Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

30 dicembre 2013

Wang e Alessio insieme Le bandiere del dialogo appese alle finestre di Prato
L’idea di associazioni e imprese per l’integrazione
Corriere della sera, 30-12-2013
DARIO DI VICO
È passato quasi un mese dal rogo che il 1° dicembre scorso uccise sette operai cinesi in una fabbrica-dormitorio del Macrolotto e scosse la coscienza civile dei cittadini di Prato.
Da allora molte cose sono successe e tante altre stentano ad accadere e così l’iniziativa riparte ancora una volta dal basso, dalle associazioni culturali italo-cinesi e dai giovani imprenditori di entrambe le etnie che avevano reso possibili le fiaccolate di solidarietà con le vittime dei giorni successivi alla tragedia.
Stavolta a farla da protagoniste saranno delle bandiere sui generis : da domani fino alla Pasqua 2014 l’appello che il laboratorio artistico di Compost e altre associazioni come Pratosfera, Cna World e i Giovani Industriali rivolgono ai pratesi è quello di appendere alle proprie finestre e ai balconi grandi foto-manifesto che mostrano la possibilità del dialogo inter-etnico. Scatti che raccontano l’amicizia tra persone di nazionalità diverse (non solo italiani e cinesi ma anche albanesi, pakistani, rumeni e nord-africani) e che, se la città risponderà, arrederanno Prato dalla fine del 2013 fino a Pasqua. Si è partiti con 200 bandiere ma l’obiettivo è di arrivare addirittura a 10 mila. Le prime adesioni fanno ben sperare visto che vengono, tra l’altro, dalle scuole e dalle due università straniere che hanno sede in città.
Dietro ciascuna foto c’è una storia di integrazioni difficili e amicizie nate dalla reciproca comprensione e dalla comunanza di interessi. Come quella tra le ventenni Sara e Monique, un’italiana e una congolese che si sono conosciute sulle piste di terra rossa dell’Atletica pratese. Oppure quella di Anthony Tang, 65 anni, medico in pensione e primo cinese arrivato in città, con la sua allieva di lingue Elisabetta, 75 anni. O ancora Roberto Wang e Alessio, studenti di prima media e compagni di playstation. E infine la cattolica Sara e la musulmana Amina che si sono conosciute all’oratorio mentre aspettavano i ragazzi che giocavano.
Gli artisti di Compost raccontano che il progetto delle bandiere (facewallprato.it ) è precedente al rogo ma gli avvenimenti delle ultime settimane hanno reso tutto più stringente. Del resto la politica e le amministrazioni locali litigano tra loro e ancora una volta stentano a trovare il bandolo della matassa così la voce che ha avuto maggiore eco nei giorni scorsi è stata quella del vescovo di Prato, monsignor Franco Agostinelli. Nell’omelia del giorno del Santo patrono (Stefano) ha paragonato gli operai cinesi morti a dei «moderni crocefissi immolati sull’altare dello sfruttamento» e ha sostenuto con vigore come sia arrivato il momento di muoversi annunciando tra l’altro la costituzione di due gruppi di lavoro proprio sui temi dell’integrazione.
Nella comunità cinese la tragedia del Macrolotto ha messo in moto dinamiche profonde ma che faticheranno a dare risultati. C’è stata tensione tra le famiglie delle vittime e gli imprenditori del pronto moda, sono stati distribuiti ad opera degli industriali più aperti, come Gabriele Zhang, volantini che invitavano i colleghi a mettersi a norma, a chiudere le fabbriche-dormitorio e a evitare l’uso delle bombole a gas. Ma è chiaro che la cittadinanza di Prato si aspetta di più se non altro perché così aveva solennemente promesso, prendendo la parola durante il consiglio comunale, la console cinese Wang Xinxia.
È in quest’attesa di novità che non arrivano che l’iniziativa delle bandiere segna un punto, parla alla società civile, la stessa che nel giorno del lutto cittadino non aveva mostrato particolare condivisione e che invece esponendo il segno del dialogo è chiamata ad essere protagonista della rinascita della città. Perché è inutile nascondersi dietro un dito: il risveglio di Prato, una delle città più multietniche d’Europa, richiede innovazione sociale.



