Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 dicembre 2014

Il dramma immigrazione in Sicilia, 150 mila sbarchi nel 2014
Resto al sud, 15-12-14
Giuseppe Lanese     
E’ stato l’anno boom per gli sbarchi di immigrati nel canale di Sicilia il 2014. Un emergenza, rileva il rapporto Censis, se si pensa che, dall’inizio dell’anno a metà di ottobre, sono arrivate in Italia 146.922 persone, per 918 sbarchi, contro le 63 mila giunte nel 2011, anno record per gli effetti delle ‘primavere arabe’.
E non tutti sono arrivati alla fine del viaggio, infatti la stima delle vittime di questi viaggi della speranza è di 3 mila morti nel Mediterraneo, tra gennaio e settembre scorsi.
I numeri degli arrivi hanno comunque messo a dura prova il sistema dell’accoglienza: al 30 settembre le strutture presenti sul territorio nazionale ospitavano 61.536 migranti, il 52,8% in Sicilia, Lombardia e Campania.
Importante, secondo il rapporto, anche lo sforzo dell’Italia nei confronti delle vittime della tratta. In 12 anni è stata garantita assistenza a 21.795 persone oltre mille delle quali minori. Solo nell’ultimo biennio sono stati oltre 1.500 i percorsi di assistenza attivati a favore delle vittime di tratta, tre quarti dei quali rivolti a donne in maggioranza della Nigeria e della Romania.
Un contesto del genere, rileva ancora il Censis, favorisce lo sfruttamento lavorativo, l’abusivismo commerciale e la vendita di merci contraffatte. Nel solo commercio al dettaglio si stimano 67.600 esercizi parzialmente o totalmente abusivi, pari al 7% del totale per un totale di 8,8 miliardi di euro di fatturato. Secondo l’ultima stima Censis il mercato e la produzione e vendita di merci contraffatte vale 6,5 miliardi.
Riportare sul mercato legale la produzione dei beni contraffatti significherebbe avere un gettito aggiuntivo per imposte di 1,5 miliardi di euro.



“Straniero” un ristorante su tre a Milano
Corriere.it, 14-12-2014
Stefano Pasta
Dove comprano il cibo i milanesi in una città che tra pochi mesi ospiterà l’Expo dall’impegnativo titolo “Nutrire il Pianeta”?
Quando mangiano fuori, un ristorante su tre è “straniero”, mentre se acquistano alimentari, entrano in negozi che per un quarto hanno il titolare nato all’estero. Lo dice un’indagine della Camera di Commercio di Milano, che in vista delle feste ha così sintetizzato il risultato: «Auguri di Natale a tavola? I locali sono sempre più stranieri».
Tra ristoranti e asporto (non contiamo i bar), in tutta Italia le attività con titolare straniero sono quasi 20mila nel 2014, cioè l’11,4% del settore, una percentuale che sale al 22,8% in Lombardia e ben al 32,9% (2.574 imprese) nel capoluogo.
La città dell’Expo è il cuore di questo fenomeno, poiché da sola concentra l’8% del totale nazionale, ma soprattutto stacca tutti i concorrenti: la seguono in questa speciale classifica Prato (27%), la vicina Monza (25,5%), Bologna (22,8%) e l’altra lombarda Lodi (21,4%). In termini assoluti, invece, il secondo posto va a Roma (2.086 imprese, 14,4% del totale) e il terzo a Torino (1.082, 16,5%). Il valore percentuale più basso? Napoli (2,2%), seguita da tutte le altre città del Sud. Qual è l’effetto di questa “caratteristica milanese”? La dinamicità, come spiega la Camera di Commercio:
    «Quanto al numero di imprese, la ristorazione cresce del 5,5% a Milano e del 2,4% in Italia. In entrambi i casi, il traino è la ristorazione internazionale, che cresce del’8% all’anno in tutto il paese e del 9,3% nel capoluogo lombardo».
Tra i proprietari di ristoranti, a Milano le nazionalità più comuni sono quella egiziana (43%), cinese (28%) e, a distanza, turca, peruviana e marocchina. A livello italiano, l’Egitto rimane al primo posto ma scende al 17,9%, seguito da Cina, Romania e Germania. E chi ha mai visto le frotte di tedeschi, concentrati soprattutto al Sud, di cui parla la Camera di Commercio? Sono i figli degli emigranti italiani, che tornano nel Belpaese e aprono la loro impresa.
