Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

01 dicembre 2010

Sotto la neve continua la protesta sulla torre a Milano
Libero, 01-12-2010
Milano, 1 dic. (Adnkronos) - Neanche la neve ferma la protesta dei due immigrati che, dall'alto della torre dell'ex Carlo Erba in via Imbonati a Milano, chiedono una nuova sanatoria. Una protesta, iniziata il 5 novembre scorso, con protagonisti cinque extracomunitari.
Sabato scorso uno dei manifestati, un 23enne egiziano, era stato soccorso e trasportato in ospedale dopo un malore, causato proprio dal freddo. Un'ulteriore 'decimazione': dopo dieci giorni due manifestanti erano scesi dalla torre ed erano riusciti a far perdere le proprie tracce.



Test per immigrati e italiani somari

Corriere Della Sera, 01-12-2010
Gian Antonio Stella
Test italiano per gli immigrati», esulta la Padania. E sotto il titolone che domina la prima pagina spiega: «Al via dal 9 dicembre il decreto firmato dai ministri Maroni Gelmini: permesso di soggiorno solo a chi dimostra di conoscere la nostra lingua. Il principio è lo stesso che è contenuto nel pacchetto sicurezza».
Obiezioni? No. Certo, questo tipo di test fu usato in America e altrove «contro» i nostri nonni. Al punto che lo «scienziato» Arthur Sweeny, nel saggio Immigrati mentalmente inferiori — Test mentali per immigrati pubblicato da North American Revue nel numero di maggio 1922, se ne servi per teorizzare l'incapacità degli italiani di stare al passo con gli altri stranieri arrivati negli States: «Non abbiamo spazio in questo Paese per "l'uomo con la zappa", sporco della terra che scava e guidato da una mente minimamente superiore a quella del bue, di cui è fratello». Nonostante il rischio che qualcuno se ne serva per prepotenze razziste, però, l'obbligo per chi viene a vivere in Italia di conoscere l'italiano non è affatto sbagliato. Anzi, al di là della questione di principio (chi viene qua deve integrarsi: per il bene nostro, suo e dei suoi figli) perfino i più accaniti nemici di ogni regolamentazione del fenomeno immigratorio devono riconoscere che un filtro come quest    può aiutare ad esempio a spezzare il cerchio infame con cui certi mariti riducono le mogli in schiavitù domestica o certi padroni cinesi riducono in schiavitu gli immigrati più poveri in
tanti laboratori clandestini. Conoscere la lingua del Paese in cui si vive è essenziale per uscire e rompere l'isolamento.
Detto questo, una domanda: chi li preparerà, quei test per valutare l'italiano degli immigrati? Qualche burocrate di quelli che scrivono «obliterare» invece che timbrare o sostengono che «il treno non "disimpegna" servizio di prima classe»? Ne rideva già 45 anni fa Italo Calvino spiegando che il cittadino dichiarava «stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa...» e il brigadiere verbalizzava: «Il sottoscritto, essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello scantinato per eseguire l'avviamento dell'impianto termico...».
Li preparerà qualche funzionario locale? Di quelli come il segretario comunale di Ariano Irpino che usa parole come «meridianamente epifanica» o «devozione al culto del formalismo idealizzato come un rifugio onirico»? Scelga bene, il ministro Maroni. L'importante è che non affidi il compito di valutare se gli immigrati sanno l'italiano a certi amici di partito. Come il sindaco leghista di Montegrotto, Luca Claudio, che tempo fa fece scrivere polemicamente sui cartelli stradali luminosi della cittadina le seguenti parole: «Cittadini, emigrate! Vivrete meglio da immigrati in un'altro paese». Dove «un'altro» aveva l'apostrofo. Prova provata che i somari, in ortografia e grammatica, non son solo «foresti».



