Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

18 ottobre 2010

La Merkel va a destra per contrastare il partito anti-islamico. Nuove voci sulla sua successione
il Sole, 17-10-2010
Vittorio Da Rold
Giro di valzer per il cancelliere tedesco Angela Merkel che ammette davanti a un gruppo di giovani sostenitori Cdu-Csu: la politica del multicultularismo in Gemania ha fallito cercando così a spostarsi più a destra nel panorama politico interno per bloccare sul nascere l'ascesa del piccolo partito xenofobo e anti-islamico tedesco in crescita di consensi sull'onda di quando sta accadendo in Olanda, Svezia e Danimarca. Non solo. Il cancelleiere rilancia su un seggio unico e permanente all'Onu per la Unione europea per cercare di recuperare una leadership in Europa appannata da qualche irrisolutezza e calcolo di breve respiro.
Senza contare che la Merkel sta subendo l'insidiosa concorrerenza interna nel partito del popolare ministro della Difesa Karl-Theodor zu Guttemberg. Insomma c'è di che preoccuparsi per rilanciare una leadership ammaccata da una gestione della crisi greca non proprio esaltante e con un euro verso 1,40 che sta creando forti malumori interni , dal partner francese e soprattutto dall'area mediterranea.
Ma andiamo con ordine e partiamo dal multicultularismo ormai kaputt come avrebbe detto Curzio Malaparte. La cancelliera tedesca ha dichiarato che il modello di una Germania multiculturale, nella quale coabitano armoniosamente culture differenti, è «completamente fallito». Mentre nel paese il dibattito sull'immigrazione esplode e si infiamma, la Merkel a una platea di giovani del suo partito conservatore Cdu e della sua ala bavarese Csu ha detto che la Germania ha bisogno degli immigrati come manopodera ma essi devono integrarsi e adottare la cultura e i valori tedeschi.
L'approccio 'Multikultì (multiculturale) del «Viviamo fianco a fianco e ne siamo felici» è fallito - ha dichiarato la Merkel - «È completamente fallito». E, pur ribadendo che la Germania resta un paese aperto al mondo, ha ripetuto: «Non abbiamo bisogno di un'immigrazione che pesi sul nostro sistema sociale». Insomma chi viene deve integrarsi accettando le regole europee, altrimenti torna a casa.
La cancelliera aveva poi aggiunto che gli immigrati devono adottare cultura e valori della Germania: «Noi ci sentiamo legati ai valori cristiani. Chi non lo accetta, non è nel suo posto qui». Ha però aggiunto che «l'Islam fa parte della Germania», citando quanto già detto di recente dal presidente della Cdu Christian Wulff. Chiaro il riferimento alla polemica dell'introduzione delle origini cristiane nella Costituzione europea, richiesta sostenuta dal pontefice Benedetto XVI (il Papa anti-relativismo) e fortemente osteggiata dall'ex presidente francese Giscard d'Estaing. Secondo la stampa tedesca Merkel, la cui coalizione di governo liberal-conservatrice è in caduta nei sondaggi in vista di sei importanti elezioni regionali nel 2011, tenta di tenere unito il partito e di mobilitare i propri elettori. «Merkel unisce Seehofer e Wulff», scrive il settimanale Focus, in riferimento alle posizioni più a destra del capo della Csu bavarese Horst Seehofer, che per primo aveva dichiarato finito il 'multikultì. Secondo i commentatori, la presa di posizione del leader Csu, ha forzato la mano alla Merkel costretta a intervenire prima che la formazione politica si spaccasse ulteriormente su immigrazione e integrazione.
Recenti sondaggi mostrano che il 50% dei tedeschi non gradisce i musulmani, che con i loro 4 milioni sono il 5% della popolazione. Oltre il 35% pensa che la Germania sia «sommersa» dagli stranieri, e un inquietante 10% sente addittura nostalgia di un «Fuehrer». Il dibattito sull'immigrazione è riesploso a Berlino anche grazie al libro dell'ex alto funzionario della Banca centrale tedesca Thilo Sarrazin, per il quale il paese «si abbrutisce» sotto il peso degli immigrati musulmani. Il volume («La Germania va in pezzi») è un successo tra il pubblico, ma è stato condannato dalla classe politica tedesca anche per certi echi antisemiti. Stephan Kramer, segretario generale del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, ha giudicato il dibattito sull'immigrazione «esagerato, ipocrita ed isterico... dopo sole otto settimane dalla pubblicazione del libro di Sarrazin, più il dibattito prosegue, e più il suo livello si abbassa».
Ma Angela Merkel non si è limitata alla questioen multiculturale ed è passata alla politica internazionale dove ha auspicato una riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che preveda un seggio comune e permanente per l'Unione europea: «Oggi nessun paese può risolvere da solo i problemi globali e internazionali. Siamo tutti interdipendenti, dobbiamo cooperare», ha dichiarato il Cancelliere tedesco nel suo messaggio settimanale in video-podcast.
La Germania entrerà a far parte il 1° gennaio del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell'ambito della rotazione biennale dei suoi membri. Un'occasione, secondo Merkel, per assumersi maggiori responsabilità internazionali, ma che non deve far dimenticare la necessità di una riforma del consesso che vada di pari passo con i modificati equilibri del pianeta dopo la fine della Guerra Fredda e della caduta del Muro di Berlino.
Nel messaggio Merkel, che lunedì sarà in Francia a Dauville con Nicolas Sarkozy e Dmitrij Medvedev per parlare di un grande programma di sicurezza pan-europeo, ha anche fatto riferimento al prossimo vertice della Nato a Lisbona al quale sarà invitata anche la Russia: in quell'occasione «parleremo anche di come sarà possibile far cooperare meglio la Russia con la Nato. Poiché l'era della Guerra fredda è ormai definitivamente chiusa». L'apertura al seggio permanenete europeo potrebbe voler dire mettere in soffitta la richiesta ,sempre osteggiata dall'Italia, di un seggio permanente tedesco al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E questa sarebbe veramente uan grossa novità.
Mentre Angela Merkel si dibatte in questioni come l'integrazione, la riforma dell'Onu e il contestato progetto di 'Stuttgart-21', sui media tedeschi si fa più insistente la voce di un aspirante alla successione del cancelliere tedesco, nella figura del popolare ministro della Difesa, Karl-Theodor zu Guttenberg (Csu). Ed eventualmente anche alla guida della Csu, il partico conservatore bavarese, gemello della Cdu di Angela Merkel.
Chiamato in causa, Guttenberg ha definito ovviamente queste speculazioni "bizzarre". La Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz) , il più autorevole quotidiano tedesco, l'aveva tirato in ballo negli ultimi giorni come possibile successore di Angela Merkel. Oggi è il turno del settimanale Spiegel che nell'edizione in edicola domani titola: "I fantastici Guttenbergs. Una coppia verso la Cancelleria". Le speculazioni sull'ascesa di Guttemberg provocano scompiglio in seno all'Unione e lo stesso ministro si dichiara spaventato dalle aspettative dei suoi concittadini che vedono in lui un salvatore di fronte al crollo dei consensi dell'Unione.



