Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 giugno 2012

Cittadinanza, il coraggio di scegliere
l'Unità, 26-06-2012
Luigi Manconi
Ha fatto benissimo il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ad affermare che la prima legge del futuro governo di centrosinistra sarà quella che permetterà ai bambini stranieri nati in Italia di ottenere la cittadinanza del nostro Paese.
Gli avversari l’hanno definita una «mossa elettorale» e mi viene da dire: tanto meglio. E proprio perché si tratta di una scelta politica che, certamente, avrà il suo peso nella prossima campagna elettorale, ma che non ha alcunché di estemporaneo o strumentale. Al contrario, è una mossa elettorale sacrosanta e intelligente, oltre che coraggiosa, che nasce da una seria riflessione e che rimanda a un sistema di valori condiviso.
Ecco, dunque, tre buone ragioni per apprezzare la mossa di Pier Luigi Bersani. La prima: una campagna elettorale tanto più una lunga campagna elettorale, destinata a durare otto mesi non può ricorrere a una fisionomia difensiva, a un atteggiamento insicuro, a uno stile spaventato. Deve avere piena consapevolezza di sé e delle proprie idee, pena l’insignificanza e l’irrilevanza. Deve, dunque, dichiarare ciò che vuole e assumersene la responsabilità.
La saggezza non consiste nel negare i propri valori, bensì nel saperli pazientemente argomentare e tenacemente difendere. Seconda ragione. La questione della cittadinanza e, più in generale quella della tutela dei diritti degli stranieri, non è riducibile a una scelta filantropica. È, per un verso, modernissima questione di affermazione dei diritti universali della persona e, per l’altro, opportunità ineludibile di investimento economico e sociale. Solo l’analfabetismo degli “imprenditori politici dell’intolleranza” ha potuto credere che si potesse ermeticamente “chiudere le porte”, innalzare muraglie, dazi e cordoni sanitari, attuare respingimenti in mare contro la legge di Dio e degli uomini; e che il pattugliamento delle motovedette fosse in grado di bloccare i flussi migratori determinati dallo “scambio ineguale” e da enormi sommovimenti geopolitici. E, invece, proprio una crisi economico finanziaria, quale quella attuale, induce a considerare l’immigrazione come un “fattore di crescita” e la tutela dei diritti dei migranti come una strategia di incentivi allo sviluppo. Terza ragione.
Il messaggio del segretario del Pd sulla cittadinanza, come quello appena precedente sulle coppie omosessuali, dice qualcosa di molto significativo.
Già oggi, e tanto più in prossimità delle elezioni, la lotta politica è destinata a polarizzarsi intorno a due importanti controversie: quella giovani/adulti e quella popolo/élites. Qui non si vuole certo ignorare la linea di frattura che corre intorno alla tematica del ricambio generazionale, dell’avvicendamento e del rinnovamento nei partiti, della formazione di nuove leadership; e tanto meno la frattura che evidenzia il fossato sempre più ampio tra cittadini esautorati della possibilità di partecipazione democratica, e ceto politico sempre più arroccato all’interno di un sistema di prerogative e privilegi.
Sia chiaro: queste fatture esistono e giocheranno un ruolo notevole nelle prossime scadenze elettorali, ma non riguardano nella stessa misura tutti i partiti. E, soprattutto, è quanto mai utile che i conflitti di cui si è detto siano giocati all’interno di uno spazio pubblico dove la classica contrapposizione tra destra e sinistra, e tra i valori di destra e quelli di sinistra, non venga abbandonata.
Venga, piuttosto, profondamente rinnovata e resa attuale. Insomma, “dire qualcosa di sinistra” non credo proprio che faccia un soldo di danno. Al contrario: se questa fisionomia di sinistra (o di centro sinistra) si manifesta attraverso valori ad alta intensità emotiva e di rilevante significato etico, capaci di tenere insieme le molte culture costituenti il senso comune del Pd, si tratta di un connotato identitario che può unire e mobilitare.
Pertanto, messaggi che abbiano un forte contenuto antidiscriminatorio (diritti degli stranieri, diritti delle minoranze sessuali...) rappresentano un’importante occasione per definire l’identità di un partito, che può vincere solo se si mostra irriducibile a quelle politiche dell’esclusione e a quelle “ideologie del disgusto” che la crisi economico finanziaria sembra incentivare e diffondere.



