Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

20 gennaio 2011

Inca Cgil, troppi blocchi informatici, prorogare termini click day 'flussi'
La denuncia della presidente Piccinini: "E' indispensabile che il ministero si faccia carico di questa situazione, sospendendo l'intera procedura".
Roma, 19 gen. (Labitalia) - Troppi blocchi al sistema informatico che dovrebbe veicolare le domande per il nulla osta al lavoro dei lavoratori immigrati, secondo quanto previsto dal decreto flussi 2010. Per questo occorre prorogare i termini per il 'click day'. La denuncia parte dal patronato Inca Cgil, che in una nota, sottolinea le difficoltà in cui si trovano a lavorare gli operatori. "A tre giorni dall'avvio della procedura telematica - spiega Morena Piccinini, presidente Inca Cgil - gli uffici del patronato si trovano nella impossibilità di supportare quei datori di lavoro che, pur in un momento così difficile sul piano occupazionale, fanno richiesta di assunzione di manodopera straniera". "Una situazione inaccettabile -aggiunge Piccinini- che sta creando gravi disagi agli utenti, all'organizzazione del lavoro degli uffici e alla stessa immagine del patronato".
Piccinini rimarca anche il mancato coinvolgimento del patronato da parte il ministero degli Interni "in un confronto che aiutasse l'avvio regolare dell'inoltro telematico delle richieste". "Nell'unico incontro, che si è tenuto il 12 gennaio, a 5 giorni dall'avvio della procedura -ricorda la presidente dell'Inca- il ministero degli Interni si è limitato a illustrare le modalità tecniche del sistema informatico, senza dare la possibilità ai patronati di intervenire nel merito".
"Ribadiamo -avverte Piccinini- che ancora una volta questo governo mentre pretende il rispetto delle regole da parte degli immigrati, agisce poi senza alcun riguardo verso gli immigrati stessi e i patronati, che si sono impegnati ad agevolare e ad aiutare i datori di lavoro nell'inoltro delle domande. Per questa ragione, visti i pochi giorni mancanti per il primo click day (31 gennaio) e il perdurare del disservizio, denunciamo come venga a mancare il tempo indispensabile per poter istruire adeguatamente le domande di gestione dei flussi. Pertanto -conclude la presidente- diventa indispensabile che il ministero si faccia carico di questa situazione, sospendendo l'intera procedura, prorogando i termini per i click day, fino a quando non sarà in grado di garantire la ripresa dell'operatività senza alcun blocco".



Evasione scolastica figli immigrati ed extracomuniatari

Agipress, 20-01-2011
Chi controlla la potenziale evasione scolastica degli alunni figli di immigrati ed extracomunitari? – la domanda che si pone il Portavoce di Piccoli Comuni, Virgilio Caivano, intervenuto ad un Forum promosso dalle associazioni del volontariato meridionale a Polla (SA) – Quanti ragazzi iniziano l’anno scolastico e poi tornano per qualche mese nei paesi di origine con grave danno per il loro apprendimento scolastico e per le risorse pubbliche. Quali strumenti sono a disposizione della scuola e delle agenzie formative per trovare una risposta a questo grave problema? E soprattutto come si muove la politica per fronteggiare fenomeni sociali nuovi che chiamano tutti noi a forme nuove di responsabilità..- incalza il leader di Piccoli Comuni – La scuola rappresenta un passaggio strategico, obbligato, per poter affrontare e vincere la sfida della vita e per migliaia di questi ragazzi è forse solo area di parcheggio per qualche mese per poi ripresentarsi all’inizio del nuovo anno scolastico. Il ritardo delle Regioni meridionali è disarmante ed il silenzio davvero assordante a tal punto da denotarne plasticamente il fallimento totale sulle politiche di accoglienza e formazione alla cittadinanza attiva e partecipata per le future generazioni di immigrati. Le scuole nei piccoli comuni , molto spesso salvate nei numeri proprio dai bambini immigrati non sono attrezzate per affrontare il difficile compito e tutto è lasciato alla buona volontà del singolo dirigente – le conclusioni amare del Portavoce di Piccoli Comuni.



Un bambino su cinque nasce da immigrati

Dica 33, 19-01-2011
In Italia, un bambino su cinque nasce da genitori immigrati ma spesso, soprattutto le madri, hanno difficoltà nell'accesso ai servizi sanitari che, secondo la legge, sono assicurati a tutti gli immigrati, anche se non regolari. È quella che il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale, Ignazio Marino, ha definito «una sfida da affrontare con serietà e rigore dalla politica italiana», nel corso di un convegno promosso dall'associazione onlus Imagine, dedicato alla salute materno-infantile dei migranti in Italia. L'associazione ha realizzato un progetto pilota, durato due anni, nell'ospedale romano S. Filippo Neri, nel quale sono stati realizzati corsi di formazione di medicina transculturale, per 86 operatori sanitari dei reparti di Ostetricia, Neonatologia e Medicina interna, per migliorare la comunicazione e l'accesso alle cure da parte dei pazienti immigrati. «Il 7-8% del totale dei ricoveri e' per donne straniere» ha affermato Lorenzo Sommella, direttore sanitario dell'ospedale S. Filippo Neri di Roma «la maggior parte dei quali (830) sono stati ricoveri in ostetricia e ginecologia e la percentuale dei parti da madri immigrate effettuati presso la nostra struttura e' stata nel 2009 e nel 2010 il 25-30% del totale».



