Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

28 aprile 2010

Immigrazione, Consiglio d'Europa critica
respingimenti autorità italiane

Migranti lasciati sul ponte di una nave con poca acqua, senza cibo, nè coperte anche per 12 ore
Il Messaggero, 28-04-2010

STRASBURGO (28 aprile) - Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa chiede alle autorità italiane di aprire un'inchiesta su quanto avvenuto durante due operazioni di respingimento di immigrati verso la Libia, del 6 maggio e del primo luglio 2009. Secondo il rapporto, i migranti intercettati e respinti il 6 maggio sarebbero stati tenuti sui ponti delle navi italiane per 12 ore senza cibo, nè coperte e insufficiente acqua. Inoltre alcuni di loro avrebbero subito violenza fisica, calci, pugni e colpi di remo, da parte della polizia libica per costringerli a scendere dalle navi della Guardia Costiera nel porto di Tripoli.

Nell'operazione del primo luglio invece, secondo le informazioni del Cpt, sei migranti, tra loro anche una donna incinta, sarebbero stati maltrattati tanto da dover essere ricoverati in ospedale una volta arrivati in Libia. Le autorità italiane hanno ammesso di aver dovuto usare la forza, ma in modo «proporzionale» perché alcuni immigrati stavano cercando di andare sotto coperta invece di rimanere sul ponte della nave. Nessuno ha subito gravi lesioni, e solo 2 migranti, tra cui una donna incinta, sarebbero stati ricoverati in via precauzionale.








L'ARRESTO DI QUEI 30 CAPORALI E TUTTI GLI SCHIAVISTI RIMASTI

Corriere della Sera, 28-04-2010
PIERLUIGI BATTISTA

Speriamo che sia soltanto l'inizio. E che i trenta arresti di Rosarno rendano la vita molto difficile ai ras del lavoro nero e dello sfruttamento bestiale di manodopera ridotta in condizioni incivili. E che d'ora in poi sia chiaro che lo schiavismo è un reato non più tollerato, uno scandalo impossibile da
occultare e insabbiare.   
Tutto per merito dell'intervento tempestivo della magistratura e della Procura di Palmi in particolare.
Ma se ha un senso la battaglia che molti magistrati conducono a favore del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, occorre aggiungere che la «notitia criminis» supera i confini di Rosarno. Dopo i tumulti del gennaio scorso tutta l'Italia si è accorta degli immigrati (clandestini) chiamati dai «caporali» con una retribuzione ridicolmente offensiva. Dei tuguri in cui quegli immigrati erano ammassati. Delle condizioni spaventose in cui quei nuovi schiavi venivano assunti per la raccolta degli agrumi. E anche, purtroppo, della ferocia di una città che ha colto l'occasione di una sconsiderata reazione dei clandestini per abbandonarsi alla «caccia al nero», alla cacciata di quei nuovi schiavi che peraltro dopo qualche mese sono stati richiamati per prestare la loro attività, sempre alle stesse miserevoli condizioni. Ma le inchieste giornalistiche hanno messo in luce che Rosarno è solo la parte più appariscente di un fenomeno che si estende in Puglia e
in Campania, in Sicilia e persino in Toscana. Sempre uomini derelitti e malpagati, sistemati in alloggi incivili, senza nemmeno l'acqua potabile, reclutati con il sistema arcaico del «caporalato», destinati a mansioni in cui la fatica fisica si assomma all'assenza di ogni diritto, costretti ad accettare condizioni disumane, in nero, privi di ogni tutela. Non è una «notitia crimi¬nis» su cui indagare? Una ragione sufficiente per mobilitare le forze dell'ordine e la stessa magistratura?
Il meccanismo del «caporalato», del resto, è stato svelato da numerosi servizi televisivi, con testimonianze circostanziate, riprese dell'arruolamento all'alba dei clandestini deportati dal racket delle braccia che prospera sul commercio degli uomini sfortunati e ridotti allo stato di schiavi ricattati, senza diritto di parola, stritolati nella tragica alternativa di accettare lavori sottopagati oppure precipitare
nella criminalità 0 addirittura morire di fame. E possibile che i «caporali» e i loro mandanti che lucrano sul lavoro nero non siano penalmente perseguibili? C'è bisogno della tempesta di Rosarno per aprire gli occhi a chi, vincolato al principio tanto osannato dell'obbligatorietà dell'azione penale come garanzia di indipendenza della
magistratura, non può non accorgersi dell'estensione di un fenomeno vergognoso, contrario ad ogni norma civile e per di più lesivo persino dei diritti di una «buona» economia rispettosa delle leggi e delle tutele di cui l'Italia costituzionalmente dispone? Ecco perché gli arresti di Rosarno possono essere l'applicazione fedele di un principio, «mai più lo schiavismo», di cui tutti dovrebbero andare orgogliosi.









