Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 febbraio 2012

Viaggio nel Cie di Ponte Galeria «Vita nel limbo sognando la libertà»
Per la prima volta i cronisti possono entrare nel centro: 140 uomini e 90 donne aspettano di essere espulsi nei loro Paesi
«Ma chi scappa da qui non commette reato di evasione»
Corriere della sera, 14-02-2012
Sofia Capone  Giuseppe Cucinotta
ROMA - «Questo non è un hotel a cinque stelle. Chi scappa da qui tecnicamente non commette il reato di evasione, ma sono tentativi di fuga e allontanamenti non autorizzati». Le parole di Maurizio Improta, dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma, fanno capire bene come i Centri di Identificazione ed Espulsione non possano essere chiamati carceri ma siano comunque luoghi senza tempo e senza spazio in cui chi entra non sa se sarà trattenuto un giorno, un mese o un anno e mezzo. «Siamo tutti in attesa di una risposta che non arriva mai», racconta una ragazza dell’Ecuador, ospite del CIE di Ponte Galeria da quasi tre settimane. Da giugno 2011, infatti, il termine massimo di detenzione in questi centri è stato portato da 6 a 18 mesi.
Il Cie di Ponte Galeria (Capone-Cucinotta)Il Cie di Ponte Galeria (Capone-Cucinotta)
RIVOLTE E MISURE DI SICUREZZA - Qui vengono ospitati uomini e donne in attesa di essere espulsi dal territorio nazionale. C’è chi sconta una pena accessoria e chi, invece, è stato fermato senza documenti. Il tempo si dilata per gli stranieri che forniscono false generalità e la procedura di identificazione a volte segue un iter contorto. Una condizione che può gettare benzina sul fuoco, come dimostrano le rivolte e i quattro tentativi di fuga in meno di un mese della scorsa estate. In quell’occasione gli immigrati si scontrarono con le forze dell’ordine per giorni. Subito dopo le misure di sicurezza sono state rafforzate, facendo somigliare questo centro a un vero e proprio penitenziario.
IL BAVAGLIO ALLA STAMPA - Fino al 13 dicembre 2011 nessun cronista poteva documentare cosa accadeva all’interno dei CIE. Il bavaglio alla stampa è caduto dopo la revoca del blocco data dal Ministro dell’Interno Cancellieri. Entrare nel più grande Centro di Identificazione ed Espulsione d’Italia, che ad oggi ospita 140 uomini e 90 donne, significa fare un viaggio nel cuore dell’immigrazione contemporanea. Storie di fughe verso un Paese considerato un faro di civiltà e benessere nel Mediterraneo. «Quando mi faranno tornare in Ucraina – dice Maja – io prenderò mio figlio e mia madre e verrò comunque qui. L’Italia è un posto meraviglioso dove voglio vivere tutta la vita».
MELTING POT DI NAZIONALITA’ - Dalle stanze che ospitano fino a un massimo di otto persone sono transitati in questi mesi tunisini ed egiziani in fuga dalle rivolte, nigeriane vittime di tratta, ma anche stranieri in Italia da più di venti anni che hanno scontato la loro pena in carcere e che ancora attendono di essere identificati. Tasselli difficili da far incastrare in un mosaico di etnie, religioni e prospettive di vita a cui, tra le sbarre del CIE, si propone una routine di normalità fatta di pranzi e cene a orari regolari, qualche sigaretta comprata con i buoni nello spaccio interno e piccoli passatempi come il calcio e la pallavolo. C’è chi ha tappezzato i muri con le foto dei vip ritagliate dai giornali «per rendere le stanze meno grigie» e chi, come il gruppo delle cinesi, per uccidere la noia intreccia le lenzuola di carta per farne borsette e cappelli, diventati l’unica civetteria fra le ospiti del CIE.
