Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 settembre 2012

Lampedusa non è un’isola. Domande al ministro Riccardi
l'Unita.it, 27-09-2012
Questa sera, alle ore 18, a Roma presso la sala dell’associazione Civita di Piazza Venezia, A Buon Diritto Onlus discuterà con il ministro della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione,  Andrea Riccardi, Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alle porte dell’Italia. Si tratta di un rapporto curato da A Buon Diritto e dedicato agli immigranti e ai richiedenti asilo redatto sotto la direzione di un comitato scientifico composto da Laura Balbo, Luigi Ferrajoli, Tamar Pitch, Giorgio Rebuffa, Eligio Resta e Stefano Rodotà. Un vero e proprio dossier delle cronache, degli avvenimenti istituzionali e dei cambiamenti normativi accaduti nel 2011. L’incontro sarà l’occasione per discutere con il ministro Riccardi di alcuni argomenti cruciali che riguardano il fenomeno dell’immigrazione in Italia: dai costi della regolarizzazione e delle difficoltà della permanenza regolare, all’attuale legge sulla cittadinanza incentrata esclusivamente sullo jus sanguinis; dalla questione Rom e Sinti alla necessità di realizzare politiche finalizzate a disincentivare atteggiamenti discriminatori, fino alle problematiche legate al prolungamento della permanenza nei centri di identificazione ed espulsione. Tali criticità saranno poste proprio dai rappresentanti delle associazioni e delle organizzazioni che si occupano a vario titolo del tema, come l’Asgi, l’Arci, Lunaria, l’Associazione 21 Luglio e il Centro Astalli.     Non è la prima volta che il Rapporto Lampedusa non è un’isola viene discusso con questa formula. Era già avvenuto infatti lo scorso 20 giugno, in occasione della giornata mondiale del rifugiato, con il ministro  Anna Maria Cancellieri e, qualche giorno dopo, con il Capo della Polizia, Prefetto Antonio Manganelli e quello della Protezione Civile, Franco Gabrielli. La settimana scorsa, inoltre, lo stesso Rapporto è stato consegnato e presentato al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Il lavoro di A Buon Diritto rappresenta un’analisi scientifica del fenomeno da cui emerge come, quasi fosse un gioco di cerchi concentrici, la crisi del 2011 si possa iscrivere dentro un indirizzo di politiche sull’immigrazione perseguite in maniera determinata dall’inizio della legislatura. Indirizzo che, a sua volta, riprende la torsione data nel 2002 al Testo Unico dalla “legge Bossi-Fini”. Il Rapporto traccia un’analisi dettagliata delle forme e degli effetti di una politica compiutamente definita, scientemente perseguita e conseguentemente messa in pratica: una politica sostanzialmente xenofoba (nel suo senso letterale: ovvero fondata sulla paura dello straniero, proposto come nemico). Ecco perché risulta importante che tutte le forze in campo (le associazioni, le organizzazioni e le istituzioni) discutano di queste problematiche, con l’obiettivo di capire le motivazioni su cui si fondano e arrivare a proporre delle modalità di gestione del fenomeno che partano da presupposti completamente differenti.



Intervista
“L’ora di religione? Sbagliato sovvertire la nostra storia”
Il ministro Riccardi: nelle classi più ortodossi che musulmani
La Stampa, 27-09-2012
Fabio Martini
ROMA Un radicale cambio nell’impostazione dell’ora di religione? Alla proposta del ministro Francesco Profumo risponde il ministro Andrea Riccardi: non si può ignorare che la stragrande maggioranza degli studenti italiani sceglie volontariamente l’insegnamento della religione cattolica, che il Concordato impedisce svolte unilaterali, ma la strada per andare incontro ai ragazzi che seguono altre confessioni religiose è aperta: quella di rafforzare la sensibilità interculturale delle scuole e dei docenti. Spiega Riccardi: «Solo per fare un esempio: se un insegnante di letteratura spiega una poesia sul vino, deve sapere che sull’argomento i suoi studenti di religione musulmana hanno una sensibilità diversa da quella degli altri ragazzi». Fondatore e leader della Comunità di Sant’Egidio - da anni l’interprete più autentica dello spirito conciliare - da 10 mesi Andrea Riccardi è ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione.
Ogni tanto si ripropone la questione dell’ora di religione: come mai si richiude sempre con un nulla di fatto?