La prefazione di Alex Zanotelli per il «A distanza d'offesa» di Antonio Esposito e Luigia Melillo -> Il futuro Dalla legislazione alla cultura diffusa: è la deriva pericolosissima del rifiuto dell'altro
Rosamo e il nuovo apartheid L'Italia nel baratro del razzismo
l'Unità, 28-04-2010
Alex Zanotelli

Alex Zanotelli, in questa prefazione al volume «A distanza d'offesa» analizza la progressiva deriva razzista d'Italia: una politica colpevole che ha messo radici nel paese reale, di cui Rosarno è il tragico simbolo.
Non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra di Egitto (Esodo, 22,20)
Rosarno è diventata, a livello internazionale, il simbolo di come l'Italia tratta gli immigrati. Infatti,
«Rosarno ha rappresentato una sconfi tta sociale - come hanno dichiarato con un comunicato stampa i Gesuiti italiani - ed ha rappresentato una sconfitta ben più grande, nel momento in cui gli immigrati,  allontanati in tutta fretta, sono stati abbandonati a loro stessi, scaricandoli alle strutture caritatevoli. Coloro che oggi saranno colpiti dai provvedimenti di espulsione, sono i più fragili tra i fragili. Una situazione di ingiustizia dopo lo sfruttamento subito».
Ed è una storia, questa, che viene da lontano. A livello sociale, da un razzismo italiano strisciante che ora esplode con tutta la sua virulenza. Un razzismo utilizzato a scopi di propaganda dalle forze politiche di sinistra e di destra.
La situazione attuale ha origine nella Turco-Napolitano (1998), che ci ha regalato i Centri di perma-nenza temporanea, quei lager dove abbiamo rinchiuso gli immigrati.Seguita dalla Bossi-Fini che considero immorale e non-costituzionale, perché non riconosce gli immigrati come soggetti di diritto, ma, esclusivamente, come manodopera a basso prezzo da poter rispedire, a tempo debito, al mittente. A queste norme si aggiunge, oggi, quell'orrendo pasticcio giuridico che è il «Pacchetto sicurezza» voluto da Maroni, che
decreta l'immigrato un criminale. Il nostro Ministro degli Interni Maroni aveva detto che «bisogna essere cattivi con gli immigrati" ed effettivamente, «il Pacchetto Sicurezza è la cattiveria trasformata in legge», come ha scritto Famiglia Cristiana.
Maroni, poi, ha pure dichiarato di voler far costruire una decina di nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie) ove saranno rinchiusi fino a sei mesi i clandestini. Questa è una legislazione da apartheid, il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti. È una cultura xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell'esclusione e del rifiuto dell'Altro. Non posso che condividere quanto ha scritto nel suo manifesto l'Associazione Nazionale Universitaria degli Antropologi Italiani: «La barbarie, come ci ricordò Ernesto de Martino, abita presso di noi e dobbiamo additarla alla coscienza pubblica quando si presenta, come ora, allo stadio germinale. Quell'antropologia, impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerare umano, deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista, irrazionale e liberticida che sta minando le basi della coesistenza civile nel nostro Paese, e che rischia di svuotare dall'interno le garanzie costituzionali erette 60 anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali. Forse anche allora, in molti, pensarono che non si sarebbe osato tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell'errore».
Ecco perché è così importante reagire come Università e come studenti universitari.
Ma anche come istituzioni, come associazioni, come cittadini. Come missionario vorrei ricordare a tutti che questa pressione migratoria verso il nostro Paese è dovuta, sopratutto, alla tormentata situazione africana: l'Africa è un continente violentato. La condizione di miseria e oppressione, le guerre troppo spesso dimenticate di Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Ciad, sospingono migliaia di donne e di uomini a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Libia, dove però sono trattati come schiavi, con lunghi anni di lavoro in nero per riuscire a racimolare i soldi (tre-quattromila euro) per la grande traversata. E a migliaia muoiono nel deserto, a migliaia muoiono nel Mediterraneo, decidendo di attraversarlo.
Da una ricerca condotta a Lampedusa, Giampaolo Visetti, giornalista de la Repubblica, stima che, dal 2002 al 2008, siano morti nel Mediterraneo, 42.000 persone. Trenta persone al giorno ! È una vera Shoah! E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa «invasione». E per questo si sono stipulati accordi con la Libia per impedire che le cosiddette carrette del mare arrivino a Lampedusa. Com'è possibile firmare un simile trattato con un Paese come la Libia che dimostra di non avere alcuna considerazione e nessun rispetto per i diritti umani e che tratta in maniera disumana gli immigrati presenti nel suo territorio? La politica dei respingimenti adottata oggi dall'Italia determina il mandare in prigione o alla morte migliaia di persone originarie dell'Eritrea, dell'Etiopia, del Sudan.








