Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

27 settembre 2010

La banda dei falsi permessi
sette arresti, c'è anche un commercialista
24 settembre 2010
Il gruppo, guidato da un pregiudicato di origini calabresi, era composto da cinesi, egiziani e tunisini che offrivano documenti contraffatti ai connazionali in cambio di 8-10mila euro
Una banda che si occupava di regolarizzare immigrati clandestini, falsificando i documenti necessari e chiedendo dagli 8mila ai 10mila euro per pratica, è stata scoperta dalla squadra mobile di Genova. Il gruppo, guidato da un pregiudicato di origini calabresi (Antonio Albano), era composto da cinesi, egiziani e tunisini che offrivano i loro servigi a connazionali. Ne faceva parte anche un commercialista (Giuseppe Vinci, 49 anni con studio a Sampierdarena), che registrava i dati dei documenti falsi sul sito web del Ministero dell'Interno.
Sette le persone arrestate (cinque rinchiuse in carcere e due ai domiciliari) con l'accusa di falso e di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'illegale permanenza sul territorio nazionale di una cinquantina di cittadini extracomunitari (cinesi, egiziani e tunisini). Tra gli arrestati, anche il titolare egiziano del negozio di kebab ai Magazzini del Cotone nel Porto Antico.
Un'ottava persona è stata colpita da un provvedimento di divieto di dimora. Ingenti i guadagni della banda, che spendeva soltanto circa 500 euro per ogni iter di regolarizzazione, incassando invece dagli ottomila ai diecimila euro. La falsificazione dei documenti dei lavoratori e dei datori di lavoro si è svolta fino a settembre dello scorso anno, quando si sono concluse a livello nazionale le procedure di emersione degli immigrati irregolari.



Immigrazione: ondata di sbarchi nel sud Sardegna

Giunti oggi oltre 30 nordafricani, 36 quelli approdati ieri
(ANSA) - CAGLIARI, 24 SET - Sono ripresi con intensita' gli sbarchi di immigrati clandestini provenienti dal nord Africa sulle coste sud occidentali della Sardegna.
Durante la notte e questa mattina vi sono stati altri due arrivi con oltre 30 extracomunitari di origine algerina e tunisina.
Ieri ne erano arrivati in tutto 36. Un primo barchinco ha raggiunto oggi all'alba il Poligono militare di Teulada, mentre prima delle 8 altri immigrati erano sbarcati davanti a S.Anna Arresi. I carabinieri della Compagnia di Carbonia hanno trasferito tutti nel Centro di accoglienza di Elmas.(ANSA).




Il sindaco tra i rom

"Basta con i campi"
Il sindaco ribadisce: «Da Maroni attendo 5 milioni»
EMANUELA MINUCCI
TORINO
27 settembre 2010
Arriva in Lungo Stura Lazio a sorpresa, sulla sua Panda giallo canarino. «Appena posso mi muovo con la mia, mi piace guidare, e poi è un modo per tornare alla normalità». E che normalità, quella che stava ieri mattina alle undici davanti al suo parabrezza: baracche abusive immerse nel fetore e nel fango di una discarica a cielo aperto. Roba da mascherina, come quella che indossano i volontari di «Puliamo il mondo» che ieri, in una delle domeniche più scintillanti dell’anno, si sono messi sul serio a pulire il mondo (rom) lungo le rive dello Stura, riempiendo quattro camion di rifiuti, attingendo da quella marea di rifiuti pesante 500 tonnellate, almeno questa è la stima, per difetto, distillata dall’Amiat nell’ultimo sopralluogo in lungo Stura Lazio.

Il sindaco, occhiali da sole, giubbotto blu, jeans e Saxone, reduce dalla diretta tv insieme con l’assessore Tricarico per «Ambiente Italia» al vicino ipermercato di Auchan (il primo in Italia a rinunciare ai sacchetti di plastica) ammette di non essere attrezzato per quella gimcana fra pozzanghere, baracche semidistrutte, resti di falò, avanzi di pastasciutta in putrefazione e detriti d’ogni genere.