Dopo il discorso di Angela Merkel 
L'EUROPA MULTICULTURALE È FALLITA?

Corriere della Sera, 18-10-2010
Danilo Taino
BERLINO — Non è che Angela Merkel voglia improvvisamente buttare fuori dalla Germania gli immigrati turchi e arabi, quando dice — come ha fatto sabato pomeriggio — che il multiculturalismo ha «fallito del tutto». Piuttosto, ha capito che è stata la classe politica tedesca a fallire sulla questione dell'integrazione, che molta gente non la segue più e che a destra potrebbe nascere qualche movimento pericoloso. Si tratta di uno choc per chi guida il Paese da decenni e anche per gli europei che guardano a Berlino come un modello di politiche multiculturali. I partiti cristiano-democratico, socialdemocratico, liberale, verde, ma anche la maggioranza degli accademici, gli alti funzionari pubblici, i sindacati, le associazioni degli imprenditori, i grandi giornali — in una parola le élite — vivono da anni in una generosa auto-gratificazione: finora si sono detti che la Germania è un Paese aperto, «di immigrati», che accetta tutti, non importa quali siano le convinzioni religiose o gli stili di vita, basta che accettino la legge. Ora scoprono che era un'illusione: 16 milioni di cittadini di origine straniera, quattro milioni musulmani solo in parte integrati, hanno avuto un effetto profondo sulla società. Uno studio recente della Fondazione Friedrich Ebert ha scoperto che: il 34% dei
tedeschi ritiene che gli immigrati siano arrivati in Germania per sfruttarne i benefici dello Stato sociale; quasi il 60% dice che i musulmani dovrebbero avere la loro libertà religiosa «limitata significativamente». E un tedesco su dieci vorrebbe che il Paese fosse governato da un Fuhrer (leader) «con la mano forte». Oops, deve avere detto Frau Merkel: anche in Germania rischia di nascere un movimento xenofobo. E ha deciso di toglierli un po' di spazio. Difficilmente la cancelliera rovescerà la politica del governo sull'immigrazione. Buona parte dei tedeschi ritiene ancora che la chiave del problema sia l'integrazione di chi arriva, non le porte troppo aperte: su questo le opposizioni ma anche membri del governo stanno già dando battaglia. Inoltre, la Camera di Commercio tedesca ha calcolato che al Paese servono almeno 400 mila ingegneri e tecnici dall'estero perché nel Paese non ci sono. Probabilmente, però, quando ha parlato di fallimento del multiculturalismo — cioè del mettere le culture aliene sullo stesso piano di quella tedesca — e ha detto che chi non parla tedesco «non è benvenuto», la cancelliera non faceva solo propaganda. A breve il governo terrà un vertice sulla questione: spesso, in Germania alle parole seguono i fatti.



Merkel: immigrati devono adottare i valori tedeschi

Mainfatti, 18-10-2010
Iginio Santi
Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha affermato che il modello multiculturale in Germania è "totalmente fallito", sostenendo che gli immigrati, seppur indispensabili devono "adottare la cultura e i valori tedeschi".
Il cancelliere tedesco Angela Merkel, durante il congresso dei giovani di Cdu (Unione Cristiano Democratica) e Csu a Potsdam, ha affermato che il modello multiculturale in Germania è "totalmente fallito". Secondo la Merkel "la Germania non ha mano d'opera qualificata e non può fare a meno degli immigrati, ma questi si devono integrare e devono adottare la cultura e i valori tedeschi", compreso imparare la lingua. Il cancelliere tedesco sostiene che "l'idea di vivere fianco a fianco in serenità" è fallito per un approccio iniziale sbagliato, spiegando che quando "all'inizio degli anni Sessanta" la Germania ha " invitato i lavoratori stranieri a venire" non si era immaginato che poi questi si sarebbero stabiliti, comprese le future generazioni, nel Paese. "Ci siamo in parte presi in giro quando abbiamo detto 'Non rimarranno, prima o poi se ne andranno' ", continua Angela Merkel, sottolineando però che tutti gli extracomunitari sono ancora graditi in Germania, anche perché essenziali in determinati ambiti lavorativi. Queste affermazioni della Merkel fanno seguito alla pubblicazione di un libro, "La Germania si distrugge da sola" di Thilo Sarrazin(ex membro del direttorio della Bundesbank ed ex ministro della città stato di Berlino) che ha scatenato diverse polemiche nel Paese, visto che sostiene l'immigrazione musulmana starebbe impoverendo la cultura tedesca. Ma la stessa Angela Merkel ha condannato le idee del libro come "inaccetabili".



