Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

02 luglio 2013

I poverelli di Francesco
la Repubblica 02-07-13
Adriano Prosperi
Lunedì prossimo papa Francesco compirà il suo primo viaggio da quando è pontefice. Papa Bergoglio andrà a Lampedusa. Dire che la notizia è importante è banale: da sempre, o almeno da quando i papi hanno cominciato a muoversi nel mondo, il viaggio papale è un evento significativo.
Lo fu quando Pio VI meritò la definizione di “pellegrino apostolico” compiendo un lungo e faticoso percorso da Roma a Vienna nel 1782 per arginare le riforme dell’imperatore Giuseppe II. E tristemente importante per il papato fu il viaggio del suo successore Pio VII quando andò in esilio a Fontainebleau prigioniero di Napoleone. Viaggi faticosi, amari, decisi da altri. Solo nel secondo Novecento è cominciata la serie di viaggi liberamente e attentamente programmati. Fu Paolo VI che dette al titolo di “pellegrino apostolico” un contenuto nuovo recandosi con una scelta strategica a Gerusalemme nel gennaio del 1964. Da allora in poi c’è stata una vera inflazione di viaggi papali: il solo Wojtyla ne ha fatti più di cento. La luce della ribalta e l’investimento di tutta la potenza dei media hanno moltiplicato l’efficacia della presenza fisica del pontefice, diventato una vera superstar del mondo globalizzato. È sembrato allora che la strada fosse segnata per tutti i suoi successori, anche se era evidente la difficoltà di gareggiare su quel terreno. Non per niente Ratzinger ha prediletto luoghi familiari a un uomo di studio, come la sua Ratisbona.
Ma oggi la scelta del papa argentino ha rovesciato la tradizione e ne ha aperta una del tutto nuova. Francesco I ha scelto un luogo periferico, una piccola isola, un luogo di vicende estreme della povertà e dell’abbandono. E così ha fatto come chi abbassa la voce per farsi ascoltare meglio. La campagna di criminalizzazione dell’immigrazione irregolare in Italia, su cui Luigi Manconi ha presentato pochi giorni fa in Senato un rapporto esauriente e agghiacciante, viene messa improvvisamente a tacere dalla destinazione scelta da papa Bergoglio. Lampedusa: qui da più di vent’anni si toccano gli estremi della sempre meno ricca Europa e del sempre più diseredato popolo dei dannati della terra. Solo nel 2011 vi sono sbarcate più di 50mila persone. Qui, nella disattenzione generale, arrivano i barconi e si registrano tragedie di naufragi e di assassinii. Quel braccio di mare che si apre dal porto di Lampedusa è un cimitero di profughi, soprattutto vecchi, donne e bambini.
Di fatto, questa volta non è la notizia del viaggio papale ma è il nome del luogo che parla. Così come parlava quella sedia vuota al concerto della sala Paolo VI del 23 giugno. Voltando le spalle ai riti della mondanità vaticana, lasciando imbarazzati e silenziosi i monsignori, papa Bergoglio andrà a Lampedusa e salirà in barca per raggiungere il tratto di mare prossimo a Cala Pisana: lancerà in mare una corona in ricordo dei tanti morti che sono caduti in vista dell’isola, quelli per i quali non c’è stato bisogno di fare posto nel sempre più affollato cimitero di Lampedusa. Questi sono fatti che parlano e dicono alcune cose elementari. Dicono che la Chiesa di papa Francesco ha intenzione di ricordare a chi si crede cristiano chi siano i “prossimi” nel senso evangelico della parola. E chi pensa che l’Unione europea sia figlia dell’ideale rivoluzionario settecentesco della fraternità e dei diritti ha l’obbligo di constatare che l’immiserirsi del progetto europeo trova nel dramma di cui Lampedusa è il teatro la sua più evidente e grave manifestazione.