Leghista e antischiavista
Maroni a Rosarno, un comportamento esemplare e una strategia solida

Il Foglio, 28-04-2010

L'azione condotta per distruggere il I racket dello sfruttamento dell'immigrazione  irregolare a Rosarno, che ha portato all'arresto di mediatori di lavoro nero e di imprenditori schiavisti, rappresenta un rilevante salto di qualità da parte dello stato nel contrasto di una forma particolarmente odiosa e diffusa di criminalità. Uno degli strumenti giuridici utilizzati con efficacia è la norma introdotta da Roberto Maroni, che garantisce un permesso di soggiorno all'immigrato clandestino che denuncia i suoi sfruttatori. A Rosarno, come a Castelvolturno e in tante altre situazioni, esisteva da anni un meccanismo perverso che legava i mercanti di schiavi ai loro sfruttatori. Se altri governi, compreso il centrosinistra, hanno fallito contro questa tratta nefanda è anche per la carenza di strumenti legislativi e per l'immensa disponibilità di mano d'opera clandestina. La politica dei respingimenti, che ha inaridito il flusso in entrata, e il premio garantito a chi collabora hanno permesso di cambiare registro. Altro che razzismo.
L'immigrazione di lavoratori agricoli stagionali o permanenti è organizzata in modo civile in gran parte d'Italia, a cominciare dalle valli tren-
tine e fino a quella padana. Dove è forte l'influenza della criminalità organizzata, invece, si è diffusa anche la piaga dello sfruttamento schiavistico e della tratta degli esseri umani. Combattere la seconda è anche un modo per isolare la prima. Non è privo di significato il fatto che, contemporaneamente allo smantellamento del racket di Rosarno, lo stato abbia riportato un altro grande successo con l'arresto di Giovanni Tegano, dopo 17 anni di latitanza. Si tratta di un boss potente e "popolare", tanto più pericolosamente potente quanto più capace di attirare consensi, ambigui ma purtroppo reali. Per sconfiggere la criminalità serve questa doppia strategia, l'azione professionale delle Forze dell'ordine che continuano ad arrestare i boss con un ritmo assai apprezzabile, e quella che punta a isolare la criminalità organizzata combattendo l'illegalità diffusa. Il ministro dell'Interno, come dimostrano i fatti, sta svolgendo il suo difficile compito con autorità e intelligenza politica. Liberare il Mezzogiorno dall'ipoteca delle mafie è una delle condizioni per procedere sulla strada dell'autogoverno responsabile, senza il quale lo stesso federalismo resta una petizione di principio.