I parlamentari del PD chiedono di fermare le espulsioni per i nigeriani di religione cristiana.
Dopo la visita al Cie di Ponte Galeria, un gruppo di parlamentari scrive al ministro Cancellieri per la concessione dei permessi umanitari per il pericolo attentati.
Immigrazioneoggi,26-06-2012
“Intervenire urgentemente per evitare il rimpatrio dei cittadini nigeriani cattolici che si trovano reclusi nel Cie di Ponte Galeria, a causa delle persecuzioni e degli attentati che rischiano di subire nel loro Paese”.
È quanto chiede un gruppo di parlamentari del PD al ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, dopo la visita al Cie romano.
Roberto Zaccaria, Jean Leonard Touadi, Luciana Pedoto, Andrea Sarubbi, Letizia De Torre, Sandro Gozi e la parlamentare europea Silvia Costa hanno scritto al ministro che “nel corso della visita al Cie di Ponte Galeria abbiamo constatato, tra le varie criticità spesso causa di palesi violazioni del diritto comunitario, la presenza di alcune persone di origine nigeriana di religione cattolica a cui è stato negato il riconoscimento del diritto di asilo; rimangono perciò in attesa del rimpatrio nonostante i recenti attentati nei confronti dei cattolici in Nigeria”.
“Facciamo richiesta – hanno scritto i parlamentari – al ministro Cancellieri di un incontro e di agire con la massima urgenza affinché questi nigeriani non vengano rimpatriati, prevedendo la concessione di un permesso umanitario anche per casi simili a quello dei nigeriani”.



La Caritas chiede al Governo la “definizione di uno status giuridico certo” per i profughi dell’emergenza Nord Africa che hanno ricevuto il diniego alla richiesta asilo.
Domani l’incontro con il ministro Cancellieri per discutere di un “riordino generale del sistema asilo”.
Immigrazioneoggi, 26-06-2012
“L’uscita dai centri di accoglienza e la definizione di uno status giuridico certo” per oltre 20mila profughi sbarcati in seguito all’emergenza Nord Africa 2011 che hanno ricevuto il diniego alla richiesta di asilo e un riordino generale del sistema d’asilo in Italia “che sia capace di accogliere, a rotazione, almeno 30.000 persone l’anno”. Sono le richieste di Caritas italiana, formulate da Oliviero Forti responsabile dell’ufficio immigrazione, a margine della presentazione di una ricerca sullo stato del sistema di asilo in Italia, intitolata “Il diritto alla protezione”. Caritas italiana chiederà chiarimenti sulla situazione dei profughi e sottoporrà queste richieste al ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri, durante un incontro previsto per mercoledì prossimo. La ricerca, di 484 pagine, in italiano e in inglese, fotografa l’effettivo “stato di salute” del sistema d’asilo in Italia, con proposte e raccomandazioni per un miglioramento. È stato condotto dal 2008 ad oggi nell’ambito di un progetto realizzato dal Fondo europeo per i rifugiati, che ha coinvolto Caritas italiana, insieme all’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e al Consorzio Communitas onlus. Sono state ascoltate oltre 300 persone in diverse regioni italiane. Tra i temi trattati: la tutela legale e i servizi di insegnamento della lingua italiana; la formazione professionale; le strategie per l’integrazione sociale dei titolari della protezione internazionale ed umanitaria; l’audizione del richiedente dinnanzi alle Commissioni territoriali; il tasso di accoglimento dei ricorsi; l’accesso dei titolari della protezione internazionale ed umanitaria ai diritti sociali; le situazioni di grave sfruttamento dei richiedenti asilo e dei rifugiati nel mercato nero e nell’agricoltura del Mezzogiorno. Al termine della ricerca vengono formulate varie proposte, la principale è l’avvio di un percorso di riforma del sistema asilo in Italia, e del sistema dell’accoglienza in particolare, suddiviso in “azioni di breve termine” e in “azioni di medio termine”.