La lotta delle donne contro le mutilazioni

QN, 01-12-2010
Maria Rita Parsi
VI SONO posti nel mondo - 40 Paesi, per lo più africani - dove la vita e la dignità di una donna, il suo valore sociale sono legati a un taglio, ad una cucitura che la menomano e la torturano, privandola di ogni sensibilità sessuale e trasformano ogni naturale espressione della sua femminilità (il coito, il periodo mestruale) in una tortura. L'infibulazione e le pratiche similari, di origine tribale, volte a sottolineare il ruolo sociale marginale della donna, pur ormai sanzionate persino nei Paesi dove la tradizione prevaleva e in quelli - Italia compresa - dove l'immigrazione li aveva "contagiati", sono il fulcro del lavoro di Sabrina
Avakian "Donne cucite-inchiesta sulla mutilazione genitale femminile" (Edizioni Libreria Croce), crogiuolo delle voci delle vittime di questa pratica barbarica, raccolte dall'autrice in Ogaden, Somali Region. Da molti anni impegnata come operatrice umanitaria - nel suo caso, l'aggettivo "umanitaria" ha un valore d'impegno estremo nel dedicarsi agli altri, mentre nel testo, pur con incisi "misericordiosi", emergono figure di funzionari Onu tutto fuorché "umanitari" -Sabrina ha raccolto testimonianze di grande valore delle protagoniste, "mammane" amputatrici comprese, sul calvario di queste donne plagiate da una cultura "ginecofobica" talmente metabolizzata da convincerle che la scelta dell'infibulazione è giusta e socialmente accettabile, pena l'emarginazione. Completano il libro la prefazione di Franco Brogi Taviani, la postfazione del giudice Melita Cavallo, la conclusione della psicologa Lucia Lucarelli ed il ricordo di Ilaria Alpi giornalista-simbolo di una professione con la schiena diritta, vittima di un conflitto infinito e dei loschi traffici che ne sono corollario. Un'inchiesta che assevera la campagna sulla firma dei petali di rosa che Aidos ed Amnesty International hanno lanciato a Palazzo Chigi il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza alle donne.



Immigrati, forum a Napoli

Avvenire, 01-12-2010
NOÈ GHIDONI *
Sara Napoli a ospitare, 1'11 e 12 febbraio  prossimi, la Conferenza nazionale per l'immigrazione del Mcl che vedrà la
presenza di 250 persone in rappresentanza del ben più ampio gruppo di dirigenti e collaboratori, anche stranieri, che già operano all'interno delle strutture del Movimento. Sono attori e testimoni di esperienze significative, sia
in qualità che in quantità, dislocate non solo in Italia, ma anche nelle sedi Mcl di Marocco, Romania, Moldavia e Bosnia. Si tratta di un appuntamento per fare il punto sulla questione immigrazione con la presenza di autorevoli esponenti della Cei e della direzione ministeriale preposta. Non solo: l'intendimento è ridefinire, ricalibrare e rilanciare l'impegno a
favore dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie presenti legalmente sul territorio, a partire dall'esperienza di tante buone prassi avviate nelle realtà' locali. Nell'occasione Mcl intende ribadire la convinzione che la questione
dell'immigrazione non avrà soluzione e sarà sempre motivo di scontro finché verrà filtrata attraverso le ideologie che impediscono di affrontare il tema per quello che è: una questione reale che interpella la società e la politica, in particolare per la responsabilità di progettare e organizzare il futuro di una società.
E proprio una vera politica è mancata in questi anni preferendo più redditizi e diversi sfruttamenti del fenomeno. Gli immigrati, a ben vedere, sono oggetto dell'attenzione interessata di molti (anche connazionali): di chi ne ricava
consenso elettorale o pensa di ricavarne in futuro, di chi li impiega in lavoro nero senza alcuna tutela, di chi «vende» fittizi posti di lavoro necessari a ottenere i permessi di soggiorno, di chi catapecchie senza contratto, di
chi, come nei giorni scorsi è successo a Brescia e Milano, cavalca la protesta con il risultato di impedire di comprenderne le vere ragioni. Il sistema in corso ha portato al fatto che la stragrande maggioranza degli immigrati regolari
proviene da uno stato di clandestinità, segno che è la stessa legge in vigore a generare il male che intende combattere quando, ad esempio, prevede che un possibile datore di lavoro assuma persone non presenti in Italia e iscritte
in una lista presso le sedi diplomatiche italiane all'estero: è evidente che nessuno assumerà maiuna collaboratrice domestica, un tecnico o un operaio senza averlo visto in faccia. Si rivolgerà, piuttosto, al mercato clandestino. Perciò la
norma va cambiata se vogliamo che non sia aggirata, ma rispettata con la dovuta fermezza.
Quando insistiamo per la legalità vogliamo dire che le norme devono essere chiare ed «esigibili» e che tutti, italiani o stranieri, devono rispettarle.
Un'attenzione non segnata da pregiudizi potrebbe portare, inoltre, a valutare con serenità la questione della cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia e inseriti stabilmente nelle comunità.
* vicepresidente Mci