Immigrazione, il Consiglio d'Europa critica i respingimenti dell'Italia

l'Unità, 28-04-2010

Il Comitato per la prevenzione e la tortura (Cpt) del Consiglio d'Europa denuncia i «maltrattamenti» subiti dai migranti durante le operazioni di respingimento condotte dalle autorità italiane. Nel testo del rapporto reso noto oggi, il Cpt analizza sette operazioni di respingimento condotte fra il 6 maggio e il 31 luglio 2009 con destinazione Libia e Algeria. Questa la descrizione che viene fatta di alcune operazioni nel rapporto del Cpt: migranti lasciati sul ponte di una nave con poca acqua, senza cibo, nè coperte anche per 12 ore, dopo un viaggio durato giorni che li ha lasciati disidradati, in stato confusionale, alcune volte in stato comatoso.

Tra loro - prosegue la descrizione - potenziali richiedenti asilo, o persone che hanno ricevuto documenti temporanei dall'Unhcr, ma anche minori e donne in avanzato stato di gravidanza. In alcuni casi hanno subito maltrattamenti tali da dover essere ricoverati, oppure si sono visti togliere tutti i loro beni senza che gli fossero mai restituiti. «Nella maggior parte dei casi le informazioni che abbiamo raccolto non sono dirette, perchè per noi era impossibile andare in Libia, ma le testimonianze concordano su molti particolari», ha detto Jean-Pierre Restellini, membro della delegazione del Cpt che ha condotto la visita in Italia. Sull'attendibilità delle fonti, Restellini sottolinea: «Dopo 20 anni di lavoro con il Cpt, ho la presunzione di saper riconoscere il vero dal falso».










Immigrazione, una raccolta della Giurisprudenza

ConfiniOnline, 28-04-2010

Una raccolta della Giurisprudenza in materia di nulla osta al lavoro, espulsione, allontanamento e provvedimenti in autotutela L'ha predisposta il ministero dell'Interno per agevolare le attività degli sportelli unici per l'immigrazione presso le prefetture Le attività di chi opera quotidianamente all'interno degli Sportelli Unici per l'Immigrazione delle prefetture potrà da ora contare sul sostegno offerto da un massimario contenente i profili giurisprudenziali in materia di nulla osta al lavoro, espulsione, allontanamento e provvedimenti in autotutela.
La raccolta è stata redatta dalla Direzione centrale per le politiche dell’immigrazione e dell’asilo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Interno. Il documento, che riporta la sintesi degli indirizzi giurisprudenziali più recenti, giunge al termine di un lavoro di approfondimento in relazione alle materie di interesse dello Sportello Unico, ed è teso a salvaguardare i principi di legittimità, uniformità ed economicità, nella conduzione dell'attività istituzionale.
La sua predisposizione si è resa utile a seguito del monitoraggio sull'attività contenziosa riguardante gli uffici periferici e di fronte alla persistenza di un numero significativo di pronunce giurisdizionali con le quali vengono annullati i provvedimenti definitori emanati dagli Sportelli.
Con questo lavoro, dunque, il Ministero ha fornito in aiuto agli Sportelli per l'immigrazione un ulteriore strumento di valutazione per le situazioni di particolare complessità, finalizzato alla riduzione delle controversie. Il massimario è a disposizione sul sito del ministero dell'Interno, scaricabile nella Sezione Sportello Unico per l'Immigrazione, al link 'Giurisprudenza', in cui saranno anche pubblicati i successivi aggiornamenti.
Fonte: Ministero dell'Interno









Immigrazione: Europa critica respingimenti Italia
Il Comitato per la prevenzione e la tortura: cambiare le politiche su respingimento dei migranti