Attenzione, però, titolari stranieri non vuol dire per forza cibo etnico, non solo involtini primavera e sushi. A Milano la ristorazione è ormai soprattutto contaminazione: se un decimo delle attività straniere è specializzata in kebab, nell’offerta culinaria della città non manca la pizza. Poi ci sono i casi come Francesco Wu, collaboratore de La Città Nuova ma soprattutto, a 33 anni, presidente dell’Unione Imprenditori Italia Cina e nel direttivo della Confartigianato Alto Milanese: arrivato dalla Cina a 8 anni, dopo la laurea in Ingegneria ha lavorato per aziende elettromeccaniche, fino a rilevare con il fratello un ristorante di cucina rigorosamente italiana.
Quanto ai negozi alimentari, quelli gestiti da stranieri sono uno su quattro (26,3%), percentuale che cresce per le macellerie (34,7%) e il commercio non specializzato (37,7%); qui, diversamente dai ristoranti, tra egiziani e cinesi spuntano al secondo posto i bengalesi. In tutto il Belpaese, gli alimentari con titolare straniero sono invece il 10,8%, concentrati soprattutto nel commercio di frutta e verdura, e provenienti, nell’ordine, soprattutto da Bangladesh, Romania e Marocco. Ancora una volta la Camera di Commercio dice:
    «Sono le imprese straniere a trainare la crescita: +10,4% in un anno contro la stabilità di quelle italiane».
Dinamicità che sui social network ha avuto nell’ultimo mese il volto – o meglio uno scontrino, girato su Facebook in modo virale – di Asad Ullah, venuto in Italia dal Bangladesh nel 1983.
Dopo essersi sperimentato in varie professioni, dall’ambulante all’operaio in fabbrica, ha aperto un negozio a Torino intitolato “Eat, Alì”, omaggiando e richiamando il brand dell’eccellenza alimentare italiana “Eataly”. Tra pacchi di pasta e olio extravergine, ha precisato che il suo non è un negozio etnico e che gli scaffali sono pieni di delizie italiane.



Ad un anno dal suicidio di Mulue Ghirmay dentro il mega-centro per richiedenti asilo
Il CARA di Mineo e Mafia Capitale: diritti negati, soldi assicurati
Intervista ad Alfonso Di Stefano e Barbara Crivelli della Rete Antirazzista Catanese
Melting Pot Europa, 14-12-2014
Davide Carnemolla
Esattamente un anno fa, il 14 dicembre 2013, un ragazzo eritreo di 21 anni, Mulue Ghirmay, si impiccava all’interno del CARA di Mineo. Pochi giorni dopo, il 19 dicembre, i richiedenti asilo segregati dentro il CARA protestavano per le condizioni di vita dentro il centro del calatino venendo violentemente caricati dalla polizia.
Ad un anno da questi episodi nulla è cambiato dentro il CARA, anzi se è cambiato qualcosa è stato in peggio: condizioni di estremo sovraffollamento (più di 4000 migranti, il doppio della capienza prevista), tempi di attesa infiniti per incontrare le commissioni incaricate di valutare le richieste d’asilo e condizioni di vita indecenti all’interno del CARA. Il tutto dentro un sistema politico-economico perfettamente ideato per spartire denaro e potere tra istituzioni, politici, consorzi e cooperative a livello nazionale e locale.
Questo è quello che gli attivisti siciliani denunciano sin dall’apertura nel 2011 del centro di accoglienza più grande d’Europa ma adesso, con l’esplosione dello scandalo "Mafia Capitale", sembra che tutta l’Italia stia aprendo gli occhi sul più grande business nazionale sapientemente e mafiosamente costruito sui migranti e sulla negazione dei loro diritti.