«Ci sono questioni che suscitano periodicamente un interesse, che poi si spegne nell’opinione pubblica perché sono questioni da Guelfi e Ghibellini. L’insegnamento della religione cattolica è una disciplina incardinata nel vecchio e nel nuovo Concordato, un insegnamento che si spiega con la particolare storia del nostro Paese e col legame di tante famiglie e di tanti ragazzi con la fede cattolica. Un insegnamento che incontra un vasto avvalimento da parte degli studenti: lo hanno scelto 6 milioni e 635.000 ragazzi, pari all’89,8%. Oltretutto l’attuale statuto ha mutato il precedente: prima si parlava di esenzione, ora ci sono studenti che decidono di non avvalersene».
Ma oltre al problema di fede, c’è anche una questione culturale, che riguarda tutti gli studenti...
«C’è un’altra realtà: le scuole italiane sono frequentate da studenti di etnie ma anche di confessioni religiose diverse. C’è un fenomeno che non è ancora diventato di coscienza pubblica: la maggior parte degli immigrati sono cristiani ortodossi. Io calcolo che siano più numerosi dei musulmani e probabilmente questa prevalenza c’è anche tra gli studenti. E questo è un grande fatto storico: per la prima volta dai tempi della divisione dell’Impero d’Oriente e d’Occidente, il mondo ortodosso è così forte nel nostro Paese. Oltre alla Chiesa rumena, ci sono i russi, gli ucraini, i moldavi, i figli di stranieri cattolici, come i latino-americani, i polacchi e gli africani. Naturalmente c’è una rilevante componente musulmana, per quanto composita».
Appunto: per i laici e davanti a tutti queste confessioni perché farne prevalre una sola?
«Credo che non dobbiamo sovvertire l’architettura della nostra storia. Ci sono discipline la storia, la geografia, la letteratura - che per loro natura sono interculturali e per il loro insegnamento dobbiamo scommettere sulla sensibilità degli insegnanti e di tutti gli attori sociali».
Perché non affiancare all’attuale insegnamento, un’ora aconfessionale?
«Perché è la scuola in sé che deve diventare uno dei cardini del processo di integrazione: il vero nodo è l’amicizia tra i ragazzi, è lì che scatta la simpatia per la diversità dell’altro. E’ lì che io non considero l’altro un alieno e scoprirlo a 6 anni è molto diverso che farlo a 60».
Ministro, se le chiedessero di correre per diventare sindaco di una città universale come Roma, lei che risponderebbe?
«Roma ha un grande valore simbolico ed è un grande punto di riferimento nel mondo ed è una città nella quale i cittadini vivono bene: questo è un compito per ogni sindaco».



Religione, Profumo si corregge «Non voglio cambiare le norme»
Corriere della sera, 27-09-2012
ROMA — Non se lo aspettava tanto clamore, il ministro Profumo, per le sue dichiarazioni sull'opportunità di rivedere i programmi di religione. La polemica, partita in sordina venerdì, è scoppiata ieri dopo reiterate dichiarazioni sul tema da parte del ministro. E ieri, in una lettera inviata al filosofo cattolico Giovanni Reale pubblicata da Il Messaggero, il titolare di Viale Trastevere smorza i toni parlando di «valutazioni personali», «interpretazioni fantasiose», «cortocircuiti della cronaca più spicciola».
Ma soprattutto assicura: «non penso certo a cambiare norme o patti, tantomeno a fine legislatura, quando rifletto ad alta voce» su come l'Italia e dunque la scuola italiana possa fare i conti con la mutata realtà.
Parole che dovrebbero rassicurare, soprattutto le alte sfere ecclesiastiche. L'Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ieri in un articolo, eloquentemente titolato «Il ministro sbaglia tema», parla di «nuovo fuoco sorprendentemente aperto contro l'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, cioè statale e paritaria». E rimprovera a Profumo — già al centro di un editoriale per la faccenda del concorso a cattedra — una «sorprendente poca dimestichezza "tecnica" con il tema».
Polemico anche Giuseppe Fioroni, esponente del Pd e cattolico convinto. «Se per evitare di confrontarsi con i danni fatti finora alla scuola italiana dai tagli si butta sempre la palla in tribuna non si risolve nulla» ha ammonito l'ex ministro dell'Istruzione, rivolgendo un invito al suo successore: «Anziché cambiare l'ora di religione, che è materia concordataria, il ministro Profumo deve dare le risorse necessarie a far funzionare l'ora alternativa, che già esiste ma che gli istituti non riescono a rendere operativa». Decisa stroncatura nelle file del Pdl. «Si legga il concordato» suggerisce il senatore Franco Asciutti, capogruppo pdl della commissione Istruzione del Senato, mentre promette barricate Alessandro Bertoldi, presidente nazionale studenti Pdl-Vis studentesca.