Manconi: "Possibile riformare radicalmente la Bossi-Fini"
Il commento del presidente del Comitato straordinario per i diritti umani del Senato
stranieriinitalia, 30-12-2013
Roma, 30 dicembre 2013 - ''Non sono interessato agli slogan elettorali anche perchè sono dodici anni che ripeto sempre lo stesso concetto. Ma sono certo che la legge Bossi-Fini puo' essere radicalmente riformata ed i Cie possono, via via, essere svuotati con provvedimenti adeguati. Ad esempio con l'identificazione, gia' in carcere, di quanti trascorrono un tempo detentivo''.
Lo ha detto ai microfoni di SkyTg24, Luigi Manconi, presidente del Comitato straordinario per i diritti umani del Senato.
Manconi, al termine di una visita alla struttura di Ponte Galeria dove, intanto, oggi anche l'ultimo migrante ha cessato la protesta della cucitura della bocca, ha criticato quello che ha definito ''il tempo abnorme'' di detenzione nei Cie chiedendo che questo venga ridotto almeno a due mesi. '
'Ricordo che - ha poi detto - il tempo di permanenza era al massimo di 30 giorni nel 1999 quando la struttura ebbe inizio. Poi ormai e' assodato che chi non viene identificato in un mese non lo sara' neppure dopo. Quindi, il tempo successivo si e' trasformato in una pena inflitta per il solo reato di non avere i documenti in regola''.



Chaouki (Pd), "La vera iattura è la Bossi-Fini"
"Il Governo lavorerà ad una riforma della legge sull'immigrazione e inaugurerà finalmente una nuova stagione di diritti''
stranieriinitalia, 30-12-2013
Roma, 30 dicembre 2013 - ''Al segretario della Lega veneta Flavio Tosi rispondo che la vera iattura è stata la vostra legge, la Bossi-Fini, peggiorata dal cosiddetto ''pacchetto sicurezza'' che ha prodotto migliaia di clandestini e ha visto reclusi nei centri di accoglienza anche i profughi".
Lo affermato Khalid Chaouki, membro della Commissione Esteri e Presidente Commissione Cultura
Questa pessima legge non ha risolto la questione immigrazione - ha sottolineato Chaouki - e rischia di rendere l'Italia fanalino di coda dei paesi europei in ambito di rispetto dei diritti umani. La vostra stagione per fortuna e' terminata, presto il Governo lavorera' ad una riforma della legge sull'immigrazione e inaugurera' finalmente una nuova stagione di diritti''.
 


