Cittadinanza, Islam e velo: ne parlano tutti, tranne gli interessati
Iman Sabbah

Jean Leonard Touadi, nato a Brazzaville (Repubblica del Congo) nel 1959. Da trent'anni in Italia, attualmente deputato del PD.

Ormai sono decenni che ce un dibattito in questo paese sull'immigrazioni. Sono i soggetti di cui si parla ma che non hanno accesso al dibattito che gli riguarda e questo costituisce un grande vulnus per il nostro sistema democratico. Gli immigrati, infatti, sono ormai una parte rilevante della nostra società e non rappresentano un fenomeno: basti pensare che le seconde generazioni sono tra noi da tempo. Nonostante questa realtà, colpisce l'assordante silenzio del mondo dell'immigrazione che non riesce a dire la propria in questo dibattito.

Di chi è la colpa?

Prima di tutto la colpa è del mondo politico, che ha fatto dell'immigrazione una questione elettorale anzi elettoralistica. L'immigrazione è diventato un azione di borsa molto remunerativa per le carriere politiche dell'uni e degli altri. Anzi alcuni partiti hanno fatto dell'immigrazione il core business del loro consenso elettorale: in un partito come la Lega, chi la spara più grossa sa di avere maggiore successo. Quindi l'immigrazione diventa merce elettorale mentre il fenomeno avrebbe bisogno di un saggio trattamento politico: in termini di programmazione e di elaborazione di un modello italiano di integrazione. Ma anche con riferimento alle energie fresche nuove e al sangue nuovo che sta irrorando l'albero della nostra collettività. 

In che modo la società civile partecipa a questo processo?

Molto bene sia dal punto di vista dell'assistenza che da quello della difesa dei diritti umani. Ma la società civile stenta a riconoscere soggettività e protagonismo agli immigrati. Le loro associazioni, rimangono sullo sfondo, in un dibattito che parla di loro senza di loro.

La sorpresa degli ultimi mesi sono stati i cosiddetti “finiani”, protagonisti  in questi giorni di iniziative come quella sulla cittadinanza e quella sull’ora di “religione islamica”.

Intanto voglio precisare che la paternità della proposta di legge sulla cittadinanza va attribuita al Partito democratico. Nella scorsa legislatura con Gianclaudio Bressa e in questa con Andrea Sarubbi. Ovviamente Gianfranco Fini che parla di cittadinanza agli immigrati fa più notizia: è un po' come l'uomo che morde il cane. In ogni caso penso che il tempo sia ormai maturo per affrontare questo tema anche in Italia: tutte le grandi democrazie europee sono passati dal diritto di sangue (ius sanguinis) al diritto di suolo (ius soli). Penso che ormai ci sia un consenso trasversale nel parlamento ed è ora di mettere mano a questo provvedimento.

E sull’insegnamento della religione islamica a scuola. È d'accordo?

È una questione complicata. Mi sento di dire al centro destra: smettiamola di lanciare una proposta al giorno sull'immigrazione. Chiunque abbia delle proposte presenti un programma complessivo di norme. Questa materia non può essere trattata a colpi di emendamenti introdotti la notte e di dichiarazioni fatti ai convegni. Mi sembra tutto quanto molto improvvisato. Non riesco ad individuare un percorso dove inserire tutti questi singoli elementi. Detto questo, il nostro stato è uno stato laico che riconosce pari diritti a tutte le religioni e che riconosce, a tutti, compreso gli stranieri, il diritto di professare la propria fede. Il problema dell'ora di religione islamica deve essere visto in questo quadro. In Italia risiede oltre un milione di musulmani. Dunque è possibile inserire elementi di cultura islamica all'interno dell’insegnamento scolastico. E questo non vuol dire andare contro la religione cattolica: quando si parla di cultura è sempre giusto e intelligente aggiungere, non togliere. Le culture crescono e si arricchiscono quando si rivelano capaci di accogliere nuovi contributi, non di annullare o mortificare quelli già esistenti. Naturalmente bisognerebbe organizzare al meglio una novità come l’insegnamento della cultura islamica, e scegliere le persone giuste e le regole più adeguate. Ma credo che, oggi, la priorità per i musulmani sia quella di disporre di luoghi decorosi dove pregare Allah. 

A proposito delle moschee, la Lega chiede un’indagine conoscitiva sui luoghi di culto musulmani. È giusto?

La posizione del centro destra è contraddittoria. Diamo la possibilità ai cittadini di religione musulmana di costruire le moschee alla luce del sole, come la grande moschea di Roma, con tutti i regolamenti e le autorizzazioni necessarie in modo un quadro giuridico chiaro consenta a tutti di sapere quanto accade all'interno delle moschee. Il fatto che venga impedita spesso la costruzione di moschee regolari facilita il diffondersi di quelle “fai da te” in una specie di anarchia dove non si capisce chi è l’Imam e chi il fedele. Questo è si pericoloso. Il percorso dunque è moschee autorizzate, in un quadro di rapporti con gli enti locali e il governo.

Il velo...

Esiste già una legge dello stato, la quale vieta, che nei luoghi pubblici, le persone vadano con il volto coperto, ad impedire la loro identificazioni. Comunque, tengo molto al concetto di autodeterminazione della donna: bisogna consentirle di compiere un processo di emancipazione e di presa di coscienza. Solo cosi possiamo capire se la decisione di mettere il velo viene da un scelta o da un imposizione.


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