La tortura non si vede Ma c'è e annienta le persone
Giornata internazionale a sostegno delle vittime di suplizi subìti in paesi dai quali si fugge per cercare riparo altrove. Lo spettacolo stasera al teatro Quirino di Roma: Exodus: mentre il corpo c'è e non trova riparo, presentato dal CIR, Consiglio Italiano per i Rifugiati
la Repubblica, 25-06-2012
ROMA - In occasione della giornata internazionale, a sostegno delle vittime di tortura, fissata per domani, stasera alle 21 al Teatro Quirino di Roma, il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) presenta Exodus: mentre il corpo c'è e non trova riparo, lo Spettacolo teatrale realizzato con i rifugiati che hanno partecipato al laboratorio teatrale di riabilitazione psicosociale e al laboratorio artistico-artigianale realizzati nell'ambito del progetto INVITO - Accoglienza e Cura delle Vittime di Tortura finanziato dal Fondo Europeo per i rifugiati. L'igresso è libero.
Una piaga non ancora sconfitta. Un progetto di cui si sente, purtroppo, ancora forte la necessità. Infatti, nonostante l'assoluto divieto legislativo, la tortura non é ancora stata sconfitta e continua a infliggere indicibili sofferenze fisiche e psichiche. La tortura viene praticata ancora in 102 paesi, come i dati di Amnesty International denunciano per il 2011 1. E un rifugiato su quattro, di quelli che arrivano in Italia, è vittima di tortura.
Ricostruire ciò che è stato distrutto. Le vittime di tortura sono segnate da ferite e traumi che richiedono risposte specifiche, in grado di ricostruire ciò che la violenza della tortura e dell'esilio hanno distrutto: la loro identità personale, legale, economica, politica, culturale, sociale. Proprio per dare risposte a questi bisogni il Consiglio Italiano per i Rifugiati gestisce dal 1996 progetti (attualmente con il sostegno del Fondo Europeo per i Rifugiati, della Commissione Europea e del Fondo Volontario delle Nazioni Unite per le Vittime di Tortura) che mettono in atto azioni mirate alla riabilitazione dei sopravvissuti a tortura.
Il percorso di riabilitazione. I progetti prevedono una prospettiva di lavoro multidisciplinare: gli interventi di tipo sociale, legale, medico, psicologico e i laboratori di riabilitazione si uniscono concorrendo alla realizzazione di un percorso positivo di riabilitazione e integrazione. Nel corso di 16 anni sono state assistite circa 3.000 persone sopravvissute a torture. Attualmente il progetto ha in carico circa 600 nuclei familiari di richiedenti asilo e rifugiati sopravvissuti a tortura.
Lo spettacolo. Questo spettacolo è stato costruito all'interno del laboratorio riabilitativo condotto da Nube Sandoval e Bernardo Rey, registi e formatori. La presenza in scena di questi testimoni è un modo per rompere il complotto del silenzio e invisibilità che da sempre circonda la tortura e le sue vittime, e un'occasione per ridare loro voce e legittimità. Lo spettacolo "povero" è in realtà fatto di dimenticanze, sorrisi, urla, canti, suggerimenti e danze di questo gruppo di donne e uomini rifugiati. Ciò che accade è tutto reale e accade davvero per la prima volta. Emerge la forza espressiva di queste persone e la sorpresa di vedere rappresentata l'intensità delle emozioni umane. Lo spettacolo s'inserisce nell'ambito dei progetti di accoglienza e cura delle vittime di tortura, che attraverso l'assistenza legale, l'orientamento e assistenza sociale, la cura medica e psicologica e i laboratori di riabilitazione psico-sociale, hanno accolto  e curato nel corso di 16anni di attivittà più di 3.000 rifugiati.



In attesa di quel "No alla tortura" da parte del Parlamento italiano
Giornata internazionale per le vittime di tortura: la Sezione Italiana di Amnesty International 1 chiede al governo italiano di rispettare gli impegni contro la tortura. La manifestazione dei Radicali in piazza della Rotonda a Roma
la Repubblica, 25-06-2012
ROMA - L'Italia si presenta al 26 giugno, Giornata internazionale per le vittime di tortura, impreparata e in ritardo rispetto all'obbligo internazionale di prevenire e reprimere la tortura. Nel codice penale non c'è il reato di tortura, le autorità italiane non hanno mai espresso una condanna chiara delle rendition 2 e risultano coinvolte nella sparizione forzata di Abu Omar. L'Italia tende inoltre a erodere sempre di più, e in svariati modi, le garanzie contro la tortura per le persone espulse e ha promosso azioni miranti a screditare l'assolutezza del divieto di tortura a livello internazionale.