Cie, è una questione di dignità e civiltà
l'Unità, 28-12-2013
Moni Ovadia
I recenti episodi di brutalità che hanno avuto come teatro i cosiddetti Cie rivelano che la routine di quei luoghi di reclusione e di internamento si fonda su una costitutiva violazione della dignità umana. Le grandi leggi universali, ma anche le mirabili costituzioni democratiche, fra cui la nostra, assegnano alla dignità un ruolo centrale. La Repubblica federale di Germania ha addirittura edificato l’intero impianto costituzionale sul principio di dignità attribuendogli un valore assiomatico assoluto. Art 1. Comma 1. La dignità umana è intangibile. La nostra Costituzione, pur rubricandola fra i principi fondativi della democrazia, non ha scelto di enfatizzarne in modo così perentorio il significato decisivo. Porre la dignità in testa ad una Carta Costituzionale significa, in una certa misura, riconoscere che il concetto di dignità precede l’istituzione giuridica, ne è la precondizione, la legittima eticamente e successivamente entra a farne parte motu proprio.
Quali lezioni si possono trarre da questo approccio dei costituenti tedeschi? Innanzitutto che l’idea di dignità non ha bisogno di una legge per essere percepita ed affermata, ma che una legge giusta non può che fondarsi sulla dignità stessa. Un’altra lezione importantissima che deriva da questa prima è che la dignità umana non è a disposizione della legge e tanto meno di qualsiasi autorità giudiziaria, essa è appunto intangibile! In termini operativi, l’autorità giudiziaria di uno Stato democratico può, sotto certe condizioni, sospendere l’esercizio di un diritto fondamentale come la libertà e di quelli ad esso connessi, ma a nessun titolo, è bene ribadirlo, nessuno, senza eccezioni e mai, può agire sulla dignità di un essere umano, fosse anche il più efferato dei criminali, umiliandola, sfregiandola, negandola. Ed è bene capirlo una volta per tutte, un ordinamento sociale umano che si basa sulla dignità non esiste per indulgenza verso il crimine ma, al contrario, per garantire lo statuto di civiltà del diritto per gli esseri umani che lo formano. Ostinarsi a non capirlo significa voler perpetuare il dominio della violenza sulle nostre istituzioni.
Le disumane condizioni delle nostre carceri, la violenza concentrazionaria dei Cie, il mancato accoglimento del reato di tortura nella nostra legislazione, leggi come la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi mostrano alcuni aspetti gravi della colpevole arretratezza del nostro Paese a causa dell’incapacità di una classe politica, o strumentalmente forcaiola, o opportunisticamente pavida nel cancellare la vergona degli abusi commessi contro la dignità. Ma l’imputato principale dell’intollerabile ingiustizia è, come sempre, il deficit culturale anche di molti nostri cittadini che proviene da una mancata educazione al riconoscimento dell’inviolabile statuto di dignità del nostro simile, di ciascuno dei nostri simili per ciò che sono e non per ciò che fanno. La dignità è dotazione originaria della vita in quanto tale.



Immigrazione e Ius Soli. Infiamma la polemica tra Tosi e l'opposizione scaligera
Le immagini dei trattamenti riservati ai profughi nel centro di accoglienza di Lampedusa hanno scosso la politica nazionale e non, con le varie fazioni che si danno battaglia sulle eventuali contro misure da adottare
Verona sera, 30-12-2013
    "La chiusura del centro di accoglienza di Lampedusa, la riduzione del tempo massimo di permanenza nei Cie e la proposta insensata ed inutile dello Ius Soli sono una iattura per la sicurezza nazionale".
È quanto ha affermato ieri il sindaco di Verona Flavio Tosi, che poi ha proseguito affermando che si tratta di "idee demagogiche e attualmente insostenibili che andrebbero solo a generare ulteriore pressione migratoria, a impedire il contrasto all'immigrazione clandestina e a impedire le espulsioni. I Cie non sono delle galere, come qualcuno vorrebbe far credere - afferma il segretario della Lega Veneta - ma delle strutture per far sì che ogni clandestino sia accolto e la sua posizione sia valutata singolarmente. Chi definisce questi centri lager o carceri, offende la cultura e la civiltà del popolo italiano e tutti coloro che gestiscono queste strutture esponendosi a dei rischi. Renzi - continua il primo cittadino scaligero - accodandosi all'estrema sinistra nel chiedere l'abolizione della legge Bossi-Fini, assume una posizione irresponsabile. Purtroppo però alle dichiarazioni del segretario del Pd segue una campagna mediatica che, partendo dall'episodio del trattamento per la disinfezione degli immigrati fino alla protesta strumentale che ne è seguita, tendono ad associare le due cose affinché l'opinione pubblica sposi una sola tesi. In realtà quello che è successo sull'isola è tutto da verificare. Se il Centro di Lampedusa dovesse chiudere - prosegue Tosi - verrà nuovamente favorita l'immigrazione clandestina: ogni segnale di debolezza incentiva infatti chi vuole emigrare irregolarmente. Anche i Paesi europei che non si affacciano sul Mediterraneo stanno rivedendo in maniera più restrittiva le loro politiche sull'immigrazione".
Per Tosi quindi  "sarebbe il caso di prendere atto che oggi il problema fondamentale, che dovrebbe campeggiare tra le prime notizie dei telegiornali e dei quotidiani, è la condizione di vita delle famiglie italiane, la devastante crisi economica che si è trasformata ormai in crisi sociale".
Ma alle parole del sindaco di Verona replica subito l'opposizione scaligera. In una nota diffusa infatti, Damiano Fermo, consigliere comunale per il Pd, contesta le affermazioni di Tosi:
"In tempi di crisi come questo quello che risulta più difficile mantenere è la nostra umanità e il sindaco Flavio Tosi ci mostra con le sue parole proprio di aver perso oltre a questa anche il buon senso. In 5 anni di governo leghista dell'immigrazione per l'espulsione di poche migliaia di persone si sono spesi 100 milioni di euro. Inoltre l'aumento dei tempi di permanenza nei Cie a 18 mesi ha portato un aggravio per le casse dello Stato di120 milioni tra il 2012 e il 2014. Il centro di Lampedusa, che dovrebbe essere solo un luogo di passaggio, è stato mantenuto in costante stato di sovraffollamento strumentalmente dal centrodestra per mostrare un'emergenza inesistente. Si ingannano i cittadini per incassare voti sulla pelle di disperati. La maggioranza di chi arriva sui barconi sono profughi e non clandestini. Quindi le cifre stanziate sono del tutto sproporzionate mentre bisognerebbe spendere parte di quel denaro nell'inserimento dei migranti nella società. Ma questo evidentemente non porta voti al nostro sindaco. Senza tenere conto peraltro della sterile polemica sullo ius soli. Tosi sa che c'è già la possibilità di diventare cittadini per chi nasce in Italia. Si tratta solo di accorciare i tempi. Dai 18 anni portare questi bambini alla prima elementare con la protezione della cittadinanza italiana. Investiamo sulla loro istruzione ed è giusto che non siano disconosciuti dal loro Paese che è chiaramente l'Italia. Basta chiederlo ad uno qualunque dei loro compagni di banco nelle nostre scuole". Che Tosi pensi ai tanti universitari veronesi che scappano da una Verona che muore e la smetta di nutrire il suo pragmatismo della paura. I veronesi e gli italiani hanno bisogno di una nuova fiducia nel futuro, non della continua paura nel diverso".



