Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 giugno 2010

Quella strana idea di dialogo interreligioso del Sindaco Alemanno
Osservatorio Italia-razzismo
L’Unità 22 giugno 2010
Sabato 19, a Roma, i Radicali Italiani e l’Alleanza Evangelica Italiana hanno promosso una marcia per la libertà religiosa, la prima in Italia, contro la resistenza del comune di Roma a concedere spazi di preghiera per confessioni diverse da quella cattolica. Le comunità religiose non chiedono finanziamenti, ma, semplicemente, che sia concesso loro di acquistare i terreni su cui costruire luoghi di culto. Gianni Alemanno ha annunciato che nei prossimi mesi saranno edificate 51 parrocchie nelle periferie romane e ha aggiunto che “c’è un dialogo aperto tra l’amministrazione e le varie confessioni per dare una risposta a tutti per quanto riguarda i luoghi di culto”. Ne parliamo con Mario Staderini, segretario di Radicali italiani: “Prendiamo atto della disponibilità manifestata, anche se così tardivamente. Ci chiediamo, però, in che modo il sindaco voglia instaurare il dialogo visto che, nel 2008, ha chiuso il Tavolo interreligioso del Comune. Al posto del delegato alla multireligiosità, ha pensato di nominarne uno per la comunità calabrese. Insomma, sembrano solo promesse se confrontate ai tanti fondi che Alemanno continua a elargire al suo grande elettore di oltre Tevere. Per questo, stiamo preparando una interrogazione popolare per capire come vengano utilizzati gli oneri concessori dell’urbanistica. Il 7% è finalizzato ad esigenze di culto, ma sospettiamo che la maggior parte sia destinata alla Chiesa Cattolica. Non è paradossale dare la priorità a chi ha già e non a chi ha quasi niente?”. Certo, possiamo dire che “siamo tutti calabresi”, ma anche tra loro ci sono i cattolici, i testimoni di geova, i musulmani, i buddisti e persino – osiamo appena sussurrarlo – i non credenti in alcuna fede.



Migrare, nasce un portale per una nuova cultura

l'Unità 22 giugno 2010
Un «contenitore messo a disposizione della società civile»: così Shukri Said, italiana di origine somala, ha presentato oggi il nuovo portale «www.migrare.ue», un'iniziativa dell'associazione Migrare di cui è segretaria e portavoce. Un sito che attraverso una «informazione corretta» vuole contribuire ad affrontare la «battaglia» culturale per l'integrazione. Perchè in Italia, ha spiegato la deputata radicale Rita Bernardini intervenuta alla Camera alla presentazione, c'è «un'informazione menzognera» che «fomenta i sentimenti negativi nei confronti dell'altro, del diverso».
E questo, per la parlamentare, vale soprattutto per le televisioni, sia pubbliche che private. C'è un «paradosso tutto italiano», ha aggiunto l'ex senatore Luigi Manconi, che consiste nel fatto che da noi «c'è meno razzismo ma anche meno integrazione». La maggior parte della popolazione immigrata, insomma, resta fuori dal sistema dei diritti e della cittadinanza: sono pochi, ad esempio, i professionisti stranieri, o i quartieri misti. Il nuovo portale, ha sottolineato il deputato del Pd Jean Leonard Touadi, cerca di ribaltare la «politica della paura» fomentata da mass media e politici. Migrare.eu porta avanti tra l'altro una campagna sul rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno, e chiede che chi nasce in Italia sia cittadino italiano, che si ponga fine ai respingimenti indiscriminati di chi ha diritto all'asilo, che la sanatoria di colf e badanti sia estesa anche ad altre categorie di lavoratori, che agli immigrati sia riconosciuto il diritto di voto amministrativo.



