Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 febbraio 2015

Pochi controlli e zero sicurezza
E l`invasione continua: sbarcati altri tremila
Già trasferiti in Sicilia gli immigrati arrivati sui gommoni Sos della polizia spagnola: rischio infiltrati jihadisti
il Giornale, 17-02-2015
Valentina Raffa
Pozzallo (Rg) L`Isis avanza in Libia e minaccia l`Italia. È a sole 200-300 miglia marine dalle nostre coste. E che si fa? Semplice. Si continua a fare quello che si è fatto finora. Soccorrere centinaia di immigrati in mare, forse sottovalutando il fatto che dodici gommoni stracarichi di immigrati e altri sei avvistati, in un sol colpo nelfine settimana, malgrado il mare gro sso, dovrebbero indune aqualcheriflessione e, perchéno, magari anche a prendere qualche precauzione. 
Nel solo weekend sono stati soccorsi in mare 2.225 immigrati, a cui si aggiungono gli 800 delle ultime ore sbarcati a Lampedusa e i 200 giuntiieri a Pozzallo, carica già di 280 migranti arrivati il giorno prima, tra cui è stato individuato uno degli scafisti della miniflotta di tre gommoni salpati insieme dalle coste libiche. Si effettuano i controlli su nave e a terra non appena i passeggeri sbarcano e si indaga per individuare i nocchieri. Si ha proprio l`impressione, insomma, che nulla sia cambiato da quando si sono intensificati la scorsa estate i controlli, forse più sul fronte sanitario, e questo malgrado le minacce all`Italia e il pericolo di infiltrazioni di terroristi tra i migranti. Basterebbe tirar fuori la testa dalla sabbia e buttare lo sguardo poco poco più in là per capire che è necessario non farsi cogliere alla sprovvista e che quellarouline che tanto ci rassicura è comunque stata infranta da uno stato di fatto: l`Isis non va sottovalutato, ma va preso sul serio. Il punto è che il pericolo per la nostra nazione è già entrato nelle viscere e grazie ai continui sbarchi potrebbe essere alimentato e fortificato. Lo avevamo già annunciato e adesso ci sono analisti a confermarlo: gli jihadisti potrebbero infiltrarsi tra i disperati dei viaggi della speranza. Lo conferma pure un`informativa della polizia iberica, riportata come ricorda il senatore di Forza Italia Vincenzo Gibiino, membro del Comitato di presidenza di Forza Italia e coordinatore azzurro in Sicilia - dal più importante quotidiano spagnolo, El Pais. E sono persino documentati i casi di probabili terroristi in possesso di foto che li ritraggono in mimetica e con kalashnikov che, giunti in Sicilia, hanno fatto perdere le loro tracce. 
Ci sono inchieste aperte da parte di alcune procure, fa cui Palermo e Catania. Sarà un caso che proprio in questi giorni, nonostante le avverse condizioni meteo-marine, gli sbarchi si siano intensificati? Chi controllerà i subsahariani che, in circa 90, sono riusciti a bypassare i controlli per approdare ieri sulla spiaggia di Torre Salsa, in Sicilia, dileguatisi perle strade tra Montallegro e Siculiana, in parte rintracciati? E chi, ancora, quelli sbarcati sulle coste del Salento, dei quali ne sono stati rintracciati 27? Ma se non ha dato uno scossone all`Italia il proclama del califfo «se Allah vuole, conquisteremo Roma e il resto del mondo», chi ci sveglierà?
 
 
 