Stranieri e mondo del lavoro Un bilancio sul 2013
Corriere.it, 29-12-2013
Stefano Pasta
Lo scorso ottobre, una circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha messo nero su bianco che non ci sarà un nuovo decreto flussi per i lavoratori stranieri. «La domanda di lavoro attesa – si legge nella circolare – può essere ampliamente soddisfatta nell’ambito dei settori, dei territori, e dei profili richiesti, compreso il settore domestico, dell’offerta di lavoro disponibile, anche in assenza di una nuova programmazione di quote generali tramite i decreti flussi annuali».
    La decisione ha una conseguenza non irrilevante: anche per quest’anno, per cercare fortuna in Italia resteranno aperti solo i canali d’ingresso irregolari. Cioè, chi vuole entrare in Italia, dovrà farlo senza documenti.
Proviamo a vedere come la crisi economica ha inciso sull’occupazione straniera. Secondo il terzo Rapporto annuale Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia, pubblicato a luglio dal Ministero, italiani e stranieri soffrono insieme. Nei cinque anni della crisi, i disoccupati stranieri sono cresciuti di oltre 220 mila unità, raggiungendo quota 383 mila cittadini stranieri senza un lavoro (il 14% rispetto al 10% degli italiani). In termini assoluti, però, crescono anche i lavoratori stranieri con contratto regolare: erano 1,75 milioni nel 2008 e sono 2,3 milioni oggi (il 10% del totale della forza lavoro). Il problema del lavoro per la popolazione straniera, come del resto per quella “autoctona”, è un fatto europeo: complessivamente, nell’Ue il tasso di disoccupazione degli stranieri nel 2012 è pari al 17,8% (quindi superiore al valore italiano), 5,6 punti percentuali in più rispetto al 2008.
Leggendo il documento del ministero del Lavoro, si trovano altri temi “noti” che accomunano italiani e stranieri in tempi di crisi. Non a caso, spuntano i giovani e la sofferenza dell’industria: «L’aumento – si legge – è dovuto in larga misura all’espulsione di lavoratori stranieri dai comparti produttivi manifatturieri, a cui si aggiunge una componente di “giovani” ex inattivi – spesso di seconda generazione – in fase di transizione dalla scuola alla vita adulta e professionale». Le diverse comunità straniere sono state differentemente colpite dalla crisi: la perdita occupazionale è maggiore per le quelle tradizionalmente occupate nel settore industriale, mentre sono meno colpite quelle più caratterizzate dal lavoro nei servizi alle famiglie e di assistenza, soprattutto donne. Senza dimenticare che il 9,1% delle imprese individuali ha un titolare extracomunitario (la quota è in crescita), la crisi ha però accentuato il processo di concentrazione su poche professioni, soprattutto delle donne immigrate.
    Il Rapporto parla addirittura di «segregazione professionale»: se l’anno scorso la metà delle lavoratrici straniere era occupata come colf o badante, nel 2008 per raggiungere il 50% del totale dovevano invece essere considerate anche le commesse, le operaie e le addette ai servizi di pulizia. Vale anche per gli uomini, concentrati solo su alcune professioni, tra cui muratori, camionisti, braccianti, facchini e ambulanti.
Vanno in questa direzione anche altri effetti della crisi: l’aumento dei livelli di “sovra istruzione” (svolgere mansioni sottodimensionate rispetto al proprio livello di istruzione/qualificazione; nel 2012 riguardava il 41% degli stranieri), la crescita della sottoccupazione e soprattutto del gap salariale con i colleghi italiani. Ebbene sì, gli stipendi medi degli stranieri sono più bassi di 336 euro rispetto agli italiani, 968 euro contro 1304. Prima della crisi, la differenza era di “soli” 266 euro al mese. Sempre il Rapporto rivela un altro gap, questa volta a parti invertite. Nel 2012, per gli stranieri è stato relativamente più facile firmare un contratto a tempo indeterminato: tra gli italiani, la quota non supera il 17% delle nuove assunzioni, che sale invece al 39% per gli stranieri.



