorio, dal Paese di origine a quello di arrivo;
* politiche di accoglienza, assistenza e integrazione nei Paesi di arrivo che garantiscano il rispetto dei diritti umani, il pieno e completo sviluppo della persona umana e dei suoi famigliari e la realizzazione di uno standard di vita dignitoso;
* il rispetto dei diritti umani universali nei Paesi di origine dei migranti che garantiscano uno standard di vita dignitoso anche attraverso politiche di cooperazione internazionali efficienti.
Promuovono la manifestazione l'Comitato Rifugiati Eritrei della Lombardia, il Gruppo EveryOne e il Gruppo Facebook "Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai".
Per informazioni:
Comitato Rifugiati Eritrei della Lombardia - cell. 3478959983 - email: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Gruppo EveryOne - cell 331 3585406 - email: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. - www.everyonegroup.com



Il secondo romanzo
Da piazza Vittorio a viale Marconi. La Roma etnica di Lakhous

L'antropologo e scrittore italo-algerino descrive un altro quartiere multietnico della capitale
Ami, 26-01-2011
Valentina Venturi
Dopo “Scontro tra civiltà per un ascensore a piazza Vittorio” Amara Lakhous (audio), antropologo e scrittore italo-algerino, scrive un altro libro ambientato in un quartiere multietnico della capitale. Il titolo è “Divorzio all'islamica a viale Marconi”, edizioni e/o. Tra vita quotidiana e dinamiche religiose, la vicenda si tinge di giallo. La situazione degli immigrati in Italia secondo Lakhous è come se «in un condominio uno che paga la quota condominiale ogni mese, quando c'è una riunione sui lavori da fare non viene chiamato».
Nel romanzo i servizi segreti italiani inviano a viale Marconi Christian Mazzari, un infiltrato, per scoprire se un gruppo di immigrati musulmani sta preparando un attentato.
«L'idea è nata dopo la mia permanenza a viale Marconi. Dopo aver vissuto sei anni a piazza Vittorio, dal 2002 al 2006 mi sono trasferito a viale Marconi: ho avuto modo di vivere ed osservare la realtà per costruire i personaggi. Questo romanzo, inoltre, è frutto della mia tesi di dottorato alla Sapienza in antropologia culturale sulla prima generazione di immigrati musulmani in Italia».
Al protagonista fa dire: «I negozi degli immigrati in Italia sono aperti la domenica. È una cosa normale: il paese di accoglienza diventa una sorta di fabbrica, dove si lavora e si accumulano quattrini». Crede che si stia finalmente attuando l'inclusione socioculturale tra musulmani e italiani?
«Credo sia importante fare un discorso più generale sugli immigrati in Italia, a prescindere dall'appartenenza religiosa: buddisti, cattolici, induisti o musulmani. Il problema è l'integrazione in altri campi. Penso ad esempio a quello culturale. Quando si parla di uno scrittore immigrato risulta una cosa inconsueta, innaturale. La figura radicata nell'immaginario italiano dell'immigrato è o un operaio in una fabbrica, o una domestica, o una prostituta. Poi c'è la politica: gli immigrati non hanno diritto al voto amministrativo. Come in condominio: è come uno che paga la quota condominiale ogni mese ma quando c'è una riunione sui lavori da fare non viene chiamato».
In parallelo viene descritta la vita Sofia, immigrata egiziana che indossa il velo e vive nel quartiere. Nel libro le fa dichiarare: «Quando camminavo per le strade di viale Marconi non ero mai sola. Ero sempre a braccetto con tanti accompagnatori fantasma: i loro nomi? Jihad, guerra santa, kamikaze, undici settembre, terrorismo, attentati, Iraq, Afghanistan, Torri Gemelle… La gente doveva avere paura per forza». Un'identificazione imprescindibile?
«È la descrizione di quello che ho vissuto dopo l'11 settembre. Dopo quella data c'è stato un bombardamento sull'immaginario degli occidentali: un musulmano viene automaticamente associato alle Torri Gemelle, all'11 settembre. Il rapporto è falsato. Bisogna invece trattare le persone come individui, non come comunità. Quando un immigrato uccide o commette un reato scrivono marocchino, rom. Invece di considerare la singola persona, si cerca di colpire tutta la comunità. Un gruppo di criminali terroristi ha compiuto delle stragi, ma un miliardo e mezzo ne deve dare conto. Non credo sia civile: la civiltà si basa sulla responsabilità individuale, non su quella collettiva. Il romanzo è ambientato nel 2005 tra gli attentati di Madrid e di Londra. La mia protagonista si trova a fronteggiare questa realtà».