Viaggio nel Cie di Ponte Galeria Viaggio nel Cie di Ponte Galeria    Viaggio nel Cie di Ponte Galeria    Viaggio nel Cie di Ponte Galeria    Viaggio nel Cie di Ponte Galeria    Viaggio nel Cie di Ponte Galeria
41 EURO AL GIORNO - La macchina organizzativa che gestisce la struttura è stata affidata dal 1° marzo 2010 alla cooperativa sociale Auxilium, subentrata alla Croce Rossa. Per ogni immigrato è previsto un rimborso di 41 euro al giorno «che comprende il vitto, un buono da 3,50 euro per le spese extra e l’assistenza sanitaria» spiega il direttore Giuseppe Di Sangiuliano. Per gli ospiti l’unico ponte con l’esterno è il cellulare. Tutti lo stringono tra le mani anche quando vanno in bagno, come se fosse il solo filo che li lega ancora al mondo oltre le mura. Le poche visite autorizzate si svolgono in una sala con un vetro trasparente sotto gli occhi della polizia.
SOGNANDO LA LIBERTA’ - Nella stanza della psicologa i muri sono ricoperti da dichiarazioni d’amore in arabo, francese e inglese e da disegni che gridano «libertà». «Quando sono arrivata qui mi hanno detto non ti spaventare, non è un carcere – racconta la ragazza ecuadoriana -. Ma qui è molto peggio: non so quando uscirò». Prima o poi lei, come tutti, varcherà i cancelli di Ponte Galeria. Per ora aspetta confinata in questo limbo.



Immigrati, Asgi: nuova social card ancora discriminatoria, esclude rifugiati
HelpConsumatori, 14-02-2012
L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi) analizza il decreto Semplifica l’Italia nella parte in cui regolamenta la nuova carta acquisti, o social card, e denuncia: viene estesa ai cittadini comunitari e a chi ha il permesso di soggiorno, ma lascia ancora fuori i rifugiati e i titolari di protezione sussidiaria. Non solo: il Governo informa sul web che la carta varrà per i cittadini comunitari purché dell’area Schengen, escludendo dunque dal beneficio i cittadini britannici, irlandesi, romeni, bulgari e ciprioti, limitazione “contraria ai principi fondamentali di uguaglianza tra i cittadini membri dell’UE” e irragionevole. La carta, insomma, anche nella nuova sperimentazione, continua a essere discriminatoria.
L’associazione ricorda che il decreto prevede la sperimentazione di una nuova social card, destinata alle famiglie in difficoltà economica, che affiancherà la vecchia carta acquisti del 2008. Quest’ultima dunque continuerà a essere distribuita: sono 40 euro al mese per circa un milione e 300mila cittadini italiani. La gestione della nuova social card sarà affidata ai Comuni con più di 250 mila abitanti, avrà durata di un anno e potrà contare su risorse per 50 milioni di euro, prese dal fondo generale della Social card ordinaria. Entro tre mesi saranno definiti i criteri di identificazione di chi potrà usare la nuova social card. Nel frattempo, ci sono tre novità: saranno i Comuni con più di 250 mila abitanti a fare da intermediari nella distribuzione della carta acquisti (sono quindi coinvolte le 12 città italiane di maggiori dimensioni: Milano, Torino, Venezia, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania e Palermo); l’importo non sarà uguale per tutti, ma differenziato a seconda del nucleo familiare e del costo della vita nei comuni coinvolti; la nuova social card sperimentale “andrà a beneficio anche dei cittadini comunitari  e dei cittadini extracomunitari titolari di un “permesso CE per soggiornanti di lungo periodo” (la cosiddetta “carta di soggiorno”)”.
Su questo punto si concentra l’Asgi, che denuncia come “anche la nuova versione della ‘carta acquisti’ continua ad escludere dalla sua fruizione i rifugiati politici e i titolari della protezione sussidiaria, in aperta violazione del principio di parità di trattamento”.
L’associazione ricorda che ad aprile 2011 aveva presentato alla Commissione europea un esposto in cui denunciava alle autorità europee il diniego all’accesso dei cittadini UE, dei lungo soggiornanti e dei rifugiati alla “carta acquisti” e dei lungo soggiornanti all’assegno per i nuclei familiari numerosi. Per l’associazione, le nuove disposizioni sono carenti in quanto “la nuova ‘carta acquisti’ non sostituisce quella precedente, ma si affianca -in via sperimentale nei soli comuni con più di 250 mila abitanti- a quella già in vigore che continua dunque a trovare applicazione sull’intero territorio nazionale rimanendo inalterati i requisiti discriminatori di accesso fondati sulla cittadinanza italiana e dunque contrari al diritto dell’Unione europea e ai principi costituzionali di uguaglianza”.
