Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

03 ottobre 2011

«L’Italia sono anch’io» oggi la mobilitazione. Due firme per i diritti
l'Unità, 01-10-2011
Italia-razzismo    Osservatorio
I promotori della campagna “L’Italia sono anch’io” hanno organizzato per oggi, primo ottobre, una giornata nazionale di raccolta firme a sostegno di due leggi di iniziativa popolare. La prima riguarda la modifica dell’attuale normativa sulla cittadinanza, con particolare riferimento alla condizione dei minori stranieri che nascono o crescono nel nostro territorio. La legge vuole introdurre uno ius soli “temperato”, un diritto di suolo, cioè, che renda cittadino chi nasce nel territorio dello stato, indipendentemente dalla cittadinanza dei suoi genitori. Al momento in Italia vale lo ius sanguinis: la cittadinanza, cioè, viene tramandata dai genitori ai figli. La seconda proposta di legge riguarda il diritto di elettorato attivo e passivo per i lavoratori stranieri regolarmente presenti da almeno cinque anni. Moltissime le adesioni a questa campagna, promossa da 19 organizzazioni della società civile tra cui Acli, Arci, Caritas, Centro Astalli, Cgil, Cnca, Comitato 1° Marzo, Lunaria, Libera. Il 22 settembre c’è stata una prima raccolta firme a Roma a cui hanno partecipato centinaia di persone tra le quali Pierluigi Bersani, Ascanio Celestini e Nichi Vendola. Il 25 settembre, inoltre, il comitato ha “marciato” da Perugia ad Assisi (marcia della Pace) e ora la mobilitazione continua in tutta Italia con la raccolta delle firme da parte dei comitati locali. L’obiettivo è quello di arrivare a quota 50mila, soglia minima necessaria per presentare le due proposte di legge in Parlamento. Tutte le informazioni su dove trovare i banchetti nella vostra città sono sul sito www.litaliasonoanchio.it. Chi non ha la tessera elettorale non può firmare, ecco perché a darsi da fare sarà chi è già cittadino.



Presentato a Venezia l’Osservatorio contro la discriminazione.
Realizzato dal Comune in collaborazione con l’Unar, svolgerà attività di sensibilizzazione, monitorerà gli atti della pubblica amministrazione e la stampa locale.
Immograzione Oggi, 03-10-2011
Nasce a Venezia un Osservatorio contro le discriminazioni razziali, con l’obiettivo di contrastare un fenomeno in crescita e sensibilizzare il territorio, partendo dai giovani. La nuova struttura, gestita dall’associazione “Sos diritti”, è operativa già dal 12 settembre ma è stata presentata alla città venerdì scorso.
Una parte consistente delle attività è costituita dallo sportello di consulenza e assistenza legale per vittime di discriminazione, dove potranno arrivare anche le segnalazioni e le testimonianze dirette di episodi avvenuti sul territorio. Istituito dal Comune di Venezia e dall’Unar, l’osservatorio avrà anche il compito di fare il “cane da guardia” dell’amministrazione, monitorando i progetti di legge e gli atti ufficiali, denunciando eventuali irregolarità. Ancora, il servizio promuoverà momenti di sensibilizzazione nel territorio, dialogando in particolare con le scuole, e condurrà un’attenta analisi della stampa locale per condannare i casi in cui venga usato un linguaggio esplicitamente discriminatorio o ci sia l’abuso di immagini stereotipate.
Tra i primi atti concreti realizzati dall’apertura, è stato illustrato, vi è una lettera indirizzata all’Autorità portuale di Venezia, alla Polizia di frontiera scalo marittimo, alla Questura e alla Prefettura, per segnalare atti di discriminazione rispetto al riconoscimento dei diritti umani verso i migranti intercettati al Porto di Venezia.
La sede dell’osservatorio si trova a Mestre, in via Costa 38, e le sue porte sono aperte il lunedì e giovedì dalle 10 alle 13 e il martedì e mercoledì dalle 15.30 alle 18.30.



