Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 novembre 2011

 

PON sicurezza: approvati 4 centri polifunzionali per immigrati in Sicilia e Puglia e stanziati fondi alla Marina militare per incrementare la sorveglianza in mare.
Passano i progetti di Castellana Grotte (Bari), Rosolini (Siracusa), Mattinata (Foggia), Palagiano (Taranto).
Immigrazione Oggi, 10-11-2011
Altri quattro centri per l’integrazione degli immigrati extracomunitari sono stati approvati ieri dal Comitato di valutazione del PON sicurezza.
Tra i 18 progetti ammessi a finanziamento dal Programma gestito dal Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza e cofinanziato dall’Unione europea quattro prevedono la nascita di Centri polifunzionali per l’integrazione degli immigrati extracomunitari regolari a Castellana Grotte (Bari), Rosolini (Siracusa), Mattinata (Foggia), Palagiano (Taranto).
Il progetto ha inoltre previsto il finanziamento, sempre nell’ambito del Programma operativo nazionale “Sicurezza per lo sviluppo - Obiettivo convergenza 2007-2013” del progetto presentato dalla Marina militare per incrementare la sorveglianza delle acque antistanti alcuni porti delle regioni Obiettivo convergenza (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).
 
 
 
Cittadinanza, matrimonio, divorzio e gli altri atti dello stato civile nel Massimario 2011 del Ministero dell’interno.
On line la pubblicazione della Direzione centrale per i servizi demografici per gli operatori, utile anche ai cittadini italiani e stranieri che vogliono conoscere le procedure dello Stato civile.
Immigrazione Oggi, 10-11-2011
La Direzione centrale per i servizi demografici del Ministero dell’interno ha pubblicato l’edizione aggiornata al 2011 del Massimario per l’ufficiale dello stato civile.
Si tratta di uno strumento rivolto in particolare agli operatori delle prefetture e dei consolati con il quale il Viminale fornisce le linee di indirizzo sulle problematiche più controverse in materia.
Il volume, in formato pdf che può essere scaricato dal sito del Ministero dell’interno, è utile anche ai cittadini italiani e stranieri per conoscere direttamente le procedure con le quali lo Stato regola gli atti dello stato civile: dalla formazione degli atti di autorità straniere da valere in Italia (traduzione, legalizzazione, apostille), ai procedimenti per l’acquisto della cittadinanza; dalla filiazione (con i casi dello straniero nato in Italia e del riconoscimento, successivo alla nascita, del figlio straniero da parte di cittadino italiano), all’adozione. Nel capitolo VIII sono descritte le procedure in materia di cognome del cittadino straniero; il IX tratta del matrimonio (la trascrizione dell’atto di matrimonio in Italia, i cittadini italiani che si sposano all’estero, i cittadini stranieri che si sposano in Italia ed il relativo nulla osta al matrimonio). Gli ultimi capitoli descrivono, tra le altre, le procedure dello stato civile in tema di divorzio, come il riconoscimento in Italia di una pronuncia straniera di divorzio.
 
 
 
San Giovanni Rotondo, polemiche sul no agli immigrati del sindaco Pompilio
il Paese Nuovo.it, 10-11-2011 
SAN GIOVANNI ROTONDO (Foggia) - Forte attacco dell'assessore regionale pugliese alla Protezione Civile, Fabiano Amati, all'indirizzo del primo cittadino di San Giovanni Rotondo Pompilio, che ha rifiutato di ospitare gruppi di immigrati negli alberghi della città. E, ovviamente, è stata subito polemica, tanto più che si parla della città di Padre Pio.
Tuttavia, per rispondere alle accuse di xenofobia e razzismo mossegli dall'assessore, il sindaco, che aveva motivato la sua decisione adducendola ad un potenziale pericolo terrorismo, ha poi corretto il tiro, sostenendo che occorre improntare le politiche di accoglienza in maniera qualificata e rispondente alle effettive risorse (cfr Corriere del Mezzogiorno).
Ricordiamo che la vicenda ha preso le mosse da una convenzione stipulata tra la Regione Puglia e alcuni alberghi di San Giovanni Rotondo, appunto per offrire ospitalità ad immigrati provenienti dal nord Africa. Immediato il dissenso del sindaco Pompilio, che in una lettera al ministro degli Interni Maroni ed al governatore Vendola ha manifestato la contrarietà dell'amministrazione comunale ad ospitare nelle strutture ricettive cittadine extracomunitari sommariamente identificati e tra i quali potrebbero nascondersi cellule terroristiche, con un conseguente ritorno di immagine negativo per la città e un danno al settore turistico, già in crisi(cfr Gazzetta del Mezzogiorno).
 
