Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

19 maggio 2011

Lampedusa, nella notte sbarcati 208 immigrati provenienti dalla Libia
ilSole24Ore.com
Dopo una tregua negli sbarchi durata quasi una settimana, la notte scorsa è approdato direttamente a Lampedusa un barcone con a bordo 208 profughi provenienti dalla Libia. Tra loro erano presenti anche una ventina di donne e tre neonati. Trasferiti nel centro d'accoglienza di contrada Imbriacola, gli extracomunitari sono in buone condizioni di salute. Intanto il miglioramento delle condizioni del mare nel Canale di Sicilia lascia supporre l'eventualità di nuovi possibili sbarchi.
Ieri a Lampedusa ha fatto visita il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, che portando ai lampedusani il messaggio di solidarietà della Chiesa, ha ringraziato la comunità isolana per la grande dimostrazione di "fraternità cristiana". "Una risposta ha detto Bagnasco - per quanti parlano molto e fanno poco". In corso il pattugliamento del mare da parte di mezzi navali e aerei di Guardia costiera e fiamme gialle.



Arrivano sulle coste italiane i super radar anti-scafisti
la stampa 19 maggio 2011
Luca Fornovo
Occupazioni selvagge, presidi con bandiere, assalti per fermare le ruspe e in qualche caso blitz incendiari. Nel Centro e Sud Italia divampa la protesta di cittadini, sindaci e ambientalisti per bloccare i «radar della discordia». Una potente rete di sensori radar anti-scafisti, in alcuni casi su tralicci alti 12 metri, si prepara a invadere alcuni angoli incontaminati delle più belle coste italiane. Nel mirino sono finite Stintino (Sardegna), Santa Maria di Leuca (Puglia) e Siracusa (Sicilia). E queste sono solo alcune delle località turistiche, dove l’azienda romana Almaviva ha in programma di installare nel Mediterraneo sensori di profondità, ideati dall’israeliana Elta System, controllata dalla compagnia statale Aerospace Industries.
L’appalto milionario arriva dalla Guardia di Finanza, che con i radar anti-scafisti (nome in codice El/M-2226) ha obiettivi ambiziosi: prevenire l’immigrazione clandestina, il traffico di droga, gli attacchi terroristici, il contrabbando e la pesca illegale. Questi potenti radar a micro-onde riescono, infatti a intercettare un motoscafo alla velocità di 10 miglia. E a tenere sotto controllo 100 obiettivi contemporaneamente.
«Abbiamo paura che questi radar, che certo sono utili, possano rovinare le nostre meravigliose spiagge» denuncia Vincenzo Tiana, presidente di Legambiente in Sardegna che su questi temi ha avviato un confronto a livello nazionale. Chi invece cerca di calmare le acque è Antonio Amati. Secondo il direttore generale dio Almaviva (800 milioni di euro di ricavi e 22 mila dipendenti), «i radar verranno installati su colline, lontane 300 metri dalle coste seguendo le procedure senza imboccare scorciatoie militari. E le emissioni elettromagnetiche saranno inferiori a quelle delle antenne dei telefonini».
Eppure la paura di nuovi eco-mostri e dei rischi per la salute terrorizza la gente. Così tra Sicilia, Sardegna e Puglia è tutto un fiorire di «comitati noradar». I più furiosi sono i sardi che hanno scoperto che i siti dove installare i sensori anti-scafisti sono parecchi: Capo Pecora a Fluminmaggiore, Capo Sperone a Sant’Antioco, Punta Foghe a Tresnuraghes, Capo Falcone a Stintino, Punta Scomunica all’Asinara. All’Argentiera (Sassari), martedì qualcuno, in segno di protesta, ha appiccato un incendio che ha distrutto la villetta della famiglia Brandimarte che ha concesso il terreno per il radar.
Il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, ha detto no, ha minacciato vie legali e ha spedito una lettera ai ministri dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo e al ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli e al presidente della Regione, Ugo Cappellacci. A dire di no è stato anche il sindaco di Sant’Antioco, Mario Corongiu. E una discussione è in corso anche nel consiglio provinciale di Carbonia Iglesias. Ma i comitati no radar impazzano con sit-in di protesta a Gagliano del Capo in Puglia e a Capo Murro di Porco, all’interno dell’area protetta del Plemmirio di Siracusa. E con l’estate alle porte, la stagione dei no-radar è appena iniziata.



