Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

04 febbraio 2013

«Il mio doc contro i Cie»
Il regista Fernand Melgar ne ha filmato uno in Svizzera
«Vol spécial» è un duro atto d’accusa alle politiche discriminatorie europee nei confronti degli extracomunitari Una forma di «fascismo soft» spiega l’autore figlio di migranti
l'Unità, 04-02-2013
Flore Murard-Yovanovitch
COM’È NATO IL PROGETTO DI «VOL SPÉCIAL», PRIMO FILM IN EUROPA AD ESSERE GIRATO IN UN CENTRO DI DETENZIONE AMMINISTRATIVA PER MIGRANTI?
«Il mio film precedente, La forteresse (2008), trattava delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in Svizzera. Vol spécial ne è il seguito logico. Attraverso la conoscenza di un traduttore iracheno a cui era stato negato l’asilo, brutalmente arrestato senza aver commesso alcun reato, ho scoperto l’universo della detenzione amministrativa. Io stesso sono figlio di migranti spagnoli irregolari, arrivati in Svizzera negli anni ’60 e da sempre interessato alla tematica dell’illegalità. Nella terra natale del diritto umanitario e delle convenzioni sui diritti umani, esistono 28 centri di espulsioni per “sans papiers”. Il centro di detenzione di Frambois, a due passi del Palazzo delle Nazioni a Ginevra e dove è stato girato Vol Spécial, ha la particolarità di essere il risultato di un “approccio sociale alla detenzione”; per questo motivo abbiamo avuto l’accesso: per la prima volta in Europa, una troupe è entrata al suo interno. Prima quei luoghi censurati erano stati filmati solo da cellulari o sotto stretto controllo delle autorità. Noi abbiamo potuto girare il quotidiano della detenzione per 3 mesi, dopo aver fatto 6 mesi di sopralluoghi.
Lei sceglie di appoggiare la cinepresa, a distanza quasi «neutra», tra detenuti e guardiani. È il risultato di una riflessione teorica su cos’è il documentario?
«Il mio cinema è di osservazione in presa diretta della realtà. Prima di girare mi sono immerso sei mesi nel centro per cogliere e capire la macchina amministrativa. Solo dopo aver capito che entrambi, guardiani e detenuti, sono presi nella trappola di un folle sistema burocratico, che schiaccia entrambi, ho iniziato a girare. Ma soprattutto, dopo aver capito che i guardiani potrebbero essere Lei e io. Mi sono avvicinato al cuore della contraddizione di Frambois, del tentativo di applicare in modo più “umano” una legge disumana: di “migliorare” un luogo disumanizzato». Prima sensazione quando siete penetrati per la prima volta in un centro di detenzione?
«La banalità del male di Hannah Arendt. Ogni funzionario fa solo il suo lavoro e partecipa del sistema, con timbri, dossier e ordini. La deresponsabilizzazione individuale però non ti sottrae dalla responsabilità collettiva, perché questa detenzione dei migranti, nata prima come misura eccezionale, è stata votata da una vasta maggioranza di cittadini svizzeri nel 1984 (la Loi fédérale sur les mesures de contraintes). Negli anni, la durata della detenzione è stata estesa fino a 24 mesi poi ridotta a 18 mesi, la norma in tutti stati membri dell’Ue».
Alla sua uscita il film è stato accolto da violente polemiche, il presidente della giuria del festival di Locarno, Paulo Branco, non ha esitato a bollare il film come «fascista». «Vol spécial» non lascia indifferenti...
«Alla sua uscita ha creato un vero e proprio “malessere” a causa della sua carica di denuncia nei confronti del ruolo che ha avuto la Svizzera sotto il nazismo e della sua politica xenofoba. Ognuno si è sentito “messo in causa”. Io non faccio documentari “militanti” perché non spiego cosa pensare allo spettatore ma cerco di risvegliare le coscienze. Posso dire che il mio è un cinema “engagé”. Vol Spécial è un film di guerra, su un odierno “campo di concentramento” (anche se nessun paragone storico è lecito) che sembra “normale”... La prassi della detenzione amministrativa, senza processi né giudici né controllo della società civile, è il risultato di un potere amministrativo discrezionale, una forma di fascismo “soft”».
Ma cosa succede all’Europa nel suo rapporto con i migranti, quali sono le fratture e i processi storici in corso?