Si comprano il palazzo pur di non avere la moschea

Stefano Filippi
il Giornale 22 giugno 2010
Il preliminare era già firmato con tanto di caparra: il centro culturale islamico Annur avrebbe  comprato  un vecchio laboratorio tessile da trasformare in moschea. Proprio in questo angolino di Veneto,   contrada   Tomasoni, una cinquantina di case, una corte, la fontana, la chiesetta, dove si vive come cinquant'anni fa, che quando vai in vacanza il vicino ti arieggia le stanze, sfama il cane e innaffia le piante. Veneto profondo, Veneto le¬ghista (49% alle ulti-me regionali) e laborioso. Dove la gente è disposta a mettere mano al portafoglio pur di dirottare altro i musulmani.
Così, dopo un lavorio durato un anno, i 150 abitanti dei Tomasoni   hanno   deciso   di comprare loro l'edificio destinato a luogo di ritrovo e di culto per i fedeli del Corano che vivono lungo il torrente Agno, una vallata che da Recoaro Terme scende verso Montecchio Maggiore. Dodici mesi fitti di incontri, vertici in comune, mediazioni con il proprietario del laboratorio artigianale. «Un'ora e mezzo dopo la mia elezione erano già sotto casa mia a chiedere udienza», ricorda il primo cittadino Martino Montagna, 44 anni, giornalista prestato
alla vita amministrativa, insediato un anno fa a chiudere 15 anni di giunte monocolore verde padano. Evidentemente quelli di Cornedo giudicavano i leghisti locali troppo mollaccioni. È stata una battaglia este-nuante. Il padrone dello sta-bile aveva già firmato il compromesso di vendita con l'associazione Annur e intascato la caparra. «I residenti si lamentavano per non essere stati informati da nessuno, a cominciare dal comune -spiega il sindaco che guida una lista civica -. Non c'era ostilità verso i musulmani ma una questione di ordine pubblico». Una sola strada, niente parcheggi, dalle 300 alle 500 persone che ogni venerdì pregano Allah e raddoppiano nelle principali festività
dell'Islam.
«Nella contrada si vive benissimo come una volta», racconta Gaetano Dalla Gassa, uno dei leader della protesta, titolare di una ditta di palificazione e consolidamento di terreni e membro del direttivo delle Piccole industrie di Valdagno: «È un nucleo tradizionale di 150 persone molto unite, facciamo tre sagre all' anno, una piccola comunità coesa che sarebbe stata stravolta dall'arrivo di centinaia di musulmani". Gente molto pratica, che ha capito in fretta l'unico modo per rovesciare la situazione: mettere sul piatto una bella cifra e ricom-prarsi lo stabile, anche se non sono tempi favorevoli per investire nel mattone.
Ci sono voluti lunghi mesi di trattative complicate, assemblee ogni lunedì sera, la collaborazione del sindaco, il coinvolgimento dell'associazione Annur. «Persone perbene e disponibili al dialo-go - assicura Dalla Gassa -. Noi non ce l'abbiamo con gli stranieri, ai Tomasoni vivono una trentina di extracomunitari, famiglie provenienti dall'India e dall'Europa orientale. Anche alcuni di loro partecipano alla nostra operazione immobiliare». Dove operava l'artigiano delle confezioni verranno costruiti quattro o cinque appartamenti da 80-100metri quadrati. La gente della contrada e qualche amico stanno per sborsare 50mila euro (che saranno restituiti a cose fatte) per stracciare il vecchio preliminare e firmarne uno nuovo. Un'impresa edile realizzerà le opere con un po' di sconto: il valore dell'operazione supera i 200mila euro. Alcuni abitanti, tra cui Dalla Gassa che ha un figlio da sistemare, hanno già garantito l'acquisto degli alloggi: ne resta ancora uno da piazzare. Il centro culturale islamico ha riavuto i soldi versati ed entro l'anno troverà un accordo con il comune di Comedo per una sistemazione alternativa, più grande, con un piazzale comodo per le auto, che non dia problemi di ordine pubblico. E sia lontana dal piccolo mondo antico dei Tomasoni.




