Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 novembre 2011

 

«Immigrati linfa vitale per il Paese»
Napolitano chiede la cittadinanza per «i nuovi italiani» 
Sul lavoro «alt a raccomandazioni e favoritismi»
Corriere della sera, 16-11-2011
MILANO - Nella girandola di consultazioni e appuntamenti cruciali per la vita della Repubblica, Giorgio Napolitano ha voluto mantenere l'impegno con i «nuovi italiani» - i cittadini «di origine immigrata» che a 18 anni scelgono la cittadinanza italiana - che si è svolto al Quirinale martedì mattina, nell'ambito delle iniziative per il 150 anni dell'unità. Il presidente della Repubblica è tornato in questa occasione ad affrontare il problema della cittadinanza dei molti immigrati che ormai da anni risiedono nel nostro Paese, affermando che rappresentano «una grande fonte di speranza» per l'Italia e servono anche loro a sostenere «il fardello del debito pubblico». E ha invitato «a riflettere su una possibile riforma delle modalità e dei tempi dell'assegnazione della cittadinanza». A questo proposito, ha ricordato la convergenza tra le forze politiche che già si era registrata alla Camera sull'argomento nel gennaio 2010. 
I figli di immigrati nati in Italia sono oltre mezzo milione, quelli che studiano nelle nostre scuole sono 700 mila, ma ancora pochi ottengono la cittadinanza.
FONTE DI SPERANZA - Il presidente ha ricordato che senza di loro l'Italia oltre ad essere più vecchia «avrebbe meno potenzialità di sviluppo». «Sono convinto che i bambini e i ragazzi venuti con l'immigrazione facciano parte integrante dell'Italia di oggi e di domani», ha detto Giorgio Napolitano, aggiungendo che chi non capisce la portata del «fenomeno migratorio» e quanto servano gli immigrati all'Italia non sa guardare «alla realtà e al futuro».
IL LEGAME CON LE ORIGINI - Dopo aver ricordato che in 20 anni, tra il 1991 e oggi la presenza dei residenti straniera è aumentata di 12 volte, il presidente ha rilevato che però «gli immigrati che sono diventati cittadini sono ancora relativamente pochi». «All'interno dei vari progetti di riforma delle norme sulla cittadinanza, la principale questione rimane oggi quella dei bambini e dei ragazzi», ha detto Napolitano. «Molti di loro non possono considerarsi formalmente nostri concittadini perché la normativa italiana non lo consente, ma lo sono nella vita quotidiana, nei sentimenti, nella percezione della propria identità». Napolitano è andato anche oltre, rivendicando per i giovani di origine immigrata non soltanto la cittadinanza, ma anche il legame con la loro cultura originaria. «L'importante - ha detto ancora Napolitano - è che vogliano vivere in Italia e contribuire al benessere collettivo condividendo lingua, valori costituzionali, doveri civici e di legge del nostro paese».
LE REAZIONI - Il discorso di Napolitano è stato accolto positivamente dal Pd, che con Walter Veltroni ha chiesto di varare subito una legge sulla cittadinanza in Parlamento, e dall'Udc, ma anche dal sindacato Cisl. Intanto, prosegue la campagna «L'Italia sono anch'io», lanciata a giugno da un cartello di associazioni e sindacati che punta a riformare la legge sulla cittadinanza e riconoscere il diritto di voto, almeno a livello locale, di circa 5 milioni di immigrati regolari presenti in Italia.
ALT A RACCOMANDAZIONI - Per il presidente è «indispensabile rimettere in moto - anche per nuovi italiani - l'ascensore sociale a lungo bloccato, mettendo al centro il merito che significa non solo equità, ma anche crescita» e per questo bisogna superare la logica «delle raccomandazioni» dando più spazio «alle capacità personali». L'Italia, ha detto il capo dello Stato, «deve diventare il più rapidamente possibile un Paese aperto ai giovani, deve offrire opportunità non viziate da favoritismi e creare per il lavoro sistemi assunzione trasparenti» che smentiscano «la convinzione che le raccomandazioni servano più dell'impegno personale». Le famiglie e lo Stato, ha aggiunto, «devono credere e investire nella formazione e nell'istruzione». 
Alla cerimonia al Quirinale erano presenti anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che negli anni passati ha appoggiato la battaglia parlamentare per dimezzare i tempi della cittadinanza e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta.
 