La scelta papale è un sommesso ma fermo richiamo al dovere della solidarietà fra tutti gli esseri umani: esso riguarda l’Europa dei banchieri, ma riguarda in primo luogo noi italiani. E c’è da augurarsi che il gesto papale aiuti un paese che fu di emigranti a recuperare la sua memoria e a negare finalmente ogni credito al razzismo diffuso, al leghismo come ideologia e come pratica che ha pervaso tanti ambienti e tante formazioni politiche. Qui in Italia con leggi come la Bossi-Fini e con la successiva selva di decreti, regolamenti e atti amministrativi si è disseminato il paese di miserabili campi di concentramento dove i sopravvissuti alla traversata del Mediterraneo vengono condannati a scontare con lunghissime reclusioni nei Cie, il crimine imperdonabile della povertà: un paese dove è bastato il timido invito della ministra Kyenge a modificare una legge razzista sul diritto di cittadinanza risalente al 1912 per farci ascoltare oscenità intollerabili. Sarebbe bello se questo viaggio a Lampedusa di un vescovo venuto dalla fine del mondo riuscisse a far capire al mondo sordo e afono della politica italiana che è finito il tempo in cui il consenso popolare si conquistava lanciando messaggi di paura e di rifiuto. Riscoprire il filo che lega la speranza dei disperati di Lampedusa alla nostra speranza di un’Italia migliore è oggi un compito della massima urgenza.



Anche lui verrà dal mare
Avvenire,02-07-2013
Marina Corradi
Lampedusa è da anni, per l’Occidente, un’isola pressoché invisibile, su cui ciò che accade sembra non avere la stessa consistenza di realtà di ciò che succede altrove. Eppure li vediamo spesso, nei telegiornali, quei barconi stracarichi, e sappiamo quanto spesso in quel mare si muoia. Noi, e non solo l’Italia ma l’Europa intera, vediamo scorrere quelle immagini sullo schermo la sera, ma Lampedusa resta una sorta di isola che non c’è.
Migliaia, secondo alcune stime ventimila, quelli che sono morti nel loro viaggio, e i più senza un nome o una lapide, per tomba il mare. Migliaia di uomini, donne e bambini pregano, certe notti, perché il vento sia calmo, nell’avvicinarsi, da Paesi in guerra o miserabili, alla grande frontiera dell’Occidente, le coste italiane. Ma pare quasi che i gommoni alla deriva sotto al sole, o l’aggrapparsi dei naufraghi alle gabbie dei tonni, non siano storie vere al pari dei drammi nostri, di quelli di Milano o Roma, insomma, di al di qua della frontiera; e quei profughi, pare quasi non siano esattamente uomini – figli, padri, madri – come noi.
Sembra che il Papa abbia deciso il suo improvviso viaggio a Lampedusa proprio dopo aver visto quelle immagini che come urla nel silenzio vengono cancellate da abitudine e oblio. Forse Francesco è stato mosso, oltre che dalla carità per migranti, profughi e naufraghi, proprio dal muro di silenzio di questa Europa che se ne sta a guardare, mentre a quel suo confine silenziosamente si muore. E, libero Francesco dal nostro sguardo abituato, semplicemente ha deciso, in uno di quegli slanci del cuore che cominciamo a conoscergli: ci andrò.
Eccolo infatti che va, fra pochi giorni – sbaragliati, immaginiamo, i programmi e la prudenza dei collaboratori. Va in aereo, ma appena sull’isola si imbarcherà a Cala Pisana, e nel porto dei profughi arriverà dal mare. Anche il Papa vuole venire dal mare, come quelli con la pelle bruciata dal sale e dal sole. Come a dirci che ognuno di quelli che sbarcano, sfiniti, è volto di Cristo; e che lo è anche ognuno di quegli ignoti uomini e bambini morti, che da anni fanno, del radioso Mediterraneo, un grande misconosciuto cimitero.
C’è certo un immediato effetto concreto, nello sbarco di un Papa su una piccola isola, ripreso dalle tv di tutto il mondo: Francesco si porterà appresso le telecamere sempre puntate su di lui, e così forse Lampedusa uscirà dalla amnesia collettiva in cui l’Occidente la tiene al confino.
Ma, oltre a questo, colpisce come Bergoglio cerchi, delle periferie di cui da mesi ci parla, la più derelitta, per portare un po’ di luce. Lumen Fidei, si chiama la nuova enciclica che verrà pubblicata a giorni, La luce della fede. Di fronte alla opacità dell’indifferenza di popoli europei ancora largamente battezzati, il Papa va a portare un altro, limpido sguardo. Come a dirci, con i suoi modi semplici: vedete cosa succede qui? Come si può restare con le mani in mano?