Welcome significa civiltà

Beatrice Barzaghi
Terra 22 giugno 2010
Siamo qui perché dobbiamo chiedere scusa a questi nostri fratelli che stanno cercando di migliorare le loro condizioni di vita, chiedere scusa per trovarsi in un paese così barbaro, così incivile come il nostro, in un paese che si è inventato i respingimenti, in un paese che non rispetta più ormai neanche i trattati e le regole internazionali. Forse non bisognerebbe neanche più cercare rifugio in questi paesi». Le parole di Gino Strada sono taglienti e scrosciano più forti della pioggia che non ha intimorito i cinquecento partecipanti alla manifestazione di domenica scorsa "Welcome! Indietro non si torna", al Porto di Venezia, città nella quale il fondatore di Emergency ha annunciato che aprirà, dal primo settembre, un poliambulatorio per tutti. La campagna internazionale Welcome per il diritto d'asilo è stata lanciata un paio di mesi fa per riempire di significato e concretezza la Giornata Mondiale del Rifugiato e continuare ad intervenire là dove i respingimenti avvengono quasi quotidianamente: le frontiere dell'Adriatico, nei porti di Venezia, Ancona, Bari, Patrasso, Igoumenitsa, luoghi in cui in centinaia hanno manifestato in questi giorni. A Venezia si è espressa l'in-dignazione contro i respingimenti, che vengono praticati direttamente sui traghetti provenienti dalla Grecia per mano della polizia di frontiera ai danni soprattutto di giovanissimi afgani, somali, palestinesi, curdi. Da sottolineare, l'attiva presenza all'iniziativa dell'amministrazione comunale e in particolare dell'assessorato alla pace. L'assessore verde Gianfranco Bettin ha partecipato in veste ufficiale ribadendo che il porto di Venezia non può rimanere un limbo dove i diritti fondamentali sono sospesi. La manifestazione veneziana, lanciata dalla Rete Tutti i diritti umani per tutti, è partita dalla stazione ferroviaria, dove si sono radunati attivisti provenienti da Padova, Treviso, Bologna, Reg¬gio Emilia, Trieste e Parma. Tantissime le associazioni presenti oltre ad Emergency, agli operatori dei centri per rifugiati gestiti dal Comune lagunare, alle scuole di italiano per migranti e agli attivisti del centro sociale Rivolta e del Sale Docks di Venezia. All'ingresso dell'Autorità Portuale è stato steso, oltre le sbarre che la delimitano, un grande tappeto verde, simboleggiante uno zerbino con la scritta Welcome, perché potesse essere concretizzato quel medesimo messaggio che beffardo si staglia all'entrata della zona marittima turistica, dove vengono accolti con un enorme scritta di benvenuto i crocieristi. È proprio di domenica la notizia che un ragazzo straniero si è tuffato nel canale lanciandosi dal traghetto che stava entrando al porto, nell'ennesimo tentativo di conquistare la libertà. Alla manifestazione ha partecipato anche Samir insieme ai suoi compagni magrebini di Treviso: sono stati sgomberati alcuni giorni fa dallo stabile della Croce Rossa, struttura che era occupata da sette anni da chi un tetto non poteva permetterselo. Samir ci spiega che è qui perché «tutti hanno diritto ad avere un posto dignitoso sulla terra, noi come i ragazzi rifugiati da zone di guerra». Lui e gli altri vivono ora in una tenda di fronte alla chiesa votiva di Treviso. L'amministrazione comunale leghista, così come la Caritas, li ha abbandonati e a dar loro una mano ci sono l'Adl e il Comitato per la Casa. La giornata Welcome è proseguita ad Ancona, dove l'Ambasciata dei Diritti delle Marche ha organizzato interventi sulla situazione del porto ad un anno dalla richiesta di abbattimento delle reti. Sono state raccolte firme per la riapertura del porto, a cura dell'Osservatorio Faro sul Porto. Anche a Bari si è manifestato per il blocco dei respingimenti dei migranti, per il riconoscimento del diritto d'asilo e dei diritti umani di persone che fuggono da guerre e dittature e per rivendicare il diritto all'abitazione e alla seconda accoglienza dei rifugiati politici, oltre che per pretendere l'immediato ritiro della delibera di sgombero dei rifugiati somali del Ferrhotel.