 
 
Prato: un centro medico italo-cinese per combattere gli ambulatori clandestini.
Successo per il Futura Medical, struttura privata non convenzionata con personale bilingue.
Immigrazione Oggi, 10-11-2011
Un vero successo sta riscuotendo il primo centro italo-cinese di medicina sorto a Prato. Secondo un’inchiesta de Il Tirreno, il Futura Medical, pur essendo una struttura privata e non convenzionata con il servizio sanitario, sta attirando sempre più immigrati orientali riducendo anche i casi di ambulatori abusivi.
Nel centro di via Marini lavora una squadra di sette medici generali, dove compare anche una dottoressa di origine cinese ma di seconda generazione, oltre ai quali opera anche una fisioterapista cinese e, al telefono, risponde personale bilingue.
Secondo il giornale toscano, oltre alla medicina di base, c’è forte richiesta sia per i trattamenti di medicina estetica che per gli interventi di chirurgia estetica.
 
 
 
Lega furiosa per gli immigrati a Prestino. «Via subito, tornino al centro di Tavernola»
Corriere di Como.it, 09-111-2011
Anna Campaniello
Gli stranieri sono stati trasferiti per un guasto alla caldaia nella struttura originaria
«La struttura di Prestino non è un centro di accoglienza per immigrati. I profughi devono tornare subito a Tavernola». Il presidente della Circoscrizione 3 Mirko Pontrelli si fa portavoce della Lega Nord e rilancia uno dei cavalli di battaglia del Carroccio a Como: l’edificio destinato a ospitare le persone in difficoltà realizzato appunto a Prestino.
Due settimane fa, a causa di un problema alla caldaia che impediva il corretto funzionamento dell’impianto di riscaldamento, l’amministrazione comunale ha deciso di trasferire temporaneamente tutte le persone ospitate dal centro di accoglienza di Tavernola a Prestino. 
Come confermato dalla dirigente del settore Servizi sociali Franca Gualdoni, «si tratta di 84 stranieri». «Di questi - continua la dirigente - 25 sono ospitati da tempo in base a una vecchia convenzione con la prefettura di Como nell’ambito della gestione del centro per richiedenti asilo». 
I restanti sono invece arrivati nei mesi scorsi, trasferiti sul Lario dopo i massicci sbarchi seguiti all’emergenza scoppiata in Libia e in gran parte del Nordafrica.
La presenza dei profughi ha sollevato sin da subito qualche malumore. Venerdì scorso, molti tra i residenti della zona hanno notato la presenza, davanti alla struttura di Prestino, di almeno tre auto dei carabinieri e di un’ambulanza. E poco importa che si sia trattato di una banale lite tra alcuni ospiti e che la situazione sia tornata rapidamente alla normalità. L’episodio è stato sufficiente a far riesplodere la polemica.
«Abbiamo accettato il trasferimento a Prestino solo perché ci è stato detto che si trattava di una situazione di emergenza, legata esclusivamente alla rottura della caldaia nel centro di Tavernola – attacca Mirko Pontrelli – Mi sembra che due settimane siano sufficienti per far funzionare una caldaia. In ogni caso, la struttura di Prestino deve essere liberata subito perché non è un punto di accoglienza per gli immigrati».
«I residenti della zona sono preoccupati – prosegue il presidente della Circoscrizione – Molti di loro ricordano bene i problemi negli anni delle prime ondate migratorie e non vogliono trovarsi a vivere nuovamente una situazione simile. La struttura di Prestino, inoltre, confina con una scuola elementare, dalla quale è divisa solo da una semplice rete da giardino». 
La richiesta del gruppo della Lega della circoscrizione sarà discussa in una riunione urgente del parlamentino convocata per questa sera, incontro nel quale si parlerà anche della situazione di via Domenico Pino. «Chiediamo al Comune di Como che risolva il problema della caldaia in modo che i profughi possano tornare a Tavernola – dice Pontrelli – La struttura di Prestino è stata pensata e voluta soprattutto pensando agli italiani in difficoltà e con la necessità di essere accolti e deve essere utilizzata per questo scopo».
Il problema della caldaia però non sembra risolvibile in tempi brevi. «Tutto l’impianto di riscaldamento è da rifare – spiega Francesco Scopelliti, assessore all’Edilizia pubblica – L’unica soluzione possibile dunque è stata il trasferimento dei profughi. Nell’immediato non sono disponibili altre soluzioni. Valuteremo poi come procedere con l’impianto rotto. Al di là della sistemazione, comunque, i numeri dei profughi presenti restano identici e non capisco quindi il motivo della protesta».
 