 
 
Immigrati: Legacoop, fare luce su intimidazioni a Cie Lampedusa
Palermo, 16 nov. - (Adnkronos) - "Ancora una volta il Centro di prima accoglienza di Lampedusa ed il suo amministratore delegato, Cono Galipo', sono stati oggetto di una grave intimidazione. Nell'arco del week end ignoti hanno dato alle fiamme due pullman: uno di 9 e uno di 14 posti. Non e' la prima volta che il Centro di accoglienza e i suoi amministratori subiscono atti intimidatori. Gia' il 23 settembre scorso a Cono Galipo' e' stata, infatti, bruciata l'auto.Legacoop Sicilia e LegacoopSociali Sicilia esprimono grande preoccupazione per questo avvenimento". Lo scrive in una nota Legacoop. "Una grave azione intimidatoria, attuata con mezzi violenti, che dimostra come oramai siamo di fronte ad una azione criminale organizzata con una precisa regia di cui ancora non sono chiare la matrice e gli scopi - si legge - Legacoop Sicilia e LegacoopSociali Sicilia fanno appello alle forze dell'ordine affinche' si faccia piena luce e vengano colpiti gli autori materiali e i mandanti. A Cono Galipo' la solidarieta' dei cooperatori tutti di Legacoop e l'invito a continuare la sua azione che si e' sempre distinta per umanita', impegno e passione civile nell'assistenza agli immigrati".
 
 
 
Rivolta di immigrati a Pozzallo. Otto imputati condannati e scarcerati
radiortm,16-11-2011
Rimessi in libertà otto dei dodici extracomunitari arrestati da carabinieri e polizia al Centro di Accoglienza di Pozzallo. Il giudice monocratico del Tribunale di Modica, Antongiulio Maggiore, ha condannato Walia Jalloul, Naceur Lazaar, Mohamed Alouni e Aidi Ramzi Fakraoui, a un anno e due mesi di reclusione per resistenza e danneggiamento, Ben Moaauia Abdel Kader, Abdessallami Sadki e Chouker Farchichi a un anno e due mesi di reclusione per lesioni e resistenza, mentre Mohamed Alì Ben Moaauia è stato condannato per resistenza a un anno di carcere. E’ stata riconosciuta a tutti la sospensione condizionale della pena, ed è stata ordinata la remissione in libertà. Ha assolto i primi quattro dall’accusa di lesioni per non aver commesso il fatto cosiccome ha assolto Kader, Sadkim, Farchichi e Moaauia dall’accusa di danneggiamento. Avevano scelto l’abbreviato. Stralciata la posizione di Bejooui Rami, Mohamed Mattaut Ben Manaa, Adati Trabelsi e Marovane Bourbie che sono già liberi e rimpatriati che saranno processati il prossimo tre maggio. Il pubblico ministero, Diana Iemmolo, aveva chiesto la condanna per tutti a due anni di reclusione. Gran parte degli imputati erano difesi dagli avvocati Franco Rovetto e Paola Ottaviano, i rimanenti erano patrocinati dagli avvocati Pediglieri, Citrella, Garofalo e Cintolo. L’arresto era avvenuto lo scorso 22 agosto a seguito della rivolta presso il Centro di Primo soccorso di Pozzallo e alla colluttazione con le forze dell’ordine in servizio nella struttura, scaturita quando erano giunti sul posto i pullman che avrebbero dovuto trasferire altrove molti di loro. Nei disordini rimasero feriti, seppure lievemente, tre poliziotti, un carabiniere e un finanziere. Una cinquantina di immigrati erano riusciti a fuggire.
 
 
 
IMMIGRATI: SBARCATI A VIESTE 70 CITTADINI EXTRACOMUNITARI
(AGI) - Foggia, 16 nov. - Settanta cittadini extracomunitari, pachistani e cingalesi, sono sbarcati la notte scorsa sulla costa di Vieste. Gli immigrati, uomini, donne ed anche alcuni minori, sono stati trovati all'alba sulla costa garganica. I carabinieri hanno provveduto a fornire agli stranieri viveri e coperte per proteggersi dal freddo: le loro condizioni non destano preoccupazione.
 