Rebecca, la tunisina che cerca i ragazzi immigrati scomparsi
Conosce la storia di 500 tunisini spariti e ha deciso di non voltare le spalle: ha intrapreso un viaggio in Italia per chiedere l'appoggio delle Procure e dei consoli tunisini. "Non potevo restare immobile senza far nulla. Credo nella solidarietà. La mia storia di rifugiata politica mi segna da 23 anni"
la Repubblica, 03-10-2011
ROMINA MARCECA
PALERMO - Madri e mogli hanno visto in televisione i volti festanti all'arrivo in Sicilia. Poi, di loro, non hanno saputo più niente. Scomparsi. Diventati fantasmi all'improvviso, dopo lo sbarco. Da marzo scorso 500 ragazzi tunisini, tra i 16 e i 25 anni, sono spariti nel nulla dopo l'arrivo a Lampedusa. Erano sbarcati sulle coste dell'isola a bordo di quattro carrette del mare. Alcuni loro amici sono morti in un naufragio nel Canale di Sicilia il 14 marzo. Gli altri ce l'hanno fatta. Decine di parenti giurano di averli riconosciuti nelle riprese mandate in onda dai telegiornali. Li hanno chiamati ai numeri di cellulare, ma non hanno mai ricevuto una risposta. Si sono rivolti ad Amnesty International lanciando un appello ai connazionali in Italia. "Che fine hanno fatto i nostri figli?", hanno scritto sotto le loro foto mostrate alle telecamere in Tunisia.
Rebecca Kraiem ha deciso di legare la sua esperienza umanitaria alla ricerca dei desaparecido. Ha conosciuto la storia dei 500 tunisini scomparsi e ha deciso di non voltare le spalle. Da mesi, Rebecca, 53 anni e membro dell'associazione tunisina "Giuseppe Verdi" di Parma, ha intrapreso un viaggio in Italia per chiedere l'appoggio delle Procure e dei consoli tunisini. "Non potevo restare immobile senza far nulla. Credo nella solidarietà. La mia storia di rifugiata politica mi segna da 23 anni. Non ci dormo la notte. Devo trovare quei ragazzi. Chiunque ha notizie di loro può anche chiamarmi al cellulare. Questo è il mio numero: 3883610397", lancia
il suo appello Rebecca. "Non vorrei - continua - che questi giovani abbiano dato nomi falsi e siano finiti in un centro di identificazione da qualche parte in Italia. Vorrei cercarli anche lì, ma non posso entrare da sola. Ci vuole la rappresentanza del nostro governo". Rebecca conosce i genitori di due profughi scomparsi. Doveva incontrare i figli a Parma, subito dopo il loro arrivo, ma i ragazzi in Emilia Romagna non sono mai arrivati.
Qualche giorno fa Rebecca è arrivata anche a Palermo. Il console tunisino non l'ha ricevuta. Lei ha organizzato un presidio in piazza Ignazio Florio in segno di solidarietà con le madri di Tunisi. "Sono sconvolta - dice Rebecca - per la reazione del console tunisino. Era stato lui a chiedermi di non contattare le Procure perché si sarebbe interessato personalmente al caso". Ma c'è di più. Rebecca ha contattato anche il ministro del turismo a Tunisi. L'ha incontrato a Mazara del Vallo ma è rimbalzata su un altro muro di gomma. È così arrivata alla Procura di Palermo: il capo coperto dall'hijab, il piglio deciso. Ha bussato alle porte dei magistrati. Stavolta le hanno risposto, lei ha raccontato la vicenda e con i pm si è data appuntamento per un incontro con un avvocato.
I viaggi in giro per il Paese di Rebecca, però, continuano. È stata a Genova e Milano. Una pellegrina in cerca dei suoi connazionali. "Non sono sola - confida la donna - in questa mia ricerca ho al mio fianco solo mio fratello Alì". Rebecca non vuole rassegnarsi. "Non l'ho fatto - dice con orgoglio - nemmeno quando un cancro al cervello mi stava strappando alla vita. Ho lottato e ce l'ho fatta. Nel 2004 è come se fossi rinata e non intendo sprecare nessun attimo della mia esistenza". A sostenerla è anche il marito, presidente dell'associazione. Lei lo chiama marito, anche se non sono sposati. "Nel mio Paese è vietato dire "compagno"".
Rebecca, nel frattempo, ha anche fondato una nuova associazione: "Donne dimenticate". "Le donne nel mio paese non hanno il diritto di parlare. Sono tra le poche donne a non essere mai ritornata in Tunisia. Sono considerata una ribelle perché lotto contro i soprusi. Anch'io sono scampata alle violenze del mio Paese. Ma questa è un'altra storia, ed è meglio dimenticarla".