 
 
Asili nelle parrocchie: l'ennesimo fallimento dell'assessore
Cinque, 10-11-2011
Giulio Dante
Er Ciavatta, Ciggi De Palo, dopo 9 mesi purtroppo non ha partorito nessun risultato. Alle riunioni incandescenti con i sindacati del settore scuola il sindaco Alemanno lo ha letteralmente commissariato. Accanto all'assessore siede ormai da tempo il segretario generale persona
quadrata che sa il fatto suo. «Il giovane non lo si può lasciare da solo un attimo» si mormora nella segreteria del sindaco.   Alle riu¬
nioni  con  i  sindacati lui non apre bocca. A decidere tutto è il segretario generale. Sarà che l'ultima esperienza fatta dall'assessore in
una missione di  mediatore   a   nome   del sindaco   è   stato   un fallimento. Era Pasqua e   la  basilica  di   San Paolo   era   occupata
dai rom. Lui si è presentato come l'uomo nuovo, il cattolico che  avrebbe smosso mare e   monti   e   invece   i rom sono rimasti lì e lui è andato a casa... quella sera. Ma ci sono altri fallimenti. Intanto il quoziente familiare che è stato lanciato in pompa magna e che oggi si riduce solo a uno slogan elettorale lanciato troppo pre-sto, poi i famosi "campanili", gli asili nelle parrocchie, che come per miracolo sono spariti. Ma noi sappiamo il perchè. Sembra che sin dai tempi dell'assessore Marsilio sui campanili e sul modo di costruire questo progetto da parte di De Palo ci fossero numerose critiche e dubbi proprio dagli stessi parroci. Ma il "sandaluto" De Palo ha convinto il primo cittadino a lanciare l'idea degli asili nelle parrocchie, senza però prima valutare la fattibilità del progetto. Insomma l'ennesimo buco nell'acqua dell'assessore con il sandalo. A questi fallimenti si aggiungono anche scelte sul dimensionamento scolastico che ha rivoluzionato il sistema romano delle scuole che non sono state minimamente ascoltate. Forse era meglio fare gestire questa vicenda al segretario generale per suo conto. Il giovane assessore pensa solo a fare comunicati inneggiando retoricamente al bene comune. Ma di sicuro non ha fatto il bene delle scuole romane.
 
 
 