Baraccopoli senza controllo

Moscardelli: «Sgomberi e solidarietà, serve un piano»
Il Messaggero, 20-01-2011
GIOVANNI DEL GIACCIO
Da via dei Fenici  all'ex Icos, rifugi per immigrati ma anche italiani Tollerati o non "viste"
L'ondata di freddo è attesa per oggi e i "rifugi" di fortuna rischiano di non bastare agli immigrati che vivono dove possono, realizzando delle vere e proprie baraccopoli. Quelle che in molti fingono di non vedere o tollerano,  in assenza   di strutture d'accoglienza degne di tale nome. Un tempo l'emergenza era lungo il canale   alle  spalle     della Procura, non a caso si parlava di "bonifica" dell'area ogni volta che si interveniva. Adesso gli  immigrati -ma in alcuni casi ci sono anche degli italiani - si sono divisi. Hanno creato una serie di nuclei difficili da controllare e dove vivono in condizioni a dir poco precarie. Uno degli accampamenti non è molto distante da quello precedente, si trova proprio sotto il ponte di via dei Bonificatori. E sono tante altre le situazioni di degrado, dal cantiere dell'ex Svar a via dei Romani, da via dei Fenici all'ex Kurly Kate, oltre a casolari abbandonati a Borgo Isonzo e Borgo Piave. «Dobbiamo dire che nulla è cambiato rispetto al passato - dice Claudio Moscardelli, candidato sindaco del Pd - si apre, tardi, dopo aspre polemiche e qualche morto per freddo e abbandono, un dormitorio. Nel quale vanno, in particolare, gli alcolisti. 20-30 persone. Poi basta. Sul resto delle situazioni silenzio. Non si capisce se non è conosciuto quello che accade o si spera che nessuno se ne accorga. I casi sono sotto gli occhi di tutti, c'è un'urgenza e la competenza del Comune è diretta». Ieri l'aspirante primo cittadino ha fatto il quadro di una situazione che purtroppo è nota da tempo ma sulla quale, salvo le "bonifiche" - brutto termine quando parliamo di esseri umani - c'è poco altro. Quanti sono, da dove vengono, come vivono? Almeno 150, in larga misura dei Paesi dell'Est, si arrangiano quando va bene con qualche lavoretto. Le loro "case" sono di legno, cartone, nylon per evitare che l'acqua piovana entri nell'abitazione. Moscardelli non ha dubbi: «E' mancata una politica, una visione chiara del problema e su come affrontarlo». E guarda al programma, nel quale sarà inserito «un piano che tenga presente il diritto di Latina di non veder trasformato il territorio in una baraccopoli».
L'idea del candidato sindaco è «un rifugio meno precario a a chi viene per lavorare» e al tempo stesso uno sguardo anche ad alcolisti e mendicanti «un'umanità sofferente che non va lasciata morire in strada di freddo». Come? «Pensiamo a realizzare un piano di sgomberi delle baraccopoli che assicuri umanità e un minimo di solidarietà sociale. Solo combinando questi due aspetti si può pensare di gestire validamente il fenomeno». Il tutto «attraverso una concertazione interistituzionale, con i servizi, la sanità, le forze di polizia, che collaborano sinceramente con le associazioni che si occupano di queste persone. Superando gli attuali steccati, che finiscono solo per nuocere al territorio, un piano complessivo che preveda, dopo lo sgombero e gli abbattimenti, anche aiuti, sostegno, rimpatri volontari, accoglienze per periodi di tempo limitato». Per adesso le baracche restano lì, meglio girarsi dall'altra parte.



Abruzzo - In via Giovanni Di Vincenzo
Smantellata la baraccopoli degli immigrati
il Tempo.it, 20-01-2011
Ieri mattina i mezzi del Comune hanno smantellato una baraccopoli che da tempo ospitava nove stranieri, sei uomini e tre donne. Gli agenti della Volante, avvalendosi degli uomini del Comando dei Vigili urbani, hanno accompagnato gli stranieri in Questura per gli accertamenti di rito. Il sito era già stato interessato da un blitz della Polizia che alcuni mesi fa aveva sgomberato l'intera area insieme ad altre su viale della Croce Rossa e viale della Stazione. Nell'occasione gli operai del Comune non avevano provveduto a smantellare le strutture, motivo per il quale gli stranieri dopo poco vi hanno fatto ritorno. Nei locali della baraccopoli sono stati trovati anche alcuni cellulari, fotocamere e videocamere, che sono state sequestrate, per stabilirne la provenienza. All'interno delle baracche c'erano anche alcuni indumenti infantili motivo per il quale, non si esclude la presenza di bambini.