Effetto guerra, boom di sbarchi
Avvenire, 17-02-2015
Ilaria Sesana
Poco meno di tremila profughi in fuga dalla Libia sbarcati tra venerdì e la giornata odierna. Che si vanno ad aggiungere alle 3.500 persone registrate nel mese di gennaio e ad altri sbarchi registrati nelle scorse settimane, per un totale che sfiora i 7mila arrivi in poco più di un mese e mezzo. Numeri da record per un periodo dell’anno in cui - solitamente - le cattive condizioni del mare mettevano un freno alle partenze.
Pochi i siriani, a fuggire dalla Libia sono soprattutto giovani sub-sahariani. «Siamo di fronte a flussi misti: profughi che già avevano l’obiettivo di arrivare in Europa. Ma anche tanti migranti che risiedevano in Libia da anni scappati a seguito dell’escalation di violenze delle ultime settimane», spiega Flavio di Giacomo, direttore dell’Organizzazione mondiale per le migrazioni. Nei prossimi giorni la situazione potrebbe peggiorare: altre imbarcazioni, con a bordo circa 600 persone, sarebbero già partite dalla Libia. «I numeri confermano il trend già registrato lo scorso anno – puntualizza Carlotta Sami, portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati –. Pressione causata dai conflitti in corso, cui si somma il caos libico.
Solo a gennaio, pur in assenza della missione "Mare Nostrum" sono giunti in Italia circa 3.500 profughi, contro i 2.170 del 2014 (+ 65%). Pozzallo e Lampedusa i due porti più interessati dagli sbarchi. Domenica sono arrivati 285 migranti, altri due gruppi (160 e 89 persone) ieri. «Le loro condizioni di salute sono buone - spiega Chiara Montaldo, di Medici senza frontiere -. Abbiamo visto tanti casi di scabbia, legati alle lunghe permanenze nei centri in Libia». Unico caso grave, un ragazzo ghanese che presentava ferite d’arma da fuoco. Gli hanno sparato i trafficanti per costringerlo a salire sui gommoni. Un primo trasferimento (150 persone) ha alleggerito la pressione sul centro di Pozzallo che ha una capienza di 180 posti.
«Se i numeri restano questi siamo pronti ad accogliere i profughi», commenta il sindaco Luigi Ammatuna. Altre 190 persone sono sbarcate a Trapani. Particolarmente critica la situazione a Lampedusa dove sono sbarcate circa mille persone.
A poco è servito il ponte aereo organizzato dal Viminale che ha portato un centinaio di profughi in Sardegna: «Serve un sistema di trasferimenti regolare che permetta di alleggerire la pressione sull’isola e garantire un’assistenza dignitosa», chiede Paola La Rosa, avvocato e attivista. Dalla portavoce dell’Acnur arriva una richiesta precisa al governo: «Potenziare i mezzi per i salvataggi in mare: la Guardia costiera è al limite delle forze – sottolinea Carlotta Sami –. Temiamo che altrimenti sia impossibile raggiungere le imbarcazioni».
Una motovedetta è stata minacciata domenica mentre prestava soccorso a un’imbarcazione con 200 profughi a bordo. Un barchino con quattro uomini armati di kalashnikov si è accostato intimando all’equipaggio di lasciarla dopo il trasbordo dei migranti. Così è stato, sebbene gli uomini della Guardia costiera avessero armi a bordo: «La nostra esigenza primaria era tutelare la vita dei migranti e dell’equipaggio – spiega l’ammiraglio Felicio Angrisano, comandante della Guardia costiera –. C’erano 200 persone a bordo. Cosa sarebbe accaduto se avessimo risposto?».
 
 
 
Emergenza a Lampedusa, 800 arrivi in poche ore
Avvenire, 16-02-2015 
È di nuovo emergenza a Lampedusa dove continuano a sbarcare senza sosta centinaia di profughi provenienti dalla Libia, tra i quali numerose donne e bambini. Decine i barconi soccorsi nelle ultime ore nel Canale di Sicilia dai mercantili in transito e dalle motovedette della Guardia Costiera che stanno facendo la spola con il porto dell'isola. In questo momento il Centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola ospita oltre 800 migranti. Cento verranno trasferiti con un ponte aereo in Sardegna. Nel centro d'accoglienza di contrada Imbriacola restano così oltre 700 migranti, anche se nelle prossime ore sono attesi altri arrivi. La preoccupazione aumenta anche in virtù della drammatica situazione in LIbia.
L'ultimo sbarco risale a questa mattina: 269 migranti giunti a bordo di due motovedette. In nottata erano invece approdati complessivamente 361 profughi a bordo di tre motovedette della Guardia Costiera che hanno sbarcato prima 120, poi 116 ed infine 125 persone. I profughi, tutti di paesi dell'Africa sub sahariana, sono in maggioranza eritrei.
 
