Permessi di soggiorno Vanno rimossi i danni della legge Bossi-Fini

Italia-razzismo
La politica su rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno è stata finora confusa e contraddittoria. Da una parte ogni cinque anni è stata fatta una regolarizzazione rivolta a persone straniere già presenti sul territorio; dall’altra, nel momento del primo rinnovo, si adottavano interpretazioni talmente restrittive da rendere questo passaggio davvero complicato. In molti, per un motivo o per l’altro, hanno perso il permesso di soggiorno diventando irregolari.

Con la Bossi-Fini (L.189/2002) il numero dei permessi di soggiorno non rinnovati è aumentato da decine di migliaia a centinaia di migliaia: secondo il Dossier Caritas 2011, nel solo 2010 i permessi di soggiorno non rinnovati sono stati 684.413. La Bossi-Fini ha subordinato il rinnovo del permesso di soggiorno al possesso di un contratto di lavoro: mentre con la legge Martelli (39/90) e la legge Turco Napolitano (40/98) era possibile rinnovare il permesso anche attraverso la dimostrazione di un reddito sufficiente, e coloro che non riuscivano a dimostrare il reddito e non avevano un contratto potevano comunque iscriversi al collocamento per un periodo non inferiore a 12 mesi.
Erano previsti inoltre per il primo rilascio una durata biennale dei permessi per lavoro e famiglia, e al rinnovo un periodo non inferiore al doppio della precedente (4 anni). La Bossi-Fini ha legato la durata del permesso a quella del contratto di lavoro ed è stata eliminata la previsione del raddoppio del tempo al momento del rinnovo. Ora per mettere ordine sul tema basterebbe ripartire dalle norme precedenti alla Bossi-Fini. Semplice, no?
l'Unità, 07-03-2012

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