L’inchiesta sta svelando la presenza di un sistema mafioso che include istituzioni, esponenti politici e soggetti del privato sociale.con un coinvolgimento significativo di gruppi di estrema destra e realtà riconducibili al mondo cattolico (Comunione e Liberazione in primis). All’interno di questa inchiesta un ruolo di primo piano lo riveste il famigerato "sistema Odevaine", un’enorme e rodata macchina di denaro e potere in grado di gestire sia i fondi destinati ai migranti sia la stessa permanenza dei migranti al CARA e il loro spostamento da un centro all’altro in una sorta di monopolio criminale in cui ognuno aveva la propria parte e il proprio "compenso".
Come scritto in un articolo de Ilsettemezzomagazine - che descrive nei dettagli quanto emerso dall’inchiesta Mafiacapitale - "Forte dunque della sua posizione privilegiata, con un piede nel Tavolo di coordinamento nazionale sull’immigrazione, dove si prendono le decisioni, l’altro saldamente al Cara di Mineo, utilizzato come forziere umano a cui attingere l’oro nero dei migranti, Odevaine avrebbe dunque, stando alla ricostruzione degli investigatori, lucrato indisturbato per un triennio sull’emergenza immigrazione".
Abbiamo intervistato sui fatti recenti Alfonso Di Stefano e Barbara Crivelli, attivisti della Rete Antirazzista Catanese che da anni offrono supporto ai migranti e denuncia la vergogna del CARA di Mineo.
- Chi sono i principali responsabili di quanto è accaduto e sta accadendo e come è stato possibile "occultare" quanto stava avvenendo?
- I principali responsabili sono i politici e gli amministratori che, già a partire dalla scelta del luogo, contro ogni logica, hanno scelto di favorire interessi privati senza curarsi delle condizioni di vita dei richiedenti asilo. L’occultamento è stato possibile anche grazie alle difficoltà incontrate dalle realtà associative antirazziste a monitorare da vicino quanto stava accadendo. Queste difficoltà si sono acuite nell’ultimo anno in cui si è assistito ad una disgregazione dei fragili livelli di auto-organizzazione dei richiedenti asilo.
- A proposito del "sistema Odevaine", qual’è la vostra opinione riguardo questo conflitto di interessi dello stesso Odevaine e questo utilizzo costante dei migranti e delle loro vite esclusivamente come fonte di spartizione di denaro e potere?
- Il sistema Odevaine ha avuto facile presa nella realtà calatina dove si registrano alti livelli di disoccupazione e l’assenza di un’efficace opposizione da sinistra; a completare il quadro a Mineo e dintorni stanno prendendo piede realtà xenofobe che manipolano le nostre denunce ed i nostri obiettivi per attaccare da destra il sistema Cara.
- Interpellati sulle vicende di mafiacapitale e del "sistema Odevaine" le figure-chiave legate al CARA di Mineo (Castiglione, Ragusa e la Aloisi) hanno subito "scaricato" lo stesso Odevaine. Se da un lato ciò dimostra chiaramente come le accuse a Odevaine siano fondate e assolutamente plausibili, dall’altro lato stupisce molto la proclamata "ingenuità" di tali soggetti coinvolti in prima persona nella gestione del CARA di Mineo (e dei relativi appalti e nomine), le quali di fatto si dichiarano assolutamente estranee a quanto accaduto affermando "come facevamo a saperlo?"
- Come potrebbero gli amministratori ignorare il sistema di affari e di corruzione che ruota attorno al Cara? A Mineo l’attuale sindaco ha costruito le sue fortune elettorali grazie al sistema Cara e l’ultima campagna elettorale per le elezioni amministrative nel calatino è stata condotta propagandando il Cara come la sola opportunità di sviluppo e di occupazione per il territorio.
- oggi 14 dicembre è il primo anniversario del suicidio di Mulue Ghirmay cui ha fatto seguito una grande manifestazione di protesta da parte dei migranti rinchiusi nel CARA. Ad un anno dalla morte di Mulue cos’è cambiato all’interno del CARA? Quali sono le condizioni di vita di chi ci vive? Perchè non ci sono state nell’ultimo anno altre manifestazioni organizzate dai migranti?