IMMIGRATI: VICEPRESIDENTE UMBRIA VISITA STRUTTURE ARCI
(AGI) - Perugia, 9 nov. - C'e' chi frequenta i corsi per imparare l'italiano e chi e' gia' impegnato in attivita' di formazione per la raccolta e la trasformazione delle olive in olio, per la gestione delle aree verdi comunali, l'assistenza agli anziani e alle persone in difficolta': puntano tutte all'inserimento nel tessuto sociale, le attivita' organizzate dall'Arci della Provincia di Perugia che vedono protagonisti i 130 profughi accolti nel perugino in seguito all'accordo con la Regione Umbria. La vicepresidente della Regione, Carla Casciari, ha visitato alcune delle strutture dove l'Arci accoglie i gruppi composti da 6-8 persone. Si tratta di giovani provenienti dalla Libia e originari dalla Nigeria, Costa d'Avorio, Bangladesh e dal Mali, molti dei quali hanno fatto richiesta di asilo. "La loro eta' media e' intorno ai 25 anni, il 90 per cento sono maschi, ma ci sono anche alcune famiglie con bambini", ha spiegato il presidente dell'Arci della provincia di Perugia, Franco Calzini, durante la visita della vicepresidente Casciari a una struttura di Perugia ubicate a Ponte d'Oddi, dove vivono, in due appartamenti, 12 ragazzi nigeriani ubicati nello stesso stabile e che attualmente sono impegnati nell'apprendimento della lingua italiana, perche' arrivati solo a settembre. La vicepresidente ha voluto conoscere e salutare personalmente, recandosi presso l'abitazione di Ponte San Giovanni, una giovanissima coppia di nigeriani, con un bimbo di circa un anno, ricongiuntasi grazie all'intervento dell'Arci di Perugia che ha ritrovato il papa' arrivato, subito dopo lo sbarco in Italia, nella regione Lazio e destinato ad una struttura di quel territorio. "Dopo la fase critica legata alla prima emergenza - ha detto la vicepresidente - con gli enti individuati per l'accoglienza sono stati previsti dei percorsi individuali dopo una valutazione delle competenze di ognuno. Si tratta di un passaggio importante perche', in attesa della definizione dello status giuridico dei richiedenti asilo, non basta garantire un tetto e del cibo ma e' nostro permettere a queste persone di inserirsi nella comunita' e sviluppare una relazione anche con la comunita'". La vicepresidente ha quindi ricordato che "si e' partiti proprio con l'attivazione di corsi di italiano, che permettono anche di stabilire un rapporto di conoscenza piu' approfondita tra gli operatori e le persone accolte, per poi arrivare ad un impegno piu' concreto, anche attraverso il volontariato socialmente utile". (AGI) Pg2/Sep
 
 
 
Fame e malnutrizione, foto di dolore Medici senza frontiere punta all'arte
la Repubblica, 07-11-2011
"Il cibo non basta". Immagini toccanti che raffigurano la malnutrizione. L'arte come informazione per fare conoscere al pubblico temi delicati e fin troppo ignorati. La mostra è organizzata da Medici senza Frontiere in collaborazione con l'Istituto europeo di design e sarà esposta da lunedì 7 a sabato 12 novembre, al Palazzo Valentini, sede della Provincia. 
Gli scatti sono di fotografi noti a livello internazionale come Francesco Zizola, Philipp Horak, Magnus Hallgren, Jodi Bebier, Susan Sandars.
Le immagini condurranno lo spettatore in un viaggio attraverso due continenti, Africa e Asia e diversi Stati: Somalia, Etiopia, Sudan, Repubblica democratica del Congo, Niger e Pakistan. E racconteranno le storie di decine di milioni di bambini malnutriti. La mancanza di nutrizione è una malattia prevenibile e curabile, ma è la causa di almeno un terzo degli otto milioni di decessi di bambini al di sotto dei 5 anni. 
"Attraverso questa mostra fotografica vogliamo sensibilizzare e coinvolgere l'opinione pubblica su un problema  che colpisce in tutto il mondo 195 milioni di bambini - dichiara Kostas Moschochoritis, direttore generale di Medici senza frontiere Italia -.  Oggi, grazie ai cibi terapeutici pronti all'uso, la malnutrizione può essere sconfitta. Ma il sistema degli aiuti alimentari internazionale continua a fornire ai bambini cibi non adeguati".
Ingresso libero dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 19, sabato dalle 10 alle 13
Per informazioni: ufficio stampa Msf: 064486921;
 
 
 