Lampedusa "porto non sicuro" ed è subito flop
il manifesto, 02-10-2011
Chiara Giarrusso, Alfredo Marsala

Bloccare le partenze dei migranti direttamente in Tunisia e se qualche barca riuscisse a sfuggire ai controlli dovrà essere respinta prima che entri in acque internazionali. L'obiettivo del Viminale è di evitare che si possa ripetere quanto avvenuto a Lampedusa: gli scontri tra tunisini e lampedusani, le cariche della polizia, i feriti. Immagini che hanno fatto il giro del mondo e che hanno scosso la comunità internazionale. Anche la gestione successiva, con i nordafricani rinchiusi per giorni nelle navi ormeggiate nel porto di Palermo ha evidenziato che sul tema c'è parecchia confusione. E al ministero è stata accolta con fastidio la notizia che la procura di Palermo ha aperto un fascicolo dopo l'esposto presentato da un gruppo di cittadini che ipotizzano l'abuso d'ufficio e il sequestro di persona da parte delle autorità che hanno gestito «i Cie galleggianti». In più c'è il problema dei costi. Il dipartimento sta facendo i conti delle spese sostenute per il trasferimento da Lampedusa a Palermo dei mille tunisini dopo l'incendio che ha semidistrutto il Cie dell'isola. Non ci sono numeri ufficiali, ma qualcosa comincia a trapelare.
Solo le navi ormeggiate al porto sono costate qualcosa come 90 mila euro al giorno. Poi ci sono i costi sopportati per spostare nel capoluogo siciliano i poliziotti dei reparti mobile di mezz'Italia: 12mila agenti, carabinieri e finanzieri. La decisione del ministro Maroni di considerare Lampedusa «porto non sicuro» dopo l'incendio del Cie è costata molto: sia in termini di euro sia di modello di gestione. Tant'è che si profila un dietro front.
Il ministero sta valutando la proroga della convenzione con «Lampedusa accoglienza», la società che gestisce i centri per i migranti nell'isola. Il contratto è scaduto il 30 settembre. «Stiamo aspettando risposte - conferma Cono Galipò, amministratore delegato di "Lampedusa accoglienza" - La prossima settimana dovremmo saperne di più. La decisione è politica». Non è ancora chiaro come e quando il Cie sarà riaperto. «Al momento - afferma Galipò - nei capannoni rimasti indenni dal rogo possiamo ospitare circa 500 persone». Sono 141 i dipendenti del Cie: 41 sono in ferie forzate, gli altri 100 sono rimasti senza lavoro poiché i loro contratti a tempo sono scaduti due giorni fa.
Anche la senatrice leghista Angela Maraventano conferma che sulla proroga sono in corso approfondimenti. «Non sappiamo ancora se sarà rinnovata, se ne discuterà nei prossimi giorni», ammette. Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, l'organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e Save the Children «la decisione di dichiarare Lampedusa porto non sicuro rischia di indebolire l'intero sistema di soccorso in mare di migranti e richiedenti asilo e al tempo stesso di aumentare la complessità e il livello di rischio delle operazioni di salvataggio». «Non essendo infatti più previsto di attraccare a Lampedusa - sostengono le associazioni - l'effettiva capacità di soccorrere della guardia costiera e della guardia di finanza verrebbe compromessa dalla distanza necessaria per raggiungere un altro porto, ad esempio Porto Empedocle a 120 miglia nautiche, specialmente in tutti i casi di condizioni meteo-marine avverse e laddove vi siano persone con urgente bisogno di cure mediche, minori e persone in condizione di vulnerabilità».
Per questo Unhcr, Oim e Save the children auspicano «che il centro di Lampedusa possa al più presto essere ripristinato».
Il progetto di portare a Porto Empedocle i migranti soccorsi nel Canale di Sicilia è sembrato impraticabile fin dall'inizio. Subito dopo l'annuncio di Maroni di Lampedusa «porto non sicuro», una motovedetta della finanza, giovedì scorso, è uscita in mare per soccorrere 74 tunisini su un barcone a 35 miglia a sud di Lampedusa. Il meccanismo è andato subito in tilt. Tra Roma, Palermo, Agrigento e Lampedusa è stata una sequela di telefonate che hanno coinvolto Viminale, Dipartimento di polizia, comando della Capitaneria di porto e della guardia di finanza, prefettura di Agrigento. Per cinque ore la destinazione dei 74 migranti è rimasta un mistero. Chi opera a Lampedusa ha provato in tutti i modi a convincere superiori e autorità che sarebbe stato impossibile trasportare i maghrebini a Porto Empedocle. Da Viminale l'ordine però era perentorio: basta immigrati a Lampedusa. A rassicurare il sindaco Dino De Rubeis c'era la senatrice leghista Angela Maraventano, vice sindaco sull'isola. «Tranquilli, qui non arriva più nessuno: Maroni me l'ha assicurato», ripeteva ai militari sull'isola che aspettavano disposizioni.
E così è stato. A quel punto, però, il problema era come gestire la situazione. Una sola motovedetta della finanza non bastava. È partito l'ordine di fare uscire in mare altre cinque motovedette di finanza e guarda costiera. I migranti sono stati distribuiti nelle sei unità militari che si sono dirette a Porto Empedocle. Un viaggio di 12 ore, mentre Lampedusa era rimasta senza mezzi sufficienti a gestire un altro eventuale soccorso. A Porto Empedocle, poi, i tunisini sono stati fatti salire su quattro pullman scortati dalle forze dell'ordine fino a Palermo, altre due ore di viaggio per 140 Km. Qui sono stati trasferiti nelle navi galleggianti, dove erano rinchiusi altri 500 maghrebini trasferiti da Lampedusa con ponti aereo.
Dopo una settimana la nave Vincent (la Moby Fantacy era partita per Cagliari e l'Audacia svuotata progressivamente con i migranti rimpatriati a gruppi di 100 al giorno) ha fatto rotta a Porto Empedocle con 100 tunisini a bordo. Qui è rimasta un giorno: i nordafricani sono stati fatti scendere, infilati nei pullman e ricondotti di nuovo a Palermo, da dove erano partiti, per essere poi imbarcati nei voli aerei e rimpatriati. «È scandaloso che i migranti sono stati spostati da un posto all'altro, alcuni con le manette ai polsi», dice Zaher Darwish, responsabile immigrazione per la Cgil di Palermo. Darwish è tra i firmatari dell'esposto alla procura presentato insieme a Fulvio Vassallo Paleologo, docente di diritto d'asilo della facoltà di giurisprudenza di Palermo, Pietro Milazzo della Cgil, Anna Bucca di Arci Sicilia, Tullio Prestileo, medico che si occupa di immigrazione all'ospedale Civico di Palermo, Judith Gleitze e Franco Juckert dell'associazione Bordeline Sicilia. A loro in questi giorni si sono aggiunte altre otto persone. «Ai magistrati chiediamo - dice Anna Bucca - di accertare se è stata violata la libertà personale dei migranti, se ci sono provvedimenti amministrativi che ne abbiano giustificato quel trattenimento e l'espulsione, se è stato garantito loro l'esercizio del diritto di difesa e se ci sono ipotesi di reato per illecita detenzione di minori».
L'avvocato Gaetano Pasqualino spiega che «la procedura di espulsione prevede che il questore per trattenere un migrante in assenza di documenti, deve adottare entro 48 ore un provvedimento motivato, che va trasmesso al giudice di pace per la convalida, il quale nelle successive 48 ore deve autorizzarlo o meno». «Non abbiamo notizie di questo genere di provvedimenti nel caso dei migranti trasferiti da Lampedusa a Palermo - prosegue Pasqualino - se la procedura non è stata rispettata si possono ipotizzare i reati di abuso di ufficio e sequestro di persona».