Verrà dal mare, Francesco a Lampedusa, accompagnato dalle barche degli isolani che questi profughi da anni li accolgono, dalle motovedette che, al primo avvistamento, a ogni ora del giorno e della notte accorrono. E chi anche solo una volta ha assistito in mezzo al mare a questi salvataggi di miserabili ammutoliti da fame e caldo e sete, e ha visto gli italiani allungare una bottiglia d’acqua o prendere in braccio un bambino, si è stranamente commosso a quei gesti semplici, come fossero in realtà straordinari.
Non sempre, non ovunque dei naufraghi stranieri, nel mondo e nella storia, sono accolti così. Il pescatore che avvista e dà l’allarme, il giovane guardacoste che disseta i naufraghi sono, magari senza ricordarlo, eredi di una memoria cui attingono ancora le loro radici; sanno, di padre in figlio, che quelli sono uomini, e che ogni straniero va accolto, e sfamato.
Così che – se anche una volta soltanto su quelle motovedette ci sei stato – capisci meglio il sussulto di speranza nei naufraghi, quando, sottile, la striscia di terra di Lampedusa si staglia all’orizzonte. "Italia!", si dicono l’un l’altro, e si abbracciano, e piangono. E tu che stai a guardare sussulti a tua volta, come se quel nome ti suggerisse ora anche qualcosa di molto più grande, e più antico. Un nome che ha fatto molta della nostra storia. Quel nome che un Papa porterà quaggiù, luce nel buio della smemoratezza di quanti vedono, e restano a guardare.



IL RISCATTO DELL'ISOLA DISPERATA
la Stampa, 02-07-2013
FEDERICO GEREMICCA
A  volte basta un gesto per cambiare - anche solo temporaneamente - l'immagine di un luogo e perfino l'animo e l'umore di chi quel luogo abita
Se poi il gesto lo compie un Papa e il luogo è l'isola di Lampedusa, allora è evidente che ci si trova di fronte ad un unicum, simbolicamente rilevantissimo e capace di generare attenzione, fiducia e speranza.
È il primo pensiero che viene alla mente di fronte alla decisione (al gesto, appunto) annunciata ieri da Papa Francesco, che «intende pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti, i profughi presenti e incoraggiare gli abitanti dell'isola». Lunedï mattina, dunque, Jorge Mario Bergoglio sarà a Lampedusa per la sua prima visita pastorale lontano da Roma. È il suo primo viag- gio, infatti: e la straordinaria circostanza fa dire a Giusy Nicolini - sindaco dell'isola - che «ora Lampedusa non è più l'ultimo lembo d'Europa, ma la prima tappa, quella di partenza, del magnifico pontificate di Francesco».
Quel che il Santo Padre troverà sull'isola è in parte noto e in parte affidato alle bizze del tempo. Ieri, per dire, nel Centro d'accoglienza di Lampedusa vi erano ospitati solo 48 migranti: «Ma nei giorni scorsi il mare è stato mosso - spiega il sindaco - mentre le previsioni da qui a lunedï danno tempo bello, e immagino che molti barconi siano pronti a salpare dalle coste libiche e tunisine per arrivare fino a noi». Previsione non difficile, quella della Nicolini: e se il flusso dovesse davvero riprendere con i ritmi tradizio- nali, nulla esclude - anzi - che Papa Francesco possa assistere in diretta ad uno sbarco di migranti o a qualche salvataggio ad opera degli uomini della Capitaneria di Porto.
Visita eccellente su un'ïsola che di eccellenze ne ha conosciute poche e di promesse purtroppo tante. La più bruciante - perché mai realizzata - fu quella pronunciata da Silvio Berlusconi due primavere fa proprio a Lampedusa, nel pieno di una emergenza drammatica e senza precedenti: «Ho comprato casa qui, perché voglio essere lampedusano anch'io», arringò la folla in una piazza che grondava disperazione e rabbia. La casa fu effettivamente acquistata: ma da allora, però, il Cavaliere sull'isola non si è visto mai più... E anche le altre promesse - aggiunte a corredo dell'impegno più importante - non si sono mai trasformate in realtà: un piano colore «perché Lampedusa deve diventare come Portofino», un campo da golf, l'isola trasformata in porto franco, il casino, eccetera, eccetera.