ANSA, 28-04-2010

STRASBURGO - Il Comitato per la prevenzione e la tortura (Cpt) del Consiglio d'Europa denuncia i "maltrattamenti" subiti dai migranti durante le operazioni di respingimento condotte dalle autorità italiane. Nel testo del rapporto sulla politica dei respingimenti adottata dall'Italia reso pubblico oggi a Strasburgo, il Cpt analizza sette operazioni di respingimento condotte fra il 6 maggio e il 31 luglio 2009 con destinazione Libia e Algeria.

Questa la descrizione che viene fatta di alcune operazioni nel rapporto del Cpt: migranti lasciati sul ponte di una nave con poca acqua, senza cibo, né coperte anche per 12 ore, dopo un viaggio durato giorni che li ha lasciati disidradati, in stato confusionale, alcune volte in stato comatoso. Tra loro - prosegue la descrizione - potenziali richiedenti asilo, o persone che hanno ricevuto documenti temporanei dall'Unhcr, ma anche minori e donne in avanzato stato di gravidanza. In alcuni casi hanno subito maltrattamenti tali da dover essere ricoverati, oppure si sono visti togliere tutti i loro beni senza che gli fossero mai restituiti. "Nella maggior parte dei casi le informazioni che abbiamo raccolto non sono dirette, perché per noi era impossibile andare in Libia, ma le testimonianze concordano su molti particolari", ha detto Jean-Pierre Restellini, membro della delegazione del Cpt che ha condotto la visita in Italia. Sull'attendibilità delle fonti, Restellini sottolinea: "Dopo 20 anni di lavoro con il Cpt, ho la presunzione di saper riconoscere il vero dal falso".

CPT A ITALIA, CAMBIARE POLITICHE RESPINGIMENTI - Il Cpt esorta il governo a riesaminare immediatamente in modo sostanziale l'attuale prassi delle intercettazioni di migranti in mare. Secondo il Comitato, il riesame deve essere fatto in modo da "assicurare che tutte le persone sotto la sua giurisdizione - comprese quelle intercettate da navi italiane fuori dalle acque territoriali - ricevano le necessarie cure mediche e l'assistenza umanitaria che il loro stato richiede e in modo che abbiano effettivamente accesso alle procedure in grado di garantire il rispetto del principio di non respingimento. Il Comitato non contesta né il diritto né la necessità che l'Italia ha di controllare i propri confini e i flussi migratori. Tuttavia sostiene che l'attuale politica dei respingimenti è in violazione degli obblighi sottoscritti dall'Italia e che, come sottolinea Jean-Pierre Restellini, membro della delegazione Cpt che ha condotto una visita in Italia, "le basi legali su cui poggia non possono essere usate come pretesto per dire che è tutto regolare".

CPT CHIEDE INCHIESTA RESPINGIMENTI VERSO LIBIA - Il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa chiede alle autorità italiane di aprire un'inchiesta su quanto avvenuto durante due operazioni di respingimento di immigrati verso la Libia, del 6 maggio e del primo luglio 2009. Secondo il rapporto, i migranti intercettati e respinti il 6 maggio sarebbero stati tenuti sui ponti delle navi italiane per 12 ore senza cibo, né coperte e insufficiente acqua. Inoltre alcuni di loro avrebbero subito violenza fisica, calci, pugni e colpi di remo, da parte della polizia libica per costringerli a scendere dalle navi della Guardia Costiera nel porto di Tripoli. Nell'operazione del primo luglio invece, secondo le informazioni del Cpt, sei migranti, tra loro anche una donna incinta, sarebbero stati maltrattati tanto da dover essere ricoverati in ospedale una volta arrivati in Libia. Le autorità italiane hanno ammesso di aver dovuto usare la forza, ma in modo "proporzionale" perché alcuni immigrati stavano cercando di andare sotto coperta invece di rimanere sul ponte della nave. Nessuno ha subito gravi lesioni, e solo 2 migranti, tra cui una donna incinta, sarebbero stati ricoverati in via precauzionale.