 
 
Migranti, fugge dall'ospedale la somala che aveva partorito durante traversata
La donna ha preso la neonata e si è allontanata dal reparto senza firmare il foglio di dimissioni
Corriere della sera, 16-11-2011
AGRIGENTO - È fuggita dall'ospedale «San Giovanni di Dio» di Agrigento, dove era giunta venerdì scorso, la somala di 39 anni che aveva dato alla luce una bambina, mentre era assieme ad altri 43 immigrati su un barcone salpato dalla Libia alla volta di Lampedusa. La donna ha preso la neonata, i pochi vestiti che le avevano fatto avere le assistenti sociali del Comune, e si è allontanata dal reparto di Ginecologia senza firmare il foglio di dimissioni.
L'ospedale ha presentato una denuncia alla polizia di Stato che ha avviato le ricerche. La donna, nata in Somalia e scappata dal Burkina Faso, era giunta in elisoccorso al nosocomio di Agrigento dopo che una nave della Marina militare italiana aveva agganciato il barcone sul quale si trovava. I medici l'avevano ricoverata, in via precauzionale, assieme alla piccola, visto che aveva partorito in condizioni igieniche non ottimali.
 
 
 
Galata Genova, memorie e migrazioni sulle rotte dei migranti
Museo inaugura nuovo allestimento multimediale
ANSA, 16-11-2011
Dall'Italia al resto del mondo, sulle rotte dei 29 milioni di italiani che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del secolo scorso sono emigrati in cerca di fortuna. E' il viaggio nella memoria e nelle migrazioni proposto dal nuovo allestimento permanente del Galata Museo del Mare di Genova. Un percorso di emozioni e sensazioni, al terzo piano del piu' grande museo marittimo del Mediterraneo, con piu' di 40 postazioni multimediali per raccontare come le migrazioni segnino la societa' italiana.
I visitatori, una volta entrati, indossano i panni virtuali del migrante, con tanto di passaporto che lo trasforma in uno dei venti migranti - famosi e non - dei quali e' stata ricostruita la storia. ''Tra loro anche Rodolfo Valentino - ricorda Campodonico - che parti' povero da Genova e trovo' fama in America''.
Dopo aver attraversato la ricostruzione dei carrugi della Genova dell'Ottocento, l'imbarco avviene attraverso la ricostruzione del piroscafo 'Citta' di Torino'. Suggestiva la ricostruzione dell'imbarcazione: da un camerone con le cuccette riservate agli uomini alla seconda classe, con cabine a quattro letti, dall'infermeria alla cabina del commissario di emigrazione che sorvegliava i passeggeri. Non mancano poi la cella, dove veniva imprigionati i passeggeri violenti, il refettorio e la sezione femminile, con letti un po' piu' grandi per le mamme che avevano con se' i bambini.
''Il viaggio e' diretto alle tre destinazioni storiche degli italiani, l'Argentina tra 1860 e il 1880, il Brasile tra e il 1880 e il 1892 gli Stati Uniti con Ellis Island dal 1892 in poi'', spiega il direttore del Museo, Pierangelo Campodonico. Il primo approdo e' quello della Boca, appena fuori Buenos Aires, il quartiere dove si insediarono i liguri nella prima meta' dell'Ottocento, con le sue case dai colori vivaci e le note del tango e della milonga diffuse da un grammofono a 78 giri.
La seconda tappa e' invece il Brasile, tra le piantagioni di caffe' e la foresta tropicale che a partire dal 1880, e fino al 1892, attirarono quasi 2 milioni di persone. ''Cittadini padani chiamati dai fazenderi - racconta il direttore del museo - per lavorare nelle piantagioni, mentre friulani, veneti, trentini e lombardi si avventurarono nelle foreste dove fu loro concesso un appezzamento di bosco''. L'ultima destinazione e' quella di Ellis Island, dove l'emigrazione era selezionata da psicologi che valutavano le capacita' intellettive dei singoli migranti.
Dall'emigrazione il visitatore entra nel mondo dell'immigrazione. ''Una stazione - spiega Campodonico - ricorda, con le immagini storiche, che l'immigrazione non e' una questione di oggi ma e' iniziata a partire dagli anni '70''. La sezione ne ricostruisce la storia: parla dei viaggi disperati di gente partita anche a piedi dal Paese d'origine, in certi casi attraversando il deserto prima di potersi imbarcare e approdare a Lampedusa.
Di questi viaggi, spesso drammatici, segnati anche dalla perdita di numerose vite umane, e' testimonianza, nell'ultima postazione della mostra, un ''barcone'' originale che servi' a un gruppo di immigrati per raggiungere l'Italia. In esposizione sono anche gli oggetti rimasti a bordo dopo lo sbarco: giubbotti di salvataggio, un corano, una tazza. ''Questo padiglione - conclude Campodonico - ricorda che il fenomeno dell'immigrazione non e' solo legato all'emergenza ma anche al mondo del lavoro e alla scuola, realta' della quale gli stranieri oggi sono una componente molto importante''.
 
