Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri
Rosarno l’inferno degli scontri
Anna Frangione
Salgono sugli autobus che li porteranno al centro di identificazione e di espulsione di Crotone, in fila, con le loro valige, con compostezza e dignità.
Lasciano Rosarno circa 300 immigrati lavoratori nelle campagne, raccoglitori di arance e clementine. Ghanesi, ivoriani, marocchini sfruttati con una paga di 20,25 euro al giorno. Alcuni hanno il permesso di soggiorno, altri sono richiedenti asilo, altri irregolari. Tutti sono abbandonati a se stessi come abbandonati sono i luoghi dove dormono, fabbriche e raffinerie in disuso, opere incompiute come in terra di Calabria ce ne sono tante.
E’ questo l’epilogo di due giorni di guerriglia urbana in un paese trasformato in campo di battaglia. Nelle strade cassonetti bruciati, copertoni, resti di automobili usati come barricate. Da una parte gli abitanti, dall’altra i migranti.
Sono 37 i feriti, di cui 19 migranti,  due in gravi condizioni, e 18 agenti.  La rabbia esplosa a Rosarno e’ la rabbia di chi non ha piu’ nulla da perdere.
Per arrivare alla ex raffineria d’olio sulla statale che da Rosarno arriva a Gioia Tauro bisogna superare un presidio di residenti. All’ingresso un gruppo di africani discute e aspetta.
“ Vogliamo andare via, forse a Napoli – dice un ragazzo del Burkina Faso da anni in Italia, da anni a Rosarno per la raccolta delle arance- qui in Calabria abbiamo paura dopo che hanno sparato contro i nostri fratelli. Vogliamo andare via, ma qualcuno di noi aspetta di essere ancora pagato per le giornate di lavoro” 
In questo grande stabilimento abbandonato, l’ex Opera Sila, i braccianti invisibili dormono nelle tende e persino all’interno dei silos cisterna, con una unica entrata e una unica uscita larga appena un metro. Qui sono più di 600. E non molto lontano nelle campagne di Rizziconi ci sono altri lavoratori immigrati in due casolari abbandonati senza acqua e luce.
È una emergenza umanitaria e sanitaria che da quasi venti anni si ripete ogni anno, ogni stagione degli agrumi. Il 12 dicembre del 2008, dopo il ferimento a colpi di arma da fuoco di due  immigrati, c’era stata una protesta pacifica dei lavoratori  che chiedevano più sicurezza, un permesso di soggiorno, un contratto di lavoro e condizioni di vita dignitose. Richieste che sono rimaste inascoltate.


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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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