C’è poi il problema che la nuova carta acquisti continua a escludere i rifugiati politici e i titolari di protezione sussidiaria. “Si confida, pertanto, che in sede di dibattito parlamentare di conversione del decreto-legge, potranno essere definitivamente rimossi i profili discriminatori contrari al diritto europeo e ai principi  costituzionali di eguaglianza contenuti nella ‘carta acquisti’  istituita nel 2008, così come potrà essere ugualmente rimossa l’ illegittima esclusione dei rifugiati e dei titolari di protezione sussidiaria”, scrive l’associazione.
L’Asgi si sofferma però anche su quanto presente sul sito online del Governo, aggiornato a oggi, si legge che “la nuova social card andrà a beneficio anche dei cittadini comunitari (purché dell’area Schengen) e dei cittadini extracomunitari titolari di un “permesso CE per soggiornanti di lungo periodo” (la cosiddetta “carta di soggiorno”)”. Perché solo area Schengen?
Per l’Associazione, “appare davvero incomprensibile come il Governo, varando il nuovo provvedimento,  annunci sul proprio sito web che la nuova carta acquisti verrà in ogni caso estesa ai soli cittadini di Paesi membri dell’UE che fanno parte dello ‘Spazio Schengen’, con l’esclusione che ne conseguirebbe dunque dei cittadini britannici, irlandesi, ma anche di romeni, bulgari e ciprioti. Una tale limitazione, oltreché contraria ai principi fondamentali di uguaglianza tra i cittadini membri dell’UE e allo stesso dettato normativo del D.L., risulterebbe del tutto irragionevole e priva di qualsivoglia razionale giustificazione. Si confida pertanto che, al riguardo, si sia trattato di uno spiacevole errore che il Governo vorrà chiarire al più presto”.



Immigrazione: costringe slovacco a elemosinare, arrestato
E' un suo connazionale; vittima e' imprenditore caduto in rovina
(ANSA) - TRIESTE, 14 FEB -A fine giornata doveva consegnargli almeno 80 euro racimolati con l'attivita' di accattonaggio, in caso contrario scattavano le percosse. E' per questa ragione che un cittadino slovacco, Miroslav Cibula, di 46 anni, e' stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Aurisina (Trieste), per riduzione in schiavitu' ed estorsione. La vittima, 51 anni, ex imprenditore benestante nel suo Paese poi finito in rovina, si era presentato in caserma per denunciare il suo sfruttatore.
Questi lo aveva convinto a venire a Trieste con la possibilita' di una sistemazione ma poi lo aveva costretto ad elemosinare - alla stazione ferroviaria. I carabinieri lo hanno seguito e, avute le prove dello sfruttamento, sono intervenuti. (ANSA).



False regolarizzazioni a Pisa, cinque arresti
Stranieriinitalia.it, 14-02-2012
Tre pisani e due senegalesi in manette per associazione a delinquere, truffa, estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Vendevano domande di emersione agli immigrati irregolari
Roma – 14 febbraio 2012 - Vendevano false regolarizzazioni per colf e badanti chiedendo da 500 a 2mila euro. Per questo motivo, la polizia ha arrestato ieri a Pisa cinque persone, accusate di associazione a delinquere, truffa, estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Secondo gli investigatori, il capo della banda era una donna di Pisa, la 27enne Emanuela Avenoso, che si spacciava come consulente di un’associazione (il Comitato di Autoemersione di Milano) poi risultata estranea ai fatti. Con lei sono stati arrestati anche il fratello Manuel, 32 anni, due cittadini senegalesi, Mouhamadou Kamara e Mamadou Sow, di 50 e 42 anni, e il commercialista Fabio Mambrini, 47 anni, di Pontedera (Pisa).
La testa dell’organizzazione era italiana, ma i due cittadini senegalesi arrestati facevano a ròocacciatori di clienti. Inoltre minacciavano le vittime quando queste si accorgevano della truffa.
L'indagine e' scattata a seguito di una segnalazione dello sportello unico per l'immigrazione della Prefettura di Pisa, insospettito per le anomalie di alcune domande di regolarizzazione. Si è scoperta così una truffa che, con il passaparola, aveva trovato vittime in tutto il nord Italia, come dimostrano decine i fascicoli trovati nello studio del commercialista.