Ma Chiamparino vuole entrare, rendersi conto di persona, vedere. Qualcuno gli offre la mascherina, ma lui tira dritto, silenzioso, circondato da uno sciame di fotografi e telecamere già sul posto per la bonifica fai-da-te. Il sindaco non gradisce la vetrina, voleva che la sua visita fosse un momento privato, fra lui e gli uomini di «Terra del fuoco», le sentinelle del campo, che ormai ci vivono da settimane, e gli stessi rom, almeno quelli più collaborativi che hanno accettato di pulire le sponde insieme con i volontari. «La convinzione - spiega il sindaco a fine visita - è che si debba rapidamente passare alle fasi successive per ridurre drasticamente il campo». E ha aggiunto: «Encomiabili gli uomini del nucleo nomadi che riescono a tenere abbastanza sotto controllo una situazione così, stesso merito per il lavoro di Terra del Fuoco». Secondo il primo cittadino e il Prefetto la pulizia delle sponde in collaborazione con gli zingari è un modo per distinguere chi delinque da chi vuole interloquire e collaborare. «Per prima cosa però - aggiunge il sindaco - siamo in attesa di vedere arrivare dal governo 5 milioni di fondi, e venerdì scorso, il ministro Maroni mi ha assicurato che ci sono, poi potremo continuare con l’auto-recupero, sull’esempio di quanto accaduto a Settimo con il Dado: l’amministrazione potrebbe mettere a disposizione dei rom vecchi edifici da recuperare ed affidare loro i lavori».
Chiamparino spiega queste cose ai cronisti prima di scendere lungo le baracche, dove chiede di continuare il viaggio solo, senza telecamere né fotografi. «E’ stato silenzioso per tutta la visita - spiega Oliviero Alotto, presidente di Terra del fuoco - e anche se non l’ha detto esplicitamente l’ho visto abbastanza sconvolto dalle condizioni in cui vivevano certi bambini». Fra i 400 rom occupanti (abusivamente) il campo di Lungo Stura Lazio ci sono infatti più di cento ragazzini che, grazie sempre ai volontari di «Terra del Fuoco», come ha poi raccontato l’assessore ai Servizi sociali Marco Borgione, giunto già all’alba al campo, hanno ricevuto le vaccinazioni. «Il problema è che in queste baracche - ha aggiunto Borgione - c’è chi delinque e chi no, chi salta i pasti e non ha il latte da dare i bambini e chi il panno verde con le fiches steso sul tavolo, e vive di gioco d’azzardo: anche la legalità è zingara fra queste baracche».



La Svp agli immigrati: tedesco necessario per il permesso di soggiorno

Glocal Alto Adige (25 settembre 2010)
Nel documento votato dai rappresentanti provinciali e comunali del partito si parla di una integrazione ''di tutta la famiglia''. La conoscenza della lingua tedesca viene considerata la ''base per l'integrazione'', proponendo corsi specifici per bambini e ragazzi
BOLZANO. La conoscenza della lingua tedesca come condizione per poter ricevere il permesso di soggiorno: è questa una delle proposte contenute in un documento della Suedtiroler Volkspartei, votato con una sola astensione durante una riunione a Bressanone.
La Svp auspica una ''immigrazione controllata e contenuta, regole chiare e una politica di integrazione attiva''.
Il partito di raccolta dei sudtirolesi riconosce ''che i flussi migratori globali non escludono l'Alto Adige''. Nel documento votato dai rappresentanti provinciali e comunali del partito si parla di una integrazione ''di tutta la famiglia''. La conoscenza della lingua tedesca viene considerata la ''base per l'integrazione'', proponendo corsi specifici per bambini e ragazzi.
Con un accordo statale il tedesco dovrebbe diventare vincolante per il permesso di soggiorno in Alto Adige. Secondo il governatore del land austriaco Bassa Austria, Erwin Proell, che ha partecipato ai lavori in veste di ospite, le associazioni possono svolgere un ruolo importante per l'integrazione, ''perche' trasmettono il senso di heimat''.