Immigrati, l'Europa ritrova l'orgoglio

il Giornale, 18-10-2010
Fiamma Nirenstein
La cancelliera tedesca Angela Merkel ammette il fallimento del multiculturalismo e dà una scossa a un continente che per troppo tempo si è illuso di poter "convertire" alla democrazia popolazioni che non ne vogliono sentir parlare
Il discorso della Cancelliera tedesca Angela Merkel sul modello multiculturale fallito, non è una resa, ma una sfida. Una bella sfida nella forma non di uno squillo di tromba, ma di un pacato richiamo al buon senso. Di certo la Cancelliera, per come la si conosce, liberale e mo­derata, non intende con la sua uscita tentare di chiudere le porte della Germania o dell'Europa; né sarebbe possibile bloc­care d'un tratto l'immigrazione e più in generale quei processi di globalizzazione che sono parte del mondo attuale, del nostro mondo. Ma proprio la sua faccia tondeggiante eppure dura, i suoi modi di usuale cortesia che ci propongono la questione in maniera urbana, il suo mettere avanti la preoccupazione dei giovani da qualificare per un degno lavoro, i nostri ragazzi che non sanno che fare di se stessi; il parlare del disagio bibli­co della babele di un mondo in cui i tuoi vicini di casa non hanno idea della tua lingua; il disegnare ghetti alieni e total­mente diversi l'uno dall'altro, nazionalità per nazionalità, dove quasi non ci si pone affatto il problema di integrarsi, ma solo quello della sopravvivenza e della chiusa conservazione di se stessi, identificata con quella della propria cultura... tutto questo riesce a focalizzare il problema meglio di tante analisi sociologiche. E ci dice che certe culture molto spesso non hanno nessuna intenzione di mescolarsi con la nostra, qualsiasi sia il nostro atteggiamento, con la migliore buona volontà. Parigi è ormai una città dove più di 200mila persone vivono in famiglie dove si pratica la poligamia, in Italia trentamila donne sono stat e sottoposte a mutilazione sessuale, i tribunali islamici, una novantina solo a Londra, comminano pene impensabili. Proprio lei, l'Angela, ha qualche speranza d i proporre il problem a proprio perché non usa i toni di Gert Wilder, che pure ha buone ragioni ma che viene respinto dall'opinion e pubblica politically correct. La cancelliera può porre il problema come forse l'avrebbe posto Alexis de Tocqueville: nel 1830 come si sa egli propose al nostro mondo una descrizione acuta e stupita di chi vede per la prima volta in America ruotare all'impazzata un universo molto veloce fatto del mosaico policromo i n cui schizzano tutte intorno le tessere che stanno creando una società liberale e democratica. L'avidità, l a capacità, l a volontà: ma anche lo spirito comune. Torme di uomini che venivano da tanto lontano alla costa della Nuova Inghilterra, dice Tocqueville, presto forgiarono u n linguaggio uniforme sulla base della comune lingua inglese, tutti volevano far valere l'educazione, il fatto di appartenere alle classi agiate della loro madrepatria, tutti pur nel bisogno, sulla terra vasta e selvaggia, affrontavano la novità con la convinzione di farlo anche i n nome d i un'idea, basilarmente quella dei pellegrini puritani. «La passione inquieta e ardente», «L'avidità verso l'immensa preda» non dimenticò di far fiorire le associazioni civili, i giornali, le poste. Tutto questo insieme di circostanze puntava in una direzione sola: l'invenzione della democrazia. È qui, e non tanto nel fattore linguistico oggi più facilmente affrontabile con i computer e i mezzi di comunicazione di massa, che ha completamente fallito il nostro modo di guardare all'immigrazione. Ci siamo innamorati dei colori e dei costumi, abbiamo pensato che l'intrinseca bellezza di vedere un bambino scuro e uno chiaro insieme magari sorridenti di fronte all'illusoria macchina fotografica degli United Colors of Benetton rispecchiasse un'aspirazione comune, quella della vita in comune non ovunque, ma da noi: nella democrazia. È questo ultimo termine che è spesso distante e percepito come ostile dalle culture che ospitiamo. Noi siamo forti: la cultura democratica nostrana ha divorato, per esempio, la nostra cultura contadina degli anni ’60, con quel «genocidio culturale» di cui parlava Pasolini. Ma si trattava della stessa cultura bianca, la stessa mamma, l o stesso cibo, gli stessi costumi sessuali, con piccole trasformazioni apparenti. Invece, nella globalizzazione che avviene nella odierna società democratica ci sono dei corpi i cui odori, sapori, colori sono totalmente diversi, distanti, e soprattutto non gli piacciamo affatto: della democrazia non ne vogliono proprio sentir parlare, non gli interessa, non l'hanno mai vista a casa loro, non si capisce perché dovrebbero conformarsi alle sue regole di cui la maggiore è quella della libertà individuale. Proprio il contrario di quello che indica per esempio l'Islam com e bene supremo. Altre sono le loro regole, non quelle della democrazia. In Germania, terra della Merkel, un'avvocatessa di Berlino che è stata pestata con la sua cliente musulmana che voleva divorziare, ha subito un'aggressione anche nel metrò e ha dovuto chiudere lo studio. Sempre in Germania, l' Idomeneo di Mozart è stato cancellato per minacce islamiste; il direttore del quotidiano Die Welt Roger Koppel ha fermato per pura fortuna la mano d i u n giovane musulmano che stava per pugnalarlo nel suo ufficio. I n Germania, in Inghilterra, in Francia non si riescono più a rintracciare le «ragazze scomparse», divenute schiave in seguito a matrimoni combinati. A Stoccolm a è d i gran moda, ha scritto Giulio Meotti, una t-shirt che i ragazzi musulmani indossano: porta la scritta «2030 poi prendiamo il controllo». Sono solo episodi. È l a democrazia, stupido. Quando siamo di fronte a una cultura come quella islamica, ci sono delle forme di irriducibilità che investono questioni legali e morali che hanno sfumature diverse. Per noi «immigrazione » è una parola sacra, infarcita d i sensi d i colpa, d i generosità, d i religione e di memoria liberal o di sinistra. Ma anche democrazia è una parola sacra, prima ancora di vivibilità, che pure la gente che vive nei quartieri adiacenti quelli di immigrazione legittimamente pone. Il nodo è tutto là. Forse la Merkel, da democratica tedesca, europeista, borghese, complessata e timida come sa esserlo ogni tedesco colto, c e l'ha fatta a sollevare la questione.



L'Intervista / KHALED FOUAD ALLAM
«Basta con gli autogol Con la tolleranza si favorisce la xenofobia»