Castel Volturno, bufera sul sindaco
Aggredito sabato da pusher immigrati Scalzone aveva invocato «una nuova Rosarno». Critiche di Pd e Pdl

Corriere del Mezzogiorno, 28-04-2010
Maria Vittoria Pototino

CASERTA — Le frasi del sindaco di Castel Volturno Antonio Scalzone— che dopo essere stato aggredito da alcuni immigrati extracomunitari sabato sera s’è detto «pronto a trasformare Castel Volturno in una nuova Rosarno» — scatenano una bufera politica. E se il Pd attacca sulla «leghizzazione» del paese («Il razzismo istituzionale potrebbe portare ad una Rosarno dieci volte più violenta», ammonisce in una nota il consigliere regionale Antonio Amato), neppure il Pdl— partito del sindaco — condivide i toni utilizzati. «Esternazioni così forti non aiutano a risolvere il problema», commenta secco il senatore Pasquale Giuliano. La storia inizia sabato scorso, quando Antonio Scalzone viene aggredito da alcuni spacciatori extracomunitari che stava tentando di allontanare da una zona centrale della cittadina dopo la richiesta di intervento avanzata da alcuni residenti. E, fin qui, la politica non ha avuto nulla da ridire.

GLI ANNUNCI - Peggio è andata quando il sindaco, commentando l’episodio, ha annunciato un paio di cosette. Uno: «Siamo pronti a trasformare Castel Volturno in una nuova Rosarno perché siamo letteralmente invasi da immigrati. Rivolgo un appello al ministro dell’Interno: se non ci sarà un intervento rapido, sarò costretto a capeggiare una rivolta». Due: «Chi pensa di portare altri immigrati a Castel Volturno sbaglia. Siamo pronti anche noi castellani a fare la guerriglia per difendere il nostro territorio come hanno fatto i calabresi: non si può aprire un centro di accoglienza in una città turistica. Il vescovo apre a Castel Volturno il centro di prima accoglienza e non nella sua Capua. Perché». È su queste frasi del sindaco (sostenuto dalla maggioranza della popolazione, mentre la minoranza ha votato per il candidato sostenuto dal movimento che appoggiò la Lega alle ultime Europee, con tanto di boom di consensi) che si scatena la polemica.

PD: «INCONCEPIBILE» - Antonio Amato, consigliere regionale del Pd, attacca duro: « Il sindaco mistifica in modo preoccupante la realtà. È inconcepibile definire una rovina l’azione dei padri comboniani e del centro Fernandez. Si tratta di parole vergognose che vorrebbero delegittimare l’azione di quanti quotidianamente si spendono per portare sostegno ed aiuto ai più deboli della società, garantendo diritti essenziali che la nostra antidemocratica legislazione in merito all’immigrazione nega». Sott’accusa anche un’altra decisione del sindaco, quella di candidare Castel Volturno come sede di nuovi centri di identificazione e espulsione: «È un segnale della leghizzazione del Pdl campano. Si punta per l’ennesima volta sulla logica del rifiuto e dell’ordine pubblico contro ogni forma di accoglienza ed integrazione», e ciò «può far solo salire la tensione sociale, e se questa sarà la strada che si vorrà perseguire si giungerà a nuove forme di violenza, ad una nuova Rosarno ma molto più esplosiva».

RISCHIO SPECULAZIONI - Senza dimenticare che «c’è il rischio che una sorta di pulizia etnica sia in qualche modo d’aiuto a nuovi palazzinari e speculatori, interessati a allontanare i migranti da quell’area del casertano che sarà oggetto di nuovi piani di riqualificazione ed investimenti». Pasquale Giuliano, senatore e coordinatore provinciale del Pdl, l’accusa di leghizzazione ovviamente la respinge al mittente.