Quei medici che aiutano i rifugiati "Ricominciare a vivere dopo le torture"
Il progetto Nirast,  Network Italiano per i richiedenti asilo sopravvissuti a tortura lavora per creare una rete di Centri pubblici specializzati nella diagnosi e nel trattamento dei richiedenti profughi che hanno subito tortura e violenza estrema. La maggior parte provenienti dall'Afganistan, Kurdistan, Costa d'Avorio, Eritrea e Nigeria con un'età media di 28 anni
la Repubblica, 07-11-2011
VALERIA PINI 
ROMA - Perseguitati, spesso torturati. Portano sul corpo i segni delle sevizie, costretti a fuggire dalla loro terra, lasciandosi alle spalle la casa, la famiglia, il lavoro, la propria identità. Donne violentate e picchiate. Gente che chiede asilo e che scappa dall'Africa o dall'Asia, da tutti quei Paesi dove non si conosce né si rispeta il diritto, meno che mai la democrazia. Si calcola che il 20% - 30% dei rifugiati che arriva in Italia abbia subito esperienza di tortura e violenza estrema. Esistono però medici un po' "speciali" che li aiutano a sopravvivere. 
Il progetto. Da tempo il progetto Nirast 1, Network Italiano per i richiedenti asilo sopravvissuti a tortura lavora per  creare una rete di Centri pubblici specializzati nella diagnosi e nel trattamento dei richiedenti asilo con sintomi post traumatici. Fino a venerdì 11 novembre si svolgerà a Roma il 3° Corso Nazionale Nirast, che vedrà la partecipazione di oltre 100 psichiatri, medici e psicologi provenienti da tutta Italia per tre giorni di formazione sulle patologie prodotte da traumi estremi e in particolare sul trattamento dei rifugiati sopravvissuti a tortura. 
I dati in Europa. Una questione importante visto che su 400.000 richiedenti asilo presenti in Europa solo 20.000 hanno potuto avvalersi di cure appropriate presso centri specializzati nella riabilitazione dei sopravvissuti a tortura. "Le conseguenze su chi ha subìto tortura e abusi sessuali, colpiscono la psiche molto più profondamente dei traumi di altra origine - spiega Massimo Germani, psichiatra-psicoanalista e direttore del Centro per il trattamento delle patologie post traumatiche e da stress del San Giovanni - la differenza è proprio nella natura relazionale del trauma, che è in grado di colpire le strutture profonde della psiche: in questi casi si parla infatti di Disturbo da stress estremo". 
La diagnosi. La specificità di questi disturbi richiede una diagnosi corretta ed un trattamento efficace di strutture specialistiche. E' per rispondere a questa esigenza che è nato il Progetto Nirast - Network Italiano per i Sopravvissuti a Tortura, promosso dal Consiglio Italiano per i Rifugiati, dall'Azienda Ospedaliera San Giovanni di Roma, dall'UNHCR e dal Ministero per l'Interno. Il NIRAST, che oggi rappresenta una realtà di eccellenza, vede coinvolti, con il Coordinamento Nazionale del Centro per le Patologie Post-Traumatiche di Roma, 10 Strutture pubbliche specializzate nel trattamento delle vittime di tortura e violenza, diffuse su tutto il territorio nazionale, in cui operano équipe composte da psichiatri, psicologi, medici e antropologi.
Ricostruire un percorso di vita. Fra i problemi che affronta chi fugge dal proprio paese, c'è anche quello di dover ricostruire una vita in Italia. Questo vuol dire trovare un lavoro, ma anche uscire dalla solitudine. "Nessun trattamento risulterà efficace con i rifugiati sopravvissuti a tortura se non sarà fortemente integrato con misure di accoglienza e sostegno atte a garantire una qualità di vita dignitosa e concrete possibilità di integrazione sociale, scolastica e lavorativa", dice Germani. Fra l'altro è importante poter costruire di nuovo relazioni significative protette e stabili con altre persone, poiché alla base delle patologie post traumatiche vi è proprio un trauma di tipo relazionale. L'approccio riabilitativo alle vittime di tortura se vuole essere efficace deve essere  di tipo multidisciplinare e condotto attraverso un lavoro di equipe in cui collaborino psicologi, medici, ass. sociali, operatori legali, antropologi.
Ritrovare la propria identità. "È per questo che tra gli interventi terapeutici più efficaci, soprattutto nella prima fase del trattamento, si ritrovano i percorsi di riabilitazione psicosociale in cui il rifugiato ritrova, attraverso la partecipazione a piccoli gruppi di attività teatrale, restauro tappeti antichi, di pittura su stoffa . - spiega Germani - quei riferimenti temporali, culturali e gruppali che possono sostenere l'inizio di un difficile percorso di riappropriazione del senso di sé e della propria identità, presupposti fondamentali perché i sopravvissuti possano percorrere il cammino verso l'effettiva integrazione e autonomia. 
I dati. Nell'ultimo anno nel Centro per le patologie post traumatiche e da stress di Roma sono state svolte circa 1600 visite sono stati presi in carico circa 200 nuovi pazienti (74% uomini, 26% donne), per la maggior parte provenienti dall'Afganistan, Kurdistan, Costa d'Avorio, Eritrea e Nigeria con un'età media di 28 anni.
 