il Giornale, 18-10-2010
Manila Alfano
Il multiculturalismo ha fallito. L'allarme lo lancia Angela Merkel. Gli immigrati fanno paura, e oggi l'Europa è confusa e trema di fronte al peso dei cambiamenti. La destra xenofoba le chiama invasioni. Khaled Fouad Allam, sociologo e politico di origine algerina, naturalizzato italiano, scuote la testa. «L'Europa ha peccato di ingenuità. Ha smesso di interrogarsi sulla domanda fondamentale. Che cosa vuole essere? Solo da qui si può partire per decidere cosa si vuole fare».
Dove ha sbagliato l'Europa? «Per troppo tempo l'Europa ha trattato il fenomeno dell'immigrazione con ingenuità, senza conoscere la complessità della situazione. E non ha considerato la crisi che sta attraversando il mondo islamico, tra chi vuole la sharia e chi l'aggiornamento dell'Islam».
Che differenza c'è tra multiculturalismo e integrazione? «Per usare una metafora, il multiculturalismo è la carrozzeria, l'integrazione è il motore. Senza la spinta, senza questo motore che fa andare avanti, la carrozzeria serve a poco».
Cosa deve fare ora l'Europa? «Non si deve accettare tutto di tutte le culture. Il buonismo è un atteggiamento che non premia».
Vietare il burqa è giusto? «Il burqa ha un effetto devastante. Io sono sempre stato a favore di una legge che lo vieti. Il burqa lede uno dei principi fondamentali del trattato di Lisbona: spezza l'uguaglianza tra uomo e donna, nega la coesione sociale. Un meccanismo pericolosissimo, che potrebbe accendere tensioni».
Perché i partiti di estrema destra stanno avendo così successo in Europa? «Troppo silenzio».
Cosa c'entra il silenzio con la politica? «Si torna al tema principale: l'Europa ha smesso di interrogarsi sul proprio destino. Cosa vuole essere? Non c'è stato dibattito, agli intellettuali è stato consegnato un ruolo inutile. È all'interno di questo vuoto che si inseriscono queste risposte xenofobe. Reazioni preoccupanti e pericolose. La colpa però in questo caso non è solo della politica, ma della società civile che ha mantenuto il silenzio».
E giusto costruire moschee in Italia e in Europa? «Il problema non sono le moschee, ma chi mettiamo dentro. Gli imam devono essere persone competenti, formati in Occidente dove c'è la democrazia e dove i suoi principi sono la base da cui partire. Nella nostra cultura il tema della libertà religiosa viaggia di pari passo con i principi dell'uguaglianza, dell'integrazione. E poi devono far parte di una Consulta».
Le regole di casa nostra vanno modificate? «Assolutamente no. Le nostre regole sono un patrimonio che va difeso. La storia ci ha insegnato che la mescolanza è sempre esistita. Ma questo non significa anarchia. Quello che piuttosto va cambiato è l'approccio. Far sentire all'altro che il cambiamento è possibile, è qui che la politica deve essere affiancata da un'educazione nuova».
Pensare a un tetto come ha fatto la Gelmini per le classi miste va in questa direzione? «Mescolare funziona, le classi ghetto sono pericolose. Creano diffidenza, scatenano rabbia. La sociologia insegna che mescolare crea una spinta in avanti verso l'integrazione».
Eppure Hina e Sanaa sono state uccise proprio perché volevano vivere all'occidentale. «Sì, ma paradossalmente nel male c'è stato un segno positivo, Hina e Sanaa sono il segno che tra le nuove generazioni c'è domanda e non repulsione. C'è voglia di partecipare. La grande sfida dell'Europa è far capire a queste generazioni che il cambiamento è possibile».
Perché in America il multiculturalismo funziona? «Negli Stati Uniti c'è una forte identità. L'Europa dovrebbe prendere quel modello ad esempio. Ma per capire basterebbe guardare più vicino, spostare lo sguardo verso il Veneto, alle relazioni con il mondo ottomano. Nel '500 c' erano matrimoni misti. Era un modello che funzionava. Venezia ha saputo filtrare, ha creato un unicum. Lo stesso deve fare l'Europa».



L'Intervista / FLAVIO TOSI
«Gli stranieri onesti sono i primi a chiedere il rispetto delle regole»

il Giornale, 18-10-2010
Luciano Gulli
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha scoperto l'acqua calda, ha visto?
«Sarebbe?».
Ha detto che il modello multiculturale in Germania ha fallito.
«Era ora. Meglio tardi che mai».
Ha aggiunto che la Germania non può fare a meno degli immigrati, ma che questi si devono integrare e devono adottare la cultura e i valori tedeschi.
«Proprio quello che diciamo noi da anni».
Come mai nella Grande Germania ci arrivano così tardi?
«Perché per anni, come da noi in Italia, ha trionfato una mentalità facilona e scioccamente buonista secondo la quale bisognava avere rispetto per le diversità. Ma di lì al ghetto, e alle tensioni sociali che virano in xenofobia e peggio, il passo è breve...».
Flavio Tosi, 41 anni, sindaco leghista di Verona dal maggio del 2007, è uno dei sindaci più amati d'Italia (a pari merito con Sergio Chiamparino e Giuseppe Scopelliti, rispettivamente sindaci di Torino e Reggio Calabria).
Alle amministrative del 2007, Tosi trionfò (mentre la Merkel dormiva il sonno del progressista) al culmine di una campagna elettorale centrata su un tema largamente condiviso dalla popolazione dotata di scheda elettorale. Disse così, il giovane Tosi: che «a Verona non ci sarà spazio per chi non vuole integrarsi e per chi non rispetta le nostre leggi». E per la miseria, ha mantenuto la parola.
«Il risultato è che secondo un recente studio dell'università Bocconi, Verona è ai primissimi posti di una graduatoria di città in cui gli immigrati regolari si trovano meglio e dove gli irregolari si trovano peggio».
Meglio e peggio. Spiegare.
«Peggio, perché abbiamo posto in essere una maglia di controlli strettissima. Polizia, Carabinieri, Finanza, Polizia municipale, e le pattuglie miste con elementi dell'Esercito funzionano benissimo. E se non sei in regola ti beccano. Meglio, perché i regolari hanno capito che questo non è il Paese di Bengodi, come gli avevano detto; ma che ci sono delle regole, e una cultura, e dei valori da rispettare».
Troppo severi?
«Ma va là. Nordafricani e slavi vengono da Paesi dove i cittadini vivono con due piedi in una scarpa; dove l'ordine pubblico e la disciplina sono ferrei. È bastato fargli capire che funziona così anche da noi e tutto rientra nella normalità».
E ci voleva tanto?
«Cen'èvoluto,perché l'approccio ideologico del centro sinistra, quello che gli è costato batoste subatoste alle urne è che gli immigrati, poverini, rubano perché sono poveri, come se la povertà fosse un alibi. Secondo la sinistra, gli immigrati dovevano essere lasciati liberi di vivere secondo le loro tradizioni e le loro usanze. Così si sono creati dei ghetti. E i ghetti, alla lunga, finiscono per somigliare a bombe a orologeria. Anche qui, a Verona. Prenda i quartieri di Veronetta, vicino all'Università, o Golosine, vicino alla Fiera. Stavano diventando delle comunità chiuse, e le incomprensioni, le incompatibilità coni vecchi residenti ci stavano portando a situazioni limite, come in via Padova a Milano, ricorda?».
La sua Giunta ha cominciato mettendo nel mirino le attività commerciali degli immigrati...
«Chi gestiva botteghe e negozi di generi alimentatilo faceva come a casa sua, infischiandosi dell'igiene, degli orari, delle regole. Abbiamo spiegato, sanzionato, chiuso. Ora funziona tutto a meraviglia».
C'è poi quella sua ordinanza sui condomini...
«Dice molto semplicemente questo: che ci sono delle regole del vivere civile che vanno rispettate. Se in un appartamento ci sono venti persone che vanno e vengono notte e giorno schiamazzando, facendo casino, si disturbano i vicini. Allora, anche qui, abbiamo proceduto secondo il buon senso, in maniera pratica e concreta. Data la regola scattano le sanzioni: 100 euro la prima volta, 250 la seconda, 450 la terza...».
Così, con una semplice telefonata di protesta di un cretino intollerante?
«Non scherziamo. Intervengono i vigili, controllano, accertano. Ma se accertano, noi i trasgressori li colpiamo nelle tasche. Risultato: le tensioni si sono stemperate, e l'integrazione funziona».
Bisognerebbe spiegarlo ai tedeschi.
«Ci arriveranno anche loro, vedrà».



