Primo marzo 2010. Quando gli stranieri d’Italia avranno un viso

Manca meno di una settimana allo “sciopero degli immigrati”. Che, poi, sciopero non è, almeno in senso classico. Per la giornata del primo gli aderenti porteranno un nastro giallo e si asterranno dall’acquisto, dal consumo e dal lavoro, sono state inoltre organizzate manifestazioni a Roma a Milano e in molte altre città.
Tante in queste settimane sono state le adesioni a questa iniziativa che prende spunto dal primo sciopero nel 2008 dei sans-papier in Francia. Lì, l’impatto che ebbe l’iniziativa fu tanto forte da portare alla regolarizzazione di gran parte degli scioperanti. Quest’anno, la mobilitazione in Francia sarà contemporanea a quella in molti paesi europei. E in Italia, quali saranno le conseguenze? Il primo obiettivo, in apparenza il più modesto, è in realtà quello più importante, che corrisponde esattamente a quella presa di coscienza da cui tutto è partito. Ovvero l’idea che gli immigrati svolgono nel nostro paese un ruolo fondamentale, quasi sempre ignorato, spesso deformato, comunque largamente sottovalutato. È un ruolo, tra l’altro, di natura economica: gli immigrati producono quasi il 10% del Pil e contribuiscono ad alcuni settori significativi della nostra economia: dall’edilizia alla siderurgia, dall’agroalimentare all’allevamento alla ristorazione. Poi, c’è il grande comparto del lavoro di cura: un vero e proprio esercito di baby sitter e badanti, che svolgono una funzione essenziale nel sistema di welfare.  In altri termini, il 7% della popolazione nazionale è composto da stranieri: anonimi e invisibili, misconosciuti e, spesso, utilizzati come esorcismo delle nostre ansie. Se il primo marzo, quella folla indistinta assumerà un volto e un nome, questo giorno sarà da ricordare.
L’Unità 23 febbraio 2010









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