«Le muraglie della Fortezza sono sempre meno fisiche ma legali. In realtà, oggi, una vera guerra è in corso contro i migranti, con suoi fronti, i suoi campi, le sue deportazioni. Ma con la politica di esternalizzazione delle frontiere, quei maltrattamenti sono allontanati dallo sguardo dei cittadini europei. L’Occidente ha reso l’emigrazione, una prassi dagli albori dell’umanità, un crimine: rinchiude su base discriminatoria richiedenti asilo e migranti per necessità economiche, dentro centri chiusi, isolati dal resto della società».
Dopo quest’esperienza diretta della disumanizzazione che il suo film racconta, pensa come scriveva Michel Bounan nel «La vie innommable», che stiamo assistendo in modo passivo all’«olocausto prossimo»?
«È molto difficile interpretare il presente quando si vive nell’occhio del ciclone. Non credo che l’Europa di oggi sia capace di riprodurre l’eliminazione sistematica messa in opera dal nazismo con la Shoah. Non credo nemmeno sia lecito e non mi avventurerei in nessun paragone storico in materia. Mi limito, però, a cogliere che la rappresentazione attuale della popolazione migrante in Europa, per certi versi, testimoni di una meccanica intrinsecamente similare. In Svizzera, malgrado il tasso di disoccupazione sia bassissimo, il partito di destra dell'Udc che raccoglie il più grande numero di voti nei suffragi popolari, svolge una propaganda anti-migranti nello stesso stile di quella antisemita degli anni Trenta. Basta guardare i manifesti dove gli stranieri sono rappresentati come animali (corvi, pecore e ratti). Credo quindi che la questione non sia se esiste il rischio oggi di una politica eliminazionista, ma di interrogarsi sul fatto che rinchiudere queste persone, senza che abbiano commesso alcun reato, evidenzi già una discriminazione su base razziale. Senza contare le decine di sparizioni nei campi esternalizzati dell’Europa, di cui non si sa pressoché nulla».



Schulz (Ue): "Una vergogna gli immigrati morti in mare"
Il Presidente del Parlamento europeo: "Non per la Sicilia, non per l'Italia ma per l'Europa del ventunesimo secolo"
Stranieri in Italia.it, 04-02-2013
Palermo, 4 febbraio 2013 - "L'Europa non puo' lasciare sola la Sicilia di fronte ai drammi" di centinaia di uomini e donne immigrati "che hanno tragicamente trovato la morte al largo delle coste siciliane. Che vergogna. Non per la Sicilia, non per l'Italia ma per l'Europa del ventunesimo secolo".
 Lo ha detto il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, intervenuto ieri a Palermo a un convegno sulla 'Sicilia e l'Europa' alla presenza del Presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta.
"Solo insieme - ha detto Schulz - possiamo tutelare i diritti dei migranti e allo stesso tempo controllare le nostre coste, per combattere i trafficanti di esseri umani, per assicurare un'immigrazione regolare, dignitosa e giustamente distribuita tra i vari paese europei. Anche per questo serve un'Europa piu' forte e piu' solidale".



Promessa sposa a un italiano, per due volte rinchiusa nel Cie e liberata dai giudici di pace.
La donna, una cinese di 44 anni, aveva un provvedimento di espulsione dal luglio scorso. Le nozze in programma il 6 febbraio. Per il giudice “risulta documentalmente dimostrato che è in procinto di sposarsi”.
Immigrazioneoggi, 04-02-2013
A una settimana dalle nozze con un cittadino italiano, una cinese è finita per due volte dentro un Cie in vista dell’espulsione e in entrambi i casi, però, due diversi giudici di pace – a Bologna e a Torino – hanno deciso di liberarla, perché “risulta documentalmente dimostrato che è in procinto di sposarsi con cittadino italiano” e, sebbene irregolare, con il matrimonio avrebbe la possibilità di acquisire la cittadinanza italiana.
La donna, Lu Y., 44 anni e senza permesso di soggiorno, dopo una condanna all’espulsione, nel luglio scorso, ha conosciuto un uomo italiano di Morbegno (Sondrio) con il quale ha deciso di sposarsi fissando il matrimonio, con tanto di pubblicazioni, il prossimo 6 febbraio.