Europa: Immigrazione e integrazione
Come e perché è nata la frattura tra Europa e Medioriente.

Agora Vox, 18-10-2010
E' del 12 ottobre la notizia, apparsa in un articolo del "Wall Street Journal", delle dichiarazioni rilasciate dal membro di uno dei partiti della coalizione di maggioranza in Germania, il premier dello stato bavarese Horst Seehofer, secondo cui andrebbero poste limitazioni all'immigrazione proveniente da un ambiente culturale diverso da quello europeo, in quanto immigrati giunti da ambienti culturali come quello turco, o arabo, generalmente trovano molto faticoso integrarsi nel modo di vivere tedesco. Accusato da oppositori e addirittura da alcuni membri della stessa coalizione guidata da Angela Merkel (appartenenti al Partito Liberale Democratico), Seehofer ha tentanto di spiegare la sua dichiarazione come un invito a non liberalizzare l'immigrazione nel paese.
Eppure giungono da molti paesi europei irrigidimenti culturali che stanno portando ad una frattura nei rapporti tra occidente e Medioriente, con la creazione di un blocco in cui gli interessi della cultura islamica vengono visti come opposti ed inconciliabili con quelli occidentali.
In questo modo, se ai paesi occidentali si oppongono gruppi terroristici come Al Qaeda e governi come quello iraniano guidato da Ahmadinejad, nei paesi dell'Unione Europea, molti partiti si affrettano a proporsi come profeti di una crociata anti-islamica che contribuisce ad allargare una crepa tanto radicata nella storia contemporanea, quando destinata ad aggravarsi, se non si cerca un compromesso.
Non è solo l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ad essere in pericolo.
La presenza di riserve fondamentali per il mercato globale rende la regione mediorientale un vero e proprio nodo strategico per la situazione geopolitica internazionale. Questo porta con sé due conseguenze: da una parte, qualsiasi crisi come la guerra tra Iran e Iraq (1980-1988) potrebbe significare il blocco dell'accesso ai materiali combustibili e ad un conseguente sconvolgimento della borsa; dall'altra, rende il Medioriente una zona strategica oggetto di mire di molte potenze, alcune interessate ad una manovra di imperialismo commerciale (gli Stati Uniti per quanto riguarda la guerra preventiva in Iraq), altre portate dalla follia di dittatori poco lungimiranti come Saddam Hussein ad invasioni disastrose quanto sanguinose (come l'invasione del Kuwait nel 1990).
A questo si aggiunge l'egemonia delle più importanti potenze all'interno delle organizzazioni incaricate di mantenere l'equilibrio internazionale. Il diritto di veto esercitato all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu da Cina, Russia, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna permette, infatti, che gli interessi di queste nazioni prevalgano su qualsiasi tentativo a protezione dei paesi più deboli.
La nascita di una frattura tra popolazione "legittima" e "illegittima", almeno secondo alcuni punti di vista, risulta evidente quando si tiene conto della politica adottata negli ultimi anni in diversi paesi europei.
Il caso più clamoroso è quello dell'Olanda, il paese che in cui la spinta liberale è stata maggiore, raggiungendo a volte picchi di fanatismo, portando il paese verso una politica estremamente tollerante riguardo a tematiche come la droga, la prostituzione e la secolarizzazione. Nonostante questa spinta, il tema dell'immigrazione rimane tuttora tanto spinoso quanto irrisolto.
E' il giornale francese "Le Figaro" che, in una ricerca, mette in evidenza questo paradosso, imputando proprio all'Olanda il fatto di essere il paese più severo nei confronti dell'immigrazione.
La legge olandese prevede, infatti, dal 2006, l'obbligo del superamento di un test telefonico il cui costo è di circa 350 euro, nonché un esame di integrazione, nel quale era stato proposto anche di inserire la visione di filmati contenenti donne in topless, per testare la tolleranza degli individui che richiedevano di entrare nel paese. La dimensione di questo moto dalle tinte xenofobe appare evidente quando si osserva che nel paese, travolto da una crisi finanziaria alla quale si vuole porre un freno con tagli alla spesa pubblica di 20 miliardi e con l'aumento dell'età pensionabile dai 65 ai 67 anni, per il 10% della popolazione la preoccupazione principale riguarda il tema dell'immigrazione.
Tema dell'immigrazione che, tra l'altro, non sembra secondario, in altri paesi:
La Danimarca richiede agli immigrati il superamento di un difficile test di cultura e lingua per ottenere la nazionalità, e soprattutto ha il potere di revocarla qualora sia comminata al cittadino una pena superiore ai 18 mesi. Inoltre alle coppie "miste" viene chiesto di avere un alloggio, un reddito sufficiente e un deposito (bloccato per sette anni) di almeno 8000 euro. Ciò comporta, praticamente, un enorme ostacolo dell'immigrazione regolare da parte di coloro che hanno davvero necessità di emigrare per trovare condizioni di vita accettabili.