L'immigrato non compra più casa

la Repubblica, 01-12-2010
ROSA SERRANO
Calo di acquisti immobiliari residenziali degli immigrati in Toscana. Rispetto al 2007 quando si registrarono 12.800 compravendite di case, quest'anno gli affari conclusi da stranieri si dovrebbero attestare a quota 5.100 con una diminuzione, quindi, del 60,1%. L'effetto combinato della congiuntura economica negativa e della perdurante difficoltà di accesso ai finanziamenti immobiliari dovrebbero provocare quest'anno un'ulteriore contrazione degli acquisti da parte dei lavoratori immigrati (-8,9%) contribuendo, così, ad alimentare la domanda di affitto o la coabitazione. "Per il 2011 - spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari - le previsioni vanno nella direzione di una maggiore presenza sul mercato residenziale degli stranieri: dovrebbe, infatti, consolidarsi la timida apertura del sistema creditizio che si è manifestata nella seconda parte di quest'anno".
Per il prossimo anno vengono stimate circa 6.500 compravendite di case con immigrati, con un possibile incremento nell'ordine del 27,4%. Le transazioni che dovrebbero concludersi quest'anno nella provincia fiorentina sarebbero circa 300, di cui circa il 25% localizzato nel capoluogo. La flessione rispetto al 2009 è del 12%. Un numero particolarmente contenuto, soprattutto se rapportato al numero di immigrati residenti. Il mercato è fortemente condizionato da prezzi elevati e dalla scarsità di appartamenti usati a livello economico. Il costo dell'immobile è più determinante della localizzazione, vista anche la difficoltà di ottenere mutui a copertura elevata; conseguentemente, la maggior parte della domanda si sposta in provincia (in particolare nei comuni di Campi Bisenzio e Sesto Fiorentino) o in direzione di Prato e Pistoia.
A guidare la classifica degli acquisti sono ancora gli est europei, in prevalenza albanesi e rumeni che spuntano un significativo 48,5% (2 punti percentuali in più rispetto al 2009). Scende, invece, di 4,5 punti percentuali la quota riguardante i cinesi, al secondo posto con il 17,5% delle transazioni. In aumento le compravendite da parte di indiani e paesi limitrofi che segnano un significativo 8,5% (+1,5%), seguiti dai sudamericani con l'8% (+2%) e dagli immigrati provenienti da paesi nord africani con il 7% (+1%). L'abitazione media acquistata a Firenze è di circa 60 mq., mentre in provincia il taglio dimensionale è maggiore (70-80 mq.). In molti casi, gli stranieri cercano case da ristrutturare. Tendenza confermata anche dai modelli 730 presentati da lavoratori stranieri che evidenziano un incremento delle domande per usufruire del bonus Irpef del 36% previsto a favore dei contribuenti che effettuano interventi di ristrutturazione sui loro immobili Come a dire: l'integrazione passa anche per il fisco.