Il 25 gennaio scorso, però, la Questura di Sondrio ha firmato un provvedimento di espulsione sulla base della sentenza di condanna e la donna è stata trasferita nel Cie di Bologna, in attesa di espulsione. Il giudice di pace del capoluogo emiliano, Nicoletta Maccaferri ha invece disposto la liberazione perché “la straniera è in procinto di matrimonio con cittadino italiano”. Malgrado ciò, come riferiscono gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, la donna pochi giorni dopo è stata nuovamente portata in un Cie, stavolta a Torino. E un altro magistrato, il giudice di pace di Torino, Giovanni Pomero, ha ordinato la disapplicazione del provvedimento della Questura di Sondrio, perché “risulta documentalmente dimostrato che l’odierna cittadina extracomunitaria è in procinto di sposarsi con cittadino italiano; che tale situazione fa ritenere che la misura del trattenimento sia stata adottata in difetto di congrua valutazione della posizione della straniera sul territorio nazionale, alla luce della documentazione che indica per il giorno 6 febbraio 2013 la celebrazione del matrimonio”.



Diritto di asilo per gli omosessuali discriminati
la Repubblica, 04-02-32013
BERLINO- Importante svolta a favore dei diritti dei gay in Germania. D'ora in poi un omosessuale che chiede asilo perché rischia persecuzioni o discriminazioni se dichiara la sua identità sessuale nel Paese da cui viene non potrà essere respinto. O almeno nessun ufficio pubblico tedesco potrà più rifiutare la domanda di asilo con l'argomento o il consiglio al richiedente di nascondere e man- tenere sotto silenzio la sua natura. La notizia è stata data dall'Ufficio federale per  i migranti e i rifugiati al quotidiano ber- linese della sinistra alternativa Tageszeitung. Di fatto, la svolta suona come un diritto d'asilo automatico per i Cittadini di molti Paesi che fuggono da discriminazione o peggio.



La crisi per la prima volta fa calare il numero degli stranieri
Calano le iscrizioni e aumentano le cancellazioni dall'anagrafe. Spesso sono cittadini di Paesi in via di sviluppo che tornano a casa
il Giornale.it, 03-02-2013
Alberto Giannoni
È l'ennesima prova di come la crisi economica più devastante da un secolo a questa parte cambi tutto. E costringa a guardare alla realtà con occhi diversi.
Sembra ieri che si parlava di "invasione" (chi era preoccupato) o di imponenti "flussi migratori" (in un'accezione più neutra). I dati definitivi dell'ultimo censimento, ovviamente, avevano registrato questo fenomeno dell'ultimo decennio, d'altra parte visibile a occhio nudo in ogni città o Comune, specie al Nord, dove risultano risiedere due terzi degli stranieri (quasi un quarto in Lombardia, il 23% in Veneto e in Emilia Romagna).
Oggi, però, i colpi della recessione e della disoccupazione sembrano aver invertito anche questa tendenza. E si fanno sentire anche all'Anagrafe, dove per la prima volta si registra un calo degli stranieri. Diminuiscono le iscrizioni, e aumentano le cancellazioni, con un'impennata del 15,9 per cento in un anno. I dati, riferiti al 2011, terzo anno della crisi, sono stati raccolti dall'Istat, e la Fondazione Moressa ha cercato di studiarli per capire di cosa si tratti. Il risultato è che gli stranieri che abbandonano l'Italia non sempre tornano ai loro Paesi d'origine. Spesso non interrompono la loro "esperienza migratoria", insomma, ma la proseguono in altre nazioni, in altre città europee per esempio. Più della metà di questi stranieri sono europei (e di questi un terzo rumeni), quasi il 18 per cento ha origini asiatiche (quasi un terzo fra questi sono cinesi e poco meno di uno su cinque sono indiani). Il 12,2 per cento proviene dall'Africa. Fra i sudamericani spicca il dato dei brasiliani. Per i ricercatori, insomma, si può per lo meno ipotizzare un rientro in patria soprattutto dei cittadini dei paesi in via di sviluppo, in cui le prospettive di vita e professionali appaiono forse in via di miglioramento, al contrario di quel che appare nella terra destinazione della migrazione. L'incremento delle cancellazioni, comunque, riguarda tutte le nazionalità, con l'eccezione del Bangladesh (-16,9%).