Oltre alla Danimarca, un inasprimento è stato approvato in Austria, dove è stato prolungato il tempo di attesa per ottenere asilo, mentre le elezioni svedesi di quest'anno hanno confermato l'ampiezza di questa corrente anti-immigrazione.
E' infatti del 19 settembre la notizia secondo cui il partito di estrema destra dei "Democratici svedesi", anti-islamici ed anti-europeisti ha ottenuto per la prima volta 20 seggi nel parlamento svedese, rimanendo un punto interrogative nel gioco di alleanze del partito di maggioranza guidato dal moderato Fredrik Reinfeldt, la cui unica alternativa per un governo stabile (dallo stesso Reinfeldt apertamente preferita) sarebbe il sostegno dei Verdi.
Si ritorna infine in Germania, dove sono state approvate nel 2005 norme restrittive anche per l'immigrazione di lavoratori altamente qualificati, nonché una valutazione caso per caso della concessione della cittadinanza a musulmani.
Non fa, infine, eccezione l'Italia, dove nel 2002 viene varata la legge Bossi-Fini, che prevede un irrigidimento delle normative.
Tra gli aspetti "discutibili", risulta il rilevamento obbligatorio delle impronte digitali per coloro che richiedono o rinnovano il permesso di soggiorno e il fatto che il permesso di soggiorno viene concesso solo a coloro che dispongano (e mantengano) di un impiego (un'impresa difficile anche per gli italiani).
Tuttavia esistono anche normative positive, tra le quali il potenziamento delle ambasciate, l'impossibilità di entrare in Italia per i colpevoli di sfruttamento della prostituzione o dei minori e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e l'esclusione degli infermieri professionisti (categoria carente in Italia) alle limitazioni al numero di immigrati.
Tra queste norme, probabilmente, dovrebbe essere inserita anche la regola secondo cui vengono aumentate le pene per i datori di lavoro che assumono immigrati senza permesso di soggiorno, ma che potrebbe creare un muro di omertà ancora più forte in quanto aizzato dagli stessi datori di lavoro, preoccupati di evitare condanne ora più pesanti.
Ancora più preoccupante della legislazione vigente appare la psicosi collettiva che ha colpito molti dei partiti della "destra" italiana, primo tra i quali la Lega Nord guidata da Umberto Bossi. Questo fenomeno affonda, però, ad onor di cronaca, nella storia italiana. Fin dai primi anni successivi alla resa nella Seconda Guerra Mondiale, l'Italia si è trovata irreparabilmente divisa su due fronti, in feroce contrapposizione.
Se protagonisti di questa cronica guerra ideologica, durante la Prima Repubblica, erano cattolici (DC) e comunisti (PCI), dalle ceneri di "Tangentopoli" (1992) sono nati due modi di intendere la politica considerati inconciliabili: Berlusconismo e Antiberlusconismo.
Così, se l'alleanza di Forza Italia (ora PDL), AN (ora FLI ) e Lega Nord si sono autoproclamati condottieri della difesa della cultura italiana (con argomenti, a dire il vero, ben poco culturali, basti pensare al "dito medio" di Bossi), dall'altra parte personaggi di dubbia personalità si sono susseguiti in una politica che più che di opposizione si è rivelata di cronico antagonismo, senza assumere mai una vera identità politica, ma limitandosi a negare qualsiasi concetto dell'odierna maggioranza.
Con la crisi della "sinistra" italiana, si è così creato un baratro e un vuoto di potere incapace di controbilanciare lo strapotere (e spesso la megalomania) di personaggi come l'attuale Presidente del Consiglio.
In questo contesto si inserisce, quindi, l'anti-islamismo della maggioranza parlamentare e -ci si accorge vivendo in Italia- di quella degli italiani, cavalcata da personaggi politici con pochi scrupoli ed alimentata da ex giornali ora divenuti ministeri della propaganda.
Con questo, da una parte e dall'altra, è nato un bipolarismo esasperato e imbevuto di slogan populistici la cui portata si esaurisce in pochi chilometri di confine italiano, e nella situazione odierna. Questa mancanza di lungimiranza e di profondità di analisi della situazione geopolitica internazionale, è alla base della stasi nella quale sguazzano coloro che usano il fenomeno dell'immigrazione per i loro sporchi interessi, che siano il semplice lavoro in situazioni di grave pericolo o l'ancor più grave sfruttamento della prostituzione.
In conclusione, l'unico invito che si possa fare, non tanto alla nostra inetta classe politica, quanto agli italiani stessi, è di tentare di comprendere la complessità che si cela dietro al fenomeno dei movimenti migratori, e che l'unico mezzo per evitare il riversarsi di masse di disperati nei paesi considerati più ricchi, è quello di uno sforzo internazionale perché gli immigrati possano vivere nella loro propria patria la condizione di esseri umani con la dignità loro dovuta in quanto tali.