Finalmente l'Italia dice basta al razzismo contro gli animali

il Giornale, 01-12-2010
Oscar Grazioli
Dopo il caso Torino l'ordinanza nazionale che vieta ai proprietari di negozi di impedire l'accesso a cani e gatti. Così diventiamo più civili
E finiamola, una buona volta, con questo ostracismo di cani e gatti che, se solo osano affacciarsi in un luogo pubblico, suscitano urla, orrore e comportamenti demenziali che una tradizione becera e fuorviante alimenta. Mai possibile che, ancora oggi, si debba assistere allo spettacolo dell'anziano che lega il cagnolino al palo della luce perché deve entrare in uno dei mille negozi che non ammettono la presenza dei quattro zampe? Mai possibile che lo si debba costringere ad attendere il suo turno, con il cuore in gola, un occhio al bancone e l'altro fuori della vetrata, pregando che qualche delinquente non gli freghi l'ultimo affetto che gli rimane in vita?
Pochi giorni fa, come abbiamo riportato, il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, un vero faro per tutti gli amanti seri degli animali, ha presentato a Milano, assieme all'associazione nazionale dei comuni, un'ordinanza che ha lo scopo esplicito di creare delle città anche a misura degli animali. A parte alcuni luoghi, dove occorrono permessi speciali (ospedali, scuole, musei) finalmente anche Fido speriamo non si vedrà più cacciato dal negozio di merceria o dall'ufficio postale per una pretesa e assurda normativa igienica, visto che le malattie gravi, trasmissibili dal cane all'uomo, sono ormai inesistenti, mentre destano molta più preoccupazione quelle trasmissibili da uomo a uomo.
Il ministro Brambilla si è fatto forte di un recente sondaggio commissionato all'Ipsos, secondo cui un campione significativo di 1000 intervistati mostra che gli italiani amano gli animali domestici e li considerano parte integrante della famiglia. Il 42 per cento del campione ne possiede almeno uno e il 78 per cento considera gli animali domestici come veri e propri compagni di vita, con una differenza sorprendentemente poco sensibile tra chi ha un animale in casa e chi non ce l'ha. Dall'84 al 71%. Quando è ora di andare in vacanza i proprietari di animali scelgono l'appartamento la casa in affìtto (40%), mentre un 30% sceglie alberghi, campeggi e bed and breakfast. Il progetto del ministro Brambilla "Turisti a 4 zampe" riscuote una percentuale di buona accoglienza bulgara (93%), e personalmente ho fondati motivi per pensare che in questo c'entri anche un certo grado di diffusa simpatia verso il dinamismo, l'intelligenza, la simpatia e, perché no, lo charme della ministra.
C'è un elevato accordo anche sul fatto che debba essere acconsentito agli ani mali l'accesso ai luoghi pubblici (84%) e conseguentemente un'ar-monia d'intenti verso la ricerca di tratti di spiaggia balneabili (83%). L'80% del campione intervistato poi, sostiene che questi provvedimenti, una volta andati a regime si rifletteranno nell'apporto di una maggiore considerazione turistica verso il nostro paese.
Una maggioranza insperata degli intervistati (95%) è convinto che gli animali vadano rispettati e solo il 4% ritiene che l'uomo sia superiore ad essi e quindi in grado di farne ciò che vuole. Quasi il 90% del campione chiede alla politica di entrare seriamente in campo nella protezione della natura e degli animali. Ne tenga conto, nel prossimo, futuro chi si appresta a governare il paese. Chiunque sia.