Papa Francesco non ha nulla da promettere agli isolani, se non le sue preghiere per i vivi, per i morti e per chi non ha più speranza. Non avrà forse il tempo di visitare il povero cimitero nel quale riposano i corpi di alcune decine delle centinaia e centinaia di migranti morti in mare; mentre riuscirà forse a passare dal Centro d'accoglienza, drammatico contenitore di povertà e disperazione. Di certo, invece, getterà dei fiori in mare nel ricordo delle vittime di una migrazione che pare non dover finire più.
Del resto, nessuno - sull'isola - chiede a Francesco di promettere qualcosa: il suo solo arrivo è un regalo insperato, una iniezione di fiducia e non soltanto. Le immagini di Lampedusa, infatti, torneranno a fare il giro del mondo, ma stavolta non illustreranno «colline della vergogna» e immigrati- bambini costretti a dormir per strada: bensi la veste bianca di un Papa che ha scelto quest'isola per iniziare il suo viaggio. Non è poco. Anzi è tantissimo per Lampedusa: dove per strada senti ripetere spesso, come una cantilena, «si sono dimenticati di noi non solo gli uomini, ma perfino i Santi»...



Il primo viaggio di Francesco è tra i migranti
Lunedì va a Lampedusa: “È la Chiesa tra i poveri”
La Stampa, 02-07-2013
GIACOMO GALEAZZI
Sarà un pellegrinaggio in mare (con organizzazione «last minute» affidata a don Georg) la prima uscita ufficiale di Francesco. Il suo viaggio d’esordio è un blitz tra i poveri che scavalca e disorienta la macchina curiale. A sorpresa lunedì la visita privata ai migranti di Lampedusa inaugura il pontificato «on the road» di Bergoglio. L’annuncio è arrivato dalla Sala Stampa vaticana: senza mediazioni della Segreteria di Stato, Francesco ha confermato direttamente all’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro di aver accettato l’invito del parroco dell’isola, don Stefano Nastasi. Nel programma non sono previste presenze di autorità ufficiali dello Stato Italiano o della Cei.
Primo Papa a visitare Lampedusa, Francesco compie un viaggio lampo per ricordare i tanti che dall’Africa a Lampedusa perdono la vita in mare, vittime delle guerre e di scafisti profittatori. Per incoraggiare gli abitanti dell’isola alla solidarietà e far appello alla responsabilità di tutti perché ci si prenda cura degli immigrati. «Un gesto significativo che scuote le istituzioni dall’indifferenza nei confronti delle tragedie del mare», precisa il ministro vaticano dell’Immigrazione, Antonio Maria Vegliò. Due mesi fa Francesco aveva lanciato un appello a «governanti e legislatori e a comunità internazionale a pensare per i profughi «iniziative efficaci e nuovi approcci per tutelare la loro dignità, migliorare la loro qualità di vita e far fronte alle sfide che emergono da forme moderne di persecuzione, oppressione e schiavitù».
La spinta a concretizzare il progetto di un gesto verso gli immigrati e i profughi è venuta dal «recente naufragio di un’imbarcazione», a metà di giugno, che ha «profondamente toccato» il Pontefice che ha messo i poveri al centro della nuova evangelizzazione. Una visita il più possibile sobria. I pescatori accompagnano il Papa con le loro barche. Dopo il saluto ai migranti, al largo, il Papa lancia una corona di fiori in ricordo di quanti hanno perso la vita in mare, poi la messa al campo sportivo e la sosta alla parrocchia di San Gerlando. Un planning serrato per un evento inatteso che accende i riflettori del mondo sull’emergenza-migranti.