- All’interno del Cara è prevalso un clima di divisione e di diffidenza fra gli stessi migranti che ha generato sfiducia nella costruzione di una risposta collettiva alla negazione dei propri diritti. Ha sicuramente contribuito anche il ricatto dell’arbitrarietà dei criteri per l’esame della richiesta d’asilo; alcune comunità si sono sentite penalizzate, sia nei tempi che negli esiti, e, a poco a poco, è prevalsa la convinzione che ci fosse una relazione fra le proteste, l’allungamento dei tempi nell’esame delle domande e i dinieghi. Ha contribuito anche l’isolamento dei migranti, le cui proteste sono state ignorate non solo dalle istituzioni ma anche dai media che, nei mesi scorsi, hanno dato voce solamente alle operazioni di facciata, come la squadra di calcio e il film “Io sono io e tu sei tu”. Adesso tutti vorrebbero intervistare i richiedenti asilo ma il clima d’intimidazione non favorisce di certo la comunicazione.
Intanto un messaggio forte è arrivato anche dal coordinamento dei consiglieri comunali del calatino che ha chiesto di annullare la gara d’appalto e di svuotare e chiudere il CARA di Mineo.. E proprio due giorni fa è stata aperta dalla Procura di Caltagirone un’inchiesta sui collegamenti tra il "Mondo di Mezzo" romano e il business del CARA di Mineo come scritto in questi articoli di livesicilia.it e repubblica.it
Alcuni video sul CARA e sulle proteste dei migranti:
Arrivo delle "carovane migranti al CARA di Mineo - novembre 2014
Manifestazione per la chiusura del CARA di Mineo - 16 febbraio 2014
Manifestazione di protesta dei migranti - 19 dicembre 2013
Inchiesta RAI "Presa diretta"

Comunicato della Rete Antirazzista Catanese
Mafiacapitale e Cara di Mineo: a quando dignità e giustizia per i richiedenti asilo?
Da giorni le indagini su mafiacapitale stanno lambendo il Cara di Mineo e la disastrosa (per i migranti) gestione d’ingentissime risorse pubbliche per il mega-business della pseudo-accoglienza (come dal marzo 2011 abbiamo definito questo vergognoso laboratorio di nuove politiche segregazioniste per I richiedenti asilo). Da allora la situazione si è incancrenita: dall’inizio del 2013 le presenze nel mega-Cara della vergogna sono più che raddoppiate (da 1800/2000 alle attuali 4500), mentre le commissioni per l’esame delle richieste d’asilo hanno dimezzato le audizioni. Nei primi anni furono numerose le proteste dei migranti e purtroppo anche I tentativi di suicidio. Dalla fine dell’anno scorso i gestori del Cara, grazie a solide conoscenze nelle istituzioni locali e nei governi di larghe intese, hanno tentato di riverniciare la loro “missione umanitaria”. Non è bastata la vergogna della cooperativa Sisifo a Lampedusa che, dopo la strage del 3 ottobre, accoglieva i migranti nel CPSA con metodi degni dei nazisti.
Proprio nel dicembre scorso il sindaco Bianco presentava a Montecitorio il film “Io sono io e tu sei tu”, demagogico espediente per dipingere il Cara di Mineo come il paradiso terrestre dell’accoglienza; peccato che subito dopo, il 14 dicembre, il ventunenne eritreo MULUE GHIRMAY s’impiccava dentro il Cara ed il 19/12, in migliaia, i richiedenti asilo manifestavano lungo la statale Catania e Gela e subivano all’ingresso di Palagonia violente cariche poliziesche, quando volevano solo rendere pubbliche le ragioni della loro protesta.
Il sistema Odevaine proprio nel Cara di Mineo ha espresso la sua capacità di fare coincidere i controllati con i controllori, si è consolidato un sistema clientelare che accontenta tutti, dalle istituzioni ai media, dai sindacati all’associazionismo; peccato che le condizioni di vivibilità per la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo siano progressivamente peggiorate: la media di abitanti nelle case è di oltre 20 persone (quando vi alloggiavano I militari statunitensi di Sigonella vi abitava un solo nucleo familiare) e le condizioni d’indigenza (si continua a versare il pocket money quotidiano di euro 2,50 in sigarette) costringe molti migranti a lavorare in nero per 10/15 euro al giorno nelle campagne; stanno dilagando anche la prostituzione e lo spaccio di droga.