Arrestato per strada ex protagonista della rivolta delle bocche cucite al Cie
Era stato liberato dal Centro di Ponte Galeria poco dopo Natale, bloccato dai carabinieri mentre rompeva moto
Corriere.it, 30-12-2013
ROMA - Uno dei protagonisti della protesta delle «bocche cucite» al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria è stato arrestato nella Capitale per danneggiamenti. L’uomo, un palestinese di 31 anni, irregolare sul territorio italiano e con precedenti, era stato rilasciato da Cie poco dopo Natale. Lunedì 30, ubriaco e preso da una crisi di rabbia, ha buttato a terra e ribaltato in strada 16 bidoni dei rifiuti in ghisa e 14 motocicli in viale Guglielmo Marconi, a Roma. E’ stato sorpreso da una gazzella dei Carabinieri mentre stava prendendo a calci 5 moto che aveva da poco scaraventato a terra all’angolo con via Pietro Blaserna.
MANETTE IN CASERMA -Il trentunenne, che ha tentato di sfuggire all’arresto scagliandosi contro i militari, è stato fermato. Guidati dalle testimonianze raccolte sul posto, i carabinieri hanno verificato che nelle vie limitrofe il palestinese, prima di scaraventare a terra le moto, aveva fatto lo stesso con i bidoni di rifiuti, danneggiando anche in più parti alcune centraline della rete elettrica. L’immigrato è stato arrestato dai Carabinieri e portato in caserma, in attesa di essere sottoposto al rito direttissimo. Gli accertamenti hanno fatto poi emergere che si tratta di uno degli ospiti del Cie di Ponte Galeria che nei giorni scorsi aveva messo in atto la protesta delle bocche cucite.

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