 
 
Il Post, 16-02-2015
Diego Bianchi ha raccontato com'è la situazione sull'isola, dove cercano di arrivare persone che «scappano da cose terribili» e che «non hanno alternative»
Nella puntata di domenica 15 febbraio durante il programma di Rai Tre Gazebo è andato in onda un servizio di Zoro (Diego Bianchi) sugli sbarchi di clandestini provenienti dall’Africa settentrionale al molo Favarolo di Lampedusa. Le riprese sono del 13 febbraio scorso a pochi giorni dalla morte – secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati – di oltre 300 migranti che cercavano di raggiungere Lampedusa sui barconi. Non è la prima volta che Zoro va a Lampedusa per occuparsi del problema dell’immigrazione: era già successo nel febbraio del 2011, quando la maggior parte degli immigrati proveniva dalla Tunisia. 
 
 
 
Il dovere di accogliere chi è alla ricerca della felicità
L'Huffington Post, 17-02-2015
Deborah Dirani 
È una mattina di cielo limpidissimo, una mattina come mille altre che hai vissuto, una mattina in cui stampi un bacio in fronte a tuo figlio e lo guardi uscire di casa raccomandandogli di fare attenzione e comportarsi bene a scuola. Ti affacci alla finestra per seguirlo mentre allunga un passo dopo l'altro sul marciapiede, verso la scuola, indugi un po' a staccare i tuoi occhi da lui che trotterella tranquillo. Passa vicino a una fermata dell'autobus, quella fermata che sta proprio sotto casa tua e lo vedi volare via come una bambola di stracci. Con lui volano tutti gli altri che gli stanno attorno. Una bomba, ti diranno poi quelli che cercheranno di spiegarti che la guerra è arrivata nel tuo quartiere. Tuo figlio è la vittima di una guerra che in una giornata di sole ha oscurato per sempre la tua vita.
Impari presto che la guerra non porta via solo i tuoi figli, ma anche la tua quotidiana normalità. Impari presto a riconoscere il rumore degli spari che si inseguono nell'aria e si piantano sui muri. Impari presto che al lavoro è difficile andare, eppure ci vai, finché riesci, finché non diventa quasi mortale mettere il naso fuori di casa.
Allora una notte parti, ammassi i tuoi ricordi e i tuoi risparmi, carichi tutto in macchina e guidi. In macchina con te c'è quel che resta della tua famiglia che respira piano. Nessuno parla, nessuno ha voglia di girarsi indietro e guardare cosa lascia. La sua casa, il suo passato, la sua normalità. Tutto ciò che era stato e che non sarà mai più.
Guidi per centinaia di chilometri nel silenzio ovattato della notte, che sarebbe anche il silenzio buono per dormire, non fosse che tu sei in macchina e non puoi dormire perché devi arrivare al confine e devi farlo in fretta, prima che gli spari, le bombe, le granate tornino a riempire di rumore quel silenzio.
Al confine ci arrivi che sta albeggiando e i tuoi compagni di viaggio ormai dormono da un pezzo. Li svegli piano scuotendoli per le spalle. "Siamo arrivati, dobbiamo scendere". Gli occhi si aprono di scatto: "Calma va tutto bene, ce l'abbiamo fatta". Scendi dalla macchina e aiuti tutti a caricarsi una valigia, una sporta, una borsa. Quel che resta di un prima che non sarà mai poi.
Non sei più un ingegnere, un cuoco, un impiegato, un medico, un autista di bus. Da questo momento tu e la tua famiglia siete 'solo' dei profughi, gli ennesimi profughi di un mondo dove le guerre scoppiano nelle mattine di sole.