 
 
Un nuovo patto di cittadinanza per i giovani europei 
L'OSSERVATORE ROMANO, 15-11-2011  
MICHELE DAU
La crisi financiaria ed economica che scuote l'Europa alle sue radici non potrà essere risolta solo con le necessarie misure contabili e fiscali per il risanamento dei bilanci. Tutte le democrazie europee, infatti, sono attraversate da conflilti sociali evidenti o latenti che influiscono in modo decisivo sulla formazione del consenso politico, fino a dividere, spesso in modo assai netto, le stesse forze politiche.
Ma la questione di fondo che attraversa la crisi europea e quella del rapporto intergenerazionale. Una questione che, nelle implicazioni e nella dimensione odierna, non ha precedenti nella storia dell'occidente.
Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi l'Europa ha conosciuto una grandiosa stagione di crescita e di sviluppo economico e sociale, che si e coniugato anche con una altrettanto straordinaria era di radicamento e diffusione della democrazia e dei diritti di cittadinanza. Milioni di cittadini tedeschi, francesi, inglesi, italiani, olandesi, e poi anche spagnoli, portoghesi, greci, hanno visto accrescere il loro benessere, il loro tenore di vita personale e familiare. A questi, più di recente, si sono aggiunti milioni di polacchi, ungheresi, cechi, rumeni e bulgari. Hanno potuto vivere con una migliore sanità, garantire la scuola a tutti i loro figli, godere di condizioni di lavoro più equilibrate e di maggiori diritti. Soprattutto ha dato stabilità e coesione alle società la scelta dei Governi di attribuire adeguate condizioni di garanzia sociale per l'età anziana, con pensioni per tutti, a volte anche assai convenienti rispetto a quanto si era mo-netariamente versato negli anni lavorativi. Alcuni economisti sono propensi a ritenere che le ragioni di questa generosità siano state solo causate dalla costante tentazioni dei Governi in carica a fare concessioni con la spesa pubblica ai propri elettori con il solo fine di mantenere il consenso elettorale.
Se si guarda però alle generazioni anziane oggi in vita -di chi, cioe, e nato tra il 1920 e il 1945, che in Europa costituiscono piu del 10 per cento della popolazione — si deve porre in luce che queste persone sono in prevalenza nate sotto regimi totalitari, sono cresciute in un clima di forte costrizione sociale, hanno vissuto direttamente o tramite i genitori gli orrori della guerra, hanno dovuto lavorare in condizioni difficili e senza particolari protezioni sociali. Queste stesse persone, dopo la guerra, si sono rimboccate le maniche e si sono tuffate, di slancio, nella ricostruzione, assicurando condizioni di stabilità finanziaria ed economica ai loro Paesi.
La maggior parte degli anziani, dei pensionati con piu di 65 anni, vive inoltre con assegni non superiori ai 1500 euro mensili, nella media europea. Non si può certo dire che questa sia una condizione di grande agiatezza. Semmai, la straordinarietà positiva di questa odierna condizione risiede nel confronto con 1c generazioni precedenti che avevano vissuto cnormi stenti individuali.
Se ci si sposta a osservare la situazione della generazione nata subito dopo la guerra, tra il 1946 e il 1960, quella dei cosiddetti baby boomers, si può notare che questa ha potuto ancora di piü godere dei benefici del welfare Stale. Per oltre mezzo secolo lo Stato sociale ha tenuto con solidità e forza, fino a creare un vero e proprio modello europeo, basato su di un insieme di diritti radicati. Un modello che, nelle sue interpretazioni migliori — come quello tedesco — non si fonda solo sulla spesa pubblica, ma ha saputo coniugare responsabilità sociali dell'economia e delle imprese, in un intreccio equilibrato di compiti.
La crisi finanziaria ed cconomica ha fatto però emergere taluni limiti di questo modello, specie quando la spesa pubblica diviene esagerata, o anche solo assistenziale, e ogni cittadino tende ad adattarsi passivamente, invece di concorrere a superare le difficoltà.