 
 
I Paperoni americani che non parlano inglese
ANGELO AQUARO
la Repubblica, 10-11-2011
NEWYORK -COME dite successo voi a New York? Felix Sanchez de La Vega Guzman non s'è mai posto il problema. In quarant'anni di duro lavoro è passato dal carretto di tortillas alla poltrona di un'azienda alimentare da 19 milioni di dollari: senza mai spiccicare, o quasi, una parola d'inglese.
PER lui "success" si dice ancora come si dice nella sua Puebla laggiù in Messico: "éxito". Mail gap, meglio: la lacuna, non ha impedito all'immigrato dal nome Felix di trovare quell'happiness, quella felicità che la Dichiarazione di Indipendenza ha scolpito tra i diritti inalienabili dell'uomo: qualsiasi lingua parli.
Felix non è solo, anzi. L'ultimo censimento, anno 2010, ha contato la bellezza di 4 milioni e mezzo di capofamiglia che conoscono poco o nulla la lingua di Shakespeare (e Donald Trump). Di più: 35.000 persone guadagnano più di 200mila dollari all'anno, la cifra che il fisco americano considera sparti acque tra classe media e ricca.
E pensare che per più di cent'anni, dai tempi della grande immigrazione del XIX secolo, l'inglese era stato la bestia nera di chi partiva dagli angoli più poveri d'Europa per cercare fortuna. Proprio la scarsa conoscenza della lingua costo ad Antonio Meucci una delle più grandi fregature della storia: incapace di muoversi in quella giungla di brevetti e concessioni in cui il capitalismo Usa prosperava selvaggio, il povero immigrato di Clifton, New York, si vide scippare da Alexander Grahm Bell l'invenzione del telefono.
Sembra dunque una vendetta della storia che proprio il telefono e i nuovi mezzi di comunicazione, oggi, abbiano fatto la fortuna di Felix e di quelli come lui. «Tutto il mio mercato è ispanico» dice, naturalmente in spagnolo, al New York Times. «Non c'è bisogno
dell'inglese: basta una telefonata o un messaggio via computer, e tutto in spagnolo». Certo la tecnologia, spiega anche la sociologa Nancy Foner, fa la differenza: «Sarebbe stato impossibile per gli immigrati di un secolo fa, che non parlavano la lingua, trasformarsi in businessman: senza aeroplani, senza cellulari, senza computer». Ma è vero pure che il miracolo di Felix si spiega anche, come riconosce lui stesso, con la particolarità di quel mercato latino che negli Usa è ormai una nazione nella nazione.
Gli immigrati dall'America Latina sono il gruppo etnico più in crescita, 40 milioni di cittadini. E da Los Angeles a New York lo spagnolo è ormai la seconda lingua, dalle insegne alla pubblicità passando per le istruzioni per compilare i documenti: al punto che ieri anche il primo test mai lanciato di d'emergenza nazionale, che ha interrotto i programmi radio e tv, aveva le scritte in English e Spanish. Per la verità ci sarebbe anche un test di lingua da superare per ottenere la cittadinanza: ma Mister Felix assicura che se ce l'ha fatta lui, che è diventato americano un quarto di secolo fa, ce la possono fare tutti.
Infatti. Dopo i latinos già s'avanzano i milionari cinesi e coreani: anche loro svelti a fare fortuna, e molto meno svelti di lingua, sempre grazie alle loro enclaves. That's life, asi es la Vida: così la terra della speranza è diventata la terra dell'esperanto.
 
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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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