Bagnasco: c'è chi parla molto e fa poco
il Sole 24Ore 19 maggio 2011
«L'Europa potrebbe fare molto di più» sull'emergenza immigrazione. Il presidente della Cei, Cardinale Angelo Bagnasco, ieri è tornato a lanciare un appello «alla Ue e anche all'Italia che si devono ricordare di Lampedusa». Il porporato è arrivato ieri in visita sull'isola dove avrebbe dovuto visitare anche il centro di accoglienza, la visita è stata annullata a causa di vivaci proteste e atti di autolesionismo trai i circa duecento immigrati tunisini, che protestavano contro la politica dei rimpatri. Cinque di loro si sono lasciati andare a gesti autolesionisti, ferendosi con delle lamette. Bagnasco, che in un primo momento avrebbe dovuto far visita al centro, ha quindi proseguito la sua giornata con la cerimonia di commemorazione dei caduti in mare, celebrata su una motovedetta della Guardia costiera, di fronte all'isola dei Conigli.
La prima tappa della sua visita – dove era accompagnato dall'arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo e Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento – è stata alla parrocchia di Lampedusa dove ha celebrato la messa. «Essere davanti a situazioni umane gravi, come tutte quelle persone che scappano dai loro Paesi per un domani migliore – ha affermato durante l'omelia – è un appuntamento al quale la storia chiama l'Europa per misurare sé stessa, per verificare le proprie intenzioni e per costruire il suo volto nel mondo». Bagnasco ha spiegato di essere venuto a Lampedusa per far sentire vicina la Chiesa e «per incrociare il vostro sguardo e dirvi grazie per l'esempio di accoglienza cristiana che date, gesti concreti fatti secondo le vostre possibilità. Un esempio per tutti, specialmente – ha sottolineato – per quanti parlano molto e fanno poco».
L'Europa, ha osservato Bagnasco, «ha una grande opportunità di crescere sulla via della vera unità che è ben più profonda della via dell'unificazione». In questo momento, «ci si deve accorgere che i confini degli Stati sono i confini dell'Europa e che ciò che accade in un punto ha riflessi su tutto». Poi, uscendo dalla chiesa al termine della messa, ha ribadito ancora che «l'Europa potrebbe fare anche molto di più». Bagnasco ha incontrato anche i 20 operatori della sede siciliana dell'Inmp, l'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà, che ha sede all'Ospedale civico di Palermo. Nella chiesa madre di San Gerlando, i medici, gli infermieri e i volontari dell'Inmp hanno partecipato alla messa celebrata dal cardinale e all'incontro che il presidente della Cei ha avuto con le organizzazioni di volontariato e le forze dell'ordine impegnate nell'emergenza immigrazione a Lampedusa.