Immigrati: bloccato in Egitto barcone diretto in Italia
(AGI) - Il Cairo, 13 feb. - La polizia e la guardia costiera egiziani hanno fermato all'alba 18 giovani, tutti di nazionalita' egiziana mentre si apprestavano con una scialuppa a raggiungere un barcone che li avrebbe poi portati illegalmente in Italia. Lo riporta la stampa locale precisando che l'operazione e' avvenuta sulle coste del mediterraneo, vicino al porto di pesca di Bullurus, nella regione di Kafr el-Sheikh, nella zona del Delta del Nilo a cira 200 chilometri a nord del Cairo. La polizia, fanno sapere i quotidiani, ha saputo tramite alcuni informatori, che i trafficanti della zona sapendo che le forze di sicurezza erano impegnate a proteggere i palazzi del potere, alla luce dell'aggravarsi della situazione dell'ordine pubblico, hanno deciso di far partire il barcone verso l'Italia radunando i migranti in un palazzo abbandonato poco distante dalla costa. Fermati e interrogati dalla polizia, gli aspiranti immigrati hanno confessato di aver pagato fino a 5000 euro per la traversata ai trafficanti di uomini, sfuggiti invece all'arresto.



Immigrati: domani Cancellieri inaugura Centro coordinamento operativo
Roma, 14 feb. (Adnkronos) - Domani alle 11, alla presenza del ministro dell'Interno, Annamaria Cancellieri e del Capo della Polizia, Antonio Manganelli, verra' inaugurato a Roma il 'Centro nazionale per il Coordinamento operativo per l'Immigrazione Roberto Iavarone' presso la Direzione Centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle Frontiere e degli Stranieri, (via Tuscolana 1548).
Il Centro e' dedicato alla memoria dell'agente ausiliario della Polizia di Stato, medaglia d'oro al valor civile, Roberto Iavarone, deceduto il 18 settembre 1984 nel corso di un'operazione allo scalo aereo di Fiumicino. All'inaugurazione saranno presenti il Capo dell'Interpol, dell'Europol e di Frontex.



Immigrati: Pon sicurezza, progetti accoglienza a rifugiati in Campania
Roma, 13 feb. (Adnkronos) - Accoglienza per chi fugge da guerra e fame: in Campania, il Pon Sicurezza finanzia, nell'ambito dell'iniziativa 'Sprar' Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, la realizzazione o l'ampliamento di centri di accoglienza per immigrati extracomunitari rifugiati e richiedenti asilo. In particolare, nell'ultimo comitato di valutazione presieduto dal prefetto Nicola Izzo, sono stati approvati 4 progetti. ''Integra'' e' il titolo del progetto presentato dal comune di Conza della Campania, in provincia di Avellino, che ha ricevuto un finanziamento da 350.000 euro per ristrutturare il fabbricato che ospita gia' un centro di accoglienza. Terminati i lavori i posti letto passeranno da 15 a 21. Riqualificazione a ampliamento grazie ai fondi del Pon Sicurezza anche per il centro di accoglienza di Caggiano, in provincia di Salerno: con la proposta ''L'anima non ha un colore'' il Comune ha ottenuto un finanziamento con cui sara' possibile ampliare fino a 28 i posti letto destinati ai rifugiati. Altri due progetti prevedono invece la realizzazione di nuovi centri, entrambi in provincia di Avellino. A Calitri, le risorse stanziate serviranno alla riqualificazione di un immobile di proprieta' comunale che, dopo il terremoto dell'Irpinia, e' rimasto in abbandono: l'edificio ospitera' un centro di transitoria accoglienza per immigrati extracomunitari richiedenti asilo e protetti umanitari e la capacita' di accoglienza della struttura sara' pari a 15 posti letto. Infine, a Petruro Irpino, il Pon finanziera' la riqualificazione di due immobili attualmente in disuso in pieno centro abitato: il centro potra' ospitare 15 immigrati.