Ad avvalorare una lettura legata alla crisi, ovviamente, ci sono i dati sulla disoccupazione. Il numero degli stranieri senza lavoro, infatti, in tre anni è sostanzialmente raddoppiato (+91,8 per cento), per un incremento in numeri reali di 148mila unità. Non poche persone insomma - il corrispondente dato degli italiani è salito di 267mila unità. Il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato dal 8,5 al 21,1 per cento, mentre quello degli italiani è passato dal 6,6 per cento all'8 per cento. Esiste, è vero, una percentuale di stranieri che tenta l'attività imprenditoria. Ma dato l'elevato rischio e sforzo che comporta, spesso si preferisce uno spostamento, e dunque l'abbandono del Paese.



I falsari dei permessi di soggiorno Truffati migliaia di immigrati
A capo della banda una donna, in cella anche ex carabiniere. Avevano creato perfino un finto laboratorio
Corriere della sera, 03-02-2013
Michele Focarete
MILANO - Migliaia di extracomunitari truffati per un business milionario. Un raggiro a stranieri che si illudevano di ricevere il tanto sospirato permesso di soggiorno in cambio di soldi. O che avevano creduto di essere stati regolarizzati, sempre in cambio di denaro. Tanti euro, anche 2.500 a testa che finivano nelle tasche di una gang capitanata da una donna italiana di 50 anni, pregiudicata, considerata la mente del gruppo; un ex carabiniere di 60 anni, anche lui con precedenti, che si occupava della documentazione, e quattro senegalesi, procacciatori di extracomunitari, in prevalenza connazionali, da «spellare».
Fino all'altro giorno, quando gli agenti del Nucleo tutela trasporto pubblico della polizia locale, guidati dal comandante Tullio Mastrangelo e coordinati dal pm Ester Nocera, hanno arrestato Anna Bogani, nata a Saronno ma residente a Limbiate; Ugo Ricciuti, di Chieti, ex carabiniere residente a San Giuliano Milanese, e due senegalesi di 42 e 39 anni (altri due sono latitanti all'estero), con l'accusa di associazione a delinquere, falso, truffa aggravata ai danni dello Stato. La banda per diversi anni, almeno dieci, ha raggirato persone extracee e lo Stato, producendo migliaia di documenti falsi: buste paga, modelli cud, posizioni contributive Inps, carte del ministero dell'Interno e della questura, bollettini postali, vaglia. Tutto finalizzato al rilascio o al rinnovo di permessi di soggiorno.
Le vittime finora accertate, perché hanno denunciato la truffa, sono un centinaio. Per loro l'intera pratica di falsificazione dei documenti è costata circa 3 mila euro a persona e il raggiro è stato di 160 mila euro. «Le indagini sono ancora in corso - ha spiegato il comandante Tullio Mastrangelo - ma siamo certi che le persone con falsi permessi di soggiorno prodotti da questa organizzazione siano un migliaio per un giro d'affari di due milioni e mezzo di euro». Una banda criminale bene organizzata, tanto da presentare agli stranieri perfino una sorta di gabinetto di polizia scientifica, dislocato a San Donato, dove, dietro il pagamento di altri soldi, venivano prese le impronte digitali da Ugo Ricciuti che, grazie al suo passato da carabiniere, sapeva spacciarsi per appartenente alle forze dell'ordine. La banda operava in 9 regioni d'Italia e il passaparola l'aveva resa così famosa che arrivavano immigrati anche dalla Sardegna a regolarizzarsi.
L'indagine è nata nel febbraio 2011 da una serie di controlli stradali e sui mezzi pubblici da parte dei vigili. Gli agenti municipali hanno trovato extracomunitari che, in buona fede, esibivano permessi di soggiorno credendo fossero veri. In breve sono emerse decine di persone nella stessa situazione e le denunce, solo a Milano, sono diventate un centinaio. Nero su bianco contro la coppia di italiani che si occupava di tutto. In particolare Anna Bogani prometteva alle immigrate assunzioni come badanti o colf, millantando una rete di relazioni con persone anziane o disabili. Le false attestazioni di lavoro venivano invece stilate da Ricciuti. Entrambi utilizzavano cittadini del Senegal per «adescare» le vittime o i clienti nelle province della Lombardia. Quindi sono scattate le intercettazioni telefoniche. In una tra Bogani e due stranieri, si contratta per 500 euro Cud, buste paga e dichiarazioni di assunzioni per il rinnovo di soggiorno. «Gli arrestati - sottolinea il pm Ester Nocera - che definirei dei veri sciacalli, hanno sfruttato in modo bieco e cinico i bisogni di gente disperata e hanno ingannato anche chi doveva rilasciare i permessi di soggiorno».