Bagnasco: "Non dimentichiamo l'isola"
Corriere.it 18 maggio 2011
Il cardinale Angelo Bagnasco non ha attraversato la soglia del Centro di accoglienza. La visita nella struttura per immigrati di Lampedusa, prevista oggi per le 14.30, è stata annullata a causa delle proteste messe in atto dai circa duecento immigrati, per lo più tunisini, ospitati dalla struttura. Tutte persone che non hanno alcuna speranza di restare in Italia e che verranno rimpatriate. Alcuni di questi, nelle ore precedenti l'arrivo del porporato, avrebbero compiuto degli atti autolesionistici, arrivando anche a procurarsi dei tagli con delle lamette."L'Italia e l'Europa non dimentichino Lampedusa". Così il presidente della Cei ha salutato l'isola, poco dopo il suo arrivo. "La dobbiamo rincuorare ma anche ringraziare", ha detto Bagnasco, seguito da un lungo applauso, una vera e propria ovazione all'aeroporto dove è stato accolto dallo sventolio di bandierine dei bambini della scuola elementare dell'isola.Durante la messa, il cardinale ha nuovamente richiamato l'attenzione sull'emergenza immigrazione. "L'Europa potrebbe fare anche molto di più", ha detto Bagnasco uscendo dalla chiesa. Le situazioni gravi come l'emergenza immigrazione rappresentano "un appuntamento al quale la storia chiama l'Europa, per misurare se stessa, per verificare le proprie intenzioni, per costruire il suo volto nel mondo". E' stato questo uno dei passaggi centrali dell'omelia del cardinale. "L'Europa - ha poi aggiunto - ha una grande opportunità di essere sulla via della vera unità, che è più profonda della via dell'unificazione: quella tocca le giuste procedure, questa plasma l'anima dei popoli. Sono venuto a Lampedusa - ha proseguito - per incrociare il vostro sguardo, per dirvi grazie: la vostra accoglienza fatta di gesti semplici è un esempio per quanti parlano molto e fanno poco".
Il cardinale ha poi chiesto alla Ue "risposte più ampie".  "I confini degli Stati sono i confini dell'Europa e ciò che accade in un punto oggi ha riflessi ovunque", ha affermato. E di fronte ad una emergenza di "proporzioni inedite e tempi imprevedibili" serve - ha spiegato appunto - una "risposta" con "prospettive più ampie e risolutive". "Vi prego - ha poi detto ai lampedusani - di sentire la Chiesa vicina. Essa vi è accanto per essere prossimi alla gente con la presenza del Salvatore. In forza della luce di Cristo voi vedete nei volti di tanti fratelli sofferenti, disperati, il volto di Dio, creatore della medesima umanità che ci accomuna e Padre di tutti. Sono venuto per incrociare il vostro sguardo e dirvi grazie per l'esempio di solidarietà cristiana".
Al presidente della Cei, prima della messa, gli studenti hanno consegnato una lettera aperta. Poi, sempre in parrocchia, ha avuto luogo un incontro coi rappresentanti di associazioni e organizzazioni e di tutte le forze dell'ordine e del volontariato.
Nel primo pomeriggio, la visita è proseguita con la tappa all'Isola dei conigli, dove i sub della Guardia costiera
hanno calato nelle acque lampedusane una corona di fiori alla Madonna del mare, posta sul fondo a 15 metri di profondità, per ricordare tutti i migranti che sono morti durante la traversata nel tentativo di raggiungere l'Italia. La cerimonia, che è stata assegnata in apertura da tre fischi di sirena. Il cardinale ha assistito alla cerimonia insieme ad altre autorità da una delle quattro motovedette della Guardia costiera che insieme a due mezzi della Guardia di Finanza e uno dei Carabinieri hanno partecipato all'uscita in mare.


 


Liguria: requisito edificio per accogliere 50 profughi
Asca 19 maggio 2011
''La requisizione da parte della Protezione civile regionale di un edificio a Nava, nel Comune di Pornassio, di proprieta' della Provincia di Imperia, gestito da una cooperativa sociale, si e' resa necessaria per rispondere alle necessita' di accoglienza di 50 profughi arrivati questa mattina nel Porto di Genova e destinati in Liguria''. Lo spiega l'assessore alle politiche sociali e coordinatrice del piano profughi della Liguria, Lorena Rambaudi, ''dopo due giorni ininterrotti di telefonate agli Enti territoriali per individuare, senza alcun esito, alcune strutture in grado di accoglierli''.
''Di fronte alla necessita' - aggiunge - di dare una risposta all'emergenza profughi e vista l'impossibilita' di individuare una struttura con il consenso dei territori abbiamo dovuto requisire, come prevede la legge, un edificio.
Sulla base delle segnalazioni effettuate dalla Regione Liguria circa la difficolta' ad accogliere i profughi in arrivo nella regione, la Protezione civile nazionale ci ha risposto di mettere in atto i poteri derivanti dall'ordinanza nazionale sull'accoglienza degli immigrati che comprendono, tra gli altri, anche la possibilita' di requisire immobili.
Non si tratta di una scelta della politica, ma di un'iniziativa obbligata che si e' resa necessaria per far fronte all'emergenza''.
''A questo punto - conclude - mi dispiace che si sia arrivati a tanto ma non c'erano alternative, di fronte alla prima vera emergenza che imponeva di collocare 50 profughi che sono sbarcati questa mattina''.