Qualche studioso, esperto di questi temi, tende cosi a ipolizzare che sia possibile tornare un po' indietro, ovvero separare questo straordinario status di diritti che distingue i cittadini europei anche (la quelli americani, e non solo da quelli asiatici o dei Paesi in via di sviluppo.
La principale ragione di queste posizioni risiede nella constatazione della attuale condizione dei giovani. Si tratta di una angolazione quanto mai giusta e opportuna. Infatti, le generazioni più giovani — di quanti cioè sono nati dopo gli anni Settanta, e oggi hanno tra i 16 e i 40 anni — vedono pericolosamente in crisi la loro condizione sociale, perché tutti gli Stati hanno elevati debiti strutturali. La strada pericolosa che molti Governi hanno intrapreso negli anni recenti, è stata quella di cominciare a ridurre le spese sociali, con un approccio conservativo verso le generazioni più anziane e di forte liberismo per le nuove.
I giovani, cosi, hanno cosi visto decrescere la loro influenza sociale. circa un terzo dei giovani europei non e stabilmente inscrito nel mondo del lavoro. Una buona parte di coloro chc sono stati inscriti ha visto rapidamente diminuire le proprie prospettive sociali. I coefficienti di rendimento delle contribuzioni previdenziali sono, ovunque, diminuiti e le prospettive di sicurezza pensionistica e di reddito, ma anche di servizi sanitari, sono divenute più deboli e incerte. La maternità non e socialmente protetta e non ci sono adeguati incentivi per le famiglie
Poco lavoro, insufficienti riconoscimento ancho delle competenze di studio acquisite, debole status sociale e incerta prospettiva: questo e lo scenario di molti giovani europei. Il quadro e reso più incerto e confuso dal veloce invecchiamento delle popolazioni, dalla crisi economica che impaurisce la gran parte  del corpo sociale, dalla contempo- ranea necessità strutturale di aprire le porte dell'Europa a una vera integrazione di parecchie decine di milioni di lavoratori stranieri.
Si manifesta, dunque, per i governanti europei, e per quelli dei singoli Stati nazionali, una sfida epocale: come far vivere il modello sociale europeo nelle generazioni piú giovani e, ancor di più, come saldamente trasferirlo a quelle future? La vera tenuta dell'Europa si giocherà più su questi aspetti di fondo che sui differenziali di spread dei titoli dei diversi Stati.
Solo una prospettiva di creazione di nuova ricchezza può, infatti, rendere credibile la scommessa da affrontare. E una sfida che si può davvero vincere se si riuscirà a porre i problemi con grande chiarezza, a spiegarli ai diversi gruppi di interessi, ma anche alle intere comunità, a tutti i cittadini.
Si dovranno cancellare ingiusti privilegi in ogni campo, ma anche proporre misure di più intensa giustizia sociale. Si dovrà dare un po' più di valore a ciò che di utile si può fare per gli altri, anche secondo le proprio capacita. Si dovrà recuperare almeno un po' della profondità spirituale dei Padri fondatori dell'Europa comune, di quelle personalità illuminate, ma anche assai semplici, che pensavano la politica come un intreccio di idee e di costante coinvolgimento serio delle responsabilità e dell'impegno dei cittadini. Bisogna integrare le generazioni: un nuovo patto per rafforzare i lega mi sociali e nelle comunità locali, in un cquadro di nuova cittadinanza europea. Per una vera ripresa dello sviluppo e della competitività è, infatti, necessaria una più forte coesione sociale. L'Europa, negli anni recenti, e stata incerta e slegata di fronte alle sfide che emergevano. Specie quei Paesi che sono in maggiore difficoltà hanno il dovere di proporre e di fare di più. Ci vorranno alcuni anni, ma è il momento di indicare la rotta, e di condividerla. La politica deve ritro- vare il coraggio di guardare lontano, ben oltre il destino individuale di chi la interpreta. 
 