Il tuo viaggio non è finito. Devi arrivare in Europa, non puoi indugiare nella malinconia. Comunque non puoi farlo ora. Daresti tutto quello che hai per non dover vivere questa trasformazione da uomo comune a questuante della pietà internazionale, ma non hai alternative: o meglio la sola alternativa che hai è morire a casa tua. Allora va bene anche questa metamorfosi, va bene tutto pur di non morire. Piazzi i soldi, tutti i tuoi risparmi, in mano a un disgraziato che ha gli occhi avidi e cattivi: lui è il tuo Caronte, e le acque del Mediterraneo saranno lo Stige sul quale navigherai verso un nuovo inferno.
Pensavi di avere già visto tutto il male possibile il giorno in cui la guerra era entrata nella tua vita: capisci presto che quello era soltanto l'inizio. E questa forse è la fine. Le onde che si alzano dall'acqua nera, il vento che soffia e le solleva e le butta dentro la barca alla quale ti aggrappi con una mano mentre con l'altra provi a tenere stretto quel che resta della tua famiglia. È buio, non si vede un lembo di terra intorno quando il tuo Caronte salta al volo su una nuova barca apparsa all'improvviso, allarga la sua bocca in un sorriso infame e molla in mezzo al niente te, la tu famiglia e il resto di quei disperati con cui stai viaggiando.
Qualcuno, un ragazzo che non conosci, uno che abbraccia una donna incinta, si alza e urla qualcosa all'uomo che vi sta abbandonando. Finisce a galleggiare in acqua a faccia in giù: non c'è democrazia in alto mare. Meglio tacere e iniziare a pregare un Dio a caso. Continuare a pregare un'onda dopo l'altra, contando i morti che vengono buttati in mare: assiderati, sfiniti. In acqua ci finisce un altro dei tuoi figli. In qualche modo anche lui è una vittima di questa guerra. Ma dov'è Dio? Ti hanno insegnato che è ovunque e finalmente apri gli occhi e lo vedi: ha la forma di una grossa nave e parla una lingua che non capisci. Non importa però: ora che Dio è arrivato ti salverà. È scritto.
Ma si vede che Dio non sa leggere, o almeno non sa leggere quel Dio lì. Perché dopo aver lanciato sulla tua barca un po' di coperte termiche, biscotti, tè, panini e acqua, si gira e se ne va. Non c'è posto per te nella terra di quel Dio, non c'è posto per te in nessuna terra. Solo l'acqua pare disposta ad ospitarti. Di certo non l'Italia, di certo non il cuore di quel politico che punta a governarla l'Italia e dice che a casa sua di clandestini delinquenti non ne vuole più.
Giri gli occhi su quel che rimane della tua vita, della tua famiglia, del tuo passato e ti rassegni. Eri partito alla ricerca della felicità, hai trovato l'indifferenza. Non rimpiangi la tua scelta, avevi il dovere di provare a ricominciare a vivere. Ti sembra solo molto strano che altri, più fortunati di te, non lo capiscano. Non vuoi rubare niente di ciò che appartiene loro. Vuoi vivere, solo vivere.
Chi vive in pace non capirà mai le leggi della guerra e delle sue vittime: anche quelle che sono ammassate sui barconi. Chi vive in pace dovrebbe sapere che la guerra arriva in giornate normali, in giornate di sole e che un giorno ad essere respinto tra le onde della morte potrebbe essere lui.
 