Carfagna: corsia preferenziale per le donne perseguitate
Luca Liverani
Avvenire 22 giugno 2010
Le parole lasciano intravedere solo una parte della sofferenza. Mara Carfagna ascolta attenta. Parlano l'iraniana Masomeh, l'algerina Saliha, l'argentina Adela Gutierrez fuggita dalla dittatura. Tutte rifugiate che oggi lavorano tra le 35 mediatrici culturali dell'Inmp, l'Istituto nazionale perla salute delle po¬polazioni migranti all'Ospedale San Gallicano, struttura pioniera nel servizio sanitario nazionale nella cura di profughi, migranti e senza dimora. All'indomani della Giornata mondiale del rifugiato, il ministro per le Pari opportunità è qui per vedere e sentire cosa c'è dietro termini come "richiedente asilo" o "protezione umanitaria".
E questo è il posto giusto: solo di rifugiati dal 2004 qui ne sono passati 2.211. «So che dietro ciascun volto si nascondono storie drammatiche», dice Mara Carfagna. «Il nostro dovere è offrirvi un posto nella società. Per lo Stato non è sempre facile accogliere tutti. Coniugare legalità e accoglienza spesso porta a distorsioni. Dobbiamo far sì che si riducano». Ma vuole fare di più. Si impegna ad avviare «una stretta collaborazione per sostenere le attività portate avanti dai professor Aldo Morrone e dall'Istituto da lui guidato». Ma non le basta.
E promette di parlare coi ministri Maroni e Sacconi «se possiamo disporre interventi legislativi per una corsia preferenziale per le donne che fuggono da guerra e violenze». Pensa a  «una procedura più veloce per le donne, più vulnerabili rispetto agli uomini, per sottrarle a violenze e sopraffazioni. Ci sono Paesi in cui anche il 98% delle ragazze subiscono mutilazioni genitali femminili. O dove le "spose bambine" sono forzate a matrimoni con uomini molto più grandi. Vanno aiutate coi loro figli». Ma  ha  mai pensato, ministro, che sui barconi respinti in Libia a maggio 2009 potevano esserci vittime di guerre e persecuzioni? Donne come queste che ha incontrato qui? «È una domanda che mi sono posta più di una volta - ci risponde Mara Carfagna ma sono stata rassicurata da chi mi ha detto che non ce n'erano, e che tutto è stato passato al vaglio e al controllo. Mi è stata esclusa la presenza di donne in difficoltà o in stato interessante. Nessuno deve abusare del diritto di asilo, sarebbe il modo peggiore di rispondere a chi ne ha davvero bisogno e deve essere accolto nel più breve tempo possibile». Come qui al San Gallicano. «Abbiamo cominciato nel 1985 - racconta il dottor Morrone - visitando per dieci anni nella camera mortuaria, l'unico spazio disponibile». Solo nel 2007 arriva l'ufficializzazione di una vocazione antica quanto questo ospedale trasteverino. Una targa in latino ricorda che l'ha voluto nel 1725 Benedetto XIII per curare «i malati poveri ed esclusi e i pellegrini malati di lebbra e scabbia».