Perché i media si sono finora bevute le tranquillizzanti versioni dei candidi gestori?
Nel primo anniversario del suicidio di Mulue Ghirmay facciamo appello a riprendere la mobilitazione affinché il Cara di Mineo venga chiuso, moltiplicando in alternativa gli SPRAR in piccoli e medi centri, per favorire così un reale inserimento sociale, seguendo l’esempio di comuni come Riace nella Locride, a costi molto inferiori ed a condizioni più umane. Riteniamo fondamentale l’immediato superamento a Mineo del “sistema” C.A.R.A., con il suo svuotamento, nel rispetto dei tempi previsti dalle normative per la permanenza (35 giorni), con la conseguente moltiplicazione delle apposite Commissioni. Questo mega-CARA, unico in tutta Europa, è un esperimento fallito di contenimento forzato dei migranti, che vengono parcheggiati a tempo indeterminato (in media 18 mesi) e che sta costruendo un conflitto razziale tra autoctoni e migranti: da una parte i richiedenti asilo vengono supersfruttati dai caporali nelle campagne, dall’altro la destra xenofoba alimenta nel calatino la “guerra fra poveri”, mentre con MafiaCapitale i fascio-mafiosi si sono arricchiti sulle nostre spalle e dalle nostre tasche.
10 dicembre 2014, Catania Rete Antirazzista Catanese



Castel Volturno, gli immigrati informeranno i cittadini sulla raccolta differenziata
la Repubblica.it, 14-12-2014
RAFFAELE SARDO
A Castel Volturno saranno gli immigrati ad informare i cittadini su come si fa la raccolta differenziata. Il progetto, che mira a sensibilizzare la popolazione del comune domiziano sul conferimento dei rifiuti, vedrà il coinvolgimento di dodici immigrati beneficiari di permesso di soggiorno per protezione internazionale. In pratica si tratta di persone scelte tra le vittime dello sfruttamento lavorativo e che hanno denunciato per questo i loro aguzzini.
"Tutto parte dai fatti di Rosarno accaduti a Gennaio del 2010  -  spiega Giampaolo Mosca del centro sociale ex canapificio di Caserta, tra i promotori dell'iniziativa  - Quando alcuni immigrati furono fatti segno a colpi di arma da fuoco e in seguito ai quali ci furono degli scontri tra la popolazione locale e gli immigrati. Molti di quei ragazzi che erano andati a Rosarno per raccogliere arance, provenivano da Castel Volturno". Il progetto, infatti, si chiama proprio "Rosarno e poi...", cofinanziato dalla "Fondazione con il Sud" e portato avanti dal Centro Sociale "Ex Canapificio", il Consiglio Italiano per i Rifugiati e la Caritas di Caserta.
Tra i soggetti che hanno concorso alla formulazione del progetto di Castel Volturno, ci sono: il Centro per l'Impiego, la Senesi SpA (la società che raccoglie i rifiuti), il Comune di Castel Volturno, oltre al centro sociale ex Canapificio.
"Gli immigrati a Castel Volturno sono stati indicati come i maggiori responsabili del degrado ambientale riguardante i rifiuti  - dice ancora Giampaolo Mosca -  ma in diverse occasioni hanno dimostrato di volersi impegnare a migliorare il territorio anche mettendosi in prima persona a pulire varie zone della città come è stato per Pinetamare con l'iniziativa "Let's clean Castel Volturno" (Puliamo Castel Volturno), la giornata di pulizia dell'oasi dei Variconi e le domeniche a pulire, insieme al Sindaco, la piazzetta adiacente al palazzo Comunale. Ora hanno una nuova occasione per farlo".
Prima di passare alla fase attuativa del progetto, i dodici immigrati  parteciperanno ad un tirocinio formativo attivato con la Senesi. I tirocinanti affiancheranno per tre mesi i lavoratori della Senesi per comunicare e distribuire materiale informativo in lingua inglese e francese con particolare attenzione a quella parte di popolazione proveniente da diverse aree geografiche, per spiegare nei dettagli le modalità della raccolta differenziata e i benefici che ne derivano da essa.