IMMIGRATI: RAMPELLI (PDL), QUESTIONE CITTADINANZA NO IN AGENDA GOVERNO TECNICO
(AGENPARL) - Roma, 13 feb - “Fermo restando che la questione della cittadinanza non deve a mio giudizio stare nell'agenda di un governo tecnico e che, quindi, ritengo un errore che il ministro Riccardi intervenga costantemente al riguardo, rischiando l'effetto inverso rispetto alle sue intenzioni, vale la pena precisare che i bambini con genitori stranieri hanno il diritto di scegliersi la cittadinanza che vogliono”. È quanto dichiara il deputato del Pdl, Fabio Rampelli in merito alle parole del ministro Riccardi sul tema della cittadinanza.
“Non siamo una ‘razza eletta’ che si sente talmente superiore da stabilire per editto a chi concedere la cittadinanza italiana e a chi no, perché questo atteggiamento è punitivo del pluralismo culturale e non viceversa. Se io fossi nato in Canada da genitori emigranti italiani – aggiunge Rampelli - magari avrei preferito assumere la cittadinanza italiana, per affinità con le origini della mia famiglia, con i suoi pezzi lasciati nella terra d'origine, per orgoglio verso ciò che l'Italia poteva rappresentare per un emigrante. Mi pare invece che - more solito - emerga una sola soluzione, di stampo socio-economico o evangelizzatore, per la quale chi nasce in Italia dovrebbe essere italiano a prescindere. Non viene presa minimamente in considerazione – continua il deputato Pdl - l'ipotesi che non sia interessato a mantenere la sua identità originaria, diamo per scontata la rincorsa alla cittadinanza italiana, che noi dovremmo elargire come un grande regalo compassionevole verso gente di cultura ‘inferiore’”.
“E' ora di piantarla – conclude Rampelli - con un approccio dogmatico e, questo sì, vagamente razzista e dare la possibilità a chi nasce qui da genitori stranieri di scegliersi la cittadinanza che vuole, nel momento stesso in cui ha conseguito le condizioni e la maturità per farlo. La cittadinanza alla nascita, cioè lo ‘ius soli’ e tutti i suoi derivati, rappresenta una inaccettabile coercizione e un modo sbagliato di considerare persone e culture diverse dalla nostra”.



IMMIGRAZIONE - DISPERSI - TERZO GIORNO SCIOPERO DELLA FAME PER DELEGAZIONE FAMIGLIE DEI TUNISINI DISPERSE
Italian Network, 13-02-2012
    Terzo Giorno di sciopero della fame per le famiglie dei migranti tunisini dispersi, da sabato  in sit - in davanti al Consolato tunisino insieme al comitato di associazioni che li sostiene (vedi: http://www.italiannetwork.it/news.aspx?ln=it&id=33412 ).
Ma oggi Imed Soldani si è sentito male ed è stato ricoverato in ospedale in Tunisia.
Le famiglie chiedono - ricordiamo - da quasi un anno ormai, che qualcuno risponda loro sulla sorte di quei giovani partiti verso l'Europa subito dopo la rivoluzione e che non hanno dato notizia di sè dopo la partenza.
Manifestazioni e sit - in  davanti ai diversi Ministeri e all'ambasciata italiana. Incontri con i diversi ministri e funzionari ministeriali non hanno permesso loro di aver ancora alcuna risposta.
Fortemente critici, poi, si sono dichiarati a fronte delle affermazioni del Console di Tunisi a Palerno relative alla detenzione dei loro figli nei CIE del Nord Italia.
Nel frattempo le mamme dei giovani hanno chiesto un incontro con il Ministro Riccardi in occasione della sua visita in Tunisia.