Padova - Rappresaglia contro i profughi: 5 arresti dopo la rivolta alla Casa a Colori
La conferenza stampa dei rifugiati: ora arrestateci tutti
Melting Pot Europa, 02-02-2013
Un nuovo eccezionale esempio di accoglienza: dopo il nulla, l’inerzia di un anno e mezzo da parte di enti gestori, prefetture, questure, amministrazione, dopo milioni di euro stanziati e persi tra le pieghe del "Sistema Protezione Civile" a Padova si scrive una nuova pagina buia nelle tante ombre della cosiddetta "emergenza nordafrica".
Ieri pomeriggio, con l’inganno, 5 ragazzi ghanesi, titolari del permesso umanitario sono stati convocati in Questura per il ritiro del tanto atteso titolo di viaggio. Ad attenderli però non c’era il tanto atteso documento ma invece le manette messe ai loro polsi in seguito all’ormai famosa "rivolta" dello scorso 7 gennaio.
L’accusa? Sequestro di persona. I 5 infatti sarebbero stati individuati dalla Digos attraverso le telecamere interne della struttura di accoglienza ed i racconti degli operatori, come colpevoli di aver chiuso all’interno di una stanza il personale della Casa a Colori.
La voce degli altri
Ma non ci stanno, chi ha condiviso con i 5 l’attesa e la frustrazione di questo anno e mezzo di promesse negate e futuro incerto non ha dubbi: "ciò che abbiamo fatto lo abbiamo fatto tutti insieme, i nostri 5 fratelli devono essere liberati subito, oppure arrestateci tutti!!"
Questa mattina infatti sotto la sede di Palazzo Moroni i rifugiati, insieme agli attivisti dell’Associazione Razzismo Stop, hanno dato vita ad una conferenza stampa per chiarire la situazione e chiedere l’immediata liberazione di David, Paul, Mohamed, Seth e Francis.
Il fallimento dell’accoglienza
Milioni di euro nelle tasche delle cooperative che hanno gestito l’accoglienza e nessun futuro per i beneficiari cui dovevano essere destinate queste risorse. Arresti, operatori "sequestrati", rivolte: questo è il fallimento dell’accoglienza.
C’è poco da aggiungere, la situazione è sotto gli occhi di tutti. Per accogliere i rifugiati ci vogliono competenza e professionalità. E se tutti, proprio tutti gli ospiti di una struttura non si sono sentiti accompagnati in un percorso di autonomia ed indipendenza, non è il caso che forse qwuelcuno si faccia delle domande?
Oppure chi si improvvisa nell’accoglienza fai da te pensa di risolvere i conflitti (e la sua colpevole inadeguatezza) con il carcere per chi protesta? E’ un concetto molto strano di mediazione e di operatore sociale questo.
Eppure tutti lo sanno, tutti lo dicono, gli operatori stessi lo ammettono: l’Emergenza Nordafrica è stata gestita male, il sistema messo in piedi è stato fallimentare. Domanda: perché allora continuare? Perché non denunciare la situazione? Perché far parte di questo perverso circuito del malaffare? La risposta forse sta in quel miliardo e trecento milioni di euro messo a disposizione dal Governo.
Un appello
L’accusa è gravissima, la situazione molto tesa. Non è forse il caso che i cosiddetti "sequestrati" si facciano avanti per raccontare cosa è successo veramente?
La mobilitazione continua
I rifugiati non hanno intenzione di mollare. La scorsa settimana hanno presentato insieme all’Associazione Razzismo Stop, che con gli avvocati Marina Infantolino e Giovanna Berti lavorerà anche per la difesa dei 5 arrestati, una richiesta di accesso agli atti per prendere visione delle rendicontazioni relative al 2011 e 2012 sui soldi stanziati.
Il 28 febbraio, data in cui finirà la proroga dell’accoglienza concessa dal Governo, è molto vicino. Non tutti hanno ancora i documenti, le somme promesse per le "buone uscite" ancora non si vedono e non c’è traccia di percorsi di inserimento, inserimento abitativo, borse lavoro.
Martedì alle ore 17, sotto la Prefettura, i rifugiati saranno ancora in strada per chiedere diritti e dignità, perché vengnao liberati i loro fratelli e noi saremo con loro.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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