«La scelta di andare a Lampedusa come primo viaggio del pontificato parla più di ogni parola» sostiene l’Osservatore romano. Tra accelerazioni improvvise ai preparativi, clamore mediatico planetario per una decisione ancora una volta controcorrente, strappi al cerimoniale e «low profile», il pontificato itinerante di Francesco inizia laddove la sua «Chiesa povera per i poveri» sperimenta quotidianamente la frontiera del disagio. Nell’epoca global, apparentemente senza più muri geopolitici, Bergoglio visita l’avamposto della carità, la prima linea del fronte in una guerra per la sopravvivenza combattuta ogni notte sulle carrette del mare.
Un pellegrinaggio nell’isola che solo nel 2011, con l’esplosione della primavera araba ha visto sbarcare sulle proprie coste 50mila persone. Il presidente della fondazione «Migrantes», don Giancarlo Perego sottolinea che il Papa andando a Lampedusa ribadisca «la scelta preferenziale della Chiesa per i poveri». L’ultimo naufragio spinge il Papa verso la porta d’ingresso in Europa. E venerdì «Lumen Fidei», la prima enciclica di Francesco e l’ultima di Benedetto, indicherà la via: la fede in un Dio che si è fatto persona, si è incarnato nella vita e nella morte dell’uomo.



Migranti, integrazioni ad personam e competenze ai Comuni
Ingressi con sponsor, sanatorie personalizzate, abolizione del reato di clandestinità, sottrarre compiti al Viminale. Eccola la road map messa a punto dagli esperti della Fondazione Ismu, assieme agli studiosi di Neodemos e del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull'immigrazione (Fieri).
la Repubblica, 02-07-2012
ROMA - Ingressi con sponsor, sanatorie ad personam, abolizione del reato di clandestinità, passaggio di competenze dal Viminale ai Comuni. Eccola la road map messa a punto dagli esperti della Fondazione Ismu, assieme agli studiosi di Neodemos e del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull'immigrazione (Fieri). Un'agenda di interventi resa necessaria dal fatto che "la debolezza demografica dell'Italia e l'auspicata ripresa economica potranno, nel volgere di breve tempo, riattivare flussi migratori importanti che occorre governare al meglio".
Regolare i flussi d'ingresso. "La riforma delle politiche migratorie è una priorità per il Paese - si legge nel documento - e riguardo agli ingressi per lavoro è necessario riconoscere che la "richiesta" espressa dai datori di lavoro (imprese e famiglie) non può essere l'unico criterio per determinare l'ammontare dei flussi. Per quanto riguarda gli ingressi individuali, si è verificata l'assoluta inadeguatezza della chiamata nominativa dei lavoratori residenti all'estero. Accanto a questa via d'ingresso conviene reintrodurre il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro (su garanzia del migrante o di uno sponsor). Si propone anche la necessità di stabilire agevoli modalità per la trasformazione dei permessi di studio in permessi per ricerca di lavoro".
Contrasto all'irregolarità. Nell'agenda di riforme si sostiene la necessità di "limitare e gestire meglio le presenze irregolari e le espulsioni". Per questo, vanno studiate efficienti modalità di rimpatrio volontario assistito in cooperazione con i Paesi di provenienza. "Inoltre l'emersione dall'irregolarità non può essere affidata alle sanatorie di massa. Sarebbe preferibile la definizione di una stabile disciplina in materia, che introduca modalità di regolarizzazione ad personam per chi dimostra di possedere i requisiti utili a un percorso di integrazione. Il tema delle presenze irregolari evoca poi la delicata questione del trattenimento nei CIE e del reato-soggiorno "clandestino". L'esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato l'inefficacia deterrente della nuova fattispecie di reato e la scarsa utilità, ai fini dell'identificazione, dei lunghi trattenimenti".
Dalla polizia ai comuni. "E' auspicabile il trasferimento ai comuni di alcune funzioni e competenze in materia di rilascio dei permessi di soggiorno. Così facendo si potrebbe liberare quel personale di polizia che oggi viene sottratto ai propri compiti istituzionali nel campo della sicurezza".
La programmazione degli ingressi. Una proposta è anche la creazione di un'Agenzia indipendente, "i cui membri siano designati dalla presidenza del Consiglio, approvati dalle commissioni parlamentari competenti a maggioranza qualificata e nominati dal presidente della Repubblica. L'Agenzia avrebbe il compito di proporre al parlamento e al governo le linee per la programmazione dei flussi".