Profughi nel Sinai. Un altro gruppo si trova ad El Gorah: chiesto intervento Onu
Gruppo EveryOne
Roma, 19 gennaio 2011. I traffici di esseri umani nel nord del Sinai sono una piaga che l'Egitto si prepara ad affrontare entro il 2011, mettendo in campo un'unità speciale anti-terrorismo. "Il governo egiziano sta costituendo un corpo speciale," spiegano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti del Gruppo EveryOne, "il cui obiettivo sarà quello di stroncare i traffici di esseri umani e armi. L'unità si avvale di carri armati, elicotteri e artiglieria pesante: segno che il governo egiziano ha raggiunto un accordo con Israele per una deroga agli accordi di camp David del 1978, che imponevano alle forze di sicurezza egiziane al confine l'uso di armi leggere". Intanto il sacerdote eritreo don Mussiè Zerai è entrato in contatto con un secondo gruppo di migranti prigionieri dei predoni nel Sinai. "Don Zerai ha lanciato prontamente l'allarme," spiega EveryOne, "e il nostro gruppo ha svolto indagini per identificare la località in cui i migranti africani sono detenuti. In base alle informazioni che abbiamo, il gruppo di africani comprendeva all'inizio 60 individui, partiti dal Sudan con l'obiettivo di chiedere protezione umanitaria in Israele, vista l'impossibilità di raggiungere l'Europa. I trafficanti, della tribù dei Rashaida, hanno chiesto a ognuno di loro 3000 dollari. Nel Sinai, però, il gruppo è stato diviso in due. Quello con cui siamo in contatto consta di 38 profughi, con 8 donne. Si trovano in un campo di prigionia incatenati mani e piedi, all'interno di container metallici". Il giovane prigioniero in contatto con Zerai ha offerto informazioni utili alle indagini dei difensori dei diritti umani. "Il gruppo si trova vicino al confine con Israele, nei pressi di un aeroporto utilizzato da una forza multinazionale," prosegue EveryOne. "Sono informazioni sufficienti a localizzare il luogo di detenzione: El Gorah, nel nord-est del Sinai, dove esiste una base aerea della Multinational Force and Observers (MFO). Nei pressi dell'aeroporto di El Gorah ci sono alcune proprietà dei beduini, già al centro di indagini legate al traffico di esseri umani. El Gorah è un feudo della criminalità organizzata che ha il suo centro nella vicina Al Arish, capitale del governatorato del nord del Sinai, controllata da boss palestinesi nati in Egitto insieme a membri della tribù Al Tarabin. Recenti operazioni di polizia hanno dimostrato la loro appartenenza ad Al Qaeda e i legami con Hamas e Fatah. I traffici servono a finanziare il terrorismo e questa banda - i cui membri si fanno chiamare 'gli Arabi' - è nota per le sue violente reazioni di fronte alle forze dell'ordine locali, costate la vita a molti agenti. Gli 'Arabi' fanno il bello e il cattivo tempo nei villaggi beduini intorno ad Al Arish, corrompono le forze di sicurezza e svolgono i loro traffici praticamente indisturbati. Il nostro gruppo ha ricevuto segnalazioni di altri gruppi di migranti detenuti a El Gorah all'interno di grandi tende o rinchiusi in container interrati, nascosti nei frutteti beduini per cui El Gorah è famosa.  Lavorano per la banda degli "Arabi" alcuni etiopi ed eritrei, che comunicano con i profughi nella loro lingua madre. Lo schiavista eritreo assegnato dai predoni al nuovo gruppo di profughi si chiama Araya Tesfamicael". In base a queste informazioni, l'Agenzia Habeshia e il Gruppo EveryOne hanno chiesto un intervento urgente da parte del governo egiziano per liberare i migranti in mano ai trafficanti e perquisire tende e frutteti di El Gorah, dove si sospetta siano detenuti altri gruppi di africani. Le organizzazioni umanitarie hanno inoltre chiesto alle nazioni che fanno parte dell'MFO (in primis, oltre all'Egitto, Israele e Stati Uniti), alle Nazioni Unite e alle istituzioni Ue di attivare i loro strumenti diplomatici per sollecitare tale intervento urgente.
Gruppo EveryOne
+39 331 3585406 :: +39 393 4010237 :: +39 334 3449180
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