I NUOVI ITALIANI  di Corrado Giustiniani
La ricetta del Pd: selezioniamo gli immigrati
Il Messaggero, 18-10-2010
Stavolta ai consueti ragionamenti sull'immigrazione sento di dover fare una premessa. Spero che, nel momento in cui questo post va in rete, venga finalmente spedito in carcere Alessio Burtone, il bullo ventenne con precedenti per violenza che alla stazione metropolitana di Roma Anagnina ha colpito con un pugno terribile Maricica Hahaianu, l'infermiera romena di 32 anni, madre di un bimbo, morta poi dopo una settimana di agonia. Così come finì a Rebibbia, alla fine di aprile del 2007, la romena Doina Matei, colpevole di aver ucciso Marta Russo, con la punta dell'ombrello infilata in un occhio. Non ci può essere una giustizia con due pesi e due misure, a seconda della nazionalità dell'omicida.
Ciò detto, affrontiamo oggi il documento sull'immigrazione appena elaborato dal Partito democratico. Si propone di combinare insieme umanità ed accoglienza, da una parte, e utilità specifica per l'Italia, dall'altra, ed è stato approvato il 10 ottobre scorso, dall'assemblea nazionale di Varese. Ha per titolo  Impariamo a vivere insieme, fungerà da base per la costruzione del programma elettorale, e contiene alcune novità. La più rilevante sta in questa affermazione: “Il nodo politico da affrontare, più che quanti immigrati, è quali immigrati. Porre la questione della qualità, significa porre esplicitamente quella della selezione”. Ma questo è soltanto l'inizio “di una riflessione di lungo periodo”, anche perché la bacchetta magica per selezionare, come vedremo, non è ancora stata inventata.
Per comodità riassumiamo in tre parti il documento, piuttosto lungo e articolato, come vi renderete conto se vorrete leggerlo. Dati sul fenomeno, politica degli ingressi e misure per l'integrazione degli immigrati.
I numeri. “Gli immigrati sono una popolazione di 5 milioni di persone appartenenti ad oltre100 popoli diversi, composti da famiglie giovani con figli, da lavoratori e lavoratrici, per metà donne, mentre i minori sono 864 mila, ed erano 50 mila nel 1990”. In realtà, secondo gli ultimi dati appena diffusi dall'Istat, le seconde generazioni hanno già raggiunto quota 933 mila. E ancora. “Se in Italia le porte fossero chiuse all'immigrazione, la popolazione giovane in età lavorativa tra i 20 e i 40 anni scenderebbe, tra il 2010 e il 2030, da 15,4 a 11,3 milioni, con una diminuzione di oltre 4 milioni, 200 mila unità in meno per ogni anno di calendario”. Conclusione del documento, la cui stesura è stata affidata al demografo Massimo Livi Bacci, : “Nè un alto tasso di attività e di occupazione degli italiani, nè una perfetta parità uomo-donna, basterebbero ad evitare il nostro declino economico”.
Quali ingressi. “Il nodo politico da affrontare è, più che quanti ingressi, quali ingressi. Porre la questione della qualità significa porre esplicitamente quella della selezione. Che un paese abbia una politica migratoria utilitaria non è uno scandalo, ma così facendo si devono abbandonare i principi umanitari di accoglienza, così radicati nello spirito riformista?” La risposta è no. Ma la parte “non selettiva” e “umanitaria”, va affidata a due strumenti: aiuti allo sviluppo ai paesi poveri, e  “un'aperta e generosa” politica dell'asilo, oggi inesistente, in quanto in numero assoluto i rifugiati in Italia “sono un quindicesimo di quelli accolti in Germania, un quinto degli accolti in Gran Bretagna, e un quarto degli accolti in Francia”. Possiamo e dobbiamo fare di più. Da una parte, insomma, vanno ammessi i perseguitati, dall'altra “quelli che sono utili al paese”
L'ingresso a punti.  Ma come si fa a selezionare gli “immigrati utili”? Ed è qui che, già nel documento di base, viene posta “la riflessione di lungo periodo” sull'ammissione degli stranieri in Italia secondo una graduatoria a punti, già adottata in Canada, Australia e Nuova Zelanda e, più recentemente, in Gran Bretagna e in Danimarca. Ogni candidato totalizza un punteggio sulla base “dell'età, dello stato civile, grado di istruzione, conoscenza della lingua, cultura e ordinamento, capacità di guadagno e di produrre reddito, specializzazione lavorativa, talenti particolari”. Come è noto, la componente politica di Veltroni ha isolato questa proposta in un documento a parte, per farne l'unica forma di ingresso in Italia, cosa che la maggioranza ha respinto. Taglia corto Livia Turco: «Il sistema a punti è da noi indicato come una semplice opzione, che non è stata adottata e che mi vede contraria». Ma ciò non toglie che i veltroniani possano tornare all'attacco, quanto verrà predisposto il programma elettorale.
In Italia non funzionerebbe.  I miei lettori più fedeli sanno bene come la penso. L'italia si serve degli stranieri per i lavori a più bassa qualificazione, ed è assurdo chiedere che un muratore extracomunitario abbia la laurea, o che un cuoco debba aver superato nel suo paese i corsi di italiano della Dante Alighieri, ammesso che se ne facciano nel suo paese. Il sistema a punti può essere adottato soltanto per le qualifiche più elevate, se e quando venissero richieste. Inoltre qui dovrebbero essere i consolati a selezionare qualifiche e titoli di studio, e non ce li vedo proprio, a corto come sono di manodopera. Va segnalata, comunque, una clamorosa gaffe fatta nei giorni scorsi dal sottosegretario Alfredo Mantovano, che ha detto che in Italia il sistema a punti c'è già, confondendo quel pasticcio escogitato dal governo per rinnovare il permesso di soggiorno a chi è già qui (peraltro non ancora in vigore) con i nuovi requisiti a punti che verrebbero invece richiesti per entrare in Italia, i quali comporterebbero la modifica della Bossi-Fini che è sacra e inviolabile.
Come entrare. Da noi sono possibili solo assunzioni a distanza: bisogna arrivare in Italia con il contratto in mano. Cosa impossibile. Per cui si viene per turismo, si cerca lavoro e quando lo si trova si tenta di rientrare nelle quote di un decreto flussi. Ma il governo non autorizza nuovi ingressi da più di due anni e dunque l'illegalità prolifica. Il Pd suggerisce una serie di meccanismi che dovrebbero insomma scattare insieme. Permessi per ricerca di lavoro sponsorizzata dalle istituzioni, permessi per ricerca di lavoro su richiesta dei singoli, flussi particolari per profili elevati, possibilità di convertire altri tipi di permessi in permessi di lavoro, regolarizzazioni “ad personam”, il tutto nell'ambito di quote triennali affidate a un'agenzia specializzata.
Voto e cittadinanza. Nel documento si propongono diverse misure di integrazione. La prima e la più banale è il rinnovo in tempi rapidi del permesso di soggiorno, operazione che per legge richiederebbe 20 giorni, e invece spesso comporta un anno e più. Ma qui il vero disastro è la nostra burocrazia, e non se ne esce se non allungando i tempi del permesso di soggiorno (proposta che in verità nel documento del Pd manca). Occorre poi concedere il diritto di voto alle comunali agli immigrati regolari di lungo periodo e dichiarare italiani di diritto i bambini che nascono da genitori stranieri integrati nel nostro paese, in quanto già regolari da alcuni anni, o i minori venuti da piccoli che hanno concluso un ciclo di studi. In questo modo, oltretutto, si cancellerebbero 900 mila stranieri in una botta sola. Ci sono anche misure severe contro il sommerso, come l'introduzione del reato “di grave sfruttamento del lavoro” (ovvero contro il caporalato) e la condanna dell'uso del burka o altri indumenti nei luoghi pubblici aperti al pubblico, in quanto non lasciano il volto scoperto.   