Tra i tirocinanti ci saranno ragazzi come Kwabena, ghanese,  massacrato di botte  in Calabria, dal datore di lavoro e dal figlio, perché dopo alcuni mesi di raccolta ortaggi senza essere mai  pagato, un giorno si era permesso di chiedere i suoi soldi.  Ma ci sarà anche Mohammed, giovane  magrebino, che a Maddaloni ha lavorato a nero per 7 anni  per un datore di lavoro che produceva attrezzi per il settore edile.
Un giorno Mohammed perde tre dita mentre lavora un macchinario.  Il datore di lavoro lo minaccia di non fargli dire  al pronto soccorso com'è accaduto l'incidente . Mohammed, però, si rifiuta e trova il coraggio di raccontare i fatti com'erano andati veramente.
"Sono  tutti ragazzi che hanno storie come queste alle spalle  -  sottolinea l'esponente del centro sociale -  Perciò voglio sottolineare il coraggio del comune e della Senesi a fare proprio un progetto di questo tipo coinvolgendo immigrati su un tema caldo come quello dei rifiuti e della raccolta differenziata  -  dice ancora Mosca  -
Sono temi che da queste parti non hanno mai dato consenso ai pubblici amministratori. E oggi è ancora più difficile. Immagino che per il neo sindaco, Dimitri Russo, non sia stato facile, anche perché  gli sono piovute accuse da più parti, di aver assunto immigrati e non italiani secondo la solita logica clientelare".
Il progetto verrà presentato ufficialmente Lunedi alle ore 14 presso la sala consiliare del Comune di Castel Volturno.



Affari sui migranti in tutto il Sud
Avvenire, 13-12-2014
Antonio Maria Mira
Grandi e piccoli affari sui rifugiati. Grandi, giganteschi, quelli di Salvatore Buzzi e della Cupola romana, più dell’80 per cento del loro bilancio. Piccoli e tantissimi, una vera moltitudine, quelli nelle regioni del Sud. Su entrambi l’attenzione di varie procure in quel coordinamento promosso dal procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone per combattere le mafie del welfare. Ad aiutarci a capire è ancora il dossier del ministero dell’Interno sui centri che ospitano attualmente rifugiati e migranti. Partiamo dunque da Roma e dalla cooperativa Eriches29, fiore all’occhiello del 'sistema Buzzi'. Dovrebbe occuparsi di immigrati e verde pubblico ma se non fosse per i rifugiati avrebbe vita grama. Il fatturato parla da solo.
Ieri, dati del Viminale alla mano, abbiamo scritto che la cooperativa per l’ospitalità di 712 persone in 10 centri incassa ogni giorno 35mila euro che fanno 12,7 milioni di euro all’anno. Ebbene questa cifra rappresenta ben l’82 per cento del fatturato dell’Eriches29 che lo scorso anno è arrivato a 15,5 milioni di euro. Un fatturato 'in grande crescita' scrivono con orgoglio nel proprio sito Buzzi & C. Una crescita strettamente legata agli 'affari' sui migranti. Si passa, infatti, da appena 1,7 milioni di euro del 2009 a 3 milioni del 2010, per saltare a 7,7 milioni nel 2011 che raddoppiano a 14 nel 2012 e poi ai 15,5 del 2013. E c’è da essere certi che alla fine del 2014 avremo un nuovo fatturato record grazie al fortissimo aumento di sbarchi.
La crescita galoppante del fatturato di Eriches si sovrappone, infatti, alle varie emergenze sbarchi e alla conseguente necessità di trovare luoghi per i centri per rifugiati. E Buzzi, grazie al prezioso supporto di Luca Odevaine, se ne riesce ad accaparrare un grossa fetta. Inferiore, almeno per Roma, solo a quella del gruppo 'Domus Caritatis' e 'Casa della Solidarietà', in stretto contatto col gruppo di Buzzi. E se quest’ultimo incassa 12,7 milioni all’anno, il gruppo amico ne riceve più di 27. Se ci spostiamo al Sud troviamo invece un panorama parcellizzato. In Sicilia, ad esempio, i centri del sistema gestito dalle Prefetture sono 109 e ospitavano alla fine di settembre 6.382 rifugiati.