I cristiani e le altre minoranze ancora senza diritti né giustizia
Stefano Vecchia
Avvenire 22 giugno 2010
La situazione dello Stato orientale indiano dell'Orissa continua a testimoniare di "un'altra India",
distante dai suoi stessi ideali di convivenza e di nonviolenza, prima ancora che dalle sue leggi. La sconcertante scoperta di un traf-fico di giovani donne del Kandhamal, l'individuazione di alcune di esse in città anche molto lontane come Hyderabad, mostrano come anche la criminalità comune abbia iniziato a sfruttare la situazione del distretto. La fuga di molte migliaia di persone negli ultimi due anni, la vita nei campi profughi e la disgregazione di fatto di tante famiglie sotto la pressione della povertà e dell'insicurezza hanno aggravato la situazione. Le 38 adolescenti salvate lo scorso mese dai volontari un centro di ascolto non sono un'eccezione e potrebbero essere solo sintomo di una situazione più grave. Situazione difficile, per certi aspetti disperata, come sottolineano gli operatori ecclesiali sul campo. Di una esigua minoranza, si dirà... In realtà la situazione dei profughi e dei senzatetto del Kandhamal rispecchia l'apatia del governo, la mentalità dei politici, l'indifferenza di una parte della società verso i dalit e i tribali che sono il 45 per cento della popolazione dell'Orissa. Con questo sfondo, si può meglio immaginare come sia stata devastante la violenza che ha colpito le comunità. «Qui la gente deve lottare per sopravvivere, privata del necessario. Per molti la vita ha oggi l'orizzonte di un campo profughi, dove la vita è misera e a volte anche l'indispensabile è un lusso. Campi che per adulti ma soprattutto per i giovani chiudono all'esterno la speranza di un lavoro e di un futuro - sottolinea Dhirendra Panda, attivista indù per i diritti umani -. Molti campi, in Orissa e altrove, hanno chiuso ma molte vittime vivono ancora in rifugi di fortuna presso i villaggi d'origine, senza sapere se saranno in grado di tor-nare nelle proprie case. Quelle sopravvissute a incendi e devasta-zioni, almeno. A migliaia non pos-sono rientrare se non dopo un'u-miliante e a volte cruenta cerimonia di riconversione all'induismo da cui si erano distaccati anche generazioni fa».
Previsto dai programmi governativi di riabilitazione, ma sovente inapplicato o parziale, il risarcimento per i danni subiti resta per molti un miraggio. Anche quando questo viene erogato in parte, il denaro finisce nell'acquisto di me-dicine, abiti o cibo per i bambini, non per la ricostruzione, assai più costosa di quanto preventivato dal governo. Il fatto che i cristiani siano fortemente ostacolati dai vicini di fede indù rende la ricerca di un impiego (abitualmente di manovale a giornata) una vera lotta.
Una popolazione che al 75 per cento in condizioni normali non riusciva a mangiare due volte al giorno, si trova di fatto allo sbando.
Sul piano della giustizia, ci sono concreti timori di impunità su ampia scala. Per gli avvocati che si occupano di sostenere le vittime, la maggioranza dei crimini non saebbero stati registrati correttamente dalla polizia e quelli già passati in giudicato sono risultati perlopiù in mancate condanne. Il sistema approntato per l'occasione con tribunali speciali che giudicano con rito abbreviato ha re¬gistrato anche dei successi, ma giudicare casi in una situazione di isolamento geografico in un clima di paura diffusa associato a poertà e analfabetismo ha dato luogo a necessità che il sistema corrente non è in grado di affrontare. Molte vittime e molti testimoni, sottoposti a intimidazioni e minacce, a volte da manifestazioni organizzate addirittura all'esterno del tribunale, sono riluttanti a parlare davanti ai giudici. Per quanto riguarda la Chiesa, l'azione delle associazioni e dei gruppi coordinati dalle diocesi dell'Orissa sono indirizzate in cinque campi specifici: educazione e minori, protezione della donna, abitazione, salute, giustizia. Come segnalato recentemente dall'agenzia d'informazione Uca News, «sono 12mila i giovani che hanno
dovuto sospendere almeno per un anno gli studi successivamente alle violenze del 2008 e questo li mette a rischio di non potere so-stenere gli esami a chiusura della scuola media, mettendo così a rischio il loro futuro. Sono invece 2.800 quelli che hanno dovuto in-terrompere del tutto gli studi perché le famiglie non dispongono delle 4.500 rupie (circa 80 euro) necessarie per consentire la fre-quenza di un anno». La situazione dal punto di vista medico e sanitario è critica. In tempi normali, il Kandhamal è zona malarica e la febbre emorragica è la maggiore causa di decessi tra la popolazione adulta. La mortalità infantile, a sua volta è a livello record, tra le più alte del Paese. Insicurezza dei trasporti, mancanza di medicinali e di strumenti adeguati aggravano la situazione dei disperati.
Quello per la giustizia è un impegno che guarda oltre l'emergenza. Uno sforzo difficile, data la situazione di rancori e di sospetto. D'altra parte, quando su 12 giudizi per omicidio



Convegno a Cantalupo

Immigrazione, salite e sistemi di protezione
A Cantalupo domani alle 16.30 (sala consiliare) il II Convegno su salute  e immigrazione Organizzato da "Anima Mundi" in collaborazione e col Servìzio igiene e sanità pubblica del distretto mirtense della Asl, il Comune di Cantalupo e l'assessorato ai servizi sociali di Poggio Mirteto (ente capofila del distretto) e la Bcc di Roma, il convegno si articolerà su temi che vanno dal sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati fino alle malattìe sessualmente trasmissibili, all'interruzione volontaria della gravidanza e i vaccini, Al termine il dibattito coi vari relatori medici e gli amministratori locali.





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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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