Sanatoria 2009 - Nuova sentenza del Consiglio di Stato: Il reato di cui all’art. 14, comma 5 ter è ostativo alla regolarizzazione

Melting Pot Europa, 15-10-2010
cura dell’Avv. Dario Belluccio
Con una interpretazione letterale dell’art. 1 ter, co. 13, del D.L. 78/2009 il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7209 del 29.09.2010 torna nuovamente sulla questione relativa alla ostatività (o meno) alla ammissione alla procedura di emersione delle condanne inflitte agli istanti condannati ex art. 14, comma 5 ter del D.Lgs. 286/98 s.m.i.
Andando di contrario avviso rispetto all’Ordinanza del Consiglio di Stato n. 4066 del 2 settembre 2010, ma ribadendo quanto deciso con la precedente Sentenza n. 5890 del 18 agosto 2010 i Giudici del Collegio romano sembrano volere chiudere la strada alla regolarizzazione della posizione giuridica e lavorativa di molti cittadini stranieri.
Diversamente anche da quanto stabilito da molte ordinanze di sospensione dei provvedimenti impugnati da parte dei Giudici amministrativi di primo grado (si veda, da ultimo,  Ordinanza del Tar Puglia n. 737 del 7 ottobre 2010, Ordinanza del Tar Puglia n. 738 del 7 ottobre 2010 ) la condanna per la fattispecie criminosa relativa al mancato allontanamento dal territorio nazionale a seguito dell’ordine questorile pare essere divenuta circostanza definitivamente ostativa all’emersione.
In questo senso la pronuncia allegata conferma la decisione del TAR Umbria - Perugia, Sezione I, che aveva respinto il ricorso di una cittadina straniera avverso il rigetto dell’istanza di regolarizzazione precedentemente avanzata. Altresì viene confermata l’interpretazione fornita dal Ministero dell’Interno, che ha diramato la circolare del 17.03.2010, n. 1843 a firma del Capo della polizia Manganelli secondo la quale “rientra nell’ambito dell’art. 381 c.p.p. la prima figura di reato prevista dall’art. 14 comma 5 ter che punisce con la reclusione da uno a quattro anni, lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dall’ordine impartito dal Questore di allontanarsi dal territorio nazionale entro cinque giorni".
Ai fini della solo comprensione della questione (non del’analisi complessiva della fattispecie, per la quale allo stato si rimanda agli scritti successivamente citati), occorre prendere le mosse dall’art. 1 ter, comma 13, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modifiche, in legge n. 102 del 3 agosto 2009, a mente del quale: “non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dal presente articolo i lavoratori extracomunitari:………….c) che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice”.
D’altra parte il delitto previsto e punito dall’art. 14, co. 5 ter, del D.lgs. 286/98 s.m.i., stabilisce: “lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l’espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell’articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato”.
In merito sono state sollevate molte critiche (prima alla norma e poi alle decisioni di primo grado che sono intervenute negando la richiesta regolarizzazione) nei confronti di una interpretazione letterale dell’art. 1 ter, co. 13 D.L. 78/09.
Si è, tra l’altro, sostenuto che il reato di cui all’art.14, co. 5 ter del d.lgs. n.286/1998 non sembra riconducibile agli artt. 380 e 381 c.p.p. in quanto non ricadente né fra i casi di arresto obbligatorio li indicati nè tra i casi di arresto facoltativo; ancora, si è fatto notare, l’interpretazione sistematica della legge rivolta alla emersione dei cittadini stranieri impiegati quali "colf" ovvero badanti escluderebbe una interpretazione che possa avere ricadute negative sui lavoratori stranieri che, gioco forza, si trovano in situazione di irregolarità giocando esclusivamente sulla circostanza che essi siano stati nuovamente attinti dalle forze dell’ordine o meno.
Ancora è stato sottolineato che "se ragioniamo nei termini della ricerca di una giustificazione sostanziale dell’inapplicabilità della procedura di regolarizzazione ai cittadini condannati per i reati ex 380 e 381 c.p.p. è facile comprendere che si tratta di scelta motivata dalla pericolosità penale dei soggetti colpiti dalla anzidetta condanna, pericolosità che va costruita ed accertata alla luce delle previsioni sostanziali di reato e, quindi, della definizione della fattispecie criminosa di cui trattasi. Di per sé la misura edittale della pena non offre argomenti sostanziali per estendere il divieto di regolarizzazione ai comportamenti puniti con l’art. 14.5 ter del D. Lgs. 286/98, salva l’assimilabilità della pena.
Di per sé la previsione di pene simili non è necessariamente sintomo di eguale pericolosità sociale (e coincidenza degli interessi sociali lesi) in una situazione come la presente in cui le previsioni di reato vengono in rilievo non per la loro intrinseca pericolosità di per sé ma in funzione dell’ammissione o meno delle persone interessate al procedimento di regolarizzazione".
Per approfondire:
-  S. Bartolo, in Regolarizzazione 2009: L. 102/09 – non sussistenza di ragioni ostative connesse alla condanna per il reato di cui all’art. 14.5 ter del D. Lgs. 286/98
-  G. Savio, in Regolarizzazione Colf e Badanti: le ragioni per contrastare la circolare Manganelli.
Ma per il Consiglio di Stato, Sesta Sezione in commento, ciò che rileva è esclusivamente la circostanza che si ricada in un’ipotesi prevista, tra l’altro, dalla fattispecie penale.
Il Consiglio di Stato, infatti, con la decisione da ultimo assunta, ha affermato: "Al riguardo, non può che ribadirsi che ciò che rileva, nel richiamo operato dal legislatore - con l’art. 1 ter, comma 13, del d.l. n. 78/2009 - all’art. 381 c.p.p., non è la circostanza afferente all’arresto (facoltativo o obbligatorio che esso sia) ad incidere sull’esclusione o meno dalle procedure di emersione, quanto, essenzialmente e centralmente, il fatto che si tratti di “reati previsti”, tra l’altro, dall’art. 381 cit., per i quali – come nel caso in esame – la pena edittale sia stabilita in misura superiore, nel massimo, a tre anni".
Un duro stop, dunque, alla regolarizzazione di quei tanti che avevano sperato di potere regolarizzare il proprio status giuridico e la propria condizione di lavoro. Salvo ulteriori ripensamenti dei Giudici amministrativi, eventualmente sorretti da ulteriori tesi allo stato non ancora rappresentate in udienza a Roma.



Grecia, emergenza immigrazione

Corriere del Ticino, 18-10-2010
Iraniani, in sciopero della fame, si cuciono la bocca
ATENE - C'è un nuovo - antico - problema che sta affliggendo la Grecia. È quello dell'immigrazione che, negli ultimi tempi, sta salendo in superficie dopo anni di silenzio. L'ultimo caso è quello di un gruppo di immigrati iraniani che da 45 giorni protestano in piazza ad Atene per chiedere asilo politico, hanno iniziato uno sciopero della fame e si sono cuciti la bocca e sono stati ricoverati in ospedale.
Il gruppo, una quarantina di iraniani da tempo in Grecia, ha chiesto, sinora senza esito, che venga loro accordato lo status di rifugiati politici. Accampati da inizio settembre nel centro di Atene, nei giorni scorsi hanno iniziato uno sciopero della fame. Sei di loro si sono cuciti la bocca per sottolineare la drammaticità della loro situazione, e durante il fine settimana tre sono stati ricoverati in ospedale.
Gruppi per la difesa dei diritti umani e l'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite hanno ripetutamente criticato il governo greco per la rigidità del suo sistema di asilo (vd suggeriti), e Atene si è impegnata riformarlo in collaborazione con l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr). Ma il ritardo nell'attuazione di questo piano di azione continua a provocare denunce proteste.



IMMIGRATI: CATTOLICI CHIEDONO DIRITTO CITTADINANZA PER FIGLI STRANIERI

(ASCA) - Reggio Calabria, 16 ott - Il mondo cattolico riunito a Reggio Calabria per la 46.esima Settimana Sociale si e' ritrovato unito attorno ad una proposta: dare la cittadinanza italiana ai figli degli immigrati stranieri residenti in Italia. A riferirlo e' stato oggi il presidente delle Acli, Andrea Olivero, coordinatore del gruppo di studio sull'inclusione e l'immigrazione.
Olivero ha anche aggiunto che, a partire dal punto fermo della necessita' di garantire il diritto di cittadinanza alle seconde generazioni, i delegati arrivati dalle diocesi di tutta Italia hanno allargare il discorso ad altri diritti 'naturali', da quello al lavoro a quello all'integrazione, per passare a quella ''seconda fase'', che superi la ''fase emergenziale'' dell'immigrazione auspicata da papa Benedetto XVI nel suo messaggio alle Settimane Sociali. ''Evitare tante forme di sopruso e discriminazioni presenti in Italia'', ha raccontato quindi Olivero, ''piu' attenzione all'insegnamento della lingua italiana, contrastare le mafia, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione''.
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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