Immigrati: rintracciati 50 clandestini nel leccese, erano su barca a vela
Lecce, 18 mag. - (Adnkronos) - I militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Lecce, del Reparto Operativo Aeronavale di Bari e del Gruppo Aeronavale di Taranto, hanno rintracciato nel pomeriggio, a 5 miglia a largo di San Cataldo, un'imbarcazione a vela con a bordo, stipati sottocoperta, 50 extracomunitari di presunta nazionalita' afghana. Il natante, un veliero di circa 12 metri, che inalberava fittiziamente una bandiera tedesca, utilizzata presumibilmente nel tentativo di eludere i controlli delle Autorita', e' stato scortato nel porto di Otranto dove le Fiamme Gialle hanno proceduto al sequestro dello stesso ed all'arresto degli scafisti di nazionalita' turca. I 50 cittadini extracomunitari, dei quali 15 minorenni, sono stati trasferiti nel centro 'don Tonino Bello' di Otranto, dove sono state prestate le necessarie cure sanitarie e dove sono stati rifocillati. Sono in corso da parte dei finanzieri del comparto aeronavale, in collaborazione con i Baschi Verdi del Comando Provinciale di Lecce, le rituali procedure di identificazione. Si tratta di controlli eseguiti nell'ambito dell'operazione congiunta 'Aeneas 2011', condotta, al pari dell'operazione 'Ermes' di Lampedusa, dall'Agenzia Europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione Europea che vede il coinvolgimento dei mezzi aeronavali della Guardia di Finanza, della Capitaneria di Porto e di altri paesi europei, al fine di contrastare i flussi migratori clandestini provenienti dalle coste della Turchia e della Grecia e diretti verso il litorale pugliese e calabrese.

 



Trovati due cadaveri in acque greche
Asca 18 maggio 2011
I cadaveri di due immigrati, un uomo e un bambino di otto anni, sono stati ripescati nelle acque del porto greco di Preveza, dopo che l'imbarcazione sulla quale viaggiavano insieme con altri 22 clandestini si e' capovolta. Lo riferiscono le autorita' portuali, precisando che nella zona di mare continuano le ricerche di un altro ragazzino che, secondo alcuni testimoni, sarebbe il fratello gemello del bambino trovato morto. Tutti gli altri immigrati sono stati tratti in salvo dalle unita' della guardia costiera, che ha anche arrestato uno scafista di 51 anni accusandolo di traffico di esseri umani.