Nella lettera a Reale, Profumo chiarisce tuttavia il suo pensiero. Racconta di aver incontrato, visitando tante scuole in tutta Italia, un'Italia multietnica e multiculturale. «Il nostro Paese è al centro di un Mediterraneo in tumultuosa evoluzione politica e spirituale, da sempre crocevia di fedi e popoli, che da qualche tempo cerca un diverso equilibrio tra di esse e tra di essi. Sono dinamiche — scrive il ministro — che ci toccano da vicino, mi sono detto guardando le nuove classi della scuola italiana, dove questo essere crocevia è divenuto infine realtà. Conoscere questo nuovo mondo, e cercare di capirne i processi di trasformazione mi sembra essenziale per i nuovi italiani tanto quanto saper far di conto, saper scrivere nella nostra bellissima lingua, conoscerne una straniera e avere una cultura civica e costituzionale pronta per la cittadinanza».
E questa esigenza — conclude — «non ha nulla a che fare né con un relativismo culturale in spregio alle nostre radici né con la riproposizione di un multiculturalismo così ideologico da essere stato accantonato anche nella civilissima Gran Bretagna dove fu per la prima volta introdotto».



Tutti i nomi di Dio
Viaggio nella scuola elementare romana “Di Donato”. Dove il 75 per cento degli allievi è straniero
E la maggioranza chiede l’esonero dall’ora di religione. Cattolica
la Repubblica, 27-09-2012
Maria Novella De Luca
La croce è fatta di semi scuri, la mezzaluna è di cartone dorato, e il candelabro a sette braccia brilla nella carta stagnola d’argento. I simboli buddisti sono giallo e arancio, come quelli del tempio cinese che sta poco più in là, ben indicato dalle lanterne rosse.C’è una scuola a Roma dove Dio ha molti nomi e i bambini li sanno tutti. Dove si insegna la religione cattolica ma anche tutte le altre, e poi si fa festa, a Pasqua e per il Capodanno cinese, per la fine del Ramadan e per la nascita di Gesù bambino. Quartiere Esquilino, cuore pulsante e storico della Capitale multietnica, scuola elementare “Di Donato”, plesso “Daniele Manin”. Ottocento alunni dalla materna alla terza media, 75% di scolari immigrati quasi tutti di seconda generazione, 35% di allievi italiani, oltre il 60% di esoneri dall’ora di cattolicesimo “istituzionale”, altissima presenza invece
Bisogna venire qui, in questa ex “scuola ghetto” per stranieri, «da cui le famiglie italiane fuggivano, mentre adesso c’è la fila», ricorda Miriam Iacomini, coordinatrice didattica, per capire come e quanto la polemica sull’ora di religione, la crociata di critiche contro il ministro Profumo che ne ha proposto una (timida) modifica, siano cose e parole lontane dalla vita reale.
Perché l’Italia di Hu, di Massimo, di Pilar, cinesi, filippini, sudamericani, nordafricani, bangladesi, ma anche romeni, ucraini, albanesi, che giocano e corrono nel cortile della loro scuola, è già “multi” - culture, fedi, colori - e il cattolicesimo, visto dalle volte scrostate di questo antico istituto, è soltanto una tra le tante religioni. Racconta Yusra, 11 anni, accanto alla madre Safia, somala: «Sono musulmana, frequento la moschea, ma qui a scuola fin dalle elementari ho avuto amici di tutte le nazionalità e di tutte le religioni. Ho sempre fatto l’ora di “alternativa”, ma ho partecipato ai laboratori: ognuno raccontava le proprie usanze e anche il proprio modo di pregare». E Safia, con il capo coperto, quietamente precisa: «Nel Corano c’è ogni cosa, anche un po’ della Bibbia, dividersi non serve... ». Davanti al cancello donne velate e mamme in sari, genitori italiani e la folta, foltissima e sempre più prospera comunità asiatica dell’Esquilino. «Noi siamo buddisti scandisce sicura la bambina cinese, italiano perfetto e lieve accento romano - ma la mia migliore amica ha fatto la prima comunione, e alla sua festa sono andata anch’io». Integrazione senza barriere. Poi i ragazzini crescono, e può accadere che tutto cambi. Ma per ora è così. Semplicemente. «Questa scuola negli ultimi dieci anni ha subito una metamorfosi positiva», dice con orgoglio Rosaria D’Amico, maestra con la passione ancora intatta per il suo lavoro. «Le famiglie italiane del quartiere avevano paura di portare i loro figli in un istituto con una percentuale di immigrati così alta. Poi hanno iniziato a frequentarci, hanno capito la nostra didattica aperta ad ogni tipo di diversità, hanno visto le attività, dallo sport alla ludoteca, e le iscrizioni sono cresciute di anno in anno. Italiani e non. E forse sarebbe ora di smetterla di parlare di “stranieri”, visto che il 90% degli immigrati che frequentano la nostra scuola è in realtà nato in Italia ».