 
 
"Si tolga il velo o esca dal tribunale il giudice contro l'interprete araba"
Polemica a Torino, la donna ha preferito lasciare l'aula 
la Repubblica, 15-11-2011  
FEDERICA CRAVERO SARAH MARTINENGHI
TORINO—È andata via dall'aula perché non ha accettato di togliersi il velo. È accaduto al tribunale di Torino, dove un giudice ha invitato un'interprete di fede musulmana a levare il foulard perché in contrasto con la legge che prevede che si assista alle udienze «a capo scoperto». La donna, pur di non venire meno alle proprie convinzioni religiose, ha preferito allontanarsi.
La vicenda risale al 14 ottobre. Nell'aula 45 sta per iniziare un'udienza davanti alla prima sezione penale. La corte è presieduta da Giuseppe Casalbore, che è anche a capo anche di quella sezione, nonché presidente nel maxiprocesso Eternit. C'è una divergenza tra le parti riguardo a una traduzione e il pm Andrea Bascheri incarica un'interprete dall'arabo di dirimere la controversia. In aula si presenta Fatima M. È poco più che una ragazza, ha i capelli raccolti sotto un velo che le lascia completamente scoperto il volto. Lavora da qualche mese al palazzo di giustizia come fonica incaricata delle re- gistrazioni delle udienze, ma non si sottrae a qualche traduzione per arrotondare il compenso di poche centinaia di  euro al mese che le garantisce quella collaborazione precaria.
Ancora prima che l'udienza avesse inizio, però, il giudice la invita pubblicamente ascoprirsi perché il suo comportamento sarebbe in contrasto con la legge. Tuttavia lei preferisce lasciare l'aula e lasciare l'incarico.«Per tutti gli altri giudici questo non è un problema», si è sfogata con i colleghi.
Di per sé il processo è poca cosa: una tentata estorsione di 250 euro tra due soci magrebini. Ma potrebbe diventare un caso da manuale. Episodi come quello di Torino sono rari, quasi unici. Era accaduto a marzo al tribunale di Mantova: un'avvocatessa leghista aveva chiesto l'allontanamento di una donna velata in nome della legge antiterrorismo. Ed era accaduto nel 2006 a Londra, dove era un'avvocatessa a indossare il niquab. II giudice le chiese di levarlo perché gli impe- diva di capire quel che diceva e al suo rifiuto sospese l'udienza. Ma in entrambe le circostanze il velo era integrale e copriva anche il volto, oltre i capelli.
«Non è una questione di integrazione — afferma il Giuseppe Casalbore— Ho applicato la legge, che per le udienze pubbliche prevede che si stia in aula a capo scoperto. La legge è uguale per tutti». L'obbligo di legge di assistere «a capo scoperto» deriverebbe dall'articolo 129 dei codice di procedura civile, dopo l'abrogazione dell'articolo 434 del codice di procedura penale. E comunque «il rispetto dell'obbligo di assistere all'udienza a capo scoperto non è mai stato totale — è il parere del presidente del tribunale di Torino, Luciano Panzani — Nessun magistrate ha mai chiesto ad una suora di togliersi il velo o a un ebreo ortodosso la kippah e nemmeno è mai stato chiesto di scoprire il capo a una persona sottoposta a chemioterapia che abbia perso i capelli. La norma impone il capo scoperto soltanto per sottolineare il dovere di assistere all'udienza con rispetto, non per altri fini». Il presidente del tribunale torinese sull'argomento ha posto anche un quesito al Consiglio superiore della magistratura «data la difficoltà e delicatezza della materia, perché precisi a quali regole debba attenersi il magistrato che dirige l'udienza, sia civile che penale, onde poter fornire ai giudici dei Tribunale indicazioni per una condotta uniforme e rispettosa dei diritti individuali della persona».
 
 
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