PDL: «TONI TROPPO FORTI» - Ma i toni utilizzati dal sindaco del suo partito non vanno giù neppure a lui: «Comprendo l’esasperazione del sindaco e dei cittadini di Castel Volturno, ma questa è una situazione che va analizzata a mente fredda. È necessario restare calmi, perché esternazioni così forti non è che poi risolvano il problema. Ho fatto presente più volte al ministro dell’Interno Roberto Maroni il problema— reale— di Castel Volturno. E s’interverrà sicuramente, ma non con metodi che non sono confacenti alla libertà, alla democrazia e al nostro schieramento. Certi toni però non aiutano a risolvere il problema».









"Anne"fu fermata perché guidava con il burqa: ora la sua storia diventa un caso nazionale
Il velo islamico, la multa e il marito poligamo che scuote la Francia

L'uomo: «Anche i cristiani hanno tante amanti»
Corriere della Sera, 28-04-2010
Cecilia Zecchinelli

E pensare che tutto è partito da una banale contravvenzione di 22 euro. Una donna dal viso velato al volante di un'auto a Nantes a inizio aprile, la polizia che la ferma e la multa per guida «poco sicura» causa velo, le proteste di lei («io ci vedo benissimo»). Una storia da cronaca locale anche per i giornali della République dove pure, da mesi, infuria il dibattito sulla «legge anti burqa» voluta da Sarkozy e di prossima (molto probabile) attuazione, avversata da gran parte della gauche e non solo. Ma le accuse della velata-multata — nome fittizio «Anne», 31 anni, francese convertita all'Islam, per il suo avvocato «una vera intellettuale metropolitana» — hanno assunto nei giorni toni sempre più accesi e mediatici, con tanto di conferenze stampa e interviste. Accanto a lei, prima con apparente riserbo poi con deciso vigore, è sceso in campo il «marito». Virgolette d'obbligo poiché Monsieur Liès Hebbadj è diventato il vero protagonista dell'attuale bagarre proprio per il suo legame con Anne.
Ovvero: l'algerino 35enne, cittadino francese grazie a un matrimonio nel 1999, non solo sarebbe noto (e sospetto) per la sua militanza nell'organizzazione islamica fondamentalista Tabligh, per i suoi viaggi all'estero (Pakistan e Londra), per voler edificare in città «una grande moschea», per i suoi prosperi business (un servizio taxi, una libreria, una macelleria islamica). Ma per essere poligamo. Tre mogli (tra cui Anne), tutte francesi, tutte convertite e velate integralmente. In più una dozzina di figli, non si capisce quanti di loro riconosciuti dal padre. Una «Happy Family» che vive a Rezé-les-Nantes in tre edifici contigui circondati da un muro, in dichiarata armonia anche se poco amata (pare) dai vicini. Ma la poligamia, ovviamente, in Francia è proibita. E se non viene dichiarata, come l'accorto Hebbadj ha scelto di fare, resta il problema dei
sussidi per i figli: le «mogli» infatti percepiscono dallo Stato quanto spetta a ogni «genitore single», anche se in questo caso un padre in grado di mantenerli esiste.
L'ulteriore puntata della saga si è così trasformata in una battaglia politico-giuridica ai più alti livelli nazionali. Il ministro degli Interni Brice Horte-feux ha scritto a quello dell'immigrazione,  l'ex socialista Eric Besson, chiedendogli di indagare su «presunte frodi allo Stato da parte del presunto poligamo» nell'ipotesi di «deprivarlo della nazionalità». E la lettera, finita sui media mentre il tribunale di Nantes avviava un'inchiesta, ha scatenato lo sdegno della sinistra, delle comunità e degli intellettuali musulmani (Tariq Ramadan in testa), e la perplessità dei giuristi. «È un enorme, complicato pasticcio, perché Hebbadj ufficialmente non è poligamo e se anche viene provato che non mantiene i figli questo non basta certo per togliergli la nazionalità», sostiene Linda Weil-Curiel, nota avvocato e femminista, da anni in prima linea nella difesa delle donne musulmane e, ci tiene a dire, «assolutamente laica e repubblicana». Che aggiunge: «La destra non ha strumenti giuridici per questa battaglia, la sinistra stupidamente vi vede un attacco a tutti i musulmani, i musulmani francesi che al 99% rispettano le leggi dovrebbero prendere forti distanze da chiunque anche tra loro le infranga». Unica conseguenza positiva dell'affaire, conclude, sarebbe «una seria indagine sulle non poche famiglie poligame, per lo più africane, che abbiamo in Francia e il varo di una normativa per tutelarne i bambini rispettando nel contempo la legge. Ma non sono ottimista».
Intanto Monsieur Hebbadj, con la sua barba e le vesti in stile devoto indo-pachistano (regione da cui ha origine il movimento Tabligh), continua a farsi sentire. E a rilanciare la sfida. «Non mi risulta che avere amanti sia vietato in Francia, né che lo sia per l'Islam, forse lo sarà per i cristiani», ha detto sornione nell'ultima conferenza stampa. «E se si togliesse la nazionalità per questo motivo, ebbene sarei in compagnia di molti francesi». Poi, come se non bastasse, ha aggiunto che a questo punto potrebbe anche far causa alla République.