Gli impegni da far prendere al governo. Per questi motivi da domani, da domani, 26 giugno, a lunedì prossimo, i Gruppi della Sezione Italiana di Amnesty International 3 organizzeranno iniziative in tutto il paese, chiedendo al governo italiano di rispettare i suoi impegni contro la tortura. Incontri pubblici, mostre cinematografiche e fotografiche, spettacoli teatrali e reading dal volume "Poesie da Guantánamo" sono previsti in numerose città tra cui Bologna, Foggia, Roma, Ancona, Pisa, Civitavecchia, Padova, Napoli, Perugia, Pesaro, Torino, Mestre e Venezia. In tutte le occasioni, gli attivisti raccoglieranno post-it a mo' di promemoria che verranno affissi su manifesti giganti, per ricordare al governo italiano la necessità di:
1. introdurre nel codice penale il reato di tortura e ratificare il Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura;
2. condannare pubblicamente le rendition, accertare il coinvolgimento dell'Italia in tali pratiche illegali, collaborare alle inchieste e ai procedimenti giudiziari in corso e alle indagini internazionali;
3. non fare affidamento sulle "assicurazioni diplomatiche" fornite da altri governi, secondo le quali le persone espulse dall'Italia non saranno torturate dopo l'arrivo;
4. rendere le norme del c. d. decreto Pisanu sulle espulsioni conformi agli standard internazionali sui diritti umani in materia di tortura e annullare le espulsioni già effettuate in assenza di tali garanzie;
5. mantenere l'effetto sospensivo dell'espulsione nei casi di ricorso contro il diniego dello status di rifugiato, introdotto dalle norme sull'asilo entrate in vigore nel marzo 2008.
I diritti umani non sono un ostacolo. I cinque giorni di speciale mobilitazione contro la tortura si svolgono nell'ambito della campagna "Più diritti più sicurezza" lanciata dalla Sezione Italiana di Amnesty International nel novembre 2006, per chiedere la fine delle violazioni dei diritti umani commesse nel contesto della "guerra al terrore" e ribadire che, in Italia come nel mondo, i diritti umani non sono un ostacolo ma, al contrario, costituiscono il fondamento di una sicurezza autentica.
Un'attesa che dura vent'anni. L'Italia aspetta ormai da quasi 20 anni l'introduzione del reato di tortura nel codice penale, lacuna recentemente messa in evidenza anche dai pubblici ministeri nel processo per le violenze emerse in relazione alla permanenza a Bolzaneto di oltre 250 manifestanti durante il G8 di Genova nel 2001. Non ha inoltre ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, che imporrebbe l'adozione di meccanismi di prevenzione della tortura. Inoltre, viene erosa sempre più la salvaguardia dalla tortura in caso di espulsione, attraverso interventi che da alcuni anni tendono a cancellare i meccanismi che permettono di evitare il rinvio nel suo paese di una persona che sarebbe lì sottoposta a tortura e maltrattamenti.
L'iniziativa dei Radicali. In occasione della Giornata mondiale contro la tortura, i Radicali "insceneranno la tragedia dei suicidi in carcere, per denunciare le condizioni di tortura a cui sono quotidianamente sottoposte le migliaia di reclusi negli istituti di pena italiani e per ricordare ai legislatori, alla politica e all'informazione, che una norma di civiltà giuridica e sociale, l'inserimento nel nostro ordinamento di un reato di tortura, aspetta da 25 anni, da quando l'Italia nel 1988 ha ratificato la Convenzione Onu contro la tortura, di essere promulgata". "Sarà - spiega una nota - una rappresentazione simbolica di questa pestilenziale realtà nazionale, a specchio e monito per le istituzioni e la società. Sarà anche l'occasione - aggiunge la nota - per ricordare alla politica il satyagraha (lo sciopero della fame) in corso, su cui da tempo come Radicali siamo impegnati, che vede oggi Marco Pannella e altri militanti per i diritti nuovamente in lotta. La manifestazione si svolgerà a Piazza della Rotonda domani, martedì 26 giugno, dalle 19 alle 22.30



Il presidente esorta il Congresso: Serve una riforma complessiva
Obama, vittoria a metà sull’immigrazione
La Corte Suprema cancella tre articoli della legge dell’Arizona. Ma resta in vigore il più controverso
La Stampa, 26-06-2012
Paolo Mastrolilli
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha battuto il primo dei due colpi a sua disposizione, che promettono di influenzare le presidenziali di novembre, annullando tre dei quattro articoli centrali della contestata legge sull’immigrazione approvata in Arizona. Un tema che avrà forte impatto, soprattutto sul voto decisivo della minoranza ispanica. Giovedì, invece, si pronuncerà sulla costituzionalità della riforma sanitaria, principale risultato legislativo ottenuto dall’amministrazione Obama.