  Dal Comitato fanno sapere che le sciopero della fame proseguirà domani di fronte al Consolato. Mentre mercoledì si sposteranno alla Questura di Agrigento per cercare di ottenere il rilievo delle impronte dalle carte di identità dei figli dispersi. Tappa successiva il CIE di Ponte Galeria a Roma.(13/02/2012-ITL/ITNET)



Immigrazione: Tunisia cerca i suoi desaparecidos del mare
Presto in Italia esperti in Dna e impronte digitali
(ANSAmed), 13-02-2012
Diego Minuti
- TUNISI - Quando, il 14 gennaio dello scorso anno, Zine El Abidine Ben Ali fuggi' verso l'esilio in Arabia Saudita, nel suo regime, che non aveva retto all'impatto della protesta popolare e della ''rivoluzione'', nessuno forse pensava che l'emorragia di giovani verso l'Italia e quindi l'Europa sarebbe continuata a ritmi infernali. Eppure e' quel che e' accaduto e, solo con l'accordo della primavera passata, tra Italia e Tunisia, i viaggi della disperazione quasi si sono fermati, riducendo il fiume dei fuggiaschi ad un rigagnolo. Ma, in quei mesi, quando ancora l'accordo non c'era, in migliaia partirono, spesso sfidando la morte, e tanti di loro sono scomparsi, forse inghiottiti dal mare, forse fuggiti, una volta toccate le coste italiane. Questa e', pero', una ferita che la nuova Tunisia non sente rimarginata e ora ha deciso di fare di tutto per avere le risposte che cerca sulla sorte di questi figli di cui non ha piu' notizia. A rendere piu' complessa questa speranza e' anche il fatto che i ragazzi tunisini in fuga (mutuando quel che fanno da sempre i loro 'fratelli' algerini, gli arragah), una volta in mare gettano i documenti, per rendere difficile, nel caso finiscano nelle mani delle forze dell'ordine italiane, l'opera di identificazione e, quindi, le procedure di espulsione. E' anche per questo che molti dei cadaveri dei clandestini recuperati in mare o sulle spiagge italiane giacciono, nelle celle frigorifere degli obitori soprattutto siciliani, in attesa di avere un nome. Per questo il governo tunisino ha deciso di istituire una commissione che, avvalendosi delle piu' avanzate tecniche di identificazione - come l'esame del dna e il rilevamento delle impronte digitali anche in cadaveri in stato di saponificazione, come quelli che sono rimasti per troppo tempo in mare -, cerchera' di riportare a casa i corpi di questi sfortunati ragazzi. Quella annunciata dal segretario di Stato all'Emigrazione e ai Tunisini all'estero, Houcine Jaziri, non e' solo una scelta di giustizia, ma anche una risposta alle famiglie di quelli che sono partiti e che, per quando ne sanno, non hanno mai raggiunto la loro meta. Dei trentamila che, dal gennaio all'aprile dello scorso anno, presero il mare, spesso su simulacri di barche, abbandonati a loro stessi da trafficanti di essere umani spietati e avidi, di duecento si ignora ancora la sorte, mentre per un migliaio si ha la certezza della morte in mare. La commissione, di cui faranno parte funzionari dei Ministeri della Giustizia, degli Esteri, della Difesa e dell'Interno e le squadre di tecnici, una volta avuto il via libera dalle autorita' italiane, comincera' la sua difficile missione. Sotto una pressione enorme, occorre precisarlo, da parte dell'opinione pubblica, che considera questa una partita da chiudere prima possibile. Ma le difficolta' sono enormi. Per questo lo stesso Jaziri predica pazienza: ''Abbiamo gia' avviato le necessarie procedure, ma le famiglie devono comprendere che tutto questo prendera' del tempo''. (ANSAmed).



Parla la scrittrice iraniana Farzaneh Milani: "In Occidente strane idee sull’Islam"
"Ci sono troppi pregiudizi il Corano incoraggia l’eros"
la Repubblica, 14-02-2012
Alessandra Baduel
«In Occidente avete sempre una strana idea del mondo musulmano. L´Islam non proibisce il sesso, anzi lo considera un diritto». La scrittrice e studiosa iraniana di genere Farzaneh Milani insegna Donne e Islam all´università della Virginia e sta per pubblicare l´edizione francese del suo ultimo libro sulle iraniane, Les mots sont mes armes, le parole sono le mie armi.
Cosa pensa dell´immagine delle musulmane in Occidente?
«Sono due: una è la musulmana a cui la sessualità è proibita. L´altra è l´odalisca che agogna il sesso, esperta e disponibile. Ma c´è una terza immagine: la realtà di un Islam che incoraggia il sesso. Certo ponendo dei parametri entro cui è concesso, ma senza concepire il peccato originale di Adamo ed Eva».
Cos´è la sessualità, secondo l´Islam?
«Un diritto per uomini e donne. Per l´Islam, se una donna può provare che il marito non la soddisfa sessualmente, ha diritto al divorzio».