Più bambini grazie alle donne migranti

il Centro, 26-01-2011
Meno nascite in Italia: Abruzzo e Molise sono tra le poche regioni in controtendenza
PESCARA. La popolazione abruzzese cresce con l'apporto dei migranti e, solo grazie a essi, registra un tasso di natalità più vivace rispetto al resto dell'Italia. Un Abruzzo in controtendenza emerge dal Rapporto 2010 dell'Istat sugli andamenti demografici. Ed è la fotografia di una regione che invecchia, come accade nel resto del Paese, che segnala un calo del tasso di fecondità delle donne e dove la vita media compie piccoli passi avanti. La dinamica migratoria è determinante sul totale della popolazione: i cittadini stranieri residenti in Italia, oltre 4 milioni e mezzo, sono infatti in costante aumento, e costituiscono il 7,5 per cento del totale.
In Abruzzo, i cittadini registrati all'anagrafe del primo gennaio 2011 risultavano un milione 341mila, di cui un milione 261mila italiani e 80mila stranieri.
Nelle regioni del Nord risiede il 44,5% della popolazione italiana e il 61,2% della popolazione straniera, di cui il 23,2% nella sola Lombardia. Viceversa, nelle regioni del Mezzogiorno risiede il 36,2 per cento della popolazione italiana e appena il 13,5 per cento di quella straniera.
NATALITA'. Così, mentre su scala nazionale nascono sempre meno bambini (557 mila nel 2010, 12.200 in meno rispetto all'anno precedente, -2,1%) in Abruzzo, l'Istat segnala un incremento dell'1,5 per cento. E l'Abruzzo è tra le poche regioni italiane a indicare un dato diverso, assieme a Molise (+2,3%), Provincia autonoma di Bolzano (+0,6 per cento) e Lazio (+0,1%). Per avere un numero di nascite inferiore a quello del 2010 occorre tornare al 2005, quando furono 554 mila.
CALA LA FECONDITA'. Dati in flessione per la fecondità delle donne: il numero medio di figli è di 1,4, mentre nel 2009 era 1,41 e nel 2008 1,42. In considerazione della progressiva uscita di scena da parte delle generazioni baby boomers, per quel che riguarda l'età del ciclo riproduttivo, sembra essersi conclusa per le italiane, osserva l'Istat, la fase di recupero cui si era assistito per ampia parte dello scorso decennio. Dalle madri italiane si è avuto un calo di oltre 13mila nascite passate nel giro di un anno da 1,33 a 1,29 figli per donna.
Il contributo delle straniere si fa sempre più importante (mediamente, 2,13 figli): nel 2010, oltre 104 mila nascite (18,8% del totale) sono attribuibili a madri straniere (erano 35mila nel 2000, pari al 6,4%, e 103mila nel 2009, 18,1%), di cui il 4,8% con partner italiano e il restante 14 per cento con partner straniero.
MORTALITA'. La stima relativa sui decessi sfiora le 587mila unità in Italia. Guardando alla serie storica dal secondo dopoguerra a oggi, si tratta del livello di mortalità più alto dopo quello avuto nel 2009 (592mila), il che conferma quanto da tempo è ormai noto: in una popolazione profondamente interessata dal processo di invecchiamento, aumenta il numero di individui ai quali, anno dopo anno, è permesso di raggiungere le fasi estreme dell'esistenza e aumenta in termini assoluti il numero dei decessi. La riduzione della mortalità nel 2010 rispetto all'anno precedente si concentra a gennaio, mese durante il quale si rilevano circa 7mila decessi in meno rispetto allo stesso mese del 2009.
ETA' DELLA POPOLAZIONE. La presenza degli immigrati riequilibra parzialmente la struttura per età della popolazione. Gli stranieri residenti hanno infatti un'età media di soli 31,8 anni e, di essi, il 22% ha fino a 17 anni, il 68,5% meno di 40. Nelle regioni del Nord, gli stranieri hanno un profilo per età ancora più giovane: età media di 31,1 anni, con una percentuale di minori pari al 23,5%.
SPERANZA DI VITA. La minore mortalità rispetto all'anno precedente accresce la speranza di vita. Gli uomini raggiungono in Abruzzo-Molise il livello di 79 anni (79,1 media italiana, +0,3 rispetto al 2009), le donne quello di 84,6 (84,3 anni in Italia +0,2). Prosegue, dunque, il processo di riavvicinamento degli uomini alle donne per quel che interessa le condizioni di sopravvivenza. La differenza di genere, che raggiunse il massimo di 6,9 anni nel 1979, risulterebbe oggi ridotta a soli 5,2 anni. La stima delle persone ultracentenarie si è addirittura triplicata in Italia, dal 2001 al 2011, da circa 5mila 400 individui a oltre 16mila. Come conseguenza dell'aumento della popolazione anziana, l'età media della popolazione continua a crescere: da 41,7 anni nel 2001 a 43,5 nel 2011.




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