È la vincitrice del massimo premio letterario nazionale
La scrittrice sudafricana: «Mai un drink con un nero»
Corriere Della Sera, 01-12-2010
Michele Farina
L'afrikaner Botes fa scandalo nel Paese arcobaleno
La donna che ha osato gridare «il re è nudo» nel Paese che ancora si dipinge come la corte arcobaleno di Nelson Mandela, la scrittrice che ha sfregiato la cartolina buonista dei Mondiali e l'epopea cinematografica di Clint Eastwood («Ama il tuo nemico») è una signora paffuta di 53 anni, il volto occhialuto e pacioso di un'ex insegnante di musica che suonava l'organo in chiesa. E che oggi, accusata di plateale razzismo, si difende raccontando di aver perso il posto, al tempo dell'apartheid, quando osò dire ai fedeli che non potevano trattare come schifezze i neri che pulivano la chiesa.
Non basta il passato, naturalmente, a «scagionarla». Perché Annelie Botes l'ha detta grossa. Anzi secca: «Non mi piacciono i neri». Così, senza mezzi termini. «Non li capisco, mi fanno paura». Nero uguale criminale, questo è l'assunto. Dopo il polverone, lei si rifiuta di fare marcia indietro: «È la verità. Sarò stata impulsiva, forse è ingiusto mettere tutti i neri sotto lo stesso ombrello. Naturalmente, ci sono molti neri che mi piacciono. Ma volevo dire quello che ho detto. Uno scrittore non è tenuto a essere politicamente corretto».
Lei è la scrittrice afrikaner più popolare del Sudafrica, mica l'erede del neonazista Eugene TerreBlanche. È una voce di nicchia, certo: l'afrikaans è la lingua dei Boeri, i bianchi di origine olandese che sono stati il perno dell'apartheid e che ora si sentono a loro volta discriminati. Ma Annelie Botes, figli emigrati in Inghilterra e un marito che aspetta la pensione per seguirli, non è tra i nostalgici del segregazionismo, minoranza nella minoranza, razzisti che cantano le bellezze del vecchio sistema. Ma questo è peggio, perché le sue affermazioni non si possono etichettare velocemente come spazzatura retrò. Botes ha appena vinto il massimo premio nazionale con il romanzo Thula Thula, storia di incesti e violenze sulle donne che ha venduto 34 mila copie. Uno dei suoi libri ruota intorno all'autismo. Una donna sensibile, impegnata. Che ammette «le mostruosità indicibili» commesse contro i neri nel passato regime. Che dice di non aver difficoltà «a condividere il tavolo 0 il bagno con un nero».
Eppure, lei un giardiniere black non lo assumerebbe mai. «Per paura». Quando il giornale Rapport le chiede quali sono le persone che non le piacciono, lei dice: «I neri». Giornali e siti in lingua inglese riprendono la sua sparata: «I don't like black people». Motivo? La criminalità: «Neri a parte, nella mia vita quotidiana non c'è nessuno di cui abbia timore. Se mi suona alla porta un postino bianco, indiano o coloured (meticcio, ndr), non ho difficoltà a farlo entrare e offrirgli un bicchiere di acqua. Se è nero, no». Botes racconta di quando un ladro la svegliò nella notte, le rubarono un laptop con l'originale di un romanzo. Di quando hanno ammazzato la sua vicina. «Qualche giorno fa ho letto di una 84enne uccisa per strada. Nel villaggio dove vivono i miei figli in Inghilterra, di notte, le strade non sono illuminate eppure la gente non ha paura di camminare. A Port Elizabeth io non vado mai in spiaggia da sola». Ammettiamolo, dice Botes, «la faccia della criminalità in Sudafrica è nera». Anche quella della maggioranza delle vittime: non è il caso — le chiedono — di aggirare gli stereotipi razziali? «Come scrittrice racconto quello che vedo, quello che vivo. Non è mio compito essere politicamente corretta».
Intanto il giornale afrikaner Die Burger le ha tolto la rubrica. Il suo editore prende le distanze. Lei dice di aver ricevuto mille email di sostegno e accusa il Mail & Guardian, il più rispettato giornale sudafricano, di aver trascritto solo i giudizi negativi e tralasciato le sue affermazioni anti-apartheid. Tra i lettori ecco l'accusa di Susana: «Dov'era la Botes quando il regime razzista uccideva i neri? Perché non è emigrata allora?». Ed ecco la difesa di un certo TzmeBlanc: «Io, nero, quando vedo un nero avvicinarsi alla mia auto controllo che siano chiusi i finestrini. Facciamo tutti così. Questo vuol dire che siamo tutti razzisti?».



Muore immigrato colpito da Taser

il Sole, 01-12-2010
FRANCIA -Un immigrato irregolare del Mali è rimasto ucciso da due scariche elettriche di pistola Taser, subite durante un fermo della polizia a Colombes, nelle banlieue di Parigi. Subito aperta un'inchiesta. Secondo i poliziotti, durante il controllo di identità l'immigrato avrebbe tentato di colpirli con un martello. Il ministro dell'Interno, Brice Hortefeux, ha giustificato l'utilizzo della pistola.
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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