 
 
Cie di Roma: casi di scabbia, i migranti si tagliano le vene e ingoiano ferro e lamette
Sono centri semivuoti ma costano milioni di euro. A Roma 73 migranti su 364 posti. A Torino sono 20 i reclusi. Gabriella Guido (LasciateCIEntrare): "ormai ci sono più agenti e operatori che migranti". Restano l'autolesionismo e le condizioni sanitarie drammatiche
la Repubblica, 17-02-2015
RAFFAELLA COSENTINO  
ROMA - Ibrahim si è tagliato le vene all'altezza dell'incavo interno del gomito del braccio destro. Mostra la ferita sanguinante con grossi punti che la ricuciono. Ricorda le bocche cucite, la protesta che circa un anno fa portò alla ribalta nazionale le drammatiche condizioni del Centro di identificazione ed espulsione più grande d'Italia, quello di Ponte Galeria, a Roma. Un ammasso di ferro e cemento che si trova accanto alla Nuova Fiera di Roma, vicino all'aeroporto di Fiumicino. Ibrahim ha solo 19 anni e viene dal carcere, dove ha interamente scontato la sua pena, come tutti gli ex detenuti passati allo status di "trattenuti", cioè "ospiti" non più reclusi, formalmente. Devono essere identificati e rimpatriati. Nella metà dei casi questo non avviene.
Giovani vite bruciate. Rachid ha vent'anni, è marocchino. Anche lui si è tagliato le vene nello stesso punto. Poi ha ingoiato due pezzi di lametta. Lo dice con noncuranza. Mostra lo stomaco: "ce li ho ancora qui", dice. Arrivato in Italia all'età di tredici, scappò da una comunità di accoglienza per minori di Agrigento. Aveva creduto ai suoi connazionali che, per telefono, gli raccontavano di una vita ricca e bella nel Nord Italia e lo spinsero a fuggire. Ma arrivato a Modena, è finito come migliaia e migliaia di altri minori soli, nella tratta di minori a fini di spaccio di droga. Ha fatto il carcere. Ora è nel Cie. A soli vent'anni il futuro appare bruciato, più di quella frontiera che bruciò da piccolo (da harraga come si dice in arabo).
Autolesionismo, scabbia e disagi psichici. Mohammed invece ha mangiato un pezzo di ferro grande quanto l'indice e il pollice insieme. Ce l'ha dentro da una settimana. "Mi hanno detto che devo andare in bagno e buttarlo fuori, ma niente".  Arrivato meno di due anni fa, non ha avuto guai con la giustizia. Lavorava in nero per un egiziano che ha un autolavaggio sulla Magliana. L'hanno preso e buttato in gabbia. Il suo sfruttatore è libero e impunito. Un altro ragazzo mostra una cartella clinica di pronto soccorso dell'ospedale Vannini del 3 febbraio, in cui c'è scritto che il 118 l'ha soccorso per trauma cranico mentre era in stato di fermo all'ufficio immigrazione. Un altro ancora mostra una diagnosi di psicosi che lo affligge. Un giovane che sostiene di avere 17 anni parla solo francese. È rinchiuso con altri sette uomini in una cella. Sono in isolamento per sospetta scabbia, perché condividevano la gabbia con altri due trattenuti che l'hanno effettivamente avuta. Materassi per terra. Lenzuola di carta lacere. Riscaldamenti rotti. Bagni allagati. Mura ammuffite. Gabbie ancora annerite dalla rivolta del febbraio 2013. Scene di vita quotidiana nei Cie. Una vita da 29 euro al giorno a persona, pagati dallo Stato alla cooperativa che lo gestisce. A un anno dalle bocche cucite, dalle lettere al Papa e al presidente della Repubblica, niente sembra essere cambiato a Ponte Galeria. Anche se il trattenimento massimo è diminuito da un anno e mezzo a tre mesi.
Appello al sindaco Marino per chiuderlo. "Chiediamo a Ignazio Marino, come sindaco e come medico, di visitare al più presto questa struttura e di mobilitarsi per chiederne la chiusura immediata, anche nella veste di autorità sanitaria locale  -  hanno dichiarato i Radicali di Roma dopo una visita - Oltre ai tentativi di suicidio e agli atti di autolesionismo, che sono ormai all'ordine del giorno, a Ponte Galeria persistono infatti casi di scabbia e di altre patologie dovute alla promiscuità e alle condizioni disumane in cui sono costretti a vivere gli ospiti del centro". La delegazione era composta, tra gli altri, dal consigliere di Roma Capitale Riccardo Magi e dal segretario di Roma, Alessandro Capriccioli. La visita è stata organizzata dalla campagna LasciateCIEntrare, che chiede la chiusura dei Cie perché "inutili" e l'applicazione di misure alternative alla detenzione amministrativa.
Appalti milionari. L'appalto triennale fino al 2017 costerà oltre 8 milioni di euro solo per la gestione data agli ex gestori del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Castelnuovo di Porto, la cordata Gepsa  -  Acuarinto, formata da un'associazione culturale di Agrigento e dalla francese Gepsa (Gestion etablissements penitenciers services auxiliares), che fa capo a Cofely Italia, società del gruppo Gdf-Suez, multinazionale dell'energia. Attualmente i migranti rinchiusi sono 73, di cui 18 donne su una capienza di 364. Gli stessi soggetti gestiscono da gennaio anche il Cie di Torino, dove l'appalto è per 37 euro a persona trattenuta al giorno. Hanno vinto al ribasso su base d'asta di 40 euro ed erano gli unici concorrenti. "A Torino abbiamo trovato 20 migranti  -  dice Gabriella Guido, portavoce di LasciateCIEntrare che li ha visitati entrambi  -  lì il contratto prevede che per il primo mese venga pagata la quota per le presenze effettive di trattenuti, ma dal trentunesimo giorno di gestione si passa al corrispettivo della metà della capienza del centro anche se i trattenuti effettivi sono di meno". La capienza ufficiale a Torino è di 180 posti.  "Visti questi numeri esigui, ci chiediamo a che servono strutture che hanno più personale dell'ente gestore e forze dell'ordine che trattenuti  -  continua Guido  -  il Cie ormai ha solo la funzione di dipingere il migrante come una persona pericolosa per la società davanti all'opinione pubblica".
 