Risponde Salvatore Carrubba
La tesi francese sugli immigrati
il Sole, 28-04-2010

Il centrosinistra dovrebbe rompere il silenzio sugli emendamenti presentati dalla Lega Nord alla conversione del DI incentivi. Tre i punti su cui ragionare. No categorico a vincolare le aziende beneficiarie di incentivi pubblici all'assunzione prioritaria dipersonale con cittadinanza Uè. Per due ragioni: una di diritto (la Uè riconosce pari trattamento ai migranti che hanno fatto ingresso negli stati membri), una di convenienza (cresce il ricorso a contratti diversi dal tempo indeterminato anche per lavoratori extracomunitari). In alternativa, si potrebbe imporre alle imprese beneficiarie di incentivi la presentazione di piani di sviluppo ad apposite commissioni locali, con più poteri di legge rispetto agli attuali tavoli di sviluppo, che valutino i risultati in termini di impatto socioeconomico. L'emendamento che obbliga i commercianti extracomunitari a certificare la conoscenza della lingua italiana favorisce un altro tipo di illegalità il business delle false certificazioni. Infine, l'emendamento che dà facoltà alle regioni di imporre insegne dei negozi scrìtte in una lingua della Uè o in dialetto. Una proposta più ragionevole potrebbe essere di lasciare inalterata la normativa per le insegne scritte o in italiano o in una delle tre principali lingue della Uè.
Marco Lombardi

Il lettore critica puntualmente tre proposte della Lega sull'immigrazione invitando la sinistra a farsi sentire. È una posizione più che rispettabile, che dovrebbe tuttavia spingersi a invocare politiche migratorie efficaci e coerenti alla realtà dei fatti Proprio a questo richiama un libro (Les yeux grands fermés, edizioni Denoél) che sta suscitando un dibattito vivacissimo in Francia. L'ha scritto una demografa, Michèle Tribalat, che vuole demolire i troppi luoghi comuni che impediscono un'analisi fattuale del fenomeno. La studiosa si rivolge al suo paese, ma molte osservazioni potrebbero essere condivise anche fuori dalla Francia: in particolare, la Tribalat dimostra quanto sia debole la tesi dell'apporto economico degli immigrati alla formazione della ricchezza dei nostri paesi. Tesi scomode, riconosce lei stessa, che però hanno il merito di richiamare sia la politica che l'informazione a esaminare i numeri, i flussi, le tendenze, rifuggendo dalla costante tentazione di rifugiarsi nei sentimenti e negli "apriorismi ideologici": quelli che poi impediscono di elaborare politiche sensate, inseguendo il doppio miraggio, da un lato, di frontiere senza barriere; dall'altro, di fortezze invalicabili. ?



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