La provincia con più centri è quella di Trapani con 32 e 2.148 rifugiati. Seguono Palermo e Ragusa con 18, Agrigento con 15, Enna con 9, Caltannissetta con 7, Siracusa con 6, Messina con 3, Catania con 1. Ci sono poi anche qui le grandi strutture dei Cara, come quella di Mineo in provincia di Catania con più di tremila rifugiati, struttura che compare nelle carte dell’inchiesta romana. Carte che sono state inviate alla procura di Catania proprio in vista del coordinamento. Il resto sono tutte piccole e piccolissime strutture, molte parrocchie e associazioni del mondo cattolico, ma anche moltissimi alberghi, residence, B&B.
Un mondo sul quale indagare, come dimostra il centro che la Cupola romana aveva gestito in un residence a cinque stelle a Cropani in Calabria grazie all’appoggio del clan Mancuso. Calabria dove le strutture sono appena 16, anche perché coi suoi 1.600 ospiti fa la parte del leone il centro di Isola Capo Rizzuto gestito dalle Misericordie. Infatti tutti gli altri centri arrivano a 1.962 compreso uno a Vibo Valentia che ne ospita 444. Per la Campania il numero dei centri è impreciso (i rifugiati sono circa tremila). Mentre troviamo gli 8 della provincia di Benevento e i 13 di quella di Salerno, per quelle di Avellino, Napoli e Caserta nel dossier del Viminale appare la dicitura 'varie strutture'. Ricordiamo che le carte romane sono state inviate anche alla procura di Napoli. Infine in Puglia troviamo 26 centri con 1.469 rifugiati. Ma anche qui vanno aggiunti tre grandi Cara con più di 2.500 persone tra i quali un altro big, quello di Bari che da solo ne ha quasi 1.700.

 


Migranti, continuano gli arrivi via mare: testimoni raccontano di un naufragio con 47 vittime e per la prima volta arrivano persone da Kobane
I dati forniti dall'Organizzazione Internazioale per le Migrazioni in Italia (OIM). Nonostante le condizioni meteo invernali siano più difficili, i flussi verso l'Europa non si riducono. Nel 2014 i siriani hanno rappresentato il gruppo più numeroso, con circa 40.000 arrivi, seguiti dagli Eritrei, circa 34.000 dal mese di gennaio
la Repubblica, 12-12-2014    
GINEVRA - Sono 163.369 i migranti e richiedenti asilo arrivati via mare in Italia dal 1° gennaio al 30 novembre 2014. I dati, forniti dal Ministero dell'Interno italiano, mostrano come a novembre siano giunte 9.923 persone, solo un terzo rispetto a 26.107 arrivi registrati nel mese di settembre. "In queste ultime settimane ci sono stati molti giorni di cattivo tempo", spiega Federico Soda, Capo Missione dell'Organizzazione Internazioale per le Migrazioni in Italia (OIM) la quale nota che "nonostante le condizioni meteo invernali siano più difficili, i flussi via mare verso l'Europa stanno continuando". I siriani, anche a novembre, sono stati i più numerosi: quasi 3.000 arrivi, un terzo del totale del mese. Gli Eritrei sono stati invece circa 300. "Abbiamo rilevato come ultimamente i siriani stiano provenendo essenzialmente dalla Turchia, mentre dalla Libia arrivano migranti di origine sub-Sahariana", afferma Soda. "Allo stato attuale non possiamo ancora dire se si tratti di una nuova tendenza, ma cercheremo di capire quanto prima se le rotte stiano subendo delle variazioni".