Immigrati, al popolo di Lampedusa il ''Premio gentleman per la pace''
IGN, 01-10-2011
Lampedusa - (Adnkronos) - Assegnato per "la solidarietà dimostrata negli ultimi anni nell'accogliere oltre 50 mila immigrati". A ritirare il premio è stato il sindaco, Bernardino De Rubeis: "Siamo molto onorati''
Lampedusa, 1 ott. - (Adnkronos) - Il 'Premio gentleman per la pace' e' stato consegnato oggi, nella sala comunale di Lampedusa, ai cittadini dell'isola per "la solidarieta' dimostrata negli ultimi anni nell'accogliere oltre 50mila immigrati". A ritirare il premio e' stato il sindaco Bernardino De Rubeis: "Siamo molto onorati di ricevere questo premio".
La scultura e' rappresentata da due mani che si intrecciano, una piu' chiara e l'altra piu' scura. Il premio e' stato conseganto da Gianfranco Fasan e Federico Aloisi del 'Premio gentleman' che da 17 anni viene dedicato al giocatore di calcio che ha dimostrato piu' fairplay nei confronti degli avversari.
"Quest'anno -spiega Fasan- visti i recenti episodi avvenuti a Lampedusa abbiamo deciso di consegnare il premio a questo popolo meraviglioso. Anche questo e' un segno di fairplay". L'organizzazione aveva chiesto di potere consegnare il premio questa sera, durante la serata finale di 'O Scia', la kermesse musicale organizzata da Claudio Baglioni. "Purtroppo ci e' stato detto che non e' possibile -spiega Fasan- ci sarebbe piaciuto poter consegnare il premio davanti al pubblico di 'O Scia'. Ci dispiace".