Cosa pensa delle giovani musulmane americane di seconda o terza generazione?
«Che ce ne sono di tutti i tipi e totalmente integrate».



Il sesso sotto il velo gli amori segreti delle musulmane cresciute in America
la Repubblica, 14-02-2012
Angelo Aquaro
San Valentino non figura tra i profeti dell´Islam ma Nura Maznavi e Ayesha Mattu hanno scelto proprio il 14 febbraio per fare strage dei pregiudizi che circondano le musulmane e il sesso con un libro.
Prendete la storia di Najva Sol. Aveva 15 anni la prima volta che fece sesso scoprendo quel mondo che i genitori le avevano oscurato. Ogni divieto produce una reazione opposta e Najva naufragò in un mare di sesso, alcol e bugie. Finché non andò al college, cominciò a studiare, prese coscienza, s´innamorò della letteratura e cominciò a sperimentare con la scrittura. E qualcos´altro: tuffandosi in una tumultuosa relazione con la sua compagna di stanza. Aveva 21 anni quando prese il coraggio di affrontare quei genitori, iraniani immigrati, che non avrebbero certamente trovato il coraggio di perdonarla. E invece, ricorda Najva, che per quella confessione aveva scelto il campo neutro di un chiassoso caffè, quelli sapevano già tutto: o quantomeno sospettavano. Per la sorpresa, stavolta, della ragazza: «Droghe, ubriacature, sesso tra ragazzi e ragazze: magari sarà normale per gli standard dell´America che guarda Mtv - racconta la ragazza al Washington Post - ma non per una famiglia iraniana che non aveva voluto neppure mettere la tv nel salotto».
Se c´è una parola che unisce le 25 storie raccolte, come quella di Najva, in questo Love, InshAllah, cioè "L´amore, grazie a Dio", forse è proprio contraddizione. Venti storie su 25 sono raccontate con tanto di nome e cognome vero: un atto di coraggio. Le cronache di questi giorni sono ancora piene dei riflessi di un fattaccio d´oltrefrontiera, le figlie e la moglie trucidate in Canada, con l´aiuto del figlio maschio, da un immigrato afgano che non tollerava che le ragazze vedessero gli amici occidentali: un caso-Hina, la povera pachistana trucidata a Brescia, anche al qua dell´Atlantico.
«In America la parola musulmano porta subito in mente politica e sicurezza nazionale», ricorda Ayesha Mattu, che lavora nei diritti umani. «Con questo libro volevamo far capire che sotto il burqa c´è di più». Dice l´altra curatrice, Nura Maznavi, anche lei avvocato specializzata nei diritti civili: «Le donne musulmane vengono viste o come danzatrici del ventre, ridotte a corpi sotto controllo celate dietro alle vesti neri, senza desideri, tantomeno di sesso. La verità è che come tutte le donne anche noi soffriamo per amore». Un cammino contorto come quello di tutte le ragazze e i ragazzi di ogni latitudine. Di fronte ai divieti del papà iraniano l´irrequieta Najva fu sorpresa quattordicenne davanti al computer a compulsare siti porno: «Ma io ero solo curiosa di vedere come siamo fatti».
Love, InshAllah racconta finalmente quello che le donne (islamiche) non dicono. Ed è solo l´ultimo arrivato in una sfilza di libri che negli ultimi anni hanno contribuito a sollevare appunto il velo sui pregiudizi, nostri e loro, su Islam e sesso: dallo scandaloso La mandorla, il romanzo che sotto il nome d´arte di Nedjma fu identificato come "I racconti della vagina" musulmani, fino a quell´American Dervish con cui Ayad Akhtar racconta oggi l´educazione sentimentale di un musulmano (e di riflesso varie musulmane) cresciuto negli Usa. Ma quelli sono romanzi. La raccolta di Nura e Ayesha è invece piena di storie vere. Anche se per il nostro pregiudizio incredibili. Quando Najva trovò il coraggio di raccontare ai genitori che cosa aveva combinato sessualmente, concluse col cuore in mano: posso continuare a essere per voi una brava figlia, una brava persona e una brava lesbica? E i genitori più severi del mondo - per Amore, grazie a Dio - risposero di sì.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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