Siriani ed eritrei i gruppi più numerosi. Nel 2014 i siriani hanno rappresentato il gruppo più numeroso, con circa 40.000 arrivi, seguiti dagli Eritrei, circa 34.000 dal mese di gennaio. Nel 2013, in questo stesso periodo, i siriani giunti in Italia erano 10.852 e gli eritrei 9.123, mentre gli arrivi di persone provenienti da Mali, Nigeria, Gambia, Palestina e Bangladesh erano meno della metà rispetto a quest'anno. Nel corso di questa settimana i team dell'OIM Roma presenti in Sicilia hanno incontrato e fornito assistenza a molti dei 391 migranti e richiedenti asilo (per la maggior parte Siriani e Palestinesi) arrivati mercoledi 10 dicembre ad Augusta e partite dal porto di Mersin, in Turchia, a bordo di un peschereccio di grandi dimensioni. Per la prima volta gli operatori OIM hanno rilevato la presenza di persone fuggite dalla città di Kobane, attualmente ancora sotto assedio da parte dei miliziani islamisti dell'Is. Si tratta di una famiglia composta da 15 elementi, tra cui una signora di circa 70 anni, le sue figlie, i rispettivi mariti e numerosi nipoti, compresi alcuni neonati.
Da 4.500 a 6.000 dollari a persona. I membri della famiglia hanno raccontato di aver lasciato Kobane lo scorso 22 settembre e di essersi recati presso il Campo Profughi turco di Suruc. Le difficili condizioni di vita all'interno del campo li hanno spinti ad andarsene e a tentare la traversata verso l'Italia. Hanno venduto i loro averi (tra cui vari oggetti in oro) per pagarsi il viaggio, che è costato 6.000 euro a persona per tutti i "passeggeri" oltre i 7 anni di età. Secondo la loro testimonianze, sarebbero molte le persone che, dopo essere fuggite da Kobane, stanno ora lasciando il Campo di Suruc. Un numero rilevante sceglie di andare in Grecia perché la traversata via mare è molto costosa ed estremamente pericolosa. Il Capo Missione OIM Itala racconta come la tariffe richieste dai trafficanti sembrano aumentate: "Il viaggio dalla Turchia ha prezzi variabili: se un'imbarcazione carica più di 500 migranti, allora vengono richiesti 4.500 dollari a persona, se invece i migranti a bordo sono meno di 500, la cifra sale a 6.000 dollari".
Sette giorni in mezzo al mare. Secondo le testimonianze raccolte ad Augusta, i migranti hanno lasciato Mersin il 29 settembre a bordo di una imbarcazione piuttosto piccola: i trafficanti - di nazionalità turca ed egiziana - hanno raggruppato in alto mare un numero imprecisato di imbarcazioni dalla stazza limitata, per poi trasferire tutti quanti i migranti su un peschereccio d'acciaio molto grande, che ha poi impiegato circa 7 giorni a raggiungere le acque italiane. L'imbarcazione è stata in seguito soccorsa da una unità della Guardia Costiera islandese e da un rimorchiatore spagnolo. Domenica scorsa, 7 settembre, era invece arrivata - sempre al porto di Augusta - la nave "Cigala Fulgosi" della Marina Militare italiana, con a bordo 557 migranti sub-Sahariani. Tra questi c'erano i sopravvissuti di un naufragio già riportato qualche giorno fa e che ha causato almeno 18 vittime. Secondo i sopravvissuti - principalmente nigeriani, senegalesi e maliani - il numero delle persone disperse comprenderebbe altri 10 migranti.
Tra i dispersi una donna incinta. Tra i 557 sbarcati dalla "Cigala Fulgosi" vi erano anche i sopravvissuti di un altro naufragio, avvenuto il 5 dicembre. Incontrati dal personale OIM, i migranti - quasi tutti gambiani - hanno raccontato di essere partiti in circa 110 a bordo di un gommone da Tajura, in Libia, la notte del 4 dicembre. Il gommone ha cominciato ha imbarcare acqua dopo poche ore e al momento dell'arrivo dei soccorsi 47 persone erano già cadute in mare e disperse. Tra i dispersi anche una donna incinta. Nel frattempo sono giunte anche notizie dallo Yemen, dove la locale Missione dell'OIM ha ricevuto conferma che le vittime del naufragio avvenuto qualche giorno fa nello stretto di Bab al-Mandab, al largo del porto di Al-Makha, sono in totale 24. Le vittime sono tutte di nazionalità etiope e al momento sono stati recuperati 21 corpi. Con queste ultime drammatiche notizie, il numero delle persone che quest'anno hanno perso la vita nel tentativo di fuggire vie mare dall'Africa è salito a circa 3.500: circa sei volte il numero dello scorso anno.

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Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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