Le politiche migratorie in Europa. Con riferimento agli immigrati regolari occorre facilitarne la mobilità sul territorio europeo, oggi sottoposta a molteplici restrizioni. Ciò darebbe un maggior dinamismo al mercato del lavoro nella UE. Ancora: "Nel contrasto all'irregolarità l'Italia dovrebbe esercitare una forte pressione per il rafforzamento di Frontex, che va dotato di sufficienti mezzi di intervento rapido nel contrasto dei flussi irregolari. Infine, è urgente che l'Unione eserciti il proprio peso politico ed economico nella stipulazione di accordi con i Paesi mediterranei e africani per la gestione dei flussi regolari e la riammissione dei migranti irregolari espulsi".



Immigrati. Nel salernitano sgomberato camping rifugio abusivo
Internazionele, 01-07-2013
Napoli, 1 lug. (TMNews) – Un ex camping abbandonato, divenuto rifugio abusivo per extracomunitari, è stato sgomberato dai carabinieri della Compagnia di Agropoli e dalla polizia municipale, a Capaccio Scalo, in provincia di Salerno. Il campeggio ‘Hera Argiva’, in località Laura, era ormai lasciato all’incuria da tempo. Nel corso degli anni, il plesso che è costituito da oltre dieci fabbricati di varia grandezza e tipologia, è stato occupato abusivamente da numerosi cittadini immigrati, molti dei quali già conosciuti dalle forze dell’ordine. I senza fissa dimora hanno dimorato nella struttura in condizioni di forte degrado ambientale e con grandi carenze igienico-sanitarie.
L’amministrazione comunale, in seguito a un Tavolo tecnico svolto presso la Prefettura di Salerno, aveva richiesto l’intervento della forza pubblica per ripristinare lo stato dei luoghi e consentire, così, la bonifica e la messa in sicurezza dell’area. Le operazioni sono state condotte senza problemi di ordine pubblico: sono stati rimossi tutti gli ostacoli e bonificate le aree pertinenti. Nei prossimi giorni, il Comune di Capaccio provvederà anche allo smaltimento dell’eternit presente.



Colf, badanti e babysitter. Via al nuovo contratto
In vigore dal 1 luglio. Aumentano i minimi retributivi e la tutela della lavoratrici madri, permessi per frequentare i corsi di italiano, convalida delle dimissioni e altre novità
Stranieriinitalia.it, 02-07-2013
Elvio Pasca
Roma – La firma finale di sindacati e associazioni dei datori di lavoro arriverà nei prossimi giorni, davanti al ministro del Lavoro, ma entra in vigore già da oggi il nuovo contratto collettivo nazionale di colf, badanti e babysitter. Dall’assunzione al licenziamento, regola tutti gli aspetti del rapporto di lavoro domestico, definendo diritti e doveri dei lavoratori e di chi li paga per curare la propria casa o i propri cari.
Il rinnovo prevede aumenti dei minimi retributivi che scatteranno in tre rate, all’inizio del 2014, del 2015 e del 2016. Ma ci sono tante altre novità.  Sono previsti ad esempio il raddoppio dei termini di preavviso per licenziare le neomamme, la convalida obbligatoria delle dimissioni, permessi retribuiti per frequentare i corsi di italiano e congedi matrimoniali fruibili fino a un anno di distanza dal matrimonio.
“Nel pieno della crisi economica non è stato facile trovare un accordo che recepisse tutte le richieste dei lavoratori e venisse incontro alle nuove esigenze delle famiglie. Abbiamo però fatto passi avanti importanti” dice Teresa Benvenuto, segretario nazionale dell’associazione dei datori di lavoro domestico Assindatcolf.
“Noi siamo contenti – sottolinea Benvenuto – soprattutto perché abbiamo dato un’opportunità in più alle famiglie che hanno una persona non autosufficiente da assistere sette giorni più sette. Con il nuovo contratto è infatti più semplice e meno costoso coprire i giorni di riposo dell’assistente familiare con le prestazioni di un altro lavoratore“.

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