La legge dell’Arizona si chiama S. B. 1070 e ha quattro aspetti fondamentali: richiede ai poliziotti locali di controllare lo status delle persone fermate, se esiste il «ragionevole sospetto» che siano immigrati illegali; trasforma in reato per gli stranieri girare senza documenti che provino di essere entrati legalmente negli Stati Uniti, e fare domanda di lavoro se non si possiedono queste carte; consente di arrestare chiunque sulla base del sospetto che sia un illegale. L’amministrazione aveva fatto causa, perché riteneva che questa legge statale contrastasse con i poteri del governo federale. Cinque giudici della Corte, cioè il conservatore e presidente Roberts, il moderato Kennedy, e i liberal Ginsburg, Breyer e Sotomayor, hanno deciso di annullare gli ultimi tre articoli. Invece hanno lasciato in vita il primo, cioè quello più controverso, perché minaccia di portare al «racial profiling», ossia abusi nei confronti di persone che potrebbero essere fermate e sottoposte a controlli solo sulla base del loro aspetto e della loro razza. I magistrati più conservatori, Scalia, Thomas e Alito hanno difeso quasi integralmente la legge, mentre la liberal Kagan non ha votato perché all’epoca in cui era iniziata la causa faceva il consigliere legale del governo.
I giudici però hanno affermato che in tema di immigrazione la parola di Washington prevale su quella degli Stati, lasciando aperta la porta a nuove cause contro l’articolo rimasto in piedi, sulla base del rischio di eventuali discriminazioni razziali, non incluse nella disputa tra i poteri statali e federali risolta ieri.
Obama ha detto di essere «soddisfatto», ma ha chiesto al Congresso di varare una riforma complessiva, e ha sottolineato il rischio che l’articolo sopravvissuto generi abusi. La governatrice repubblicana dell’Arizona Jan Brewer, che su questa legge aveva avuto contrasti pubblici col presidente, ha dichiarato che si sente vendicata perché i giudici hanno lasciato in piedi la parte fondamentale della legge, e quindi ordinerà subito di cominciare i controlli. Il candidato del Gop Romney ha aggiunto che la questione dimostra il fallimento del capo della Casa Bianca, perché non ha prodotto una riforma nazionale dell’immigrazione, e ribadisce il diritto degli Stati a gestire questi temi.
Il problema ha un aspetto giuridico e uno politico. Quello giuridico resta aperto, perché la Corte potrebbe cancellare l’articolo rimasto in vita nel momento in cui la sua applicazione dimostrasse che porta a discriminazioni razziali.
Quello politico invece riguarda il voto degli ispanici, decisivo per vincere a novembre stati cruciali come Colorado, Nevada, New Mexico, Florida e la stessa Arizona. Obama qui ha un vantaggio netto, che secondo la Gallup è arrivato al 66% contro il 25% di Romney. Il presidente Obama è popolare perché ha proposto il Dream Act, riforma favorevole agli immigrati bloccata al Congresso dal Gop, e nei giorni scorsi ha annunciato che non deporterà più i figli degli illegali. La sentenza è una sua parziale vittoria, e l’articolo rimasto in piedi potrebbe cementare la convinzione degli ispanici che per proteggersi devono rieleggerlo.
La situazione è molto delicata anche per Romney, che da una parte non vuole alienarsi ancora di più latini, ma dall’altra non può deludere la base bianca repubblicana che è favorevole alla legge dell’Arizona. Per questo ha evitato di prendere posizione, scaricando tutta la colpa sul presidente che non ha riformato l’immigrazione, ma è difficile che questa possa essere la sua ultima parola da qui a novembre.

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