Altre moschee? No, chiudete quella che c’è
Magdi Cristiano Allam
il Giornale 18 maggio 2011
Auspico che il primo atto della nuova amministrazione comunale di Milano sia un gesto altamente significativo all’insegna della legalità, della sicurezza e della civile convivenza. In campagna elettorale Moratti, Pisapia e Palmeri si sono detti favorevoli alla chiusura della moschea di viale Jenner a Milano, accogliendo la pressante richiesta del Comitato Jenner Farini costituito dai cittadini della zona esasperati dopo vent’anni di arbitrio giuridico e degrado ambientale (www.jennerfarini.org). Sfido ora il futuro sindaco ad ottemperare all’impegno assunto. Strappandogli un’altra promessa: garantisca la libertà religiosa dei cristiani originari dei Paesi islamici che anche a Milano, da un lato, subiscono aggressioni violente e intimidazioni, dall’altro non dispongono di adeguati luoghi di culto.
La moschea di viale Jenner va chiusa subito senza alcuna remora. Perché si tratta di una moschea nata nella più assoluta illegalità nel 1991, che a tutt’oggi risulta accatastata come magazzino, mentre svolge da sempre attività cultuale, assistenziale, di ristorazione pubblica, politica, culturale e persino scolastica. Rapidamente è emersa come la centrale del radicalismo islamico fino ad assurgere alla moschea più inquisita e collusa con il terrorismo islamico internazionale. Al punto che la sua guida religiosa negli ultimi 15 anni, l’imam Abu Imad, sta attualmente scontando in carcere una condanna definitiva a tre anni e otto mesi perché, si legge nella sentenza emessa dalla Procura di Milano, egli ha personalmente praticato il lavaggio di cervello ai fedeli trasformandoli in terroristi suicidi islamici e di cinque di loro abbiamo la certezza che sono andati da viale Jenner a farsi esplodere in Irak.
La moschea di viale Jenner va chiusa senza alcuna contropartita. Se lo Stato o le istituzioni locali dovessero sottomettersi al ricatto di chi prima commette un reato e poi esige in cambio una compensazione, sarebbe come premiare anziché sanzionare il reato, si tradurrebbe nella fine dello stato di diritto. Non è concepibile che un gruppo di fanatici islamici trasformino illegalmente un magazzino nella centrale del radicalismo islamico e le istituzioni dello Stato debbano farsi carico di garantire loro una grande moschea in cambio della chiusura di una sede illegale. Se dovessimo rinunciare al principio che la legge vale per tutti, se dovessimo accreditare la prassi che la certezza del diritto e della pena non si applica agli islamici, la conseguenza è che loro continuerebbero a concepirci come una landa deserta da occupare e assoggettare al loro arbitrio.
Ecco perché dico all’esperto di diritto Pisapia che è assolutamente sbagliato creare un nesso tra la chiusura della moschea di viale Jenner e il concedere ai gestori che hanno violato la legge una sede alternativa. In Italia la libertà religiosa è ampiamente garantita, così come emerge dal fatto che ci sono complessivamente circa 900 luoghi di preghiera islamici di cui almeno 8 a Milano. Se i fedeli che frequentano la moschea di viale Jenner fossero semplicemente interessati a pregare, perché non si recano negli altri luoghi di culto esistenti a Milano? La verità, così come emerge dalla condanna definitiva dell’imam Abu Imad che non a caso capeggiò l’occupazione di piazza Duomo il 3 gennaio 2009 quando circa 2mila islamici ostentarono in modo provocatorio la preghiera collettiva di fronte al simbolo della cristianità, è che più che alla preghiera questi islamici sono interessati a sottometterci al loro Allah e alla sharia, la legge coranica.Se ci vogliamo del bene dobbiamo affrancarci dall’ideologia del relativismo religioso, del buonismo e dell’islamicamente corretto che ci riduce a essere più islamici degli islamici. Pisapia e il cardinale Tettamanzi sappiano che anche se dovessimo regalare loro una grande moschea, gli islamici si scannerebbero tra loro per aggiudicarsi il monopolio della sua gestione perché dai suoi esordi l’islam è una religione divisa e in conflitto al suo interno. Se a oggi lo Stato non è riuscito a stipulare un’intesa con la comunità islamica, come previsto dall’articolo 8 della Costituzione, si deve esclusivamente all’incapacità dei musulmani di accordarsi su una rappresentanza unitaria.
Rivolgendomi direttamente al cardinale Tettamanzi gli dico che se ha veramente a cuore la libertà religiosa, prima di preoccuparsi degli islamici e delle moschee, si occupi in primo luogo di garantire il diritto alla vita, alla dignità e al culto dei cristiani originari di Paesi islamici che a Milano vivono nella paura. Cito due fatti per essere esplicito. Circa un mese e mezzo fa un sacerdote egiziano cattolico è stato aggredito da un gruppo di islamici, provocandogli la frattura del polso e dell’avambraccio che l’ha costretto ad andare in ospedale e a stare per 40 giorni con il gesso. La sua colpa è di aver battezzato alcuni musulmani che a Milano hanno scelto di abbracciare la fede cristiana. Il sacerdote ha a tal punto paura che preferisce non parlare del fatto e ha preso la decisione di non battezzare più alcun musulmano. Si sta comportando come se fossimo non a Milano, non in uno Stato libero e democratico, ma nella Kabul dei Taliban dove vengono automaticamente condannati a morte sia il musulmano che rinuncia all’islam sia il cristiano che lo converte.
Il secondo fatto riguarda una donna cristiana copta ortodossa, fuggita vent’anni fa dall’Egitto dopo essere stata sfigurata al volto dal lancio dell’acido da parte di terroristi islamici che l’ha costretta a subire ben 15 interventi chirurgici, e che ora si ritrova a essere regolarmente minacciata di morte da estremisti islamici a Milano. L’attendono sotto casa o al mercato e le dicono: prima o dopo ti ammazzeremo sporca cristiana! Così come ricordo al cardinale Tettamanzi che a Milano ci siano dei cristiani originari dei Paesi islamici che pregano in seminterrati alla stregua delle catacombe. Diamo loro dei luoghi di culto dignitosi prima di richiedere ad alta voce e in modo ossessivo una grande moschea a Milano.
Per l’insieme di queste ragioni la chiusura immediata e incondizionata della moschea di viale Jenner rappresenta il banco di prova della capacità della nuova amministrazione di Milano di affermare legalità, sicurezza e civile convivenza.