I piccoli cinesi ad esempio. Che alle 16,30, quando tutti gli altri vanno a giocare, frequentano la loro seconda scuola, in cinese, appunto. «E sono fortissimi, hanno un allenamento formidabile, come quelli che arrivano dal Bangladesh, che parlano tre lingue», aggiunge Rosaria D’Amico. Mescolarsi fa bene. Apre la mente e i cuori. Come pregare, per chi ci crede. Cristo, Allah, Budda: i grandi poster sulle pareti disegnati dai ragazzi ci ricordano che le fedi sono tante, Dio ha più volti e più nomi. «Ognuno nel cuore sa come invocarlo, soprattutto quando sei un bambino», dice Fatiah, musulmana, che però non ha esonerato i suoi figli dall’ora di religione. «Per loro è come una favola, va bene così».
Educazione alla convivenza. Alla “Di Donato” da alcuni anni, l’associazione “Uva”, che vuol dire “Universo L’Altro”, tiene laboratori di storia delle religioni, finanziati attraverso un bando della Tavola Valdese, con i fondi dell’8 per mille. Spiega la presidente Giulia Nardini: «È da questa eterogeneità che nasce la curiosità dei bambini. Ai nostri corsi partecipano tutti, anche chi è esonerato dall’ora di religione cattolica. Noi facciamo un racconto delle varie fedi attraverso i simboli, le feste e le mappe dei luoghi dove queste storie sono nate. E la narrazione li cattura, conquista sia chi in famiglia prega, chi no. La particolarità è che spesso i bambini di questa scuola già sanno a quale religione appartengono i loro compagni. Sono abituati alla diversità». E gli insegnanti di religione? «A volte collaborano, a volte è come se volessero difendere il loro territorio dalla contaminazione».
Invece questa scuola multi-tutto, aperta dal primo mattino alla sera tardi, grazie ad un efficientissimo comitato di genitori, sede di un Ctp, cioè un centro di educazione per adulti, ha fatto della “contaminazione” la propria cifra. Vincente, sembra. Francesca Longo ha due figlie. «Entrambe hanno sempre frequentato l’ora di religione. Per cultura, per curiosità.
Credo sia giusto. Purché, naturalmente, non diventi catechismo ». Aldo è il giovane padre di Paolo, 6 anni, energia incontenibile: «Siamo atei, Paolo non è battezzato e non fa religione. Il ministro Profumo ha ragione: in un mondo globalizzato non si può insegnare ai bambini che esiste soltanto il cattolicesimo. E chi lo critica dovrebbe vedere questa realtà: il miglior amico di mio figlio è di fede islamica, il suo compagno di banco è induista. Il mio sospetto è che la Cei voglia utilizzare l’ora di religione per catechizzare e riportare alla Chiesa i nostri bambini...».
Chissà. Eppure ai più giovani il contatto con il “sacro” piace. Miriam
Iacopini, maestra e coordinatrice didattica: «Poco tempo fa abbiamo fatto un lungo lavoro sulle tre religioni monoteiste, portando i bambini a visitare anche la moschea e la sinagoga. E alle famiglie che avevano esonerati i figli dall’ora di religione abbiamo chiesto un esonero “al contrario”. Un’esperienza entusiasmante. Queste polemiche invece sono inutili. Avete visto la nostra scuola? Cadono i cornicioni, la palestra è inagibile, le finestre sono rotte. Abbiano bisogno di fondi non di dibattiti già vecchi per i bambini di domani...».



Immigrati: in 40 arrivano su 'barca a vela' a Crotone
(AGI) - Crotone, 27 set. - L'ennesimo sbarco di immigrati e' avvenuto alla prime luci dell'alba lungo la costa di Crotone, a bordo di una barca a vela. In tutto finora sono stati rintracciati 40 extracomunitari, quasi tutti del Bangladesh, a eccezione di un siriano, due curdi e una famiglia composta da padre madre e due bambini, proveniente dalla Birmania. Le forze dell'ordine, insieme ai volontari delle Misericordie, li hanno rintracciati in piccoli gruppi sparsi lungo la strada provinciale che da Capo Colonna conduce al centro abitato di Crotone e li hanno condotti al centro di accoglienza di Sant'Anna. L'imbarcazione e' stata trainata nel porto di Crotone .