L'immigrazione che prova a farcela

risparmiando e facendo impresa
la Repubblica 27 settembre 2010
Il sistema bancario ha fatto intermediazioni per conto di stranieri che vivono in Italia per 210 milioni, un totale di oltre 92 mila operazioni. I paesi che ricevono più denaro spedito dal nostro Paese sono Marocco, Moldavia, Brasile, Albania
VALERIA PINI
L'immigrazione che prova a farcela risparmiando e facendo impresa
ROMA - Aprono conti correnti, risparmiano, chiedono mutui per comprare case e avviano imprese. Cresce a vista d'occhio il rapporto degli immigrati con le banche italiane. Nel 2009 il sistema bancario italiano ha fatto intermediazioni per un volume complessivo di rimesse pari a 210,05 milioni, per un totale di 92.020 operazioni. La media di ogni transazione è di 1.543 euro, un dato che è sette volte superiore a quella rilevata a livello internazionale (223 euro). Quando chi lavora nel nostro paese decide di mandare i soldi in patria, sceglie un istituto di credito per importi che superano il migliaio di euro, preferendo altri canali per cifre più basse.
Una crescita del 32%.  La fotografia del rapporto fra immigrati e banche è stata realizzata dal Rapporto Abi-Cespi 2010, effettuata sull'88% dei 3,891 milioni di cittadini stranieri presenti in Italia. I paesi che ricevono maggiori importi dall'Italia sono Romania e Marocco, e subito dopo Moldavia, Brasile e Albania. Anche gli stranieri, meno disposti in passato a rivolgersi a istituti bancari, ne sentono sempre di più la necessità. Decisamente in crescita il numero di coloro che decidono di aprire un conto corrente. Negli ultimi due anni sono passati da 1,404 milioni a 1,514 (+7,9%). Un dato che va collegato anche alla crescita dei residenti nel nostro Paese. Rispetto al 2007 sono aumentati del 32%, arrivando oggi a 3,891 milioni.
Aumentano gli imprenditori stranieri. Ma il dato sui  conti correnti intestati a stranieri non è salito in modo proporzionale alle presenze. Questo anche perché in genere ci vogliono almeno cinque anni di permanenza per acquisire una prima stabilità economica e lavorativa, e dunque l'esigenza di un rapporto con una banca. Nella maggior parte di casi, l'immigrato si rivolge a un istituto di credito per esigenze familiari. Estremamente vitale il mondo dell'imprenditoria multietnica: a fine 2009 gli imprenditori stranieri titolari di un conto corrente erano 52.924, il 3,5% del totale dei correntisti immigrati. Si tratta di clienti consolidati, visto che il 20% ha un conto corrente da più di cinque anni.
Un esercito di piccoli imprenditori. Per quanto riguarda i finanziamenti, un correntista su tre ha avviato un rapporto di credito con la banca. E i prestiti (34% del totale) prevalgono sul credito immobiliare (28%). A fine 2009 il 47% dei piccoli imprenditori immigrati titolari di un conto corrente aveva un finanziamento in corso, con una distribuzione equilibrata fra scadenze a breve (48% del totale) e a medio-lungo termine (52%).
La voglia di rischiare. L'indagine ha cercato infine di mettere in luce alcune tendenze delle imprese con titolari stranieri. Tra 2007 e 2009 nella sola categoria di clientela, cosiddetta small business (ditte individuali o imprese con meno di dieci addetti e fatturato non superiore a 2 milioni) i conti correnti sono quasi raddoppiati, passando da 13.812 a 22.422. Un indizio del possibile effetto della crisi finanziaria sulla popolazione migrante, che ha combattuto precarietà e disoccupazione, rischiando in proprio con l'avvio di piccole attività imprenditoriali.


Nessuna solidarietà per gli «invisibili»

Corriere della Sera 27 settembre 2010
Pierluigi Battista
C’è una vignetta che raffigura due donne: una coperta secondo l’uso musulmano, l’altra adornata da un copricapo grottesco. La didascalia dice: «Permettere il velo che copre il viso e proibire i cappelli d’alta moda». C’è qualcosa di tremendamente offensivo nei confronti della religione islamica, di oltraggioso, di violento, di ripugnante, di volgare in una vignetta così? Magari è solo una battuta non riuscita. Ma anche per questa vignetta una ragazza che si chiama Molly Norris viene licenziata dal giornale per cui lavorava, il Seattle Weekly, viene condannata da una fatwa e costretta a vivere blindata, sotto una protezione asfissiante.
Molly Norris, la cui storia è stata raccontata sul Corriere da Guido Olimpio, è entrata così a far parte di una invisibile internazionale. Anzi, dell’internazionale più visibile mai conosciuta: quella dei giornalisti, dei vignettisti, degli intellettuali, dei registi che pagano con una vita impossibile un atto che considereremmo normale, ovvio, naturale nei sistemi democratici retti dal principio della libertà di espressione. Di questa internazionale non si parla mai. E chi subisce le minacce dei fanatici non soltanto trascorre la vita a nascondersi, a non farsi vedere, a cambiare domicilio, a perdere il lavoro, a espatriare, a costruire stanze inaccessibili, come il vignettista danese inseguito fin all’ingresso della stanza della salvezza da un energumeno armato d’ascia che lo voleva massacrare nel nome della sua religione. Chi viene condannato a morte è anche terribilmente solo, privo di quella solidarietà elementare che dovrebbe essere elargita a chi, in fondo, è colpevole soltanto di aver svolto in libertà il suo lavoro. Il cortometraggio Submission di Theo van Gogh, il regista assassinato ritualmente in pieno centro di Amsterdam, è stato rifiutato da tutti i festival del cinema, da Locarno a Cannes. Non per ragioni artistiche, per il terrore di essere colpiti dalla rappresaglia dei terroristi. Ayaan Hirsi Ali è stata costretta a cambiare casa in Olanda perché i suoi vicini non volevano saperne di vivere accanto a un bersaglio prelibato dei fondamentalisti islamici. Nessuno, nella scuola francese del docente costretto a emigrare e a nascondersi per aver scritto sul Figaro un articolo critico nei confronti dell’islamismo, si è chiesto che fine abbia fatto quel professore: nemmeno un manifesto solidale, una riunione, un manifesto, niente di niente. Per non entrare nell’internazionale dei condannati a morte, gli sceneggiatori di South Park hanno prudentemente ritenuto di cancellare una battuta blandamente ironica nei confronti di Maometto. E certo, se avessero insistito mica avrebbero sentito la protesta dei paladini a zig zag della libertà d’espressione. Quelli che protestano al sicuro, senza dover pagare il prezzo di quei disgraziati che hanno sfiorato l’intoccabile. L’internazionale dei disgraziati.
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