 
 
Islam. Il preside vieta il velo in classe: "Meglio non provocare i razzisti"
In sei scuole della bassa friulana scatta il bando per tutti i simboli di appartenenza religiosa. "Possono suscitare reazioni di ostracismo, disprezzo o rifiuto"
stranieriinitalia.it, 16-02-2015
UDINE – 16 febbraio 2015 – Difendere la laicità della scuola, ma anche combattere l'islamofobia.
Nelle intenzioni del preside Aldo Durì è su queste basi, oltre che sulla “buona educazione”, che si fonda il divieto scattato giovedì scorso nelle sei scuole dell'Istituto Statale di Istruzione Superiore Malignani, nella bassa friulana. Le ragazze musulmane che frequentano il liceo scientifico, l'istituto professionale e i tre istituti tecnici d'ora in poi non potranno più coprirsi i capelli con lo hijab.
È un bando al velo e a tutti i simboli di appartenenza religiosa analogo a quello introdotto nel 2004 per legge nelle scuole francesi.  Durì lo ha importato e illustrato giovedì scorso a docenti e alunni in una circolare, che si apre con un allarme: “Da quando i jihadisti dell’’ISIS hanno scatenato una “guerra totale” contro l’Occidente ...tra i nostri studenti si sono diffusi sentimenti ostili ai Musulmani ed in genere agli Arabi, che costituiscono una numerosa comunità nella nostra scuola”.
Il preside ricorda gli “insulti razzisti, lanciati spesso senza alcuna consapevolezza, in certe classi e soprattutto nei gruppi dei social network” e anche un recente “caso dell’autoctono che, presosi a male parole con un compagno egiziano, l’ha poi aggredito all’esterno della scuola”. Quindi punta il dito contro l'”ignoranza”, il degrado” e la “frustrazione sociale”, che generano rabbia e la sfogano contro “il compagno diverso ed isolato”.
La circolare chiede ai professori di fare il loro mestiere con un'”opera di educazione e convincimento” e minaccia che dove questa non bastasse, “per i più ottusi, per gli ostinati, per gli incorreggibili ci sarà inevitabilmente la repressione”.  Contro i gesti e gli atti motivati da razzismo, così come contro le pratiche discriminatorie in genere la parola d’ordine d’ora innanzi sarà “tolleranza zero”. Ottimo.
La tolleranza zero, però, non riguarda solo i razzisti. Per il preside Durì, infatti, le loro vittime non dovrebbero mettersi in condizione di essere facilmente individuate e quindi insultate. Ed è la parte più curiosa e controversa della circolare, perché sembra far passare il ragionamento che i musulmani farebbero bene a nascondersi per evitare guai.
Aggiunge infatti il dirigente scolastico: “Allo stesso modo non sarà accettata da parte di nessuno, essendo la scuola italiana laica ed indifferente al credo professato dagli allievi e dalle loro famiglie, l’ostentazione e l’esibizione, specialmente se imposta, dei segni esteriori della propria confessione religiosa, anche perché essa, in fin dei conti, può essere colta come una provocazione, e suscitare reazioni di ostracismo, disprezzo o rifiuto”.
Di che sta parlando Durì? “Tale è ad esempio – spiega a chi non lo avesse capito - il fazzoletto o velo che copre talvolta i capelli e parte del viso delle ragazze musulmane: libere di servirsene all’esterno della scuola ma non in classe, anche perché a nessuno è permesso di indossare copricapi nell’ambito dell’attività didattica, come forma elementare di educazione”.
“Anche su queste manifestazioni che mirano a sottolineare e rivendicare la diversità,  con l’unico risultato di provocare per reazione l’ostilità dei compagni, sarà massima la vigilanza e nessun permissivismo mascherato da libertaria tolleranza – conclude il preside - sarà ammissibile”. E così la bassa friulana diventa una piccola Francia.
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