Treviso: giura per la cittadinanza il leader delle comunità straniere. Ad accoglierlo il vice sindaco Gentilini.
Gesto tra provocazione e distensione tra i due “rivali” storici.
Immigrazioneoggi, 27-09-2102
Tra provocazione e voglia di pacificazione è il giuramento che oggi, il leader delle comunità di immigrati della provincia di Treviso e vice presidente della consulta regionale per l’immigrazione, Abdallah Khezraji, terrà oggi davanti al vice sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini.
Khezraji, originario di Casablanca (Marocco), in Italia da 23 anni, alcune settimane fa ha ottenuto il riconoscimento della nazionalità italiana manifestando l’intenzione di perfezionare il percorso, attraverso l’atto solenne del giuramento sulla Costituzione fissato per oggi, di fronte a Giancarlo Gentilini.
L’esponente della Lega è di frequente ricordato come il primo cittadino che, all’epoca dei primi arrivi di immigrati a Treviso, aveva assunto iniziative di contrasto quali la rimozione delle panchine nei giardini pubblici per evitare “bivacchi” di senzatetto. Nelle pagine di cronaca di tutta Italia ebbero inoltre grande risonanza sue espressioni pubbliche che lo portarono ad affrontare inchieste giudiziarie per istigazione al razzismo, fra le quali l’invito a “travestire gli stranieri da conigli” affinché i cacciatori potessero esercitarsi.
“Ieri gli ho telefonato per chiedergli di poter effettuare il giuramento in sua presenza – ha detto Khezraji – e Gentilini ha accettato di buon grado. Ci siamo scontrati spesso ma alla fine abbiamo sempre trovato canali di dialogo”.



Immigrazione e media, un rapporto difficile
la Repubblica, 26-09-2012
Non c’è dubbio che il giornalismo dovrebbe descrivere il cambiamento della società, come sottolineato anche dalla stessa Lucia Annunziata nel presentare la versione italiana di Huffington Post. Dovrebbe raccontarlo e analizzarlo, inserendolo anche nel contesto globale in cui  si sviluppa.
Uno degli aspetti  di cambiamento che più ha inciso nella realtà italiana degli ultimi anni è stato quello dell’immigrazione. Un fenomeno in costante evoluzione che rappresenta anche l’espressione più significativa della globalizzazione. Cambiano le persone che si spostano, i paesi di destinazione, le legislazioni che regolano le entrate, le opportunità, il livello di integrazione delle comunità. E contemporaneamente cambiano le società che ricevono i migranti e i rifugiati.
E come è stato riprodotto tale dinamismo dai media italiani? Secondo una ricerca dell’Università La Sapienza di Roma, facoltà di Scienze delle Comunicazioni “si tratta di un fotogramma immobile ormai da trent’anni, di un fenomeno invece in perenne movimento. Una gigantografia appiattita sulla dimensione dell’emergenza, della sicurezza e di una visione naturalmente problematica”. In gergo giornalistico si direbbe che, per quanto riguarda l’immigrazione, gran parte dei media italiani hanno “bucato la notizia”.
Questa riluttanza della stampa di uscire dagli stereotipi e di fare un salto di qualità nella narrazione dell’immigrazione uscendo dallo schema sbarchi-invasione-paura non ha aiutato gli italiani a comprendere quanto stava avvenendo. Né ad inquadrare la presenza dei migranti in un contesto di evoluzione sociale legato alla contemporaneità.
In questi anni nei dibattiti sull’immigrazione si è continuato a parlare quasi esclusivamente di sicurezza con i politici che troppo spesso facevano a gara per mostrare i muscoli contro i migranti, peraltro quasi mai invitati a prendervi parte. Discussioni senza una prospettiva di medio e lungo termine, senza uscire dai confini nazionali, con ricette rivolte principalmente ad ottenere facili consensi. Addirittura l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi affermò che l’Italia non sarebbe mai diventata multietnica, dimenticando che nel paese vi erano già quasi cinque milioni di migranti regolari.
Ma come dice il suo direttore, Huffington Post Italia “nasce meticcio come il tempo in cui viviamo”. Un tempo complicato, pieno di contraddizioni, che va raccontato allargando la lente.

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links