Quasi 50mila immigrati in provincia di Como
La Provincia, 03-10-2011
COMO - In un anno sono cresciuti dell'8,3% gli stranieri residenti sul territorio comasco e a fine 2010 erano 47.271,  cioè 3.600 in più rispetto al 2009.
La crescita è in linea con la media regionale, l'8,4 %, secondo le statistiche elaborate dalla Camera di Commercio di Milano e la tendenza, quest'anno, ha ancora un segno positivo davanti, per i 950 nulla osta concessi con il Decreto flussi e il migliaio di ricongiungimenti familiari.
Manca poco, dunque, alla proporzione di dieci stranieri ogni cento residenti in provincia di Como, ma sono diversi i fenomeni dietro le cifre: non si tratta, infatti, di 3.600 nuovi arrivi, bensì di regolarizzazioni. Anzi, di emersioni: extracomunitari privi di permesso di soggiorno ora hanno diritto di rimanere e di lavorare in Italia.
Sono soprattutto extracomunitarie: allo sportello unico per l'immigrazione, composto da prefettura, questura, direzione provinciale del lavoro, si è conclusa l'"operazione badanti" che ha regolarizzato 3.100 assistenti familiari in due anni.



Immigrazione: sbarco in Salento, trovati 80 migranti
In localita' San Cataldo, anche quattro donne e un ragazzo
(ANSA) - LECCE, 2 OTT - Uno sbarco di migranti e' avvenuto nella tarda serata di ieri nel Salento: in un'operazione che e' durata tutta la notte sono state trovate complessivamente un'ottantina di persone entrate clandestinamente nel territorio italiano. I migranti trovati sono quasi tutti uomini, ci sono anche quattro donne e un ragazzo. Lo sbarco e' avvenuto in localita' San Cataldo-Cesine. I migranti provengono da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan. Tutti, dopo le cure e gli accertamenti sanitari, sono stati accompagnati nel centro Don Tonino Bello di Otranto. (ANSA)



Immigrazione: tentativo di fuga da Cie Torino, un ferito
Protesta scoppiata contemporaneamente in tutti e 4 i settori
(ANSA) - TORINO, 2 OTT - Un tentativo di fuga e' stato messo in atto in serata dagli immigrati ospitati in tutte e quattro le aree del Cie di Torino ed e' stato neutralizzato dalle forze dell'ordine. Uno degli immigrati, un uomo che dice di avere 31 anni e di essere di nazionalita' marocchina, si e' ferito al viso e a una spalla. Gli agenti sono entrati nell'area del Cie per soccorrerlo e lo hanno affidato alla Croce Rossa Italiana.
La protesta e' cominciata contemporaneamente in tutte e quattro le aree. Gli immigrati hanno tentato di sfondare le reti e i cancelli d'ingresso, ma sono stati bloccati. (ANSA).