Milano, la "cura" dell'ultrà Pisapia: case ai rom, nozze gay, tasse sull'auto
Chiara Campo
il Gio
rnale 18 maggio 2011
Ci sono leghisti che da ieri la fanno girare come un vortice su Facebook. È la fatidica pagina 27, da sola racchiude tre concetti chiave del Pisapia-pensiero. E «se riusciamo a mandarla a cento amici a testa, magari assisteremo a un miracolo a Milano» scrive ad esempio uno dei colonnelli del Carroccio, Matteo Salvini che punta a diventare il vicesindaco di Letizia Moratti a Milano. Se la città funziona bene, scrive il candidato del centrosinistra Giuliano Pisapia che parte in vantaggio 48 a 41,5% nella sfida del ballottaggio, «ogni problema può essere risolto positivamente».
Non fa una grinza. «Riteniamo ad esempio - prosegue - che la realizzazione di un grande centro di cultura islamica che comprenda, oltre alla moschea, spazi di incontro e aggregazione possa essere non solo l’esercizio di un diritto ma anche una grande opportunità culturale per Milano». Per sapere quale fortunato quartiere avrà questa «grande opportunità» direttamente sotto casa non è dato sapere, Pisapia lo svelerà solo in caso di elezione (prima rischierebbe una rivolta dei residenti in cabina elettorale).
Proseguendo nella lettura di pagina 27, si scopre che anche nei confronti dei rom «è possibile fare passi avanti». Come? Per il problema della casa si può guardare ad esempio «alle esperienze di autocostruzione». Si riferisce probabilmente al caso delle villette abusive, ampiamente fotografate dalla polizia locale durante la giunta Moratti. Che solo nel 2010 ha sgomberato 152 campi nomadi irregolari, quasi uno ogni due giorni, e smantellato 28 abitazioni abusive segnalando i responsabili alla Procura. Terzo punto: «Sgravare i vigili da tutti i compiti di pubblica sicurezza».
Stop alle indagini nei quartieri cinesi o alle operazioni anti-contraffazione, torneranno solo a dirigere il traffico con la paletta, come ai bei vecchi tempi. Buona la 27, ma prima di andare al voto il programma è tutto da sfogliare. Insegna che «ci sono quartieri in cui si sono concentrate politiche fondamentalmente securitarie e repressive» e che «a furia di etichettare un quartiere o una periferia come luogo pericoloso e insicuro, lo si trasforma in ghetto, in una trappola da cui è difficile per chiunque uscire». Dunque «la prima cosa da fare, per dare subito un segno di cambiamento, è la revoca delle ordinanze inutili e dannose per il clima nei quartieri e per le attività economiche». Il sindaco del Pdl a fine 2008 ne ha firmate ben sei, c’era ad esempio quella contro l’acquisto di sostanze stupefacenti, la prostituzione in strada, l’abuso di alcol e specialmente tra i giovani.
Il centrosinistra presterà molta attenzione agli stranieri, e poiché Milano «deve essere una città in cui i diritti fondamentali (lavoro, salute, istruzione, libertà di culto, sicurezza) siano patrimonio di tutti gli abitanti, qualunque sia il loro luogo di partenza» il primo segnale per farli sentire veramente a casa sarà «coinvolgerli nelle decisioni politiche, riconoscendo il diritto di voto. Per i referendum e le altre consultazioni comunali, può essere introdotto con una semplice modifica dello Statuto». Pisapia, supportato dal leader di Sinistra e libertà Nichi Vendola, vuole costruire «una società più giusta e a misura di tutti» con «parità dei diritti e doveri per tutte le comunità affettive». Verrà «riconosciuta la pluralità delle forme di comunione di vita, con l’impegno dell’amministrazione a promuovere la parità e contrastando ogni discriminazione in tutti i settori dell’attività del Comune». Garantisce che «il Comune intende istituire il registro delle unioni civili». In pillole, i milanesi che intendono votare il 29 e 30 maggio Pisapia devono annotare da pagina 13 che per migliorare l’aria sarà introdotto «un pedaggio di congestione» ma non si sa a che prezzo, mentre pagina 18 anticipa «l’aggiornamento del catasto delle proprietà immobiliari». E capovolgerà il Piano di governo del territorio appena votato dal centrodestra. In compenso (pagina 32) le biblioteche diventeranno dei «veri e propri rifugi anti-noia, aperti anche di sera e nei weekend».

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