Cittadinanza e voto agli immigrati Così parte «L'Italia sono anch'io»
«Credo che chi nasce in Italia debba diventare cittadino italiano». Lo ha detto il presidente della Regione, Enrico Rossi che ha firmato le due proposte di legge
Corriere della Sera, 01-10-2011
«Credo che chi nasce in Italia debba diventare cittadino italiano». Lo ha detto il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi che ha firmato le due proposte di legge di iniziativa popolare lanciate dalla campagna nazionale «L'Italia sono anch'io», promossa da 19 organizzazioni, tra le quali anche Arci e Cgil. Le proposte di legge riguardano il diritto di cittadinanza e il diritto di voto amministrativo agli immigrati. Negli otto punti di raccolta delle firme allestiti in città e in comuni della provincia sono state raccolte circa 1.000 sottoscrizioni. Oltre a Rossi, in piazza dei Ciompi, sono intervenuti il presidente della Provincia di Firenze Andrea Barducci, consiglieri comunali, assessori e sindaci del territorio fiorentino.
«In Toscana - ha sottolineato Rossi -, ogni anno, più di 6000 bambini nascono da genitori stranieri su un totale di 33 mila nati: se non ci fossero questi bambini, la nostra popolazione regredirebbe. Bisogna in tutti i modi favorire l'integrazione dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, facendo leva, per esempio, sulla sensibilizzazione e la formazione delle loro madri, come avviene in altri Paesi europei». «In caso contrario - ha proseguito - rischiamo solo di accumulare nubi di tensione. A 18 anni un ragazzo nato in Italia e non ancora cittadino italiano si sente mutilato, umiliato e avvilito. Riconoscere lo jus soli è vitale per la serenità del nostro Paese». «Penso la stessa cosa per il diritto di voto - ha proseguito Rossi -. Oggi corriamo il rischio di mantenere una parte della popolazione nella condizione di paria, come nello Stato italiano ante-Giolitti. I diritti civili e politici vanno estesi e consolidati, pur gradualmente. La destra fece un gran baccano contro la nostra legge sui diritti sociali: finì che la Corte Costituzionale ci diede ragione». «Io non sono buonista - ha concluso il presidente -, sono per il rispetto della legge. So che l'integrazione non è cosa semplice, che le migrazioni provocano dolore e problemi per chi parte come per chi accoglie; ma so anche che questa è una sfida fondamentale».



Tre immigrati su quattro hanno un conto in banca
Corriere della sera, 01-10-2011
Arachi Alessandra

ROMA - Si parla dei problemi di integrazione quando si parla di immigrati. Di inclusione. Di assistenza sociale. Di asilo politico. Mai di economia. Eppure: lo sappiamo che ben 230 mila aziende nel nostro paese (l' 8,5% del totale) sono di proprietà di immigrati? Erano il 5,7% appena tre anni fa. «L' unico segmento di mercato che sta crescendo in Italia è proprio quello degli immigrati», dice Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, la banca che ormai da sei anni ha voluto aprire «agenzia tu», ovvero filiali dedicate ai cittadini immigrati. Facili i conti, adesso. Nel nostro paese gli immigrati non soltanto hanno conti correnti in grado di competere con i nostri, ma che, in alcuni casi, loro risultano essere clienti molto migliori di noi italiani. È sempre Federico Ghizzoni che sciorina i dati di uno studio sui risparmi bancari degli immigrati fatto da Unicredit e presentato ad un convegno organizzato dal Centro studi americano e dalla fondazione Italianieuropei. Uno studio che ribalta gli stereotipi. Da qui, infatti, emerge che tra gli immigrati che vivono da dieci anni nel nostro paese, ben il 74% ha un conto in banca, mentre fra quelli praticamente appena arrivati (da uno a cinque anni fa) il conto corrente in banca ce lo ha aperto almeno uno su due. Non soltanto: tra questi correntisti ben tre su quattro (il 75 per cento) ha chiesto e ottenuto un mutuo. Ovvero ha fornito alla banca garanzie sufficienti per ottenere un prestito, anche cospicuo, utile per comprare una casa o magari aprire attività commerciali. Facili i conti, adesso. Con quasi cinque milioni di immigrati residenti in Italia, i correntisti nelle banche italiani sono arrivati a coprire oltre il 5 per cento. E Federico Ghizzoni garantisce: «Sono correntisti molto affidabili. E noi siamo convinti: la migliore integrazione che possiamo garantire loro è proprio la fiducia per la concessione di un mutuo, di un prestito. Del resto basterebbe vedere i dati relativi all' insolvenza. Alcuni immigrati risultano in questo assolutamente migliori dei correntisti italiani». Andiamo a vederli i dati dell' insolvenza: al primo posto spiccano gli ucraini, con l' 1,3% di media. Ovvero: un punto percentuale netto meno degli italiani che, in media, risultano insolventi per il 2,3%. Al.Ar. 1,3 La percentuale delle insolvenze per quanto riguarda i clienti ucraini. Meno degli italiani, che si attestano al 2,3 per cento

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